8
Si pensi alla funzione che tale istituto è chiamato ad assolvere in diritto
tributario, e i problemi che derivano dal suo adattamento a tale materia che,
di stampo pubblicistico, risulta caratterizzata da aspetti e peculiarità ben
diverse rispetto a quella, civilistica, in cui da origine l’istituto viene collocato.
Poi, alla circostanza che la normativa tributaria, molto spesso, si limita
soltanto ad indicare quando risulta applicabile l’istituto della solidarietà, e
non anche le modalità di tale applicazione, divenendo tra l’altro necessaria
una parentesi approfondita riguardo alla possibile operatività della norma di
cui all’art. 1296 c.c.
La possibilità, ed eventualmente entro che limiti, di effettuare una
integrazione della disciplina della solidarietà tributaria mediante
l’interpretazione analogica delle norme del codice civile, tenuto conto delle
diverse ipotesi di solidarietà dipendente e solidarietà paritetica.
Tutto ciò, tenendo in considerazione, oltre che la rilevanza del
fenomeno in esame nei rapporti fisco-coobbligati d’imposta, e in quelli
interni intercorrenti tra i vari coobbligati in solido, delle diverse conseguenze
a cui si giunge a seconda che l’impostazione sia di tipo dichiarativista o
costitutivista .
Fatti questi cenni di carattere generale, il lavoro acquisterà il “taglio”
che si è prospettato di dargli all’inizio, andando ad affrontare più nello
specifico le tematiche riguardanti il profilo procedimentale e quello
processuale dell’istituto della solidarietà.
Analizzando quindi il rapporto impositivo, e cioè quella fase in cui
l’Amministrazione finanziaria procederà nei confronti dei più soggetti che
hanno determinato il fatto denotativo della capacità contributiva, presupposto
per l’imposizione.
A questo punto, verranno affrontati temi come la cosiddetta
supersolidarietà e la sua dichiarazione d’illegittimità costituzionale sancita
dai giudici della Consulta nel lontano 1968; i “cambiamenti di rotta” che in
seguito a tale decisione si sono registrati, sia in seno alla giurisprudenza che
alla dottrina, laddove cadeva il “mito” di una presunta rappresentanza
reciproca tra i vari condebitori, per sostituirsi una concezione
dell’obbligazione solidale tributaria più aderente a quella civilistica.
9
Si vedrà, se l’Amministrazione finanziaria abbia o meno l’obbligo di
agire nei confronti di tutti gli obbligati in solido, e quindi se sia applicabile
alla solidarietà tributaria, tenuto conto dei principi costituzionali vigenti in
materia, la norma dell’art. 1310 c.c.
Verranno, poi, analizzati gli effetti che un eventuale condono fiscale
possa avere sulle posizioni e gli equilibri dei vari condebitori in solido.
In seguito, ci si appresterà allo sviluppo di una analisi incentrata sulla
fase dell’eventuale contenzioso, in cui si passa da una dimensione tutta
procedimental-amministrativa ad una di carattere giurisdizionale; passando in
rassegna tutte le problematiche che discendono dall’esistenza di un vincolo
solidaristico tra coloro che sono tenuti al pagamento dell’imposta.
Qui, rientreranno temi quali: le problematiche all’applicazione
dell’istituto della solidarietà derivanti dalla struttura impugnatoria del
processo tributario; l’applicazione dell’art. 1306 c.c., e quindi la possibilità
per il coobbligato di avvalersi dell’eventuale giudicato più favorevole
ottenuto dal condebitore, nella duplicità delle ipotesi in cui si sia o meno
formato un altro giudicato nei sui confronti, ovvero sia rimasto inerte avverso
l’atto impositivo notificatogli facendolo così divenire definitivo; la possibilità
di applicazione del comma 2 dell’art. 1306 c.c. al condebitore che abbia già
adempiuto per intero alla prestazione dell’imposta; le conseguenze negative
che sul piano costituzionale derivano dall’esclusione di un litisconsorzio
necessario tra gli obbligati in solido; gli orientamenti giurisprudenziali che
dominano il tema, la prassi che nel tempo si è andata ha consolidare, nonché,
le varie posizioni assunte dalla dottrina in riferimento a tali tematiche.
Si analizzerà il paradossale risultato a cui è pervenuta la giurisprudenza
riconoscendo la possibilità al condebitore di giovarsi degli effetti, di cui
all’art. 1306 c.c., soltanto in via d’eccezione e non anche in via d’azione;
discriminando evidentemente coloro che nel frattempo hanno
spontaneamente adempiuto, rispetto a coloro che invece non l’hanno fatto.
Da ultimo, si cercherà di affrontare quelle che sono, de jure condendo,
le soluzioni prospettate e prospettabili relativamente a quei punti
problematici affrontati durante tutta la dissertazione che precede.
Problematiche che, come si è cercato fin d’ora di far intendere, non sono di
10
mero interesse teorico, visto che a seconda di come vadano risolte,
determinano conseguenze che sul piano pratico sono di tutto rilievo.
Come si vedrà, tutte queste soluzioni proposte sono dettate sia dalla
necessità di garantire una regolamentazione organica ed unitaria in grado di
rendere chiara la disciplina della solidarietà tributaria, considerato che non è
più accettabile in questa materia ricavare tale disciplina da istituti di
normative appartenenti ad altre branche dell’ordinamento; sia da quella più
specifica esigenza di garantire un effettiva unitarietà nella definizione del
rapporto d’imposta, considerate le esigenze di carattere costituzionale
presenti in questo settore del diritto. Unitarietà che può essere garantita
soltanto abbandonando quegli strumenti e quei meccanismi che, concepiti in
sede civilistica, e recepiti in modo acritico nel settore tributario, mal si
adattano alle esigenze a cui la solidarietà tributaria è deputata a soddisfare.
Capitolo I
La solidarietà tributaria. Aspetti generali.
§ I.1. Inquadramento dell’istituto.
La solidarietà è un istituto che ha la sua collocazione originaria e
tradizionale nel diritto civile1. In particolare, esso riguarda le obbligazioni
soggettivamente complesse, quelle obbligazioni cioè che si presentano con
una pluralità di soggetti, o nel lato attivo (solidarietà attiva) o in quello
passivo (solidarietà passiva)2.
La sua disciplina viene inquadrata all’interno del codice civile del ’42,
negli artt. 1292 e ss., nel libro IV dedicato alle obbligazioni, in particolare
nella III sezione nel capo VII del titolo I3.
La normativa è abbastanza organica: consta di ben 21 articoli, anche
se per taluni autori non risulta essere completamente sistematica in quanto
non completamente esaustiva dell’intero fenomeno4.
1
CASTALDI, L., voce solidarietà tributaria, in Enc. giur. Treccani, vol. XXIX,
Roma, 1991.
2
BUSINELLI, F.D., voce obbligazioni divisibili, indivisibili e solidali, in Enc. giur.
Treccani, vol. XXI, Roma, 1990.
3
Artt. da 1292 a1233 del Codice Civile, approvato con R.D. 16 marzo 1942, n.
262.
4
FREGNI, M.C., Obbligazione tributaria e codice civile, Giappichelli, 1998, Torino
p. 248.
12
Nel codice precedente la sua disciplina, oltre ad essere minore in
termini quantitativi, era anche in parte differente. L’istituto, infatti,
nell’ipotesi di solidarietà passiva non era la regola , come è previsto adesso,
ma operava solo se espressamente indicato5.
La solidarietà trova applicazione anche nell’ambito del diritto
tributario, visto che non è estranea ad essa la figura dell’obbligazione
soggettivamente complessa, definita solidarietà tributaria.
In questa materia però, a differenza che in quella civile, non si
riscontrano casi di obbligazioni soggettivamente complesse nel lato
creditorio. Questo è dipeso dalla particolare struttura che il rapporto
obbligatorio , d’imposta, viene ad assumere in questa branca del diritto, in cui
il creditore, appunto del tributo, può essere soltanto un solo soggetto: l’ente
impositore6.
Dal lato passivo, invece, è dato riscontrare ipotesi di pluralità di
debitori.
Questo si verifica sia quando più persone hanno insieme realizzato il
presupposto dell’imposta, solidarietà paritaria, sia quando la legge la
prevede in capo a soggetti (detti responsabili d’imposta) che non hanno
partecipato alla determinazione della fattispecie principale del tributo, ma
hanno soltanto posto in essere delle fattispecie collaterali, solidarietà
dipendente7. Di cui si dirà in prosieguo.
Riteniamo però opportuno, a questo punto, “liberare il campo” da una
questione che potrebbe generare dubbi. Molto spesso, in ambito di
obbligazioni tributarie, è dato riscontrare la presenza di norme che prevedono
in capo al debitore obblighi di carattere strumentale all’adempimento del
tributo (ad esempio, la presentazione di dichiarazioni). Nell’ipotesi di
coobbligati legati da un vincolo di solidarietà, questi obblighi formali
insistono in capo a tutti, e la loro esecuzione anche da parte di uno soltanto
dei debitori, determina l’adempimento nei confronti del fisco.
5
BUSINELLI, F.D., voce obbligazioni divisibili, indivisibili e solidali, cit..
6
CASTALDI, L., voce solidarietà tributaria, in Enc. giur. Treccani, cit..; TESAURO,
F., Istituzioni di diritto tributario, vol. I, Utet, Torino, 2002, p. 102; FREGNI, M.C.,
Obbligazione tributaria e codice civile, Giappichelli, 1998, pp. 264-265.
7
TESAURO, F., Istituzioni di diritto tributario, cit., p. 102.; FREGNI, M.C.,
Obbligazione tributaria e codice civile, cit., p. 244.
13
Invero, anche se apparentemente queste ipotesi potrebbero considerarsi
rientranti nell’oggetto della solidarietà, si ritiene che sostanzialmente ciò non
può avvenire8. E questo in ordine a due motivi. Innanzitutto perchè la
solidarietà riguarda le obbligazioni in senso stretto, e qui invece si parla di
meri obblighi formali, cioè privi di quell’attitudine tipica imprescindibile per
l’obbligazione: la suscettibilità di valutazione economica; in secondo luogo
in quanto, con l’adempimento da parte di uno (qualsiasi) dei coobbligati, è
vero che viene a determinarsi l’estinzione dell’obbligo nei confronti di tutti,
ma comunque non fa sorgere quel fenomeno tipico della solidarietà, che è
quello della nascita, in capo a colui che ha adempiuto, del diritto di regresso.
Ciò non è configurabile proprio sulla base di quelli che sono gli interessi
sottesi. Taluni autori hanno qualificato il fenomeno in termini di fungibilità
soggettiva9.
L’analisi che ci si appresta a sviluppare circa l’istituto della solidarietà
tributaria riguarderà, oltre che i generali aspetti relativi alla sua disciplina
pressoché incompleta nella normativa tributaria, le problematiche riguardanti
il suo operare nella dinamica del rapporto d’imposta. Sia nel momento
procedimental-impositivo, quando l’Amministrazione finanziaria intraprende
quel procedimento volto a far valere il suo credito, sia in quella fase,
eventuale, del contenzioso, dove le parti, l’ente impositore e i soggetti
passivi, faranno valere giudizialmente le loro rispettive posizioni. Attenzione
particolare verrà data alle difficoltà che si incontrano circa la definizione
unitaria del rapporto nei confronti di tutti i coobbligati in solido.
Tutte problematiche dipese, oltre che dalla difficoltà di rendere
operabile un istituto, la solidarietà, nato per un rapporto di tipo privatistico,
nell’ambito di una materia, quale quella di diritto tributario, in cui il rapporto
che si delinea tra l’amministrazione finanziaria, creditore, e i contribuenti,
debitori, di tipo pubblicistico è strutturato in modo del tutto peculiare e
differente dal primo anche dalla scarsa attenzione, che il legislatore tributario
ha dato al fenomeno, nonostante la riproposizione della problematica nel
8
CASTALDI, L., voce solidarietà tributaria, in Enc. giur. Treccani, cit., p. 1; RUSSO,
P., Manuale di diritto tributario, parte generale, Giuffrè, Milano, 2002 , p. 181.
9
CASTALDI, L., voce solidarietà tributaria, in Enc. giur. Treccani, cit., p. 2;
RUSSO, P., Manuale di diritto tributario, parte generale, Giuffrè, Milano, 2002 , p. 181.
14
tempo. E questo sia in riferimento al fatto che sussistono pochi ambiti in cui
esiste una normativa del fenomeno, sia alla disorganicità della stessa
normativa.
§ I.2. Solidarietà tributaria e codice civile.
Nella solidarietà tributaria, così come nel più ampio ambito
dell’obbligazione tributaria, è ormai pacifico rifarsi alle norme del codice
civile per colmare le lacune esistenti.
Questo perché molto spesso il legislatore tributario non ha provveduto
direttamente a predisporre un apparato normativo diretto.
Mentre però, per l’obbligazione tributaria in generale gli spazi lasciati
vuoti sono col tempo sempre più diminuiti da un massiccio intervento
normativo, tanto che è emerso un problema inverso di eccesso di
disciplina10, per la fattispecie della solidarietà le lacune normative sono
rimaste tali.
Da qui il problema dell’applicazione delle norme del codice alla
materia tributaria.
In passato, provvedere a disciplinare l’istituto della solidarietà
attraverso l’utilizzazione delle norme codicistiche, non era accettato in modo
pacifico da tutti. Problema preliminare era rappresentato proprio da come
inquadrare la solidarietà tributaria: se considerarla un fenomeno del tutto
diverso rispetto alla solidarietà in materia civile, ovvero considerarla come
una speces di un genus del quale presenta quindi dei tratti comuni11.
Qualificarla in un modo o nell’altro comporta diversi corollari. Infatti
nel primo caso non si concepirà applicabile la normativa civile in quanto del
tutto estranea, mentre nel secondo caso questo si riterrà possibile. E mentre la
dottrina più avveduta, che aveva tra l’altro già provveduto ad attribuire una
nomenclatura all’istituto in cui accanto al lemma solidarietà era presente
l’aggettivo tributaria12, e questo per contraddistinguerne i suoi particolarismi,
10
FREGNI, M.C., Obbligazione tributaria e codice civile, cit., p. 244.
11
FREGNI, M.C., Obbligazione tributaria e codice civile, cit., p. 256.
12
FREGNI, M.C., ibidem.
15
iniziava a ritenere possibile l’utilizzo di quegli articoli del codice in materia
di solidarietà anche al diritto tributario, la giurisprudenza era però di avviso
contrario.
I giudici non consideravano possibile l’applicazione della normativa
civile ad un istituto, quale era la solidarietà tributaria, e più in generale
l’obbligazione tributaria, strutturato in termini del tutto differenti e del tutto
incompatibili. Infatti, agli occhi di questo orientamento non era considerato
come un fascio di rapporti bilaterali (creditore-debitore) uniti da un’unicità
di causa e di oggetto, così come concepita la solidarietà dall’ormai
consolidato orientamento della dottrina giusprivatistica, ma come un rapporto
caratterizzato dalla unitarietà che rappresentava il necessario corollario delle
esigenze pubblicistiche presenti in materia.
La giurisprudenza ha mutato atteggiamento assestandosi sulle posizioni
della dottrina, che già riuscirono ad influenzare le corti di merito, che quasi
subito vi si conformarono, quando nel 1968 la Corte costituzionale13 prima,
dichiarandone l’illegittimità costituzionale, e la Corte di cassazione poi14,
abbracciandone le naturali conseguenze, demolirono il “mostro” della
supersolidarietà.
Questa15 era il frutto di quella visione, intrisa di esigenze di unitarietà,
cui abbiamo dato cenno sopra, la quale pretendeva che ci fosse una reciproca
rappresentanza tra i coobbligati, e per ciò gli atti compiuti
dall’Amministrazione finanziaria avverso uno solo dei coobbligati, si
riteneva dispiegassero effetti anche nei confronti di tutti gli altri. Tutto questo
per garantire l’unitarietà nella definizione del rapporto Fisco-contribuenti
(coobbligati), senza però preoccuparsi degli svantaggi che ciò comportava nei
confronti dei secondi, i debitori, le cui posizioni venivano così del tutto
13
Corte Cost., 16 maggio 1968, n. 48, in Foro it., 1969, IV, p. 73; Corte Cost., 17
dicembre 1968, n. 139, in www.cortecostituzionale.it.; cfr RUSSO, P., Manuale di diritto
tributario, cit., che a p. 183 aggiunge ‹‹ la situazione venutasi a creare a seguito di tali
interventi… ha provocato un dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza teso ad
individuare, in positivo, le regole applicabili nella materia in esame››.
14
Cass., 20 gennaio 1969, n. 135, in Foro it., 1969, I, p. 284; Cass., 11 febbraio
1985, n. 1109, in www.fiscooggi.it.
15
Della supersolidarietà ci si occuperà più dettagliatamente nel capitolo 2 in cui
verranno approfondite le problematiche attinenti i rapporti che intercorrono tra
l’Amministrazione finanziaria e i coobbligati.
16
penalizzate rispetto a quella del loro creditore, l’Amministrazione finanziaria,
e vedendosi, tra l’altro, così limitati nel loro costituzionale diritto di difesa.
Da quel momento in poi si è ormai da tutti ritenuta pacifica la
possibilità di applicare le norme del codice civile in materia di solidarietà
tributaria.
Divergenza di vedute tuttora è rimasta tra coloro che ritengono sorgere
il debito d’imposta dal momento del verificarsi del presupposto del tributo, e
coloro che invece ritengono che sorga con il compimento delle attività
impositive (avviso di accertamento, dichiarazione…). E con ciò ci riferiamo
alle due teorie presenti nella dottrina giustributaristica e che sono
rispettivamente: la teoria dichiarativa e quella costitutiva. Infatti, secondo gli
autori che sostengono la prima di queste teorie, il cui orientamento è stato
avallato dalla prevalente giurisprudenza, per motivi più di carattere pratico
che dogmatico16, le norme del codice verranno applicate da subito, non
appena si sia verificato il presupposto; per gli autori appartenenti al secondo
filone di pensiero, invece, soltanto dal momento in cui è stato posto in essere
un atto impositivo, in quanto prima di tale momento, si ritiene non essere
ancora sorta nessuna obbligazione e quindi nessuna solidarietà tributaria
necessita di essere disciplinata17.
§ I.2.1. Le problematiche dell’estensione. L’analogia e gli artt. 1292 e
1294 cc.
Acclarata la possibilità di avvalersi delle norme del codice civile per
disciplinare quei tratti di solidarietà tributaria rimasti “scoperti” dalla
normativa fiscale, occorre adesso risolvere il problema di individuare il
modus operandi attraverso il quale trasporre le norme codicistiche nella
materia tributaria, stabilendo se operare attraverso una loro applicazione
diretta o invece, attraverso una estensione di carattere analogico (ex art. 12
delle “preleggi”).
16
CASTALDI, L., voce solidarietà tributaria, in Enc. giur. Treccani, cit., p. 8.
17
CASTALDI, L., ibidem.
17
In dottrina, si ritiene che sia quest’ultimo sistema a dover essere
utilizzato per colmare i vuoti normativi presenti nel diritto tributario18. Infatti,
per il “processo di integrazione” descritto, i precetti normativi del codice non
potranno essere applicati così tout court, ma sarà necessario un’attività di
adattamento, utilizzando cioè soltanto quelle norme, o aspetti di esse, che non
risulteranno incompatibili con la disciplina e con gli schemi tributaristici.
Ovviamente ciò deve avvenire in concreto, oltre ad un’apparente e formale
aderenza.
Muovendosi in questi termini, verranno dunque applicate quelle
norme che sono previste per casi simili e materie analoghe, e non adottate
anche per la materia tributaria19.
D’altra parte non si deve pensare che sia sempre ed in assoluto
necessario effettuare questa integrazione, in quanto come ha giustamente
indicato rilevante dottrina ‹‹... la normativa del codice civile, ponendosi come
‹‹normativa generale››, cede il passo alla normativa fiscale ‹‹speciale›› che
disciplina un determinato aspetto dell’istituto nell’ambito di una imposta, o di
un gruppo di imposte››20.
Resta attualmente aperto il problema di stabilire di volta in volta quali
norme civili sono suscettibili di operare nell’ambito della solidarietà
tributaria e quali invece non possono essere utilizzate, in quanto
incompatibili.
Chiarendo fin da subito che la dottrina non è concorde, si deve
innanzitutto precisare che si ha unicità di vedute in merito all’applicazione
della norma di cui all’art. 1929 c.c. Il precetto recita: ‹‹l’obbligazione è in
solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione,
in modo che ciascuno può essere costretto per la totalità e l’adempimento da
parte di uno libera gli altri...››.
Questa norma, come si può notare, dà quella che è la definizione
generale dell’istituto della solidarietà ed è pacifico, come anzidetto, che ad
essa si debba fare riferimento anche in materia fiscale. Ovviamente solo
limitatamente alla parte in cui inerisce alla solidarietà passiva, in quanto non
18
FREGNI, M.C., Obbligazione tributaria e codice civile, cit., pp. 246-247.
19
FREGNI, M.C., Obbligazione tributaria e codice civile, cit., p. 245.
20
FREGNI, M.C., Obbligazione tributaria e codice civile, cit., p. 260.
18
è dato per l’obbligazione tributaria rinvenire casi di plurisoggettività nel lato
attivo.
Taluni autori arrivano a questa conclusione, che l’art. 1292 c.c. sia
applicabile al diritto tributario, in quanto ritengono che sia una norma di
“diritto comune”, capace di spiegare i suoi effetti al di là dell’ambito del
diritto civile in cui è formalmente indicata, e quindi tranquillamente riferibile
in modo diretto anche per la solidarietà tributaria.
Invero, si ritiene che la mancanza di una norma “fondamentale”
definitoria in questo settore del diritto, quello appunto tributario, non sia il
frutto delle tante dimenticanze del legislatore. Ma sembrerebbe che
quest’ultimo indicando esplicitamente i casi in cui opera la solidarietà senza
darne mai una definizione in termini generali, denoti una sua volontà nel dare
per presupposto che l’operatore già la conosca. E da ciò ne scaturisce che,
quantomeno implicitamente, si ritenga che operi anche nell’ambito del diritto
tributario la definizione data dall’art. 1292 c.c21.
Ulteriore problema che pone su diverse posizioni la dottrina è la
questione che attiene la fonte della solidarietà in diritto tributario: se sia o
meno operante in questo ambito la norma di cui all’art. 1294 c.c., la quale
prevede che la solidarietà sia la regola nelle ipotesi in cui ci siano una
pluralità di debitori. Statuisce infatti la norma che, nelle ipotesi in cui ci sia
una obbligazione soggettivamente complessa nel lato passivo, di regola, e
cioè se non è diversamente previsto dalla legge o dalle parti, c’è un vincolo di
solidarietà che “lega” tutti i coobbligati al pagamento della prestazione.
La disposizione invero, prevede questo soltanto per le ipotesi di
solidarietà passiva, non anche per quelle in cui ci sono una pluralità di
creditori e per questo riferibile in toto alla materia tributaria.
Comunemente si ritiene che la norma in questione ha la sua ratio nella
finalità di rafforzare la posizione del creditore, accrescendo la sua garanzia
generale patrimoniale che ex lege (art. 1218 c.c.) ha nei confronti dei suoi
debitori, i quali così risponderanno, con i loro rispettivi patrimoni, non
limitatamente alle relative quote con cui concorrono nel debito, ma per
l’intero. Ed inoltre al creditore è data la possibilità di scegliere nei confronti
21
FREGNI, M.C., Obbligazione tributaria e codice civile, cit., pp. 261-262.
19
di chi, tra i coobbligati, riterrà più opportuno avanzare la pretesa creditoria,
aggredendone per intero il patrimonio, così come si verifica anche per i casi
di solidarietà tributaria, in cui il soggetto attivo del rapporto risulterà essere
l’Amministrazione finanziaria.
Nel codice previgente non era prevista alcuna norma analoga a quella
dell’art. 1292 c.c. Il meccanismo della solidarietà era strutturato in modo
totalmente inverso: la solidarietà, in caso di obbligazioni plurisoggettive, non
era la regola, come adesso, ma l’eccezione. Operava soltanto se
espressamente previsto dalla legge o dalle parti22.
In diritto tributario si riteneva pertanto, sulla base delle leggi allora in
vigore nonché dalla loro finalità di rafforzare la pretesa creditoria, e quindi
quella del fisco, che la solidarietà fosse la regola generale quando vi erano
una pluralità di debitori nel rapporto d’imposta.
Con la entrata in vigore del codice del ’42 e con la consequenziale
operatività del principio dell’art. 1294 c.c., a maggior ragione, non poteva
non ritenersi ancora vigente il principio elaborato dalla dottrina
giustributaristica sotto la vigenza del codice precedente23.
Tuttavia, nonostante la disciplina della solidarietà inserita nel novellato
codice, in letteratura non si è giunti ad una univocità di indirizzi.
Per taluni autori24 la norma in questione non sarebbe operativa. E
questo in quanto il legislatore tributario, in presenza di ipotesi di obbligazioni
plurisoggettive, “si preoccupa” sempre di stabilire quando si applica la
solidarietà. E tutto questo non avrebbe senso se in materia fosse applicabile il
principio dell’art. 1294 c.c.
Per altri autori25, invece, e per la giurisprudenza della Corte di
cassazione26 il fatto che il legislatore tributario preveda espressamente i casi
in cui opera la solidarietà, non ne escluderebbe l’operatività in quanto, in
22
Così è quanto disponeva l’art. 1288 del codice civile precedente quello del ’42.
23
FREGNI, M.C., Obbligazione tributaria e codice civile, cit., pp. 267-269.
24
TESAURO, F., Istituzioni di diritto tributario, cit., pp. 102-103.
25
CASTALDI, L., voce solidarietà tributaria, in Enc. giur. Treccani, cit., p. 3;
RUSSO, P., Manuale di diritto tributario, parte generale, Giuffrè, Milano, 2002 , p. 181.
26
Cass., 25 giugno 2003, n. 10082, in Foro it., 2004, I, n. 7 e8, p. 2213, in cui si
afferma ‹‹…che, stante l’unicità della prestazione…opera la presunzione di cui all’art.
1294 c.c., secondo cui i condebitori sono ritenuti obbligati in solido se dalla legge o dal
titolo non risulta diversamente››.
20
questi casi, l’esplicita previsione assume altre finalità: innanzitutto, quella di
eliminare ab origine in capo alle parti ed al fisco la possibilità di negoziare su
di essa, imponendola quindi per la struttura di quel rapporto e poi,
prevedendola esplicitamente, si vorrà evidentemente una normativa tributaria
ad hoc per fattispecie in cui, l’applicazione di quella più generale civilistica
risulterebbe incompatibile27.
§ I.3. Solidarietà paritetica e solidarietà dipendente.
Sempre in tema di solidarietà, nell’ambito del diritto tributario è dato
rilevare l’esistenza di due tipologie, strutturalmente e funzionalmente
differenti, di obbligazione solidale28. E questo è dipeso dalle diverse esigenze
che il legislatore vuole di volta in volta soddisfare.
Queste due diverse figure di solidarietà sono: la solidarietà paritetica e
la solidarietà dipendente.
Nella prima, quella paritetica, si rinviene un vincolo di solidarietà nei
confronti di più debitori, appunto coobbligati, in cui è a tutti riferibile la
realizzazione del presupposto del tributo, cioè quella fattispecie che denota la
capacità contributiva giustificativa del prelievo fiscale ex art. 53 Cost.
Nell’ipotesi della solidarietà dipendente, invece, il legislatore tributario
ha unito con un vincolo di solidarietà per il pagamento del tributo, oltre quei
coobbligati che hanno realizzato la fattispecie principale (il presupposto), e
nei cui confronti appare pienamente legittima l’incisione fiscale, persone le
quali, lungi dall’aver realizzato il presupposto, hanno semplicemente
realizzato un’attività collaterale, detta fattispecie secondaria in quanto
incidentale a quella denotativa della capacità contributiva.
Questi ultimi coobbligati sono qualificati comunemente, tanto dal
legislatore che dalla dottrina nonché dalla giurisprudenza29, con il termine di
27
CASTALDI, L., ibidem
28
Questo rappresenta un ulteriore caso di differenziazione con la disciplina
civilistica.
29
Cass., sez. I, 27 ottobre 1999, n. 12066, in Rep. giur. it., 1999, voce Tributi in
genere, p. 6820, n. 956, in cui chiaramente i giudici adottano tale nomenclatura e
chiariscono la natura e le ragioni della posizione del responsabile d’imposta.
21
obbligati dipendenti, ovvero responsabili d’imposta, e questo per
differenziarli dai primi che, sempre nell’ambito della solidarietà dipendente,
vengono definiti invece come obbligati principali.
Inizialmente si è detto che le distinzioni di queste due figure di
solidarietà tributaria riguardano tanto il profilo funzionale che quello più
strettamente strutturale. E partendo proprio da quest’ultimo profilo si può
ritenere che, mentre l’istituto della solidarietà paritaria è una figura che, vista
la sua struttura, è possibile definire in tutto il suo operare come totalmente
compatibile con il meccanismo del prelievo fiscale così come delineato dalla
Costituzione30, ciò non vale per la solidarietà dipendente. Infatti in questa
seconda ipotesi, almeno nel momento iniziale del suo operare, quello in cui si
formano i vincoli all’adempimento del tributo, data la sua strutturazione, il
principio costituzionale di cui all’art. 53 Cost., secondo cui il cittadino
concorre alla spesa pubblica soltanto in ragione della sua capacità
contributiva, viene messo in crisi. E ciò in quanto ad essere tenuti
all’adempimento dell’obbligazione tributaria, oltre che gli obbligati
principali, ci sono soggetti che non hanno realizzato quell’evento che ne
rappresenta la giustificazione in termini costituzionali, cioè il presupposto
dell’imposta. Ovviamente questa discrasia, che si ha nel momento iniziale del
dispiegarsi degli effetti dell’istituto con i principi costituzionali, che tra
l’altro, come vedremo infra, viene giustificata dalla funzione che questa
figura di solidarietà mira a realizzare, è destinata poi a rientrare in piena
armonia con i medesimi principi in una fase successiva, e cioè quella relativa
alla distribuzione del carico fiscale tra i coobbligati. In particolare, ciò grazie
a dei correttivi che si rendono necessari per ripristinarne l’incongruenza che
il legislatore deve quindi inevitabilmente prevedere. Infatti, nella normativa
tributaria, per la disciplina della solidarietà dipendente, sono predisposti degli
strumenti giuridici grazie ai quali si consente di fatto al responsabile
d’imposta che abbia adempiuto per intero l’obbligazione, di “scaricare” il
peso fiscale per intero, su coloro (obbligati principali) che sono legittimati a
subirlo.
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Infatti vengono incisi solo ed esclusivamente quei soggetti che denotano la
capacità contributiva, e quindi in piena conformità con la norma dell’art. 53 Cost.