3
Le norme di comportamento, fissate in leggi dalla politicamente
predominante Dc, erano improntate a una severa condotta morale che
avrebbe dovuto ispirare i costumi di cattolici e non, al fine di non incorrere
in pene civili e religiose, se non penali.
Era un’Italia, quella della prima metà degli anni Cinquanta, in cui la
generazione dei figli si allontanava sempre più da quella dei padri: vespe e
lambrette davano ai più giovani ispirazioni nuove, si cominciava a cercare
di sciogliere i legami con le regole morali più tradizionali. In un qualsiasi
teatro accanto ai genitori che protestavano per la licenziosità della
rappresentazione, i figli all’opposto protestavano perché troppo austera
1
.
In quest’Italia, di rigida e tradizionale morale ma anche, dall’altra parte,
alla ricerca di nuove libertà, si inserisce la storia personale, anche giudizia-
ria, di Fausto Coppi che lascia la moglie e la piccola figlia per una donna
anch’essa già sposata e con due figli.
La vicenda, anche per la grandissima fama di cui godeva il campione di
ciclismo venne presa ad esempio negativo, soprattutto dall’Italia più tradi-
zionalista, cui d’altronde apparteneva il mondo in cui Coppi viveva e
lavorava, quello dello sport e del ciclismo.
Pertanto il caso, simbolo della <<materializzazione>> del mondo
moderno, doveva essere isolato, se non combattuto, dalla parte più
conservatrice della società, con le armi della morale e della legge, in nome
del concetto più tradizionale di famiglia.
1
M. Boneschi, Poveri ma belli. I nostri anni cinquanta, Milano 1995, p. 290.
4
Parte prima
5
CAPITOLO PRIMO
LA SOCIETÀ, LA DC E LA CHIESA
La scena politica italiana degli anni Cinquanta è dominata dalla
Democrazia Cristiana che attraverso le leggi emanate durante i governi
presieduti da suoi esponenti diede una determinata impronta alla società.
La politica sociale del partito, che qui è quella che più ci interessa, era
per molti versi vicina a quella sostenuta dalla Chiesa. Questa vicinanza era
da una parte dovuta alla spontanea comunione di punti di vista e sentimenti
che le due parti avevano, dall’altra da considerazioni politiche che le
vedevano darsi reciproco appoggio, e quindi spesso sostenere l’una le idee
dell’altra. D’altronde la gente dell’epoca aveva la seguente concezione dei
dirigenti della Dc: per dimostrare la devozione per la Chiesa della propria
fidanzata, una <<piissima >> ragazza, il promesso, in una lettera ad una
rivista, diceva che essa era figlia di un <<alto dirigente democristiano>>
2
,
come se le due cose fossero imprescindibilmente connesse.
L’appoggio, che per certi aspetti era dipendenza, che il partito aveva
dalla Chiesa era evidente, tanto che quando nel 1954 diventò segretario del
partito Amintore Fanfani egli ebbe a lamentarne l’eccessiva dipendenza
dalla Chiesa cattolica, ritenuta, insieme alla mancanza di una solida
organizzazione paragonabile a quella del Pci e allo scarso radicamento
nella società civile, causa della diminuzione di consensi registrata alle
elezioni del 1953
3
.
2
Lettere al direttore, in “Tempo”, 16 (1954), 46, p. 3.
3
P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi, Torino 1989, p. 225.
6
Quest’idea comunque era già presente in un De Gasperi convinto che
<<un’accentuata caratterizzazione confessionale avrebbe finito per
condizionare fortemente il partito e quindi per alienargli una quota
consistente della sua base sociale ed elettorale>>
4
.
I dissidi degli inizi degli anni Cinquanta e i tentativi di De Gasperi, oltre
che dello stesso Fanfani, di allentare la dipendenza del partito dalle
organizzazioni cattoliche non arrivarono così in fondo da suggerire di
prendere una strada diversa rispetto a quella del Vaticano. Infatti per tutto il
decennio la Dc fece affidamento sulla profonda penetrazione della Chiesa
nella società italiana e sull’appoggio politico che quest’ultima dava al
partito in occasione delle elezioni. Ciò non venne messo in dubbio neanche
dal tentativo di Fanfani di fare della Dc un partito di massa, che lo vide
impegnato ad allargare il radicamento del partito nella società civile
attraverso una imponente campagna di tesseramento
5
. Dall’altra parte la
Chiesa usufruiva del partito per far sentire il proprio peso nella vita civile
italiana.
Quindi le leggi, i provvedimenti e il corso che la Dc diede all’Italia
erano, non in piccola parte, confacenti, o anche solo condizionate, alle idee
della Chiesa, come detto per convinzione o per precise scelte politiche.
In quest’ottica è possibile vedere la proposta del senatore Dc Galletto
che, tra un collega che si indignava per le spalle nude di una signora e un
altro pronto a dare <<un giro di vite all’adulterio>>, suggerisce di abolire i
neonati concorsi di bellezza
6
. L’idea certo non doveva incontrare
l’opposizione della gerarchia cattolica che riteneva la vanità un peccato.
Tanto è vero che la direttrice di un educandato religioso a Roma pensava
che i concorsi di bellezza fossero espressione del <<paganesimo più astuto
4
A. Parisella, Clero e parroci in Aa.Vv., Pio XII, a cura di A. Riccardi, Roma-Bari 1984, pp. 448-9.
5
P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi cit., p. 226.
6
M. Lupinacci, Proibire le “miss”, in “Epoca”, 5 (1954), 201, p. 61; A. Lusini, Sui concorsi di
bellezza si è scatenato un temporale, in “Oggi”, 10 (1954), 25, p. 15.
7
e selvaggio>>
7
; “La famiglia cristiana” lo riteneva un <<peccato grave>>,
un fenomeno <<riprovevole in misura grave>> oltre che <<ingiustificata
provocazione della brutalità annidata in tutti noi>>
8
. La proposta comunque
incontrò l’ostilità dell’opinione pubblica espressa dai periodici dell’epoca,
quelli non cattolici, che facevano appello all’intelligenza politica dei
parlamentari, anche cattolici
9
.
La censura affliggeva la vita, artistica e sociale, degli italiani dell'epoca.
Essa si ispirava a leggi confuse oltre che vecchie e quindi venne sempre
promossa dall'iniziativa personale dei funzionari più scrupolosi, a volte
imboccati da qualcuno più potente di loro
10
.
La censura preventiva era tanto di stampo morale che politico. I libri
erano depurati dalle parole inopportune: Ragazzi di vita di Pasolini era
pieno di iniziali puntate che avrebbero dovuto far solo intuire le parolacce
scritte dall’autore; La putain respecteuse di Sartre per gli italiani divenne
La p. rispettosa
11
.
In teatro non si potevano pronunciare le parole <<prete>>,
<<Madonna>> né tanto meno era possibile nominare, anche di sfuggita e
senza nessuna intenzione particolare, alcun uomo politico; inspiegabil-
mente anche la battuta <<domani farò mettere il telefono in casa>> era
censurata
12
. L’opinione di Curzio Malaparte, espressa nella sua famosa
rubrica <<Battibecco>> sulla rivista “Tempo”, era che la censura <<am-
mazzasse>> l’espressione teatrale
13
, così come un suo collega qualche
mese prima sulla stessa rivista pensava che tra le cause del mancato decollo
7
M. Boneschi, Poveri ma belli cit., p. 326.
8
P. Guarise, Il fenomeno delle miss, in “La famiglia cristiana”,24 (1954), 29, pp. 3-4.
9
Cfr. M. Lupinacci, Proibire le “miss”, in “Epoca”, 5 (1954), 201, p. 61.
10
M. Boneschi, Poveri ma belli cit., p. 286.
11
G.F. Venè, Vola colomba. Vita quotidiana degli italiani negli anni del dopoguerra: 1945-1960,
Milano 1990, p. 42.
12
C. Malaparte, Battibecco, in “Tempo”, 17 (1955), 26, p. 10.
13
Ibidem.
8
della Tv italiana vi fosse una <<eccessiva “pruderie”>> che, per non urtare
la morale comune, offriva un <<prodotto vecchio>>, non riuscendo a
capire che ormai bisognava agire <<con minori preoccupazioni di urtare
questo o quel principio superato dai tempi>>
14
.
Infatti il codice di regolamentazione della televisione italiana, nata
ufficialmente il 3 gennaio 1954, ispirato ai dirigenti RAI da Dc e Vaticano,
si proponeva di rispettare una certa morale, quella tutto sommato propa-
gandata dalla Chiesa circa il vincolo matrimoniale, la famiglia e la società
in genere. Vi si leggeva un impegno a non portare <<discredito o insidia
all’istituto della famiglia>>, oltre che a trattare con particolare riguardo la
santità del matrimonio, e a trattare le relazioni adulterine come qualcosa
che costituisse una grave colpa; le vicende che riguardavano relazioni
sessuali illegali sarebbero state considerate come irregolari e in modo tale
da non costituire un incitamento alla loro imitazione
15
. Alcuni episodi
nell'ambito della censura televisiva scadono quasi nel ridicolo: quando nel
'58 va in onda Casa di bambola di Ibsen si bada a che il dottor Rank sia
malato di tubercolosi e non di sifilide; nell'adattamento televisivo di Padri
e figli di Turgenev, essendo proibite le rappresentazioni di amori illeciti,
Kirsanov e Fenika sono presentati come marito e moglie. Altro simpatico
episodio si ebbe nel '57 quando la RAI chiese alla Federcalcio di fare
allungare i pantaloncini delle squadre di cui si apprestava a trasmettere un
incontro
16
. Infatti la porzione di pelle visibile o solo intuibile doveva essere
moderata: la ballerina Arnova compare in calzamaglia e le chiudono il
programma.
14
F. Martinelli, La difficile battaglia della TV italiana, in “Tempo”, 17 (1955), 4, pp. 54-6.
15
D. Marchesini, Coppi e Bartali, Bologna 1998, p. 96. Cfr. inoltre S. Lanaro, Storia dell'Italia
Repubblicana: dalla fine della guerra agli anni novanta, Venezia 1992, pp. 200-1.
16
M. Boneschi, Poveri ma belli cit., p. 288.