3
Introduzione
Il termine socializzazione indica un ramo ben preciso di studi
nell‟ambito delle scienze sociali ed assume il suo significato
corrente a partire dagli anni 1930-1940. Esso esprime il legame tra
l‟individuo e la sua società di appartenenza, dunque è un processo
che avviene durante l‟intera esistenza del soggetto. Ciò, in special
modo, nella società contemporanea che, molto spesso, pretende
dall‟individuo, oltre all‟assunzione di una molteplicità di ruoli,
l‟acquisizione di sempre nuove competenze e il puntuale
adattamento a situazioni che richiedono «de-socializzazione agli
orientamenti di valore precedenti e una ri-socializzazione a un
diverso sistema di aspettative»
1
.
Il processo di socializzazione si definisce, con impercettibili
varianti, come trasmissione di valori, norme, atteggiamenti e
comportamenti condivisi dai membri in un determinato gruppo
sociale, e si realizza mediante un continuo sistema di comunicazione
verbale e non verbale da parte di soggetti individuali o collettivi, di
agenzie ed unità sociali che si diversificano per ruoli e
caratteristiche.
Dunque la socializzazione, quale dinamica sociale, spiega le
relazioni tra cultura e identità sociale e tra necessità ed aspettative
biologiche e sociali. I meccanismi attraverso i quali essa si svolge
attengono alle forme di apprendimento – per imitazione, per
ricompense o sanzioni, e per molte altre declinazioni del termine
1
Cfr. Besozzi E., Elementi di sociologia dell’ educazione , Carocci, Roma 2003, p. 76
4
stesso –, in grado di modificare comportamento e personalità
dell‟individuo, sulla base del rapporto con gli altri.
Si comprende, per questo, quanto sia profondo il nesso tra
socializzazione e cultura, essendo la seconda il «contenuto» della
prima, ciò che viene trasferito:
«emerge così una duplice necessità della socializzazione: essa è
indispensabile alla società, per la perpetuazione di se stessa, e all‟essere umano,
per proteggerlo dal caos di un‟esistenza senza punti di riferimento simbolici e
modelli culturali di orientamento dell‟azione».
2
Pure se il senso comune tende a considerare sinonimi
socializzazione ed educazione, dal punto di vista sociologico la
distinzione tra i due termini avviene tra diversi livelli di analisi, che
poggiano essenzialmente su tre «opposizioni»: (1) intenzionale e non
intenzionale, (2) formale e informale, (3) asimmetrico e
simmetrico.
Con riferimento al primo livello, l‟intenzionalità, richiedendo
una relazione tra soggetti in cui volutamente sono trasmessi
contenuti, è propria dell‟educazione, laddove la socializzazione può
essere del tutto in-intenzionale.
Allo stesso modo, il grado formale, che ritroviamo solo entro
istituzioni specializzate quale la famiglia o la scuola, è tipico
dell‟educazione, mentre l‟informalità è da riferirsi alle relazioni
sociali che producono un effetto socializzante, pur senza
un‟intenzione manifesta; si tratta dei processi di trasmissione di
norme e valori che possono avvenire ovunque: un esempio per tutti,
possono considerarsi i media.
2
Donati P.P. (2010), Sociologia. Una introduzione allo studio della società, Padova, CEDAM,
p. 64.
5
Rispetto, poi, alla terza opposizione, le relazioni asimmetriche
sono ben individuate nel processo educativo, con la netta distinzione
tra educatore ed educato a differenza di quelle simmetriche, che si
sviluppano tra pari e si riferiscono alla socializzazione.
Si può riassumere, sottolineando, osservando che se l‟educazione
implica sempre un rapporto, non per forza asimmetrico, tra docente
e allievo e richiede un certo grado di consapevolezza del processo
stesso da parte di coloro che vi sono coinvolti, al contrario, la
socializzazione comprende
«tutto quanto attivamente o passivamente concorre all‟inserimento di un
individuo nei gruppi sociali e, in particolare, dal punto di vista sociologico, ogni
elemento della complessa relazione esistente fra struttura sociale e la
formazione della personalità»
3
.
Gli individui, comunicando tra loro, si «scambiano» nozioni
rilevanti per il sistema sociale, conoscenze che si rivelano
indispensabili sia la sua riproduzione che per la sua trasformazione
ed evoluzione. Tra i meccanismi di «scambio» e trasmissione che
permetto ai membri di una società di far evolvere la propria cultura,
ricoprono un ruolo fondamentale i processi di socializzazione. Essi
si sviluppano in qualità di «cerniera» tra due realtà: l‟ individuo e la
società. È proprio questo processo che permette all‟individuo di
diventare parte della comunità in cui nasce e che gli «insegna» a
riconoscere ed utilizzare valori, norme, comportamenti,
atteggiamenti e ruoli di cui essa si compone.
Il processo di socializzazione è stato ben definito come
«quell‟insieme di processi mediante i quali un individuo sviluppa lungo
tutto l‟arco della vita, nel corso dell‟interazione sociale con un numero
indefinito di collettività il grado minimo, e a certe condizioni gradi via via più
3
Cesareo V. (1972), Sociologia dell’educazione, Hoepli, Milano, p. 34
6
elevati, di competenza comunicativa e di capacità di prestazione, compatibile
con le esigenze della sua sopravvivenza psicofisica entro una data cultura e ad
un dato livello di civiltà, in rapporto con tipi variabili di gruppo o di
organizzazione atti a fornirgli i mezzi attraverso forme di scambio e
commisurati con i suoi successivi stadi di età»
4
.
Il processo di socializzazione, con riferimento ad un contesto
culturale preciso contiene in sé due differenti dimensioni, la prima
delle quali lo identifica come «prodotto della società»; la seconda, lo
pone quale «motore del cambiamento».
Lo psicologia sociale ha individuato e distinto tra loro una
socializzazione primaria ed una socializzazione secondaria. La
prima si realizza dalla nascita fino ai tre anni. Si tratta di un
processo attraverso cui il bambino, nella famiglia, inizia lentamente
il processo di consapevolezza della propria identità personale.
Questo periodo è finalizzato all‟acquisizione delle competenze di
base, come la capacità comunicativa e il linguaggio. Influisce molto,
nella socializzazione primaria, la dimensione emotiva in quanto,
come suggerisce la psicologa freudiana, il bambino si identifica con
le figure che influiscono su di lui secondo modalità emozionali, che
inducono l‟identificazione con l‟altro; ed è così che il bambino
riesca ad acquisire identità soggettiva e conoscenza del sé.
La socializzazione secondaria, invece, si realizza successivamente
quando l‟individuo esce dall‟ambiente in cui è cresciuto ed entra in
contatto con realtà esterne – scuola, ambiente lavorativo, etc. –,
assumendo stili di comportamento adatti ai vari contesti; quindi, la
socializzazione secondaria permette l‟acquisizione di competenze
4
Gallino L. (1993), “Socializzazione”, ad vocem, in Dizionario di sociologia, UTET-
Tea,Torino.
7
sociali specifiche legate alla scelta dei ruoli che l‟individuo decide
di assumere nella società.
Per le numerose teorie ed interpretazioni che, pur nella loro
varietà, avvolgono l‟universo della socializzazione, si sono
storicamente individuate tre concezioni, strettamente legate anche ai
diversi modi di intendere il rapporto educazione-società: la
concezione funzionalista-integrazionista, quella conflittuali sta e
quella interazionista-comunicativa.
Il primo degli approcci citati, dominante fino alla fine degli anni
Sessanta del secolo scorso, trae origine dall‟idea durkheimiana
dell‟educazione, intesa come mezzo attraverso il quale la società si
rinnova. L‟ educazione, per il grande sociologo francese, è
«quell‟azione esercitata dalle generazioni adulte su quelle che non sono
ancora mature per la vita sociale. Essa ha per fine di suscitare e sviluppare nel
bambino un certo numero di stati fisici, intellettuali e morali, che reclamano da
lui sia la società politica nel suo insieme, sia l‟ambiente particolare al quale è
destinato»
5
.
Secondo questa teoria l‟uomo è si emancipa solo attraverso la
relazione con gli altri; in tale ottica, la società è vista come
un‟autorità morale bene organizzata in cui ciascun individuo
occupa il posto per il quale è destinato; proprio perché ognuno ha un
compito particolare e limitato, l‟educazione dovrà essere
specialistica e differenziata:
«noi non possiamo e non dobbiamo votarci tutti allo stesso genere di vita;
ma dobbiamo, secondo le nostre attitudini, svolgere delle funzioni differenti, ed
è indispensabile che ciascuno di noi si metta in armonia con quella che gli
incombe»
6
.
5
Durkheim E., (1971), La sociologia e l’educazione, Newton Compton, Roma, p. 40.
6
Ibidem, p.30.
8
L‟interazione si realizza nel momento in cui ciascuno occupa il
ruolo cui è destinato. La scuola, più della famiglia, deve svolgere
questo compito fondamentale: essa educa le nuove generazioni per
creare comunità di idee. Parsons, attorno alla metà degli anni
Cinquanta, riprende le proposizioni durkheimiane, integrandole con
l‟individuazione del passaggio da individuo a essere sociale. Il
pensatore statunitense ritiene che l‟equilibrio della comunità derivi
dal fatto che ciascun individuo ricopre un ruolo specifico
perfettamente integrato con i ruoli assunti dagli altri
7
. Se nel corso
della socializzazione primaria avviene l‟interiorizzazione dei valori,
mediante soprattutto il meccanismo dell‟identificazione, nella
socializzazione secondaria gli orientamenti fondamentali si
trasformano in orientamenti di ruolo che implicano una variabilità
personale e modificazioni della struttura della personalità, grazie al
fondamentale meccanismo dell‟imitazione. Sulla linea di tale
orizzonte teorico, si profilano due agenzie di socializzazione: la
famiglia e la scuola. Per Parsons, la prima è insostituibile per la
socializzazione primaria
8
, mentre alla scuola viene demandato il
compito di verificare e integrare quanto appreso in ambito familiare
con gli orientamenti di valore ed i comportamenti richiesti invece
nell‟ambito dell‟ istruzione scolastica e quindi dell‟ insegnamento
9
.
Quindi deve garantire una continuità e una complementarietà tra le
due agenzie. La socializzazione scolastica, nel modello qui discusso,
presenta due aspetti: quello intellettuale in cui si forniscono
7
Cfr. Parsons T. – Bales F. (1974), Famiglia e socializzazione, Mondadori, Milano.
8
Per contro, Durkheim riteneva che la famiglia della società industriale non fosse in grado di
assolvere ai suoi compiti educativi. Cfr. Durkheim E., (1971), La sociologia cit., pp. 52ss.
9
Cfr. Parsons T. (1972), “La classe scolastica come sistema sociale”, in Cesareo V., Sociologia
dell’educazione cit. p.237
9
conoscenza, capacità e competenza; e quello morale, che può
identificarsi con un responsabile civismo all‟interno della scuola
prima e della società, dopo. Per la corrente funzionalista il processo
è una sequenza lineare in cui l‟individuo si conforma all‟ ordine
sociale.
Secondo l‟approccio conflittualista, di matrice weberiana e
marxista, la socializzazione è legata ai rapporti sociali in termini di
dominio, per cui l‟ educazione viene considerata come riproduzione
dei rapporti sociali di forze esistenti. Più precisamente, la
socializzazione viene intesa come una sorta di forma di controllo
attraverso la quale il gruppo dominante conserva il suo potere sugli
altri. Tale concezione si sviluppa in chiave critica, in modo del tutto
opposto a quella funzionalista, in primo luogo nei confronti
dell‟organizzazione sociale e perciò anche nei confronti della scuola
che tende a mantenere le gerarchie sociali. Dunque, l‟intero sistema
scolastico è considerata strumento della classe dominante, capace di
sviluppare una falsa coscienza la quale, per liberarsi dal dominio,
dovrà riconoscere un ruolo positivo all‟istruzione, al fine di
conseguire una presa di coscienza di classe
10
. L‟approccio
conflittualista alla socializzazione e in particolar modo al ruolo dell‟
istruzione ha svolto una funzione significativa di denuncia dei
condizionamenti e ha contribuito a un approfondimento di come si
realizza il processo di socializzazione e quindi il passaggio della
cultura da una generazione all‟ altra
11
.
10
Cfr. Besozzi E. (2003), Società, cultura, educazione, Carocci, Roma, pp. 117ss..
11
Cfr.Ivi, pp.120 ss.
10
L‟approccio interazionista-Fenomenologico, infine, si basa
sull‟aspetto intenzionale e comunicativo che si manifesta durante
l‟interazione. Secondo questa teoria l‟uomo è costruttore della
realtà, partecipa attivamente alla realtà sociale e quindi la
costruzione della realtà è la tipica manifestazione umana legata alla
capacità di produrre simboli. Le sue azioni sono portatrici di senso e
conferiscono un senso e un simbolo ad ogni oggetto con il quale egli
entra in contatto quotidianamente. Si evidenzia così come, a
differenza degli animali, l‟individuo non ha risposte esclusive di
tipo istintuale. L‟interazione simbolica è l‟interpretazione
significativa dell‟azione altrui e la trasmissione all‟altro delle
prescrizioni di comportamento accettate dal gruppo.
L‟interazionismo simbolico ci spiega che è importante
l‟interazione tra due soggetti e non il comportamento del singolo
individuo. Massimo teorico di questo approccio è Mead che
analizza i rapporti sociali, sostenendo che essi si costituiscono
essenzialmente nello scambio comunicativo di significati comuni.
Questi sono rappresentati da
«gesti che diventano simboli significativi quando suscitano implicitamente
nell‟ individuo che li compie le medesime risposte che essi suscitano
esplicitamente negli individui ai quali sono indirizzati»
12
.
12
Mead G.H. (1966), Mente, sé e società, Giunti Barbera, Firenze.