4
Il rione Testaccio è stato per anni uno spazio emarginato, un luogo dove le
istituzioni avevano pianificato la concentrazione della classe operaia, alla quale oltre
la fabbrica era offerta soltanto l'osteria, per dimenticare la fatica del lavoro .
Le motivazioni dell'esclusione per lunghi anni del rione dal resto della città, secondo
noi sono da ricercarsi in cause strettamente politiche: dopo l'abbandono, da parte
delle istituzioni in carica nei primi anni di questo secolo, del progetto di quartiere
industriale modello, Testaccio venne ben presto trasformato in dormitorio.
Quello che intendiamo verificare , è se nel rione Testaccio esista una forte coesione
di tipo comunitario, ossia un senso di appartenenza al territorio comune e alla
tradizione romana, un uso sociale del territorio e una percezione, negli abitanti, di
essere parte di un rione che conserva intatte delle proprie peculiarità.
Le forme di socialità riscontrate nello studio del rione si esprimono soprattutto
attraverso l'associazionismo.
Noi pensiamo che oggi è necessario tornare a pensare la città come un luogo nel
quale gli uomini e le donne interagiscono con le istituzioni per migliorare il posto in
cui si trovano a vivere, si riuniscono per cercare di cambiare quello che non va e
non rimangano in disparte rassegnandosi, un luogo in cui partecipino alla vita
pubblica. Purtroppo molti individui oggi sono troppo alienati dalle contraddizioni di
un sistema che subordina i valori della socialità a quelli della produzione di capitale,
per poter fare queste cose.
Sarebbe necessario, allora , recuperare la dimensione dell'agorà, contro quelli che
troppo spesso e a sproposito hanno pensato di aver trovato nella televisione la
moderna piazza della società postindustriale, culla e coacervo di una partecipazione
illusoria e mediata.
Bisognerebbe, infine, superare la prospettiva riduttivistica della città come pura area
costruita per sollecitare un nuovo interesse verso lo spazio collettivo.
Ipotizziamo che tutto questo sia oggi possibile soltanto attraverso il recupero di una
dimensione umana delle aree abitative e degli spazi pubblici; che tutto questo sia
attuabile solo con un mutamento della percezione degli abitanti nei confronti del
loro spazio residenziale, costituito da un continuum spazio pubblico-spazio privato e
del conseguente mutamento di ruolo degli stessi, da spettatori passivi ad attori
propositivi che si riconoscono volontaristicamente in Comitati e associazioni e si
fanno tutelanti dei loro spazi, adottandoli e salvaguardandoli. A questo proposito
sono già sorti in alcune città italiane, come ad esempio Reggio Calabria, i contratti
di quartiere che si propongono, fra le altre cose, di creare una collocazione
lavorativa mirata alle esigenze degli abitanti dei quartieri.
Illustrando più da vicino l'articolazione della tesi, nel primo capitolo si sono
analizzate le manifestazioni della socialità positiva: la comunità, il gruppo,
l'associazionismo.
E' sembrato poi utile, per affrontare lo studio della socialità in un moderno contesto
urbano, vedere come i rapporti sociali sono mutati con l'avvento della società
industriale capitalista e riportare i contributi intellettuali dei sociologi .
Nello studio del rione Testaccio, si sono definite quelle che secondo noi sono le due
linee interpretative per l'analisi della socialità e della coesione comunitaria dei suoi
abitanti: la particolare storia urbanistica del rione e la rete di assistenza laica creata
nei primi anni dell'insediamento abitativo.
5
Si sono poi analizzati i mutamenti nella composizione sociale del rione dalla sua
edificazione ai nostri giorni, i luoghi di aggregazione e i momenti di espressione
della socialità.
Nel capitolo quarto ci è sembrato opportuno definire la peculiarità della metodologia
qualitativa applicata per il nostro studio, ricorrendo alle interpretazioni che ne hanno
dato i suoi più attenti conoscitori: la metodologia delle storie di vita.
Nel capitolo quinto, nel secondo volume, sono state trascritte ortograficamente e
analizzate ventuno storie di vita privilegiando le aree che interessano la ricerca: la
famiglia, il lavoro, le abitazioni, la vita di quartiere, l'atteggiamento verso i problemi
sociali del quartiere.
La ricerca è avvenuta per fasi.
Ad una fase di intenso e paziente lavoro di ricerca di documenti presso vari Uffici e
biblioteche, che potessero fornire un quadro il quanto più possibile completo della
edificazione e della composizione sociale originaria del rione e presso organi di
informazione che avessero registrato le vicende del rione nei primi anni della sua
edificazione, è seguita la raccolta dei censimenti della popolazione presso l'Ufficio
Statistico del Comune di Roma e di quelli delle abitazioni presso lo IACP.
Questa prima fase di fruttuoso ma sedentario lavoro nelle biblioteche, negli archivi e
nelle redazioni dei quotidiani romani, è stata ricompensata da quella più
squisitamente sociologica; il contatto diretto e partecipato alla vita del rione,
l'individuazione dei suoi principali luoghi di aggregazione, la registrazione dei suoi
riti nei giorni di festa, la preparazione della annuale festa del rione, la partecipazione
alle riunioni delle varie associazioni, le fotografie e la raccolta di filmati, la raccolta
delle biografie di alcuni abitanti.
Sono stati due anni di lavoro intenso che mi hanno lasciato molto; tanto quanto può
lasciare l'esperienza di poter ascoltare una vita ed esserne partecipe, almeno per lo
spazio d'un nastro magnetico.
6
I canali di espressione della socialità
Capitolo 1
1.1 La comunità
Come anticipato nell'introduzione, questa ricerca intende analizzare se le
espressioni della socialità in un contesto urbano circoscritto, il rione Testaccio a
Roma, siano state influenzate positivamente dalla particolare storia urbansitica e
tradizione associativa del rione stesso.
Per poter parlare di socialità e della sua conseguente manifestazione in
comportamenti associativi dentro uno spazio umano circoscritto come un quartiere,
è sembrato necessario capire per quale motivo e su quale storia o tradizione, gli
individui si associano e quindi si è tentato di ricomporre una definizione sociologica
di comunità, gruppo sociale e associazione.
La teoria alla quale lo studio si riferisce, è quella del concetto di comunità. Gli studi
di comunità costituiscono una delle più grosse tradizioni della sociologia empirica
1
e
forse anche per questo motivo, hanno attirato critiche e perplessità. La critica che
investe più frequentemente tali studi, è il loro grado di generalizzabilità; gli
interrogativi che pongono i critici possono essere secondo noi riassunti
sostanzialmente in due domande " fino a che punto lo studio di un paese o di un
quartiere può essere ritenuto valido per l'intera nazione o città?"
2
oppure ancora
"fino a che punto lo studio di comunità può sollevarsi dalla sfera dell'idiografico per
accedere a quella del nomotetico?". Tali critiche sono da comprendersi nella più
ampia e irrisolta controversia che in sociologia oppone i sostenitori dei metodi
qualitativi, metodi che risultano essere quelli più usati per le ricerche di comunità, e
i sostenitori dei metodi quantitativi. Nel corso di questo studio ci si è chiesti: ma
davvero esiste una forte alterità in sociologia fra ricerche obiettive ed esatte
condotte con metodi quantitativi, con questionari rigidamente standardizzati, analisi
fattoriale ecc. ecc., e, dall'altro lato, ricerche necessariamente deformate dalla
soggettività condotte attraverso l'uso di storie di vita, osservazione partecipante
ecc.ecc? Siamo daccordo con M.I.Macioti quando l'autrice scrive se "...non sarebbe
forse meno illusorio, più corretto, ammettere che le scienze sociali si muovono su
territori anche di autenticità personale, più che di asettica verità storica; di
reinterpretazione, più che di supposta oggettività e realismo?"
3
.
Il nostro studio sulla socialità nel rione Testaccio, non pretende senz'altro di
rappresentare le espressioni della socialità della intera città di Roma,
indipendentemente dal metodo usato, ma proporre delle ipotesi di studio sulle
espressioni della socialità in questo contesto urbano.
Con il termine comunità la sociologia ha inteso riferirsi a piani diversi e discontinui
della realtà sociale: la struttura e le procedure di gruppi più o meno strutturati, le
dinamiche relazionali degli individui, le forme e le condizioni di appartenenza
1
Per gli studi di comunità in Italia rinvio al cap.II par.3
2
Vedi la voce Comunità a cura di R.Strassoldo, Nuovo dizionario di sociologia, a cura di
F.de Marchi, A.Ellena, B.Cattarinussi, ed. San Paolo, Milano, 1987.
3
M.I.Macioti (a cura di), La ricerca qualitativa nelle scienze sociali, ed. Monduzzi, Bologna,
1997 pag. 2.
7
sociale, alcuni tipi di società caratterizzate da forti legami personali e durevolezza
delle relazioni, infine sistemi di valore, norme e rappresentazioni.
Il concetto tönnesiano di comunità è caratterizzato per contrasto in quanto la
comunità o Gemeinschaft si oppone alla società o Gesellschaft. Mentre la comunità
deve essere considerata "un organismo vivente" la società deve essere intesa come
"un aggregato e prodotto meccanico"
1
.
Tönnies opponendo Gemeinschaft a Gesellschaft
2
ha introdotto un elemento
analitico per comprendere i due tipi di relazioni sociali che sottostanno alla comunità
e alla società: i due tipi di volontà umana. Alla base di ogni tipo sociale, secondo il
sociologo tedesco, vi sono corrispondenti tipi di volontà.
In altri termini il fondamento della vita sociale secondo Tönnies, risiede nella
psicologia umana e di conseguenza i concetti sociologici devono essere
psicologicamente fondati. I due tipi di volontà sono la volontà essenziale -
Wesenwille- che rappresenta il principio dell'unità della vita, e la volontà arbitraria -
Kurwille- che possiede una vera e propria realtà solo in relazione al soggetto. La
materia con cui si foggiano i due tipi di volontà è la libertà. Nella volontà essenziale
la libertà è una possibilità reale, mentre nella volontà arbitraria la volontà è una
possibilità di carattere ideale.
La Gemeinschaft nella sociologia tönnesiana è la forma della socialità originaria,
fondata sulla naturalità della volontà umana; la Gesellschaft , espressione della
volontà arbitraria, è invece una socialità deviata e artificiale. Gli sviluppi della
Gesellschaft sono, dalle origini, contenuti nella Gemeinschaft quindi i due tipi di
socialità sono analiticamente distinguibili, ma rivelano empiricamente la loro
intrinseca compresenza storicamente non eliminabile.
Secondo Tönnies la sopravvivenza e l'interesse dell'individuo, non costituiscono la
finalità unica ed esclusiva della natura. L'interesse individuale alla sopravvivenza, è
infatti in funzione della continuità e dell'evoluzione della specie; negli animali sociali,
la sopravvivenza del gruppo è una finalità altrettanto importante. I rapporti tra
individuo, gruppo e specie sono un insieme di antagonismo e solidarietà, di
competizione e cooperazione. Il concetto di comunità tönnesiano si basa su una
concezione positiva dei rapporti sociali, così come si stabiliscono tra le persone su
di una base di reciprocità . I tipi di comunità individuati da F.Tönnies sono quella di
sangue, di luogo e di spirito.
I rapporti che caratterizzano la comunità di sangue sono quelli familiari e di
parentela, tra madre e figli, padre e figli, sorella e fratello, uomo e donna.
La comunità di luogo, è invece data da rapporti comunitari di vicinato laddove può
nascere un tessuto connettivo tra gli abitanti di una comunità locale, basato su
abitudini di carattere collettivo. La comunità di spirito, caratterizza i sentimenti di
amicizia che si possono sviluppare a causa della comune vicinanza di luogo o per
un legame parentale. Quello che è importante sottolineare, è la definizione classica
di comunità intesa come gruppo sociale solidale, che non viene a rappresentare una
semplice organizzazione formale degli interessi particolari, ma si risolve in una
comunità morale molto differente da quella societaria, caratterizzata dalla
degenerazione dei rapporti di solidarietà.
Le forme originali di convivenza sono dunque rappresentate per Tönnies, dalla
parentela, dal vicinato e dall'amicizia dove i rapporti sono improntati alla
1
F.Tönnies, Gemeinschaft und Gesellschaft, Reisland, Leipzig, 1887. Trad.it. di G.Giordano,
Comunità e società, ed. Comunità, introd. di R.Treves, Milano, 1963.
2
F.Tönnies, op.cit. pag. 47.
8
comprensione o consensus, alla Verstandins che sono modi di sentire comuni e
reciproci e rappresentano il punto di forza della comunità. Proprio quest'ultima
caratteristica però, rappresenta al tempo stesso uno dei miti interpretativi che
maggiormente ha ostacolato la recezione del concetto contemporaneo di comunità,
criticato da più parti.
Infatti la concezione della società come luogo del pluralismo, e della comunità
come luogo del sentire comune e reciproco
1
, ha dato adito all'interpretazione
secondo la quale i rapporti comunitari presuppongano in ogni caso una omogeneità
culturale, e che non ci sia spazio per l'esistenza di comunità pluralistiche. Nella
società moderna invece, l'abitante della città appartiene simultaneamente a molti
networks sociali tra i quali vi è anche il vicinato; ciò che caratterizza i rapporti
interpersonali dell'abitante della città oggi, è proprio la diversa intensità dei propri
legami personali ed il loro grado di eterogeneità. Come scrive E.Finocchiaro
2
, è
dunque possibile l'appartenenza simultanea a comunità multiple.
Il senso di comunità per Tönnies è la concettualizzazione, a livello di coscienza
umana, dei rapporti di interdipendenza tra l'individuo e il gruppo. Non sarebbero
quindi da attribuire alla comunità naturale, come ha fatto il darwinismo sociale, quei
caratteri di competizione che sono invece caratteristici di un particolare tipo di
società umana in un particolare momento storico - il capitalismo - e non sono da
attribuire alla comunità umana, come ha fatto Tönnies, caratteri di armonia naturale
e amore spontaneo tra gli individui.
La comunità per Tönnies è il luogo privilegiato dell'identità che nella storia, negli usi
e nelle abitudini del gruppo comunitario, consente agli individui di ritrovare quelle
che R.Cavallaro
3
definisce le coordinate sociali del comportamento. Quindi la
comunità, secondo Tönnies, viene a rappresentare il gruppo primario che ne
racchiude altri di ordine numerico inferiore, e che assolve, per tutti i gruppi, la
funzione di coordinamento delle due volontà delle quali abbiamo parlato sopra.
Il modo di pensare la comunità in contrapposizione con la società - identificata con
la stessa modernità - , si manterrà pressoché immutato nelle sue linee essenziali,
per tutta la stagione della teoria sociologica definita come classica.
Già H.J.Summer Maine, dal quale Tönnies attingerà per la sua formulazione
classica del concetto di comunità, nella trattazione dell' opera Ancient Law (1861)
con un approccio esplicitamente evoluzionistico, afferma che il movimento di
evoluzione della società ed il rapporto tra gli uomini, caratterizzato in precedenza da
reciproca solidarietà , verrà presto sostituito dal contratto e da rapporti interpersonali
di tipo utilitaristico. La comunità sembra destinata a soccombere.
Anche Karl Marx affronta il problema della comunità; secondo lui il declino
comunitario segnala l'affermazione dei rapporti sociali alienati, capitalistici e
reificanti. Il lavoro formalmente libero, presuppone la scomparsa della proprietà
fondata sulla comunità, e la separazione tra gli individui soppianta l'originaria
armonia. Afferma R.Nisbet che mentre "...Marx considera la fine della comunità
come conseguenza del capitalismo, in Tönnies il capitalismo viene trattato come
1
F.Tönnies, op.cit. pag 62.
2
P.Guidicini (a cura di), Dimensione comunità, ed.F.Angeli, Milano, 1985 pag 51.
3
R.Cavallaro, Incontri, parole,storie.Il concetto di comunità e l'approccio biografico.
"Sociologia - Rivista di scienze sociali", anno XXII, nuova serie, n°1, 1988, pagg. 83-99.
9
conseguenza della fine della comunità"
1
quindi la Gemeinschaft tönnesiana
diverrebbe un fattore causale del moderno assetto sociale, economico e culturale.
Commentando la principale opera di Tönnies, Emile Durkheim
2
non accetta che
comunità e società siano due tipi di esistenza della stessa entità che è la società,
come afferma Tönnies, perché la rottura della continuità tra il momento organico
rappresentato dalla comunità, e il momento meccanico rappresentato dalla società,
è tanto profondo da escludere una loro comune appartenenza al medesimo
processo di sviluppo.
Per Max Weber, la comunità rimane il luogo dell'agire meno razionale, un ambito in
cui "la disposizione dell'agire sociale poggia (...) su una comune appartenenza,
soggettivamente sentita degli individui che ad essa partecipano"
3
.
Quindi i processi di differenziazione e razionalizzazione che accompagnano la
società moderna, non possono che essere visti in contrapposizione rispetto all'ethos
comunitario.
Il concetto di comunità, pur trovando in Tönnies il suo teorizzatore più importante,
non si è sviluppato soltanto in ambito europeo-preindustriale, ma anche
nell'ambiente rurale americano di inizio secolo, dove l'insediamento non era
concentrato ma disperso, non tradizionale ma razionalistico, non collettivistico-
cooperativo ma individualistico-competitivo.
Queste caratteristiche, non permettevano una formulazione idealizzata ed
idealtipica di comunità, anche se si è voluta vedere una stretta connessione tra il
concetto ecologico di area naturale e quello tönnesiano di Gemeinschaft. Tuttavia,
anche nelle grandi metropoli americane era possibile scoprire delle sub-aree dotate
di alcuni caratteri di omogeneità, dove si concentravano ad esempio individui dello
stesso gruppo etnico.
La Scuola ecologica di Chicago, sorta negli USA nel 1925, si interessò soprattutto a
questi aggregati sociali che vennero chiamati sottocomunità. La comunità
metropolitana si trova così a dover sostituire, con le sottocomunità, la comunità per
eccellenza, la romantica Gemeinschaft tönnesiana.
Il concetto classico di comunità è in seguito entrato in crisi ed è subentrato quello di
comunità locale grazie allo studio dei coniugi Lynd su Middletown. In Italia invece, è
stato Pizzorno a dare contributi diversi da quelli più propriamente classici. Secondo
l'autore, la comunità è ancora una "unità circoscritta territorialmente, entro la quale
si realizza un sistema di rapporti sociali fondato appunto sul fatto della prossimità
territoriale"
4
ma affinché questa unità territoriale sia considerata una comunità è
essenziale: a) la predominanza di rapporti personali diretti, b) la presenza di forme
di socializzazione comuni e specifiche, c) la presenza di certe forme di sentimenti di
appartenenza, d) la potenziale globalità di rapporti sociali.
5
Nella sua versione contemporanea, il concetto di comunità non si pone su una linea
di rottura con la modernità, ma semmai su una linea di integrazione e di continuità.
1
R.Nisbet, The Sociological Tradition,Basic Books, New York 1966 trad.it. di G.P.Calasso,
La tradizione sociologica, La Nuova Italia, Firenze 1977 pag 109.
2
E.Durkheim, Recensione a F.Tönnies, Gemeinschaft und Gesellschaft, Revue Philosophique,
1889 (XXVII) pag. 416-422.
3
M.Weber, op.cit, 1961, vol.I, pag 23.
4
A.Pizzorno, Comunità e razionalizzazione, ed.Einaudi, Torino, 1960, pag 17.
5
A.Pizzorno, op.cit. pag 17 e seg.
10
Proporre oggi, nel nostro studio su un territorio urbano, la definizione di una socialità
che fa riferimento ad un tipo di coesione che abbiamo definito comunitaria, significa
anche dare importanza al ruolo di mediazione esercitato dalle associazioni
volontarie e al ruolo dei nascenti contratti di quartiere, lo studio dei quali necessita di
ulteriori e approfondite ricerche. La mediazione è tra due concetti apparentemente
inconciliabili: tra l'autonomia e l'integrazione.
Infatti ciò che secondo noi salva l'oggetto di analisi in questione, le manifestazioni
della socialità nel rione Testaccio, dal rischio di involuzione comunitaria, dal quale
già Ferrarotti
1
ha messo in guardia, è da una parte l'esistenza negli abitanti di
comportamenti volti alla difesa delle specificità locali, e dall'altra è la collocazione di
questi comportamenti all'interno di strutture associazionistiche che dialogano
interattivamente e continuamente con le istituzioni, ponendo questioni di carattere
collettivo.
Il concetto contemporaneo di comunità infatti, ruota attorno all'interesse verso il
bene comune; secondo noi esiste una comunità o una coesione di tipo comunitario
laddove si coltiva un bene che non sia immediatamente riconducibile alla sfera del
privato. L' adozione della piazza da parte dei cittadini a Testaccio, e le cure che una
parte di essi volontariamente prestano alla sua tutela, ci sembrano un valido
esempio di percorso comportamentale di tipo comunitario.
1.2 Il gruppo
Secondo la sociologia empirica, la comunità è di solito definita come un gruppo
umano su un determinato territorio; i rapporti tra i membri della comunità, saranno
altrettanto vari come quelli tra i membri del gruppo.
1
F.Ferrarotti, La sociologia come partecipazione e altri saggi, ed.Taylor, Torino, 1961, pag
65.Si tratta dell'introduzione al testo di R.Nisbet , La comunità e lo stato, ed. Comunità,
Milano, 1957.
11
F.Tönnies, dichiara che la sua sociologia vuole occuparsi dei rapporti
reciprocamente positivi che danno luogo ai gruppi e alle associazioni. Dunque il
gruppo sarebbe il concetto sociologico fondamentale e la comunità aggiungerebbe
la dimensione spaziale.
Nelle società primitive infatti, la comunità coincide con il gruppo familiare; al
contrario, nella società moderna nessuna comunità locale è in grado da sola di
soddisfare i bisogni sempre più elevati degli individui, che si riuniscono di
conseguenza in gruppi o in associazioni. Nella società moderna, razionale ed
industrializzata in cui i legami di affettività tendono ad essere dispersi, sorgono
nuove forme di solidarietà dei gruppi secondari o esterni, che tendono a tessere di
nuovo la trama relazionale degli individui.
La concezione della sociologia come scienza dei raggruppamenti, mette quindi in
luce l'importanza della formazione dei gruppi sociali
1
che in sociologia sono definiti
come un insieme di individui tra i quali sono stabiliti dei processi di interazione
sociale. Ciò che distingue i gruppi sociali dalle associazioni , è il fatto che i primi
hanno uno o più scopi che non sono inseriti formalmente in uno statuto, come
avviene per le associazioni.
Dal punto di vista della psicologia sociale, C.H.Cooley
2
lega indissolubilmente il
raggiungimento di una identità sociale, all'interazione degli individui nei gruppi
sociali. L'autore distingue tra gruppo primario e gruppo secondario: i gruppi primari
sono quei gruppi caratterizzati da una intima cooperazione ed associazione di tipo
intimo tra i membri, e che sottende un certo grado di solidarietà manifestata nella
vita in comune e da uno scopo anch'esso comune. I gruppi secondari , sono
aggregazioni di individui legati da un preciso obiettivo comune ed utilitaristico. La
sintesi individuo-gruppo, si realizza nel gruppo primario nel quale l'individuo non
socializzato, subisce una metamorfosi socializzante e si realizza come io sociale.
Oltre a questa importante funzione di generatori di una identità sociale, i gruppi
primari promuovono anche lo sviluppo di idee sociali (sentimenti di fratellanza,
libertà, amore ecc..) che attraverso il gruppo stesso, tenderanno a riprodursi nelle
successive generazioni.
I gruppi primari più importanti individuati da Ch.H.Cooley sono:
-la famiglia,
-il gruppo di gioco dei bambini,
-il vicinato o gruppo di comunità degli adulti.
Nella società moderna, dove si differenziano anche i rapporti di vicinato rurale e
quelli di vicinato urbano, emergono nuove forme di aggregazioni sociali che sono da
ricondurre a legami esterni dal gruppo primario face to face; si tratta dei gruppi
secondari che, pur ricreando al loro interno una socialità di tipo primario, sono
fondati su un interesse comune e su una attività condivisa, elementi aventi un
carattere utilitario. Nelle strutture societarie urbane, assistiamo così alla nascita di
1
Vedi R.Cavallaro, Individuo,gruppo,società:un confronto tra quattro classici in
"Sociologia- Rivista di Scienze Sociali" anno XVI nuova serie genn-maggio 1982 pagg.
31-65 e Sul concetto di gruppo:dalla teoria della Gemeinschaft alla Daziehungsoziologie,
in Sociologia, a.15, n 2-3, 1981.
2
Ch.H.Cooley, Social organization,New York, 1909 trad.it. L'organizzazione sociale,
Milano, 1963, introd. A.Visalberghi.
12
"...circoli ed associazioni amichevoli o di altro genere, fondate sulla congenialità,
che possono dare origine ad una intimità reale".
1
Un importante contributo sociologico al problema dell'interazione degli individui in
gruppi, si deve ad Emile Durkheim che ne De la division du travail social
2
trova nel
gruppo il trade d'union tra individuo e collettività.
Per chiarire la funzione dell'idea durkheneimiana di gruppo , è necessario
analizzare i due tipi di solidarietà che Durkheim ha delineato, e che spesso sono
state viste in antitesi mentre, il proposito dell'autore, era quello si trovare una
continuità e una possibile interazione fra esse. La crescente divisione del lavoro,
scrive Durkheim, non crea una solidarietà di tipo diverso, ma soltanto una
progressiva trasformazione della solidarietà originaria; la solidarietà meccanica,
lega l'individuo alla società senza nessun intermediario, nella solidarietà organica
l'individuo dipende dalla società in quanto dipende dalle parti di cui essa è
composta.
Secondo Durkheim dunque, in ogni uomo esisterebbero due distinte coscienze: una
che è comune al gruppo e che rappresenta la società vivente ed agente dentro di
noi, l'altra che rappresenta ciò che in noi è personale e distinto, e che quindi ci
rende individui. Le società arcaiche, i clan, le tribù sono caratterizzate da un tipo di
solidarietà di tipo meccanico in quanto il processo stesso di socializzazione
dell'individuo, si trova immerso in un sistema socializzante che non possiede delle
disomogeneità di vedute al suo interno nei confronti di un sistema valoriale, ma si
svolge lungo un continuum spazio-temporale, determinato: particolarmente forte in
queste organizzazioni sociali, è il grado di coscienza collettiva, al punto che
l'individuo deviante che infrange le norme stabilite dal gruppo, ne viene
immediatamente allontanato.
Le società moderne , secondo l'autore, sono invece caratterizzate da una forte
differenziazione sociale che emerge direttamente dalla divisione sociale del lavoro;
questa divisione, finisce per destrutturare la coscienza collettiva alla quale si
sostituiscono ampi margini di autonomia individuale. Questo processo porta la
società intera, verso uno stato di anomia ovverosia al disconoscimento di regole,
norme e valori comuni.
Soltanto il gruppo, per Durkheim, possiede una natura "morale" in quanto esprime e
traduce la supremazia normativa della società sugli individui. Il gruppo è in grado di
opporsi all'anomia perché la vita di gruppo dà luogo ad una "...comunità di idee, di
sentimenti e di interessi" particolarmente stretta. Questi caratteri un tempo erano
presenti quasi esclusivamente nella famiglia, ma con l'avvento della società
moderna, per rispondere ai problemi posti dalla differenziazione, dovranno ritrovarsi
nei gruppi secondari.
Secondo Durkheim dunque soltanto il gruppo può evitare la disgregazione sociale
perché "...un gruppo non è soltanto una autorità morale che regna sulla vita dei suoi
membri; è anche una fonte di vita sui generis e da esso deriva un calore che
riscalda l'anima e i cuori, che li apre alla simpatia, che fa fondere gli egoismi".
3
Per superare lo stato di anomia, diventa quindi fondamentale costruire un intreccio
costante di rapporti sociali che si pongano come alternativa alla disgregazione della
socialità.
1
Ch.H.Cooley, op.cit. pag.25.
2
E.Durkheim, De la division du travail social, Parigi, Alcan, 1893 trad.it. La divisione del
lavoro sociale,ed.Comunità, Milano,1971 introd. di A.Pizzorno
3
E.Durkheim, op.cit. pag.33.
13
Secondo R.Cavallaro "...il concetto di gruppo esprime e, in un certo qual modo,
sintetizza, l'unità dell'organizzazione sociale degli uomini, sottolinea il bisogno di
soddisfare la vita collettiva attraverso procedure sociali e culturali che tendono a
proiettarsi oltre l'individuo, permette una ricostruzione dialettica dei significati sociali,
simbolici e psicologici che servono all'individuo stesso come coordinate di
riferimento che ne esprimano la socialità".
1
Anche Tönnies ha fondato la sua sociologia sullo studio dei gruppi sociali e sulle
forme di sociazione , piuttosto che sulla vita del semplice individuo. Molti autori,
soprattutto tedeschi, hanno formulato e analizzato questa fondamentale cellula di
socialità che è il gruppo: si possono ricordare Ludwig Gumplowicz per il quale il
concetto di gruppo acquisisce il significato di strumento di differenziazione nella vita
sociale e Leopold von Wiese che mette in evidenza l'importanza che riveste per la
sociologia, la teoria delle relazioni e quella delle forme sociali.
Il contributo di George Simmel assume grande rilevanza ai fini di una definizione
della socialità, di fronte all'emergere dei processi di alienazione e di oggettivazione
dei rapporti sociali nella moderna metropoli capitalista.
Per G.Simmel, la socialità presuppone una reciprocità tra gli individui che ha origine
da determinati stimoli ed è orientata in vista di determinati obiettivi.
La socievolezza -Geselligkeit- è la pura forma della socialità, è il guscio delle
relazioni sociali scomparse. La associazione -Vergesellschaftung - dà origine alla
nascita di aggregazioni solidali, ed è la forma della coesistenza e della
collaborazione tra gli individui e al contempo, la forma della reciprocità che si
realizza in infiniti modi. Secondo Simmel, infine all'origine della socialità vi sono
interessi, stimoli e impulsi che modellano forme associative che in un secondo
momento, si automizzerebbero e agiranno solo per sé stesse.
I gruppi sociali, in qualità di forme associative, hanno una importanza determinante
sia per l'interazione fra gli individui sia per la società, essendo essi dei fattori
importanti di aggregazione sociale, di identificazione, di espressione della socialità.
1.3 L'associazionismo
In termini sociologici, le associazioni volontarie possono essere definite come quei
gruppi che hanno una struttura democratica liberamente costituita ed una proprietà
1
R.Cavallaro, Sul concetto di gruppo..., op.cit. pag 81.
14
collettiva, e sono formati da individui aggregati per propria scelta in vista del
raggiungimento di finalità condivise da tutti.
I membri delle associazioni volontarie, sono collegati ed interagiscono tra di loro
sulla base di un sistema di regole condivise e dotate di un riconosciuto potere
coercitivo che definisce compiti, poteri e modelli di comportamento dei membri.
Ma cosa distingue, allora, le associazioni da altri tipi di gruppi sociali? Il sociologo
tedesco di origine russa Georges Gurvitch
1
, ha elencato alcuni criteri di distinzione
per poter rispondere a questo interrogativo. Gurvitch invita alla considerazione di un
sociale multiplo, decisamente in polemica contro le visioni dicotomiche della società
proprie dei classici della sociologia. La società, non possiede caratteri di unilinearità,
ma insegue una difficile e mai definitiva coesione, in mezzo ad urti tra i piani
contrapposti del sociale. L'autore infatti, definisce il sistema sociale, come un
sistema pluridimensionale e totale, composto da più livelli interagenti tra loro. Il
punto di unificazione dinamica dei piani della realtà sociale, è costituito dai fenomeni
sociali totali in movimento, i quali comprendono la società globale, i raggruppamenti
sociali e le manifestazioni della socialità. Quest'ultime sono le "molteplici maniere di
essere legati dal tutto e nel tutto" che si "combattono e si equilibrano in ciascuna
unità collettiva reale"
2
. Fra le manifestazioni della socialità elencate da Gurvitch,
troviamo le associazioni le quali secondo l'autore sono caratterizzate dai seguenti
elementi:
1.Volontarietà. Deve essere garantita agli individui l'adesione, la partecipazione e
l'uscita dalla associazione. Questo primo criterio, distingue le associazioni dai
raggruppamenti ascritti di cui l'individuo fa parte per motivi non dipendenti dalla sua
volontà (l'appartenenza ad una minoranza etnica, ad una classe sociale, ad una
famiglia, ecc) e dai raggruppamenti coatti (carceri, eserciti, ospedali psichiatrici,
ecc).
2.Modo d'entrata. Non sempre esso può essere completamente libero, ma può
essere condizionato dal possesso di alcuni requisiti, dalla presentazione dei membri
più anziani, dal pagamento di una quota associativa o di una tessera di adesione.
3.Grado di esteriorizzazione. Il comportamento degli aderenti alla associazione
volontaria è regolato da modelli precostituiti e fissati da uno statuto, anche se c'è da
dire che questo grado di formalizzazione non è raggiunto da tutti i raggruppamenti
volontari.
4.Grado di compatibilità. Alcune associazioni e la conseguente partecipazione degli
individui ad esse, sono compatibili tra di loro come l'appartenenza ad una
cooperativa e quella ad una o più associazioni ambientaliste mentre ad esempio
può esserci incompatibilità per quanto riguarda l'appartenenza contemporanea a
due partiti politici differenti.
Si comincia a parlare di associazioni già nella Roma del V secolo a.C. dove ne
erano presenti tre tipologie:
- i collegi compitalizi, una sorta di associazione religiosa con lo scopo di presiedere
e celebrare le feste dei Lari Compitali, divinità che proteggevano le are votive poste
nei crocicchi.
1
G.Gurvitch, La vocation actuelle de la sociologie, Presses Universitaires de France, Paris
1950; trad.it. di S.Cernuschi, La vocazione attuale della sociologia, Il Mulino, Bologna
1965.
2
G.Gurvitch, op.cit. pag. 148.
15
- i solidatia, esempio di arcaico comitato elettorale che si organizzava per sostenere
un determinato candidato alle elezioni.
- i collegi degli artigiani.
Nel Medio Evo, la tradizione corporativa romana si fonde con una istituzione di
origine Germanica: la gilda. Anche per quest'ultimo tipo di associazione è possibile
enumerare tre tipologie, pur essendo univoca la loro funzione comune: lottare
contro l'arbitrio e la violenza laddove l'Autorità si rivela insufficiente.
Esistevano le gilde di mutua protezione, le gilde di mercanti e le gilde di artigiani ed
erano tutte caratterizzate da una commistione di elementi religiosi, morali e di mutua
assistenza, elementi ribaditi in uno statuto che esigeva giuramento di fedeltà dai
suoi membri.
L'avvento della società industriale, col turbine di cambiamenti economici, sociali,
politici che impone, non risparmia nemmeno le manifestazioni della socialità come
l'associazionismo, essendo mutati profondamente i rapporti sociali tra gli individui.
Nascono così nuove forme di associazionismo, come le società di mutuo soccorso,
le friendly societes, le cooperative.
Negli Stati Uniti in particolare, le associazioni volontarie assumono fin dai primi anni
dell'ottocento, una importanza ed una ampiezza maggiore rispetto a quella di cui
godevano in Europa, come descriverà con note entusiastiche Alexis de Tocqueville
1
nella sua indagine sulla società democratica statunitense, analizzando le
motivazioni storico-sociologiche che spingono gli individui ad aggregarsi in strutture
associative.
Ritenendo inevitabile e necessaria l'instaurazione della democrazia nel mondo
moderno, A.De Tocqueville vuole mostrare la possibilità dell'esistenza di uno Stato
liberale nel quale la libertà individuale si esprima attraverso la partecipazione e
l'esercizio continuo di tale libertà: il luogo di tale espressione, nell'America
democratica, sono le associazioni volontarie.
A.de Tocqueville, mette in relazione il nesso causale tra democrazia ed
individualismo e, facendo trasparire alcuni personali pregiudizi aristocratici nei
confronti delle masse, denuncia il rischio di una società totalmente democratica che
porterebbe all'individualismo e di conseguenza al dispotismo. Proprio contro quello
che chiama individualismo democratico, sorgono in America le associazioni politiche
che sollecitano direttamente i partiti alla elaborazione di leggi e le associazioni
civili, che sollecitano interventi di carattere sociale laddove lo Stato non riesce ad
arrivare.
Il dogma della sovranità popolare
2
rappresenta il momento iniziale del processo
associativo ed è riscontrabile in America come nell'antica Atene, dove il popolo
richiede ed attua la formazione di leggi, nominando dei propri rappresentanti
attraverso il suffragio universale. I momenti di raccordo in una società così mobile
come quella statunitense, sono rintracciabili secondo Tocqueville in tre centri
operativi fondamentali: il Comune, la Contea, lo Stato.
" Il Comune è la sola associazione che sia così naturale, che ovunque gli uomini
sono riuniti si forma..." scrive A.de Tocqueville, investendo in questa maniera il
Comune di un potere grande e al tempo stesso naturale; tutti partecipano alla vita
pubblica e amministrativa proprio in questa associazione, attraverso la quale il
1
A.de Tocqueville, De la democratie en Amérique,Paris, 1835. Trad.it, La democrazia in
America, ed.Bur, Milano, 1995 a cura di G.Candeloro.
2
A.de Tocqueville, op.cit.pag. 65.
16
cittadino può partecipare al governo della società e può controllarne direttamente il
potere "...pertanto proprio nel Comune risiede la forza dei popoli liberi".
La Contea è composta da molti Comuni, e possiede un organigramma composito
con una corte di giustizia, uno sceriffo ed una prigione. Lo Stato detiene il potere
legislativo affidato alle assemblee del Senato e della Camera dei rappresentanti.
L'autore fa una distinzione tra le associazioni stabili ed istituzionalizzate come il
Comune, la Contea e lo Stato e le associazioni la cui nascita e sviluppo dipendono
dalla volontà individuale; si tratta del passaggio dal gruppo formale (associazioni
volontarie di cittadini) alla struttura organizzativa formale (associazioni
istituzionalizzate).
Gli americani "...di ogni età, di ogni condizione, di ogni tendenza si uniscono
continuamente. Essi non hanno solamente associazioni commerciali e industriali cui
tutti prendono parte, ma anche di mille altre specie: religiose, morali, serie, futili,
generali, particolari, grandissime e piccolissime; gli americani si associano per
organizzare feste, fondare seminari, costruire alberghi, fabbricare chiese, diffondere
libri, inviare missionari agli antipodi, come per fondare ospedali, prigioni, scuole."
1
L'interazione primaria degli individui nelle associazioni volontarie, rappresenta per
essi l'humus per le successive e naturali manifestazioni della socialità. Le modalità
strutturali dell'associazione definite da A.de Tocqueville possono essere
rappresentate seguendo lo schema proposto da R.Cavallaro
2
:
Gli studi più ampi sulle problematiche che concernono la sociologia delle
associazioni, sono in genere quelli che valutano lo sviluppo del fenomeno
associativo nelle aree urbane industriali dove è stato più rapido ed evidente il
declino dei legami di tipo primario che sono stati sostituiti con legami di tipo
secondario.
Mentre nel periodo precapitalistico l'individuo era in grado di soddisfare il desiderio
di legami primari nella propria famiglia allargata di appartenenza oppure nelle
organizzazioni parrocchiali o nella comunità locale, nel periodo postindustriale
questi tipi di legami subiscono una trasformazione e sorgono nuovi modelli di
appartenenza societaria legati a vari tipi di esigenze politiche (club, comitati ecc) o
religiose (sètte, congregazioni religiose ecc) socioeconomiche ecc ecc.
1
A.de Tocqueville, op.cit. pag.523.
2
R.Cavallaro, La sociologia dei gruppi primari, ed.Liguori, Napoli, 1975.
ASSOCIAZIONE VOLONTARIA
autofinanziamento
numero dei membri
adesione volontaria interclassismo scopo comune
controllo sociale
interazione
comunicazione
17
La partecipazione alle associazioni volontarie, permette all'individuo di identificarsi
nel piccolo gruppo ed esercitare su di esso l'influenza della propria personalità,
contrariamente a quanto potrebbe fare in una società sempre più differenziata nella
quale i rapporti ad personam si fanno sempre più deboli e rarefatti.
Le associazioni volontarie tuttavia non costituiscono un blocco unico e
indifferenziato, ma presentano una notevole varietà che gli studiosi hanno
provveduto a classificare. Renate Mayntz
1
ne ha proposto una tipologia in base alla
quale le associazioni vengono distinte in:
1. gruppo di svago
2. gruppi professionali o d'interesse
3. organizzazioni di azione sociale, civica e politica
I raggruppamenti sociali di base, definiti come "...un gruppo socialmente
determinato al quale gli individui aderiscono volontariamente stabilendo rapporti di
reciproca interazione"
2
sono stati analizzati da Albert Meister nelle sue ricerche in
Svizzera ed in Argentina
3
. Nello studio sulla città di Ginevra nel 1952, l'autore
distinse le 1650 associazioni che aveva individuato nei seguenti tipi:
1. Unioni per la difesa delle professioni (associazioni professionali, , sindacati,
gruppi padronali, ecc).
2. Unione per la difesa di interessi comuni (interessi di quartiere, educazione,
società religiose, lavoro sociale ecc).
3. Soccorso (mutue, beneficenza, cooperative ecc).
4. Ricreative (dopolavoro, associazioni culturali, musicali ecc).
5. Affinità (associazioni militari, professionali, ex allievi ecc).
6. Funzione non determinata (giovani, minoranze, ecc).
7.Strutture non determinate.
Nella ricerca sull'Argentina troviamo invece la seguente classificazione:
1
R.Mayntz, Loisir, partecipation sociale et activite politique, in Revue Internationale des
sciences sociales. vol XII n°4, 1960 pag. 615-617.
2
R.Cavallaro,La sociologia dei gruppi primari, op.cit. pag. 180.
3
A.Meister, Partecipation, animation et development à partir d'une étude rurale en
Argentine, Paris, 1969 trad.it. Sviluppo comunitario e partecipazione sociale,Milano, 1971.
Sulla sociologia di A.Meister cfr anche R.Cavallaro, Albert Meister e la sociologia delle
associazioni, in Sociologia-Rivista di Studi Sociali, anno VI, n°2 nuova serie, maggio 1972
pag161-173.