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Introduzione
Da più di un secolo l’abitazione ed i problemi abitativi costituiscono uno dei temi principali della ricerca nel
campo dell’architettura.
Molteplici sono stati i contributi offerti in questa direzione da molti dei più importanti esponenti del
Movimento Moderno dell’architettura.
“Fornire agli uomini buone abitazioni risolve da sé numerose deficienze di natura sanitaria, etica ed economica, allevia
gli oneri degli ospedali, degli istituti ed enti assistenziali e, oltretutto, inietta nuovo sangue, e quindi irrobustisce
l’intera vita economica” (Taut B., 1927).
Più di 80 anni sono passati da quando Bruno Taut scriveva questa frase e il problema, mutando forma, resta
sostanzialmente inalterato.
In quell’epoca il problema riguardava la necessità di costruire nuovi e confortevoli edifici con un adeguato
grado di abitabilità, per rispondere al forte bisogno di inurbamento e avviare quella crescita delle città che
sarebbero divenute le metropoli attuali.
Oggi si tratta principalmente di porre alla base dell’azione della Pubblica Amministrazione e degli operatori
del settore immobiliare nuove e diffuse rilevanti esigenze sociali.
La casa non è solo una necessità per tutti gli essere umani, ma rappresenta anche l’ambiente che
contribuisce in maniera determinante alla formazione dell’individuo.
Il proprio spazio abitativo è un mezzo e al tempo stesso l’ambiente dell’espressione dell’io: un elemento
fondamentale che concorre alla definizione dell’identità personale. Nel testo di Del Gatto (2013) sostiene
con chiarezza F. Dogana: “Il rapporto tra le persone e l’abitazione si svolge a due vie: da una parte l’individuo
concretizza nella casa i propri bisogni psicologici, vi proietta l’immagine di sé, il proprio stile di vita; dall’altra le
caratteristiche fisiche dell’abitazione modellano i comportamenti e gli atteggiamenti di coloro che vi abitano”.
La casa assume anche un significato più generale vale a dire, come scrive S. Valins: “La casa costituisce l’unico
luogo dove una persona può essere esclusivamente se stessa e dove può rifugiarsi dai pericoli e dalle incertezze del
mondo circostante”.
Il patrimonio di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP) dell’Italia costituisce solo il 5% dell’intero patrimonio
residenziale del Paese. A partire dagli anni ’80, nel nostro Paese si è assistito a un generale e costante
riassetto delle politiche abitative caratterizzate principalmente da una riduzione dell’intervento pubblico.
Questa situazione si è verificata a seguito di due fondamentali accadimenti: la riduzione delle risorse
economiche pubbliche destinate all’ERP che ha sostanzialmente bloccato la realizzazione di nuovi interventi;
il fenomeno dell’abusivismo. Il numero di alloggi costruiti con supporto pubblico è passato in 30 anni da
circa 90.000 all’anno a meno di 10.000 (OASIt, 2011).
Il Social Housing
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dovrebbe costituire una risposta a queste problematiche complesse poste da tutti quei
soggetti che non hanno le risorse per accedere al mercato libero e che però non sono in condizioni tali da
aver diritto ad un alloggio pubblico (Edilizia Residenziale Pubblica, ERP).
In una fase storica caratterizzata da una significativa e strutturale riduzione della spesa pubblica il Social
Housing diviene sempre più importante, un settore strategico per la crescita del nostro Paese, sia sul piano
economico, che su quello altrettanto importante della coesione sociale.
Sul concetto di Social Housing regna ancora una certa confusione. Per alcuni operatori immobiliari nella
categoria rientrano tutti gli interventi abitativi con finalità sociali. Ritengo, tuttavia, debba condividersi una
seconda tesi, che classifica come Social Housing solamente quelle iniziative caratterizzate da una
partnership Pubblico-Privato o meglio dalla capacità della P.A. di sollecitare capacità e capitali privati per
realizzare opere di pubblica utilità, ovvero abitazioni a canone moderato che siano una risposta concreta
del mercato alle istanze dei vasti strati sociali.
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Per una definizione di Social Housing si può fare riferimento al Cecodhas (comitato europeo per la promozione del
diritto della casa) che lo ha definito come l’offerta di “alloggi e servizi con forte connotazione sociale, per un'utenza
che non riesce a soddisfare il proprio bisogno abitativo sul mercato (per ragioni economiche o per assenza di un'offerta
adeguata), cercando di rafforzare la propria condizione abitativa e sociale" (Cecodhas Housing Europe, 2012).
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Questo processo, per essere concretizzato, implica la capacità di risolvere la contraddizione tra costi di
realizzazione e di gestione delle iniziative immobiliari di Social Housing, canone moderato effettivamente
accessibile a livello di massa e il profitto dell’imprenditore che promuove l’iniziativa.
I paesi del Nord Europa (Gran Bretagna, Francia, Germania e Olanda in primis) hanno affrontato e risolto
questa contraddizione attraverso la via degli sgravi fiscali e dei finanziamenti agevolati, con la cessione in
comodato d’uso del diritto di superficie e di aree pubbliche per un consistente arco temporale. Queste
scelte hanno permesso la realizzazione di numerosi interventi che hanno consentito di affrontare i problemi
abitativi di questo composito segmento sociale (Cecodhas Housing Europe, 2012).
Purtroppo nel nostro Paese non sono ancora pienamente maturate le condizioni per uno sviluppo del Social
Housing che consentano di dare una risposta effettiva alle esigenze che arrivano dalla società.
Gli alti costi dei suoli, le difficoltà di gestire strutture di questo tipo, la scarsa tutela che il nostro Paese offre
alla proprietà immobiliare, gli elevati oneri di urbanizzazione e la scarsa disponibilità di finanziamenti per le
iniziative immobiliari, sono tutti elementi che frenano la crescita del Social Housing.
È questo dunque il tema sul quale si intende porre in particolare una lente di ingrandimento, al fine di
rendere visibili problematiche e criticità degli aspetti legati alla gestione immobiliare e sociale di questi
progetti, compreso l’ottenimento dell’equilibrio rischio-rendimento per tutti gli attori coinvolti, utente
finale incluso.
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1. Diritto all’abitazione
Il tema del diritto alla casa è essenziale nel sistema dei diritti fondamentali, sia a livello nazionale che
europeo.
Richiamando le disposizioni della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) e del Patto
internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966), il recente rapporto
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dell’Ufficio ONU dell’Alto
Commissariato per i Diritti umani riconduce alla tutela dei diritti della persona, come protezione della
privacy e del domicilio, il diritto sociale ad un’abitazione qualitativamente degna della propria funzione.
(Bilancia F., 2011).
La qualificazione del diritto all'abitazione quale diritto fondamentale non si ricava esplicitamente dalla
nostra Costituzione, nella quale non trova una tutela espressa, ma viene implicitamente riconosciuto con
l'enunciazione di altri diritti fondamentali, per la cui realizzazione la disponibilità di un alloggio adeguato
costituisce condizione essenziale, quali il diritto alla salute (art. 32 Cost.), il diritto all'inviolabilità del
domicilio (art. 14), il diritto di formarsi una famiglia ed il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli (artt.
30 e 31). La qualificazione di questi, e di altri numerosi diritti connessi al diritto ad una abitazione adeguata
porta all’elencazione di ulteriori corollari, come il divieto di marginalizzazioni o di ghettizzazioni per gruppi
nella composizione di quartieri e delle città; il divieto di essere oggetto di politiche urbanistiche che
conducano ad un isolamento o ad un eccessivo allontanamento degli individui dai luoghi in cui siano
presenti opportunità lavorative, scuole, ospedali, mercati e altri servizi pubblici, compresa l’accessibilità ai
mezzi di trasporto; la cura della dignità degli alloggi, la loro sicurezza, la loro funzionalità a garanzia del
diritto alla salute e della salubrità dell’ambiente; la tutela dell’identità culturale (Bilancia F., 2011).
Pertanto il diritto alla casa, come sottolineato dalla Corte Costituzionale in diverse pronunce, si pone quale
diritto strumentale alla realizzazione di diritti fondamentali.
1.1 Il diritto sociale all’abitazione nella giurisprudenza costituzionale
La Corte Costituzionale ha espressamente qualificato il diritto all’abitazione quale diritto inviolabile
dell’uomo riconducibile all’art. 2 Cost., definendolo un diritto sociale affidato ai poteri pubblici in
attuazione del principio di eguaglianza
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. Ma come va inteso oggi il diritto all’abitazione: come situazione
soggettiva che impone ai pubblici poteri il dovere di garantire a tutti un alloggio? Come necessità di
favorire l’acquisto in proprietà della propria casa di abitazione?
La giurisprudenza costituzionale ha via via dato specificazione del diritto all’abitazione come diritto a
ricevere una casa in assegnazione a seguito dell’attuazione di politiche pubbliche per la costruzione di
alloggi. La configurazione in concreto di un diritto sociale all’abitazione è comunque ritenuta dalla Corte
costituzionale “condizionabile” dalla quantità di risorse finanziarie che si rendessero disponibili per questa
destinazione, riconoscendosi in materia una forte discrezionalità del legislatore (Bilancia F., 2011).
Tra le occasioni che hanno offerto alla Corte costituzionale la possibilità di pronunciarsi in merito alle
questioni connesse con il diritto all’abitazione, vanno richiamate le controversie sulle rispettive
competenze sollevate dallo Stato e/o Regioni. Così è, ad esempio, in relazione alla complessa materia
“edilizia residenziale pubblica” ed alla distribuzione tra competenza esclusiva dello stato, competenza
concorrente e competenza residuale delle Regioni
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. A giudizio della Corte, infatti dai profili più
propriamente urbanistici vanno distinti: quelli legati alla programmazione e realizzazione delle costruzioni;
quelli attinenti ai lavori pubblici; quelli relativi alla prestazione e gestione del “servizio della casa”.
L’edilizia residenziale pubblica, afferma la Corte nella sentenza n. 94/2007, si estende oggi su tre livelli
normativi. Il primo riguarda la determinazione dell’offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le
esigenze dei ceti meno abbienti – che rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117,
comma 2, lett. m, Cost. -. In tale competenza si inserisce la riserva allo Stato della determinazione dei criteri
di assegnazione degli alloggi, in vista della loro necessaria uniformità su tutto il territorio nazionale. Il
secondo livello normativo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica,
che ricade nella materia “governo del territorio”, ai sensi del comma 3 dell’art. 117. Il terzo livello
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Ginevra 09, 14883, novembre 2009, 9, p. 245.
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Corte Cost. sentenze 252/1983; 217/1988; 404/1988; 410/2001; 520/2000; 309/1996.
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Art. 117, commi 2, 3 e 4 Cost.
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normativo, rientrante nel comma 4 dell’art. 117, riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia
residenziale pubblica di proprietà degli istituti autonomi case popolari o degli altri enti secondo quanto oggi
previsto dalla legislazione regionale
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(Civitarese Matteucci S., 2010).
1.2 Il diritto alla casa e le politiche di housing sociale: la dimensione macroeconomica
La libertà, il lavoro, la famiglia, la salute, la sicurezza fisica ed il benessere vitale trovano nel diritto
all’abitazione un necessario presupposto. Questa premessa è venuta via via articolandosi lungo le linee di
sviluppo della giurisprudenza costituzionale, che dà conferma della complessità delle questioni connesse
con l’esercizio di un diritto che incontra le naturali problematiche derivanti tanto dal complicato sistema
dell’intreccio delle competenze legislative statali e regionali, quanto dalla necessità di un’attenta ed
equilibrata programmazione degli sviluppi dei processi di antropizzazione e, quindi, di urbanizzazione del
territorio (Martines T., 2000).
Per affrontare la complessa problematica del diritto all’abitazione è utile provare a riflettere intorno al
favor costituzionale per l’accesso dell’individuo alla “proprietà dell’abitazione” (art. 47 Cost.), una
prospettiva di analisi che guarda necessariamente anche ai processi finanziari. La disciplina costituzionale
dei diritti di proprietà, indirizzando l’intervento del legislatore al fine di assicurarne la funzione sociale e di
rendere la proprietà accessibile a tutti, aspira ad un’equilibrata composizione degli interessi dei proprietari
con quelli che proprietari non sono, o non sono ancora. Una vera e propria politica atta a favorire l’accesso
popolare alla proprietà privata, connessa all’utilizzo del risparmio e protetta da una specifica rete di
garanzie costituzionali affidata alla cura del legislatore ordinario (Bilancia F., 2011).
Ma queste previsioni assumono oggi, in una realtà economico-sociale del tutto diversa da quella che aveva
presente il Costituente nel 1947, un significato completamente nuovo. In questo contesto le considerazioni
che seguono saranno incentrate, nella specifica declinazione del c.d. Social Housing, sull’accesso
dell’individuo alla proprietà dell’abitazione, nelle forme di intervento pubblico finalizzate a questo scopo,
come ad esempio regimi di sgravio fiscale, politiche di finanziamento mediante il sostegno di mutui
ipotecari agevolati e ogni altra forma di facilitazione ed agevolazione del medesimo tipo (Paciullo G., 2008).
Gli sviluppi più recenti del processo di finanziarizzazione dell’economia pongono la nostra attenzione alle
questioni legate all’accesso dei singoli al mercato finanziario, alla protezione della produttività degli
investimenti privati ed alla difesa del valore del proprio patrimonio. Al fine di tutelare indirettamente il
diritto all’abitazione quale diritto all’acquisto della propria casa, l’azione dei pubblici poteri dovrà tendere a
garantire gli investimenti privati, anche nelle ipotesi di utilizzo di risorse acquisite mediante l’accesso al
mercato del credito.
Si ricordi la crisi di liquidità generata dal precipitare della bolla speculativa connessa al crollo dei mercati dei
titoli derivati, fenomeno sviluppatosi nella dimensione finanziaria, che ha avuto pesantissimi riflessi sui
mercati immobiliari a causa dell’improvviso e forte rialzo dei tassi interbancari e, conseguentemente, sui
diritti di proprietà di quelle abitazioni su cui gravano garanzie di crediti divenuti, ormai, inesigibili a causa
dell’impennata del relativo costo.
L’inquadramento delle tematiche connesse al c.d. Social Housing deve oggi procedere verso la costruzione
di un nuovo sistema di riferimento, che guardi alle Costituzioni nazionali, alle Carte europee dei diritti ed
alla dimensione macroeconomica, almeno da quando gli immobili ad uso abitativo hanno cominciato ad
essere utilizzati come strumenti finanziari.
Le misure a tutela dell’abitazione dovranno tendere alla protezione dei mercati immobiliari e del credito
coordinando le politiche pubbliche a salvaguardia del risparmio privato ed agevolandone l’impiego al fine
dell’accesso alla proprietà della casa.
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Per approfondimenti si veda quanto osservato da Civitarese Matteucci S., L’evoluzione della politica della casa in
Italia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1, 2010.