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INTRODUZIONE
«Tourism lives on what is different».
-Bob Ma-
Slum tourism, turismo nelle baraccopoli, favela tourism, poorism; sono solo alcuni
dei tanti nomi nati per indicare, e tentare di definire, un nuovo, crescente e sorprendente
fenomeno globale: la visita turistica alle baraccopoli.
Malgrado il turismo sia ormai famoso per essersi trasformato in breve tempo da
pratica di élite a una delle principali attività economiche mondiali e malgrado la sua
evoluzione lo abbia portato a muovere quasi un miliardo di persone l’anno verso gli
angoli più sperduti del pianeta, difficilmente ci si sarebbe potuti immaginare che
sarebbe stato capace di arrivare a tanto.
E invece, al volgere del nuovo millennio, il turismo, considerato da sempre settore di
intrattenimento e divertimento, ha allargato i propri orizzonti e ha inserito nella lista
delle destinazioni turistiche mondiali molte delle aree urbane più povere del pianeta.
A differenza di quanto si potrebbe a primo impatto pensare, le visite organizzate da
parte di turisti occidentali alle aree urbane povere e sovraffollate collocate ai margini
delle megalopoli dei paesi del terzo e quarto mondo, non sono state però un’idea
dell’offerta turistica alla ricerca di una continua diversificazione. Queste visite sono nate
a livello endogeno - nei primi anni ’90 - da una domanda di viaggiatori indipendenti
interessati a vedere i più profondi aspetti storici e culturali di specifiche aree
geografiche, come il Sudafrica ed il Brasile. Immediatamente contraddistinte per la loro
controversia hanno attirato fin da subito le critiche di numerosi studiosi, giornalisti e
viaggiatori, ma anche l’interesse di numeri sempre più cospicui di individui.
La domanda turistica post-moderna, sempre più esigente, attenta al grado di
autenticità del suo fare turismo, in cerca di esperienze di viaggio non più basate
esclusivamente sul divertimento e sul relax ma anche sulla sperimentazione dei luoghi
visitati in tutta la loro complessità, ha trovato nelle visite agli slum la possibilità di
soddisfare tutti i propri bisogni. Ed è proprio per il grado di autenticità ritrovabile nelle
visite a questi quartieri urbani sovraffollati e degradati, famosi per le loro condizioni di
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elevata povertà, crimine e sporcizia che il numero di visitatori si è velocemente
accresciuto e le pratiche di slum tourism si sono espanse a tutto l’emisfero sud del
mondo.
Come stretta conseguenza di una domanda sempre più vasta ed eterogenea si è allora
sviluppata un’offerta ampia e ben strutturata e il fenomeno si è ufficialmente
trasformato in un vero e proprio fenomeno turistico di livello internazionale,
completamente inglobato nelle regole del mercato.
Congiuntamente all’offerta nata per soddisfare i bisogni di questa crescente domanda
si è anche sviluppata un’altra offerta; quella che vede in questa stessa domanda delle
grandi potenzialità per rendere il turismo un settore portante nello sviluppo del
territorio, da un punto di vista sia economico che sociale. Un’offerta che, in un contesto
di globalizzazione che vede le disuguaglianze sociali e la povertà accrescersi anziché
ridursi, afferma di voler utilizzare le visite turistiche per aumentare la consapevolezza
su ciò che è realmente la povertà e di utilizzare i proventi turistici per aiutare la
comunità.
Così, accanto ai numerosi critici che vedono la pratica semplicemente come uno dei
tanti prodotti sfornati dall’industria turistica per soddisfare i bisogni di diversificazione
di una domanda insaziabile, è nato un altro filone: quello dei sostenitori, che avvalorano
la pratica per le sue potenzialità come forma di turismo sostenibile, capace non
soltanto di rispettare l’ambiente e le culture ma anche di trasformarsi in strumento di
dialogo interculturale e di riduzione della povertà economica e sociale.
Nel corso degli anni, insieme all’espansione geografica e numerica delle pratiche
riconducibili al fenomeno generale, si è dunque sviluppato un dibattito molto acceso,
portato avanti da studiosi di diverse discipline, giornalisti, operatori del settore turistico,
viaggiatori e turisti.
In questo contesto, ambivalente ed in continuo movimento, il presente elaborato si
prefigge il duplice obiettivo di:
- mostrare una panoramica generale del fenomeno globale utilizzando i diversi
studi già esistenti a livello internazionale e esponendo il forte dibattito che
circonda il tema; dibattito che trasuda l’importanza di una ricerca più
approfondita, meno estremista e maggiormente incentrata sul fenomeno
complessivo e non su singole pratiche;
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- partecipare allo studio sul tema con una piccola ricerca empirica effettuata su
uno dei principali attori coinvolti nel fenomeno: i tour operator fornitori di slum
tour.
Entrambi gli obiettivi sono indirizzati a contribuire alla ricerca fino ad oggi attuata a
livello internazionale, nel rispetto delle linee guida e degli obiettivi posti dalla prima
Conferenza sul tema, che ha avuto luogo a Bristol nel 2010.
La Conferenza Destination Slum: The production and consumption of poverty in
travel and tourism ha segnato il primo grande passo verso la ricerca comparata sul
fenomeno. Raccogliendo buona parte degli studi esistenti e creando una rete mondiale
di ricercatori ha messo in luce le potenzialità delle ricerche fino a quel momento
effettuate ma ha anche accentuato i loro limiti. In particolare la Conferenza ha
evidenziato che le ricerche sullo slum tourism non sono riuscite a stare al passo con la
forte evoluzione del fenomeno: sono ancora poco numerose rispetto alla diffusione del
fenomeno e sono, inoltre, ancora eccessivamente focalizzate sull’analisi empirica di casi
studio specifici e circoscritti a determinate aree geografiche e sull’analisi di uno solo
degli attori coinvolti: la domanda turistica.
Per provare ad inserirsi nei meandri di questi limiti e per seguire i suggerimenti
proposti nella Conferenza Destination Slum, il presente elaborato è stato strutturato in 3
diversi capitoli.
Il primo capitolo fornisce una presentazione generale ed oggettiva del fenomeno
slum tourism a livello globale.
Inizia con una breve introduzione storica che vede il fenomeno non come una novità
assoluta ma come la possibile seconda fase di un fenomeno sociale iniziato circa 150
anni fa nei sobborghi poveri di Londra e New York.
Successivamente mostra l’insieme delle numerose e diverse denominazioni che
vengono utilizzate per descrivere il fenomeno e spiega le ragioni della scelta di
utilizzare la denominazione slum tourism per l’intero lavoro.
Allo stesso tempo offre una breve spiegazione del termine slum e descrive le
caratteristiche principali delle aree urbane che rientrano sotto la sua definizione.
Per finire descrive le caratteristiche principali degli slum tour e le motivazioni e
aspettative alla base di un fenomeno che dimostra di avere come soggetto primario,
prima, durante e dopo la sua attuazione, la povertà.
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In seguito a quest’ultima forte constatazione ha inizio la seconda parte del lavoro.
Il secondo capitolo si interroga infatti sulla legittimità del fenomeno e espone (in
maniera distaccata ed oggettiva) il forte dibattito che lo circonda.
Il dibattito viene presentato con un’esposizione delle due visioni estreme che lo
accompagnano in maniera nettamente separata e mostra così il fenomeno quasi come se
fosse costituito da due fenomeni distinti:
- il “turismo per la povertà”, che interpreta lo slum tourism come un potenziale
mezzo di riduzione della povertà, lotta agli stereotipi e incremento di
consapevolezza e opportunità;
- e il “turismo della povertà”, che al contrario traduce lo slum tourism in un
fenomeno eticamente scorretto che sfrutta le popolazioni locali e le loro
condizioni di svantaggio economico e sociale per l’intrattenimento dei turisti
occidentali.
Presentate le due visioni estreme e le numerose ambiguità ancora esistenti sul
fenomeno, l’elaborato torna a guardare lo slum tourism attraverso uno sguardo
d’insieme e prova, esponendo i dati di una piccola ricerca empirica, ad aggiungere
qualche tassello alla sua comprensione.
Il terzo capitolo presenta dunque uno studio empirico su una popolazione di
fornitori di slum tour operanti nelle tre destinazioni principali del fenomeno: l’India, il
Sudafrica ed il Brasile.
Inizia delineando un profilo generale della popolazione di fornitori di slum tour che
ha partecipato allo studio rispondendo ad un questionario. Ne mostra la provenienza, gli
anni di esperienza, le dimensioni, la specializzazione e la qualificazione nel settore del
turismo.
Dopodiché espone le principali motivazioni dichiarate da questi fornitori per entrare
a far parte di questo particolare segmento del settore turistico e osserva il loro rapporto
con il mercato, con la domanda turistica e con la concorrenza.
Infine tenta di indagare uno degli aspetti più importanti per risolvere i tanti dubbi
etici sul fenomeno: il grado di integrazione dei fornitori con il territorio e con la
comunità locale.
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CAPITOLO 1
IL FENOMENO SLUM TOURISM
1.1 Premessa
Slum tourism, che letteralmente significa “turismo nelle baraccopoli”, è uno dei tanti
termini utilizzati per descrivere la presenza di turisti stranieri all’interno di aree urbane
povere e sovraffollate, situate ai confini delle nuove megalopoli dei paesi in via di
sviluppo.
Luoghi come le favelas di Rio de Janeiro, le township di Città del Capo, gli slum di
Mumbai, Kibera e Jakarta e come questi tante altre aree urbane caratterizzate dalla
carenza di servizi di base, carenza di sicurezza, sporcizia e degrado sono infatti diventati
nel nuovo millennio attrazioni turistiche urbane che richiamano quantità sempre
maggiori di turisti.
L’inizio di quello che si è, molto velocemente, trasformato in un fenomeno turistico
estremamente discusso viene fatto risalire agli anni ’90, quando individui spinti da
interessi storici e culturali hanno iniziato a domandare di visitare le baraccopoli di
Sudafrica e Brasile.
In poco tempo le sporadiche visite sociali a questi luoghi, che sembravano essere
appannaggio di viaggiatori avventurosi, antropologi e sociologi hanno iniziato ad essere
effettuate da numeri sempre più cospicui di viaggiatori mossi dalla curiosità e dalla
ricerca dell’autenticità nelle loro esperienze turistiche e personali.
Iniziato quindi come un fenomeno sociale poco conosciuto, quello del turismo nelle
baraccopoli è stato ben presto inglobato nelle logiche del mercato turistico e oggi si
sostanzia fondamentalmente in tour guidati di alcune ore ai ghetti urbani, che i turisti in
visita ai paesi del terzo e quarto mondo possono scegliere di inserire nel proprio
itinerario di viaggio accanto ad attrazioni tipicamente turistiche.
Questo primo capitolo della tesi fornisce una presentazione generale ed oggettiva del
fenomeno slum tourism a livello globale.
Inizia inserendo la pratica turistica contemporanea all’interno di un contesto storico
di più lunga durata, che la vede non come una novità assoluta ma come l’ultima fase di
un fenomeno iniziato almeno 150 anni fa, nel cuore della Londra vittoriana.