II
antagonista Danielli dal 1892 al 1900, il dominio di Ginori Conti e
l’avversario Niccolini dal 1904 al 1913.
Ernesto Ruggieri e Piero Ginori Conti furono deputati rispettivamente,
dal 1892 al 1900 il primo dal 1900 al 1913 il secondo. Rappresentanti
entrambi del composito “partito” liberale si distinguevano tra di loro
per una diversa impostazione dell’azione politica. Ma soprattutto
furono deputati in due periodi molto diversi della vita politica italiana.
Ruggieri fu deputato nel pieno della crisi di fine secolo e della
divisione interna al movimento liberale. Forte del suo elettorato riuscì
eletto anche quando si era presentato come candidato d’opposizione
costituzionale, espressione della sua disapprovazione verso l’operato
di Crispi. Ginori fu invece il rappresentante liberale del periodo
giolittiano. La presentazione della sua sola candidatura, in
rappresentanza dell’associazione monarchica liberale del collegio,
permetteva che i voti liberali non si disperdessero.
Gli avversari dei liberali in tutto il periodo in questione furono i
socialisti i quali furono guidati da Jacopo Danielli fino alla sua morte,
avvenuta nel 1901. La sua opera fu continuata da Ferruccio Niccolini
il quale non riuscì a far attecchire le idee socialiste nelle campagne. Il
grande limite del socialismo volterrano era da sempre la diffidenza
nutrita verso le grandi masse di contadini, che costituivano la
maggioranza della popolazione. I socialisti rivolgendosi
III
principalmente al proletariato industriale, ancora poco sviluppato nel
Collegio ad eccezione della zona di Piombino, consegnavano di fatto
le campagne ai liberali. È interessante analizzare la vittoria dei liberali
alla luce della distribuzione dei voti nel territorio. Il divario tra
Volterra e i restanti comuni è una costante che accompagna ogni
elezione dal 1892 al 1913.
Dal 1892 al 1900 il capoluogo e i comuni limitrofi, che subivano
fortemente l’influenza della città, furono la roccaforte dei candidati
liberali, il serbatoio di voti su cui poter contare. Il voto contro della
Maremma pisana era invece essenzialmente un voto di protesta,
capeggiata da Piombino, nei confronti del candidato volterrano.
Ruggieri fu quello che ne subì maggiormente gli effetti. Difficilmente
egli si presentava come l’unico candidato liberale e la sua elezione era
rimandata al ballottaggio. Al contrario Ginori Conti divenne il
rappresentante di riferimento dei liberali del Collegio e non dovette
pertanto mai competere con un altro candidato liberale. Fu facile per
lui assicurarsi l’elezione al primo scrutinio.
Dal 1900 al 1913 Volterra divenne il punto di riferimento dei liberali e
Piombino, insieme a Campiglia, quello dei socialisti. Il resto del
Collegio si orientò definitivamente verso un voto liberale,
abbandonando anche il risentimento verso Volterra, dovendo
combattere contro il “pericolo rosso.”
IV
Il mio studio vuole solo indicare le linee fondamentali del voto e delle
sue differenziazioni tra le varie aree del Collegio. Il completo
reperimento di tutti i dati sarebbe stato possibile dopo una lunga,
accurata, ma probabilmente non sempre fruttuosa ricerca negli archivi
comunali di tutti i comuni che componevano il Collegio. Per questo la
mia attenzione si è limitata all’analisi del voto del comune di
Castagneto Carducci. La ragione di tale scelta risiede nell’essere
questo il mio comune di residenza e nella curiosità di conoscerne il
suo passato recente. L’analisi ha evidenziato un voto spesso in
contrasto con quello espresso dall’intero collegio originato da quei
dissapori tra Volterra e Maremma pisana di cui ho detto in
precedenza. Questo accadde soprattutto dalle elezioni del 1892 fino al
1904, dopodiché il voto si uniformò a quello dell’intero collegio.
Per realizzare questo lavoro ho utilizzato i periodici politici
dell’epoca. Principalmente “Il Corazziere” giornale liberale
monarchico del Collegio, pubblicato a Volterra, organo ufficiale
dell’Associazione Liberale. Questo giornale ebbe generalmente un
orientamento filogovernativo, ma anche quando sostenne la
candidatura d’opposizione di Ruggieri non fu mai sottoposto alla
censura o ai sequestri. La sua pubblicazione si è protratta
ininterrottamente per tutto il periodo preso in considerazione e anche
oltre. Per questo motivo ai fini del mio lavoro è risultato uno
V
strumento di riferimento costante. “Il Martello”, il giornale dei
socialisti del collegio, subì invece la repressione crispina. Tuttavia la
sua cronaca della lotta politica nel collegio non è stata meno puntuale.
Ho consultato “La Nazione” per il periodo del plurinominale e
successivamente “La Fiamma”, settimanale socialista, e “Il Tirreno”,
giornale democratico di Volterra, per l’età giolittiana. Inoltre sono
stati consultati, relativamente a periodi circoscritti, “L’Eco del
Circondario”, per le elezioni del 1895, e il “Progresso Maremmano”,
per alcuni episodi di cronaca castagnetana.
Limitatamente alle vicende di Castagneto ho consultato i documenti
originali, liste elettorali e verbali di elezione, conservati nell’Archivio
Storico del comune.
Il lavoro è stato così strutturato. Nel primo capitolo ho analizzato i
sistemi elettorali in vigore dal 1882 al 1913 con lo scopo di
contestualizzare le vicende elettorali del Collegio all’interno
dell’apparato normativo da cui furono regolate. Per questo ho riportato
i principali articoli delle due riforme.
Il secondo capitolo presenta i risultati delle elezioni nel Collegio unico
di Pisa nel periodo del sistema plurinominale, 1882-1890. La
ricostruzione delle vicende politiche dell’intero collegio è stata
trattata in termini generali per lasciare spazio ad una più approfondita
VI
analisi della lotta elettorale limitatamente al circondario di Volterra.
Di questo tratta il terzo capitolo.
Il quarto capitolo delinea nello specifico le vicende elettorali e la lotta
politica nel Collegio di Volterra dal 1892 al 1913. In particolare sono
stati considerati nel dibattito politico locale l’influenza e gli effetti
delle grandi questioni del tempo, il completamento del trasformismo,
la nascita del partito socialista, la crisi di fine secolo e il suo
superamento, la questione cattolica.
Infine, nel quinto capitolo l’analisi dei risultati elettorali è stata
condotta nel comune di Castagneto, confrontando i risultati locali con
quelli del Collegio.
Desidero ringraziare il personale della Biblioteca Comunale e
dell’Archivio Storico del Comune di Castagneto Carducci per l’aiuto
prestato.
7
1 I SISTEMI ELETTORALI 1882-1913
1.1 Il periodo preunitario
Le vicende elettorali che prenderò in considerazione sono comprese
nel periodo 1882-1913. In tali anni furono varate le riforme elettorali
che avrebbero provveduto ad allargare l’elettorato agli strati più
poveri della società italiana, rimanendo ancora escluse le donne.
Prima di analizzare i sistemi elettorali relativi agli anni in questione è
utile ricordare il modo in cui si formò la Camera dei Deputati
dall’unificazione al 1882.
Le prime elezioni dell’Italia unita si svolsero il 27 gennaio e il 3
febbraio 1861, circa tre mesi dopo il plebiscito effettuato nella Marche
e nell’Umbria (4 e 5 novembre 1860). Mentre ai plebisciti furono
ammessi al voto i cittadini maschi che avessero compiuto 21 anni di
età e che godessero dei diritti civili, sulla base di liste compilate
generalmente sugli “stati d’anime delle parrocchie” l’elettorato
politico per il Parlamento italiano fu regolato dalla legge sarda del 17
marzo 1848, n. 680 e dalla legge 17 dicembre 1860, n. 4513, che ne
estese l’applicazione, con modifiche non sostanziali, ai territori
8
annessi durante l’autunno.
1
Questo era il sistema adottato fino alle
elezioni del 1880. L’articolo 1 della legge del 1860 stabiliva per
l’elettorato politico le seguenti condizioni:
1° essere cittadino italiano o naturalizzato;
2° avere 25 anni compiuti di età;
3° sapere leggere e scrivere;
4° pagare per imposta diretta, compresa la provinciale, un censo annuo
di lire 40.
Potevano essere elettori, indipendentemente dal censo, coloro che
erano forniti di certi titoli di capacità o esercitavano determinate
professioni.
2
1
Ballini, P. L. Le elezioni politiche nel Regno d’Italia. Appunti di bibliografia, legislazione e
statistiche. In “Quaderni dell’Osservatorio Elettorale”, n. 15, luglio 1985, p. 166
2
L’articolo 3 elencava le categorie di persone ammesse per capacità all’elettorato: 1) membri
effettivi, residenti e non residenti, delle Accademie la elezione dei quali era approvata dal Re, e
quelli delle Camere di agricoltura, di commercio ed arti, delle regie Accademie di agricoltura e di
medicina e della direzione dell’associazione agraria ed i direttori di comizi agrari; 2) i professori
tanto insegnanti che emeriti ed i dottori di collegio delle diverse facoltà componenti le diverse
Università degli studi; 3) i professori insegnanti od emeriti nelle regie Accademie di belle arti; 4) i
professori insegnanti od emeriti degl’istituti pubblici di istruzione secondaria classica e tecnica, e
delle scuole normali e magistrali, 5) i funzionari ed impiegati civili e militari in attività di servizio
o che godevano di una pensione di riposo, nominati dal Governo di S. M. o addetti agli uffici del
Parlamento; 6) i membri degli ordini equestri del Regno; 7) tutti coloro che avevano conseguito il
supremo grado accademico di laurea od altro equivalente in alcuna delle facoltà componenti le
Università del Regno; 8) i procuratori presso i tribunali e le Corti di appello, i notai, ragionieri,
liquidatori, geometri, farmacisti e veterinari approvati. Gli agenti di cambio e sensali legalmente
esercenti. Secondo le disposizioni dell’articolo 4 potevano essere elettori gli esercenti commerci,
arti e industrie, quando il valore locativo dei locali da essi occupati, ascendesse ad una certa
9
Il Regno fu diviso in 443 collegi, quanti i deputati da eleggere.
3
Si
trattava perciò di in sistema a collegi uninominali, ad un collegio era
assegnato un seggio al quale corrispondeva un deputato. Ogni collegio
avrebbe dovuto avere una popolazione di circa 50 mila abitanti. “Ma
nel fatto la composizione dei collegi era molto varia. Dai dati del
censimento del 1871 risultava una popolazione superiore a 50.000
abitanti nei collegi di Palermo III [con una popolazione di 84.767
abitanti], di Torino III [con 76.654 abitanti], di Cairo Montenotte [con
74.793 abitanti] e il collegio di Firenze III [con 74.663 abitanti]. Una
popolazione al d sotto dei 50.000 abitanti nei collegi di Benevento
[con 25.460 abitanti], di San Sepolcro [con 30.463 abitanti], di
Spezzano Grande [con 32.829 abitanti] e di Rogliano [con 33.898
abitanti]. Il primo Parlamento italiano risultato da quelle elezioni prese
il nome di VIII legislatura perché era stato stabilito che si dovesse
proseguire l’ordine cronologico delle legislature del Parlamento
Subalpino. Le altre elezioni ebbero luogo: per la IX legislatura, il 22
ottobre 1865, e di queste fanno parte integrante le elezioni seguite
somma annuale, graduata sulla popolazione del comune nelle cui liste elettorali volevano essere
iscritti. L’articolo 5 prevedeva che fossero considerati come commercianti i capitani marittimi e i
capi direttori di un opificio o stabilimento industriale qualunque che avesse a costante giornaliero
servizio almeno 30 operai. N. d. A Ho riportato in nota ciò che era riportato in nota nel documento
originale tratto da MAIC, Direzione generale della statistica. Elezioni generali politiche 29 ottobre
e 5 novembre 1882. Roma, tip. Elzeviriana, 1883. Introduzione
3
Art. 62 della legge 17 dicembre 1860.
10
nelle province venete e di Mantova nel novembre 1866; per la X
legislatura, il 10 marzo 1867; per la XI, il 20 novembre 1870; per la
XII, l’8 novembre 1874; per la XIII, il 5 novembre 1876 e per la XIV
legislatura nel maggio 1880. Alle elezioni generali degli anni 1865-66
e 1867 presero parte 493 collegi; a quelle del 1870 e seguenti, 508
collegi.”
4
La procedura di elezione del deputato consisteva in un sistema
maggioritario. Per essere eletti in uno dei collegi al primo scrutinio
infatti era necessario ottenere un numero di voti validi superiore alla
metà dei voti del collegio e non inferiore ad un terzo degli elettori
iscritti nel collegio [art. 91]. In caso contrario, si procedeva, la
settimana successiva, ad una elezione di ballottaggio fra i due
candidati che avevano ottenuto, nel turno precedente, il maggior
numero di voti [art. 92]. Risultava eletto quello dei due che aveva
conseguito il più alto numero di suffragi, senza altra condizione [art.
93]. Questo sistema rimase praticamente invariato per le elezioni
successive fino al 1880 compreso.
5
4
MAIC, Direzione generale della statistica. Elezioni generali politiche 29 ottobre e 5 novembre
1882. Roma, tip. Elzeviriana, 1883. Introduzione
5
Ballini, P. L. op. cit. p. 167
11
1.2 Dal 1882 al 1890.
Il periodo compreso tra il 1882 e il 1890 è detto del suffragio allargato
e del sistema plurinominale con scrutinio di lista. I due provvedimenti
erano contenuti in due leggi distinte ma raccolte nel T. U. 24
settembre 1882, n. 999. Sebbene costituissero due punti della stessa
riforma, comunemente ricordata come la riforma del 1882, ho ritenuto
di trattarle separatamente in modo che fosse più comprensibile il loro
contenuto. La distinzione principale tra le due leggi riguarda proprio
questo. La prima, la legge elettorale politica 22 gennaio 1882, n. 593,
riguardava l’estensione del suffragio, mentre la seconda, la legge sullo
scrutinio di lista nelle operazioni elettorali politiche 7 maggio 1882,
n. 725, regolava la tecnica di traduzione dei voti in seggi.
Già negli anni successivi all’unità erano state avanzate proposte a
favore dell’allargamento del suffragio da esponenti del radicalismo,
della democrazia repubblicana o da liberali come Sonnino e Fortunato.
Crispi aveva presentato nel 1864 una proposta di legge per riconoscere
il diritto di voto a tutti i cittadini di 21 anni che sapessero leggere e
scrivere. Altre ne avevano presentate Ricciardi nel 1868, Sonzogno
nel 1870, ma senza successo. Dopo il 1870 le proposte di legge di
Sineo del 1872 e di Cairoli del 1872 e 1873 avevano riaperto il
dibattito, favorito anche dalle iniziative dei comitati e di giornali per il
12
suffragio. Nell’aprile 1876 era stata poi istituita una Commissione
reale per l’esame della riforma elettorale; il dibattito avvenuto in
quella sede fu di notevole rilievo, servì a Nicotera per la definizione
del suo progetto elettorale, nel 1877, che non ebbe però esito positivo.
Nel frattempo, tuttavia, era ripreso il dibattito nei “gruppi” liberali e
fra gli altri gruppi (fra i repubblicani e gli esponenti del nascente
radicalismo, fra Aurelio Saffi e Andrea Costa, fra la corrente
astensionista e quella partecipazionista). Due anni dopo la
presentazione del progetto Nicotera, il Presidente del Consiglio, on.
Depretis ne aveva avanzato un altro anche con l’obiettivo di favorire
un raccordo con la tendenza democratica del precedente ministero
Cairoli-Zanardelli. Il nuovo progetto prevedeva l’estensione del diritto
di voto a coloro che avevano compiuto la quarta elementare ma
lasciava inalterato il censo a L. 40. Le critiche avanzate dalla Sinistra
avevano indotto poi Depretis a presentare, circa un anno dopo, il 30
aprile 1880, un nuovo progetto che abbassava la capacità richiesta
dalla quarta alla seconda elementare. Il 29 giugno del 1881 si era
raggiunta la sua approvazione e sarebbe diventata legge dopo pochi
mesi.
6
6
Ballini, P. L. Le elezioni nella storia d’Italia dall’unità al fascismo. Profilo storico-statistico.
Bologna, 1986 Il Mulino
13
L’introduzione dello scrutinio di lista era, da tempo, una
rivendicazione della Sinistra Storica. Nello scrutinio di lista si vedeva
soprattutto uno strumento per “disfare i legami di interessi tradizionali
fra il collegio uninominale e il suo deputato, cioè per assestare un altro
colpo alla cosiddetta consorteria moderata”. Il Presidente del
Consiglio, Depretis, sosteneva che “allargando le circoscrizioni
elettorali si evitava l’inconveniente di avere collegi urbani e collegi
rurali; collegi, cioè che col suffragio allargato, sarebbero risultati di un
colore politico deciso, in senso avanzato o in senso conservatore.”
7
L’ALLARGAMENTO DEL SUFFRAGIO. La legge elettorale politica 22
gennaio 1882, N. 593 (serie 3°) aveva principalmente previsto nelle
sue prescrizioni l’allargamento del suffragio.
8
Si passava da un
elettorato cosiddetto “ristretto”, quello regolato dalla legge del 1860
vista in precedenza, ad un elettorato “allargato” ben lontano ancora
dall’essere universale. Le condizioni per essere elettore politico erano
7
Carocci, G. Agostino Depretis e la politica interna italiana dal 1876 al 1887. Torino 1956, Giulio
Einaudi Editore, in Ballini, P. L. Le elezioni nel Regno d’Italia. Appunti cit. p.171
8
Per chiarezza nel linguaggio politico con il termine suffragio si intende la composizione del
corpo elettorale ovvero l’elettorato attivo. Per avere un quadro completo delle implicazioni tra
allargamento del suffragio e rappresentanza parlamentare, Farneti, P. Sistema politico e società
civile. Saggi di teoria e ricerca politica. Torino 1971, Edizioni Giappichelli cap. II “La classe
politica italiana dal suffragio allargato al suffragio universale”.
14
disciplinate nel Titolo I agli articoli 1, 2, 3 e nel Titolo VI, tra le
disposizioni transitorie, agli articoli 99 e 100.
L’articolo 1 affermava che per essere elettore era richiesto il concorso
di quattro condizioni:
1° di godere, per nascita o per origine, dei diritti civili e politici del
Regno. Quelli che, né per l’uno, né per l’altro degli accennati titoli,
appartengono al Regno, se tuttavia italiani, partecipano anch’essi alla
qualità di elettori, ove abbiano ottenuta la naturalità per decreto Reale,
e prestato giuramento di fedeltà al Re. I non italiani possono entrare
nel novero degli elettori, solo ottenendola naturalità per legge;
2° di avere compiuto il ventunesimo anno d’età;
3° di saper leggere e scrivere;
4° di avere uno degli altri requisiti determinati negli articoli 2 e 3
L’articolo 2 affermava, nel primo comma, che erano elettori, quando
avessero le condizioni richieste ai numeri 1, 2 e 3 dell’articolo 1,
coloro che avessero provato d’avere sostenuto con buon esito
l’esperimento prescritto dalla legge e dal regolamento sulle materie
comprese nel corso elementare obbligatorio.