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I modi per integrare la variabile ambientale
In generale negli ultimi anni sono stati promossi a vari livelli
regolamenti e/o norme aventi lo scopo di favorire l’integrazione
della variabile ambientale nei sistemi gestionali in un modo
nuovo. Il settore ambientale ha vissuto quindi un processo già
noto in altri settori, come qualità e sicurezza. Da una
impostazione di tipo “comando e controllo” si è passati ad
un’impostazione dove vengono delineate le caratteristiche
necessarie per poter ottenere un pubblico riconoscimento
attestante il suo corretto comportamento ambientale, sulla base di
un’adesione del tutto volontaria. In pratica queste “soft laws”
mirano ad innescare le forze di mercato stimolando la competizione
anche in campo ambientale, con il fine ultimo di internalizzare i
costi dello sfruttamento dell’ambiente che solitamente ricadono
sulla collettività. Gli strumenti volontari attualmente più
diffusi sono il regolamento CEE n. 1836/93 detto anche regolamento
EMAS (Eco-Management and Auditing Scheme) e la norma ISO 14001.
Gli elementi di un SGA
Per capire cosa sia un SGA ho passato in rassegna i singoli
componenti in base alle indicazioni fornite dagli strumenti
certificativi e dalla letteratura organizzandoli in base allo
schema proposto da Deming (cerchio di Deming). Questa chiave di
lettura, offerta da uno dei maestri della qualità totale, può
essere considerata la raffigurazione del concetto di
“miglioramento continuo”, idea che permea sia il regolamento EMAS
sia la norma ISO 14001, divide il processo di implementazione in 4
fasi sucessive: PLAN, DO, CHECK, ACT (Pianificazione, esecuzione,
comtrollo, azione).
La fase PLAN, che poi verrà ripresa per le realtà portuali, e
composta da:
• politica ambientale;
• analisi (o riesame) ambientale iniziale;
• programma ambientale.
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La politica ambientale è un documento estremamente sintetico nel
quale dell’organizzazione rende pubblico l’atteggiamento nei
confronti dell’ambiente.
Per quanto riguarda l’analisi ambientale iniziale permette
all’organizzazione di conseguire un duplice obiettivo:
• produrre una rassegna completa, approfondita e documentata degli
effetti ambientali connessi alla propria attività;
• individua tra questi ultimi quelli più significativi, su cui
concentrare i propri obiettivi di miglioramento delle
prestazioni.
Alla luce dell’impegno dichiarato nel documento di politica
ambientale e della situazione scaturita dall’analisi ambientale
iniziale l’organizzazione dovrebbe essere in possesso di tutti gli
elementi per stilare un programma ambientale in grado di
determinare per gli impatti ritenuti significativi:
• obiettivi da raggiungere;
• attività da intraprendere;
• responsabilità;
• strumenti e mezzi;
• tempi.
Scopi della tesi
Per quanto riguarda questo studio ho cercato di chiarire come
le linee guida appena accennate suggerite dalla letteratura
per lo sviluppo della fase “PLAN” di un SGA possano essere
coniugate con le caratteristiche portuali relative
all’attività commerciale, nell’ottica generale di un’autorità
portuale.
Inoltre, per capire meglio il contesto nel quale si dovrebbe
operare è stata effettuata un’indagine presso le imprese
terminaliste attraverso l’uso di questionari.
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Impostare la fase “plan” in una realtà portuale commerciale
Per quanto riguarda il primo elemento della fase PLAN ha contenuti
possono variare considerevolmente, sia dell’autonomia gestionale
dell’organizzazione, sia dell’obbiettivo per il quale esso è stato
redatto. Di conseguenza spunti utili, o vere e proprie
prescrizioni a seconda dell’obbiettivo prefissatosi, possono
essere ricercati ne:
• indicazioni generali applicabili a qualunque tipo di
organizzazione;
• i riferimenti offerti dalle organizzazioni settoriali;
• gli esempi di politiche ambientali adottate da altre
organizzazioni meglio se appartenenti allo stesso settore.
Per quanto riguarda le realtà portuali interessanti sono le
“raccomandazioni operative” (Environmental Code of Practice)
fornite dall’ESPO (European Sea Ports Organization). In questo
documento viene fornita una lista di tutte le aree sulle quali un
porto dovrebbe avere chiare politiche (Es. sistemi di
monitoraggio, sviluppo strutture portuali, carichi pericolosi,
dragaggio, ecc.). Utili punti di riferimento possono essere i
documenti di politica ambientale redatti dal Porto di Goteborg AB
e dal Porto di Helsinki. Questi porti, da un punto di vista di
intenti, sembrano essere già abbastanza maturi in particolare il
Porto di Goteborg dovrebbe essere il primo porto europeo a
certificarsi.
Lo scopo di un’analisi ambientale iniziale consiste nel produrre
una rassegna degli effetti ambientali, significativi e non,
connessi ad una certa attività.
Il porto si presenta come una realtà multiforme e complessa
caratterizzata da un insieme di attività, per certi aspetti
autonome e, per altri, interdipendenti. Questo tratto
caratteristico ha reso necessario adottare una metodologia in
grado di segmentare la realtà portuale in aree omogenee da un
punto di vista ambientale per poi rilevarne gli effetti
ambientali. Il primo passo è stato, dunque, quello di definire per
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le operazioni tipiche di carico/scarico delle aree strategiche
d’affari (ASA), cioè ambiti all’interno dei quali vigono delle
specifiche “regole del gioco”, dove condurre una prima fase di
analisi degli aspetti ambientali. In seguito, per una valutazione
esaustiva degli impatti sull’ambiente provocati dalle attività
portuali, si è tenuto conto anche degli effetti ambientali,
diretti ed indiretti (8), relativi al porto come “sistema” (9)
(Es. rifiuti provenienti dalle navi, traffico indotto, ecc.).
Lo strumento concettuale delle ASA è stato efficacemente
argomentato da Abell (1986) e Giorgetti (1996) per analisi di tipo
competitivo.
Per quanto riguarda questo studio, si sono identificate le ASA
utilizzando come dimensione discriminante la variabile tecnologica
che è strettamente correlata alla modalità di condizionamento
della merce.
L’utilizzo di questa criterio è apparso logico e coerente con le
finalità del presente lavoro tenuto conto che:
• la precisione di una determinata definizione di ASA dipende da
fattori che possono risultare diversi di situazione in
situazione che derivano dall’osservazione della realtà;
• Inoltre l’impatto ambientale prodotto in ambito portuale è la
risultante di tre ordini di fattori principali:
1) la natura della merce movimentata;
2) la nave ed i mezzi attraverso i quali avviene la
movimentazione della merce;
3) i modelli organizzativi della movimentazione;
Le ASA così individuate sono risultate le seguenti (Tabella
III.1.5):
1) attività di movimentazione di rinfuse liquide;
2) attività di movimentazione di rinfuse solide;
3) attività di movimentazione di carichi generali convenzionali;
4) attività di movimentazione di containers;
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5) attività di movimentazione di carichi rotabili e di trasporto
passeggeri.
Il problema principale incontrato nell’identificazione degli
impatti ambientali, è stato quello di non poterci avvalere di dati
quantitativi, in grado di permettere una discriminazione oggettiva
tra impatti significativi. Per superare questo ostacolo, ci siamo
avvalsi delle indicazioni della letteratura esistente (articoli
pubblicati sulla stampa specializzata, siti internet delle
autorità portuali, siti internet di associazioni di settore,
progetti di ricerca comunitari, studi in altri settori , colloqui
con addetti ai lavori). Naturalmente, data la complessità della
materia e l’eterogeneità delle attività portuali, il timore era
quello che, una trattazione prettamente teorica, avrebbe potuto
condurre a sottovalutare o sopravvalutare i singoli aspetti
ambientali. Per questo, ci si è avvalsi di questionari inviati ad
aziende terminaliste italiane ed europee. Il risultato finale è
una matrice a doppia entrata che per ogni ASA evidenzia gli
impatti ambientali significativi affiancando le valutazioni
desunte dai questionari (Q) e quelle fornite dalla letteratura
(L). Interessante è notare come i risultati dei questionari
tendano a minimizzare gli impatti rigurdanti le attività portuali.
Per quanto riguarda il “sistema porto” ho attribuito quegli
impatti ambientali prodotti dal porto nel suo complesso, non
tipicamente imputabili alle operazioni di carico/scarico e
principalmente dovuti al carattere multimodale (15) dei porti
moderni. Il risultato è una matrice a doppia entrata che mette in
relazione ciascun singolo impatto con una specifica modalità di
trasporto che ne è all’origine (trasporto su gomma, ferroviario,
marittimo).
Successivamente si sono distinti gli effetti ambientali in
significativi e non significativi, dividendo ulteriormente i primi
in base all’esclusività nell’origine dell’impatto. Quest’ultima
suddivisione risulta utile in sede di programma ambientale infatti
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alcuni impatti prodotti dalle aree portuali sono comuni ad altre
attività, inserite nello stesso contesto urbano, consiglirebbero
provvedimenti che coinvolgano i soggetti ineressati.
Il questionario
Nasce dall’esigenza di una migliore comprensione del contesto dei
terminalisti. I questionari sono stati inviati: per quanto
riguarda i porti europei ai primi due porti per movimentazione
annua superiore a 10.000.000 t/anno di Belgio, Finlandia,
Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Olanda, Spagna e
Svezia) mentre per quelli italiani a tutti i porti con traffico
superiore a 10.000.000 t/anno.
Risposte al questionario
Il tasso di risposta dei 591 questionari spediti è stato sotto la
media dei questionari inviati per posta (5,1%). Questo valore
rappresenta già di per sé un elemento sintomatico dello scarso
interesse, da parte delle imprese terminaliste, a dichiarare la
propria situazione in campo ambientale (strategie, risultati
ottenuti, problemi, punti di forza, ecc.). Questo atteggiamento è
abbastanza comprensibile per due ragioni strettamente collegate:
gli argomenti oggetto del questionario risultano molto delicati in
termini di immagine; inoltre, il settore in esame vanta rarissimi
casi di certificazione ambientale e quindi di corretta gestione
ambientale pubblicamente riconosciuta. Ne consegue una naturale
reticenza a fornire un quadro corretto della realtà.
In generale è emerso che le imprese terminaliste sembrano essere,
a parole, piuttosto sensibili alla gestione delle problematiche
ambientali infatti: il 44% la considera “molto importante” per la
loro azienda, il 43% “importante” mentre nessuno “non importante”.
ma nei fatti le percentuali si riducono: il 50% degli
intervistati intende certificarsi (entro 2-3 anni) il 27% non
ha intenzione e il 23% non sa.
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Risulta essere interessante analizzare i motivi che hanno
spinto a programmare (Domanda 2a) o non programmare (Domanda
2b) l’adesione ad EMAS e/o ISO 14001. Da essi emerge
l’importanza che le imprese attribuiscono agli aspetti
relazionali ed a quelli economici:
• Questi risultati ci suggeriscono alcune osservazioni. Anzitutto
il fatto che le imprese terminaliste nel programmare la loro
adesione ad uno strumento certificativo sentano maggiormente la
“pressione” dell’opinione pubblica e dei clienti, rispetto a
quella della PA, è un fenomeno da approfondire. La copiosa
legislazione in proposito evidenzia l’incapacità da parte degli
organi competenti di trasmettere le proprie politiche con
strumenti adeguati (Es. incentivi economici) che vadano oltre
l’impostazione “comando e controllo”.
• A quest’ultima osservazione si collega l’aspetto economico della
certificazione, ed in particolare dei costi. Oltre
l’insufficienza delle agevolazioni esistenti, le imprese
terminaliste non annoverano tra le motivazioni più significative
che le stanno spingendo a certificarsi quella di ridurre i costi
interni. A conferma del “problema costi” o meglio della
differenza tra risposte del questionario posizione tra terminal
operator e letteratura, risulta l’analisi delle risposte della
domanda 2b. Le imprese che non intendono certificarsi adducono
come motivazione principale della loro scelta i costi troppo
elevati dell’adesione (25,0%).
In conclusione le risposte al questionario, confermano
l’immaturità del settore dal punto di vista ambientale. Nonostante
a livello di intenzioni si abbia qualche segno positivo, in
generale le idee dei terminalisti su cosa implichi un SGA non sono
molto chiare.