Introduzione
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INTRODUZIONE
Lo studio del legame esistente tra la struttura organizzativa e il sistema di controllo di
gestione adottato dalle imprese rappresenta un filone di ricerca molto dibattuto a livello
teorico. Le imprese sono protagoniste di un processo evolutivo che, secondo il modello
proposto da Miller e Friesen, prevede una suddivisione del ciclo di vita in cinque fasi:
nascita, crescita, maturità, rinascita e declino, durante le quali si assiste ad un parallelo
mutamento dello stile di gestione (a seconda del tipo di approccio verso le risorse e le
nuove opportunità, del grado di delega decisionale, ai fattori inerenti la valutazione e
l’incentivazione delle risorse umane, ecc.) e degli strumenti di controllo (contabilità
industriale, presenza di un sistema di budgeting, analisi degli scostamenti secondo la
prospettiva della balanced scorecard, ecc.). L’obiettivo della ricerca è proprio quello di
indagare la relazione tra la configurazione organizzativa e la complessità del sistema di
controllo di gestione delle imprese durante il loro processo evolutivo. Ai fini dello
studio mi sono avvalso di due banche dati relative ad imprese del settore secondario,
operanti nella provincia di Bergamo, una delle aree più industrializzate d’Italia.
La prima indagine è stata condotta nel 2000 dalle Ingg. S. Gualdi e S. Paruta; le due
tesiste svilupparono il tema delle relazioni intercorrenti tra sistemi di controllo di
gestione e configurazioni organizzative sulla scorta di 501 imprese che risposero al
questionario da loro erogato.
La seconda indagine è stata svolta nel corso del 2008 dagli Ingg. M. Parigi e V.
Invernici; i quali studiarono l’esistenza di un legame tra la crescita delle imprese,
l’azione imprenditoriale e lo stile di gestione, sulla base di 383 imprese.
I due questionari presentano una struttura simile che, dopo una parte relativa
all’anagrafica, risulta costituita da domande relative alla stima della fase del ciclo di
vita, del ruolo detenuto dall’imprenditore e dalla direzione generale nella gestione
dell’azienda, sui temi riguardanti la contabilità industriale e le variabili appartenenti
all’area del controllo di gestione.
I risultati raccolti dall’analisi dei questionari forniscono due fotografie del contesto
industriale bergamasco a 8 anni di differenza l’una dall’altra e, in quanto rispettano gli
stessi vincoli geografici e settoriali, permettono di elaborare un modello in grado di
Introduzione
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spiegare la relazione tra ciclo di vita delle aziende, struttura organizzativa e stile di
gestione. Particolare attenzione viene dedicata alle 61 aziende che hanno partecipato ad
entrambe le indagini e che possono essere utilizzate come dimostrazione pratica di
quanto enunciato.
Il presente elaborato si articola in 5 capitoli: il primo rappresenta un’introduzione
teorica sulle variabili relative a struttura organizzativa e controllo di gestione, nel
secondo vengono introdotti i principali modelli di Corporate Life Cycle, il terzo è
dedicato alla presentazione dei due campioni e all’analisi statistica dei dati, il quarto si
concentra sullo svolgimento dell’indagine e la rilevazione di caratteristiche distintive,
nell’ultimo capitolo viene analizzata l’evoluzione delle 61 aziende negli 8 anni di
riferimento e sono ricercate le cause dei dati riscontrati.
Capitolo 1 – Configurazioni organizzative
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CAPITOLO 1
Configurazioni organizzative e
metodi di controllo di gestione
Capitolo 1 – Configurazioni organizzative
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1.1 CONFIGURAZIONI ORGANIZZATIVE
1.1.1. INTRODUZIONE
Il termine organizzazione può assumere molte valenze che possono essere ricondotte a
due significati principali: organizzazione come istituzione sociale alla quale partecipano
più individui con ruoli e compiti differenziati e come atto dell’organizzare.
Istituzione sociale in quanto i membri di un’organizzazione devono condividere scopi
generali e possedere ruoli, compiti ed adempimenti più o meno circostanziati; inoltre tra
le diverse categorie appartenenti all’organizzazione esistono rapporti di natura
gerarchica, ma anche di condivisione e collaborazione; esistono requisiti e procedure
che regolano l’accesso a determinati ruoli; vi sono infine sanzioni e procedure in caso di
violazione delle norme.
Veniamo al secondo significato: l’organizzazione come atto dell’organizzare. In questo
senso l’organizzazione consiste nel decidere come si suddivide il lavoro, come si
garantisce il coordinamento tra le varie attività e tra le persone che le svolgono in
autonomia.
Le tre prospettive di analisi
Nello sviluppo organizzativo il problema centrale della specializzazione e del
coordinamento sono stati studiati secondo tre prospettive:
Manageriale;
Sociologica;
Politica.
La prospettiva manageriale, legata alle scelte degli imprenditori, dei dirigenti di azienda
tende a considerare l’organizzazione come un sistema composto da parti che
interagiscono, cioè le unità organizzative (dipartimenti, uffici, enti, filiali, ecc.).
L’attenzione si concentra sugli aspetti formali e oggettivi, quali ad esempio le mansioni
attribuite agli individui, la delega dei poteri decisionali, le funzioni svolte dalle unità
Capitolo 1 – Configurazioni organizzative
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organizzative, i criteri per raggruppare le posizioni diverse sotto un’unica responsabilità
gerarchica e i meccanismi di coordinamento tra individui e unità.
La prospettiva manageriale presenta due implicazioni:
La progettazione organizzativa, cioè la definizione degli aspetti formali,
strutturali e sistemici dell’organizzazione; in sostanza si tratta di forgiare gli
strumenti organizzativi per il raggiungimento degli obiettivi aziendali:
L’approccio contingente e normativo, si tratta cioè di individuare criteri che, a
seconda delle situazioni, delle variabili tecnologiche e settoriali, degli obiettivi
che si vogliono raggiungere indichino al management l’assetto organizzativo
migliore e le soluzioni più efficaci.
La prospettiva sociologica si concentra sui singoli individui: essa è tesa ad esplorare e
interpretare il comportamento delle persone nei contesti organizzativi, le motivazioni
che le animano, i vincoli posti al loro agire e alle loro aspirazioni. L’organizzazione è
vista come un ambiente sociale nel quale le persone si realizzano e il loro rendimento è
proporzionale al sentirsi parte integrante dell’azienda. E’ compito del vertice aziendale
o dell’ufficio risorse umane facilitare la collaborazione ed incentivare una sana
competizione tra le varie unità costituenti l’organizzazione.
Vi è infine la prospettiva politica che è volta ad indagare come le organizzazioni
regolano i rapporti sociali, canalizzano i conflitti e consentono al vertice aziendale di
esercitare il potere. Le caratteristiche delle organizzazioni vengono cioè valutate in
relazione alla loro capacità di generare consenso e di esercitare il potere.
Le tre questioni organizzative
Un’altra prospettiva utile per l’analisi e la classificazione della struttura organizzativa è
rappresentata dalle tre questioni organizzative:
La questione tecnologica;
La questione burocratica;
La questione decisionale.
La questione tecnologica affronta la relazione complessa tra le tecnologie e le variabili
organizzative come la specializzazione e il contenuto individuale, la motivazione e il
Capitolo 1 – Configurazioni organizzative
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consenso degli attori. La tecnologia, infatti, permette da una parte di affiancare il lavoro
umano rendendolo più ripetitivo e meccanico limitando il numero di mansioni che un
addetto deve operare e dell’altra consente di controllarlo meglio e di eliminare margini
di discrezionalità. Quindi l’innovazione tecnologica volta ad automatizzare i processi
aziendali presenta pesanti implicazioni aumentando, in generale, la specializzazione
orizzontale e verticale del lavoro.
La questione burocratica affronta il rapporto tra i comportamenti degli individui e le
norme che li regolano; l’apparato burocratico definisce la struttura organizzativa per
l’esercizio dell’autorità formale ed è necessario nelle grandi organizzazioni in quanto
l’autorità ha bisogno di una macchina organizzativa in cui alcuni poteri vengono
delegati seguendo una gerarchia. Il complesso burocratico è, quindi, un insieme di
norme generali che dettano i comportamenti e le decisioni.
La questione decisionale affronta il modo in cui le organizzazioni arrivano a prendere le
decisioni critiche, quelle che non possono essere incorporate nelle regole della macchina
burocratica; inoltre, ha il compito di esplorare come gli individui, che hanno l’autorità
di decidere, interagiscono tra loro e arrivano a compiere le scelte.
1.1.2. SPECIALIZZAZIONE E COORDINAMENTO
L’origine del problema organizzativo sta nella necessità di suddividere il lavoro tra
persone differenti al fine di migliorare l’efficienza.
La suddivisione del lavoro conduce alla specializzazione degli operatori, i quali si
concentrano solo su alcune attività tralasciandone altre. Inoltre, maggiore è la
specializzazione, maggiore è la spinta a ricercare le modalità più efficaci per garantire il
coordinamento tra individui e aggregati di individui.
Specializzazione e coordinamento sono dunque due fenomeni che procedono di pari
passo che assumono importanza e criticità al crescere delle dimensioni
dell’organizzazione. Nelle imprese di grandi dimensioni i problemi organizzativi sono
maggiori e le soluzioni più complesse, la crescita richiede maggiore specializzazione e
introduce problemi di coordinamento.
Organizzazione e crescita sono dunque due fenomeni collegati: la crescita pone
problemi organizzativi nuovi e, d’altra parte, senza un’organizzazione efficiente
Capitolo 1 – Configurazioni organizzative
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crescere è impossibile. Le imprese, in generale, tendono a crescere di dimensione;
mentre le imprese piccole hanno organizzazioni semplici, poco specializzate, con
meccanismi di coordinamento informali, le imprese più grandi hanno organizzazioni più
complesse con una maggiore specializzazione del lavoro, ruoli e mansioni differenziati,
meccanismi di coordinamento sofisticati e la tendenza ad articolarsi in unità
organizzative. Le unità organizzative sono strutture relativamente autonome che
raggruppano individui che svolgono attività collegate e che rispondono ad un unico
capo. In sintesi, la crescita implica maggiore complessità organizzativa.
Specializzazione orizzontale e verticale
Il ciclo di vita delle aziende è affiancato da trasformazioni organizzative significative; al
crescere della dimensione si manifesta la tendenza alla frantumazione dei processi in
attività più semplici e collegate tra loro, svolte da operatori differenti. Con la crescita
l’imprenditore deve rivedere il modo in cui è organizzato il lavoro e il metodo di
attribuzione dei compiti e delle mansioni a ciascun operatore.
Il processo di specializzazione avviene in due stadi:
In primo luogo si realizza la separazione tra la progettazione del lavoro e la sua
realizzazione, questo aspetto della divisione del lavoro prende il nome di
specializzazione verticale; essa trova il suo fondamento nell’approccio taylorista che si
propone di semplificare e razionalizzate le attività. Tale separazione ne implica un’altra,
quella tra esecuzione e controllo, l’ambiente sociale di lavoro si separa in due gruppi:
coloro che eseguono il lavoro e coloro che controllano l’operato degli esecutori. Si ha
elevata specializzazione verticale quando la posizione ha poca autonomia decisionale,
tenendo presente che, di solito, la complessità delle attività assegnate tende a fare
aumentare l’autonomia.
Il secondo stadio del processo di specializzazione porta a distribuire il lavoro
attribuendo poche semplici attività, tra loro omogenee, a ciascuno degli operatori e
prende il nome di specializzazione orizzontale, la quale porta con sé il proliferare delle
posizioni.
Capitolo 1 – Configurazioni organizzative
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In base a quanto detto possono così esserci:
posizioni ad alta specializzazione orizzontale e verticale (mansioni operative
ristrette);
posizioni a bassa specializzazione orizzontale ed alta specializzazione verticale
(mansioni operative allargate, lavoro di supervisione);
posizioni ad alta specializzazione orizzontale e bassa specializzazione verticale
(lavoro professionale);
posizioni a bassa specializzazione orizzontale e verticale (mansioni manageriali,
lavoro direttivo).
Vantaggi e svantaggi della specializzazione
La specializzazione orizzontale permette un forte aumento della produttività grazie a:
Maggiori economie di apprendimento, la limitatezza e la ripetitività dei compiti
favoriscono i processi di apprendimento; gli operatori cumulano un maggiore
volume per le loro singole operazioni e attraverso il maggiore volume maturano
esperienza e migliorano la propria abilità;
Minori costi di attrezzaggio, i lavoratori specializzati non perdono tempo nel
passaggio da un’operazione all’altra minimizzando i costi di set-up;
Mansioni
operative
ristrette
Lavoro
professionale
Lavoro
direttivo
Lavoro di
supervisione
Specializzazione orizzontale
Specializzazione verticale
Figura 1-1: Tipologie di mansioni in relazione alla specializzazione del lavoro
Capitolo 1 – Configurazioni organizzative
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Maggiore standardizzazione e possibilità di automazione, la specializzazione
rende possibile il miglioramento dei metodi di lavoro, la standardizzazione dei
processi e pone le premesse per l’automazione;
Minor costo del lavoro, la specializzazione orizzontale richiede minori capacità,
competenze e necessità di addestramento, dunque manodopera meno qualificata
e meno costosa.
Occorre tenere presenti anche alcuni effetti negativi della specializzazione del lavoro, ad
esempio l’eccessiva frantumazione dei compiti può portare a un lavoratore la cui
mansione è così limitata e ripetitiva da indurre demotivazione e alienazione.
I meccanismi di coordinamento
Al crescere della specializzazione il problema del coordinamento diviene più
importante. Esistono cinque meccanismi di base, individuati da Mintzberg (1983), con
cui può avvenire il coordinamento:
L’adattamento reciproco, il coordinamento è del tutto informale, gli operatori si
accordano direttamente e informalmente ogni volta che emerge un problema;
è un meccanismo di coordinamento ex post, poiché interviene dopo che il
problema si è presentato e non richiede particolari sforzi di progettazione. E’
largamente prevalente nelle organizzazioni poco complesse e dove il lavoro è
poco specializzato;
La supervisione diretta, una persona assume formalmente il ruolo di capo e,
dunque, la responsabilità del lavoro degli altri, decidendo cosa essi devono fare
e controllando gli esiti del loro lavoro;
La standardizzazione dei processi, comporta una ristrutturazione organizzativa
dell’azienda creando reparti specializzati, ovvero aree nelle quali i lavoratori
svolgono in modo ripetitivo un insieme ristretto di attività; il lavoro viene
suddiviso, progettato e normato a priori, il coordinamento è garantito e il singolo
operatore deve solo seguire le procedure e le istruzioni. Essa previene i problemi
e cerca di evitarli, stabilisce processi e procedure standard e quindi incontra seri
limiti di applicazione nei contesti particolarmente turbolenti, nei quali è difficile
o impossibile prevedere in anticipo le condizioni operative del lavoro;
Capitolo 1 – Configurazioni organizzative
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La standardizzazione dei risultati, consiste in un’attenta programmazione delle
attività e della produzione al fine di rispondere per tempo alle diverse esigenze
dei clienti; il processo di budgeting e pianificazione diviene un potente
meccanismo di coordinamento, ai responsabili di ogni reparto viene specificato
il risultato che devono produrre senza specificare come. Questa forma di
coordinamento lascia maggiore libertà di azione agli operatori e controllo ed
esecuzione non sono più necessariamente separati, dunque il livello di
specializzazione tende a essere più contenuto;
La standardizzazione delle competenze, consiste nell’assicurarsi che gli
operatori siano in grado di svolgere i compiti assegnati e di interagire tra loro
sulla base di competenze che hanno acquisito in precedenza; la formazione del
personale, costituita dall’istruzione scolastica e/o dall’esperienza, è lo strumento
essenziale affinché tale meccanismo di coordinamento sia attuabile.
Mentre la standardizzazione dei processi e, in parte, quella dei risultati mirano a ridurre
il fabbisogno di adattamento reciproco e di supervisione diretta, la standardizzazione
delle competenze mira a rendere l’adattamento e la supervisione più efficaci, meno
dispersivi o meno onerosi.
I costi della specializzazione e del coordinamento
Specializzazione e coordinamento implicano anche dei costi:
Costi di esecuzione, l’andamento di tali costi è decrescente fino a una soglia di
alienazione oltre la quale non si conseguono ulteriori riduzioni di costo e anzi si
manifestano perdite di efficienza;
Costi di coordinamento, ogni meccanismo di coordinamento comporta una
crescita dei costi al crescere della specializzazione orizzontale; l’adattamento
reciproco comporta l’interruzione frequente dell’attività con conseguente
diminuzione della produttività, la supervisione diretta implica l’inserimento
delle figure dei capi a diversi livelli dando vita ad una struttura gerarchica
piramidale che può originare costi, conflitti e lentezza nella comunicazione tra le
varie unità organizzative;
Capitolo 1 – Configurazioni organizzative
13
Tenendo conto di queste due tipologie di costo è possibile determinare il livello di
specializzazione orizzontale ottimale, con il quale si hanno costi totali di processo
minori.
1.1.3. LA STRUTTURA DELL’ORGANIZZAZIONE
La progettazione della struttura di un’organizzazione consiste nella creazione di unità
organizzative e nella definizione di meccanismi di collegamento tra esse. Così come la
divisione del lavoro nasce dall’esigenza di semplificare e rendere più efficienti le
attività, allo stesso modo la creazione di unità organizzative si rende necessaria a fronte
della crescita di complessità dell’impresa, che spesso è la conseguenza sia delle
maggiori dimensioni, sia di un contesto esterno più complesso.
Raggruppare mansioni e posizioni all’interno di un’unica unità organizzativa ha
l’obiettivo di facilitarne il coordinamento e il controllo, ogni unità, inoltre, da una
persona che è responsabile delle attività svolte, ha il ruolo di coordinare e organizzare il
lavoro e ha autorità formale. Ne consegue che una delle scelte fondamentali della
progettazione organizzativa riguarda la determinazione del numero di persone che
dipendono da un capo (span of control) e il numero di livelli gerarchici presenti
nell’organizzazione (lunghezza della catena gerarchica). Queste due variabili sono
inversamente proporzionali tra loro, dunque nella progettazione di un’organizzazione
bisogna bilanciarle in modo che l’ampiezza del controllo non sia troppo estesa per
assicurare la governabilità, e la linea gerarchica non diventi troppo lunga al fine di
limitare i costi di struttura e i tempi decisionali.
Complessivamente, la struttura gerarchica è descritta in modo sintetico
dall’organigramma, cioè la rappresentazione grafica delle diverse unità organizzative e
delle linee gerarchiche esistenti tra queste.
Un principio strettamente legato alla struttura gerarchica di un’organizzazione è quello
di unicità del comando, secondo il quale in una buona organizzazione ogni individuo e
ogni unità deve ricevere ordini da un solo responsabile gerarchico. Da questo principio
prende origine l’idea della struttura organizzativa in forma piramidale, con linee
gerarchiche univoche e ben definite.