INTRODUZIONE
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Va da sé, a questo punto, che la tendenza generale è quella del configurarsi
di un’azienda cognitiva mediante un sistema in grado di colmare in tempo reale
lo skill gap e l'ottimizzazione delle risorse che opera come un'attività di
gestionale formale divenendo una competenza estremamente strategica: il KM
(Knowledge Management) .
Ciò comporta il programmare la “dispersione selettiva dell'informazione e
della conoscenza ”, costruendo modelli di sistemi informativi che siano in grado
di “evolversi”, come accade per qualsiasi essere vivente. L’esigenza, infatti, è
quella di valorizzare sempre più le latenti potenzialità e poter individuare
compiti e mansioni adeguate per ogni individuo all’interno dell’impresa.
Il KM diviene, allora, un modo di pensare (insieme, scienza ed arte) che
produce un incremento nelle capacità d'azione di una persona o di
un'organizzazione. La grande scoperta del KM è che la tecnologia
dell'informazione può essere utile nell’ottica di un approccio al management,
come una variabile indipendente delle strutture organizzative e, al contrario,
l'assetto dell'organizzazione aziendale come una variabile dipendente del sistema
informativo.
Riuscire a collocare “ l’uomo giusto al posto giusto ” risulta essere un
progresso in tutti i processi aziendali determinando l’affermarsi delle competenze
chiave dell’impresa.
In questo contesto sembra opportuno utilizzare sistemi che riducano i tempi
necessari per analizzare un qualunque progetto o processo produttivo e che
individuino conseguentemente le risorse umane più adatte: essi prendono il nome
di Skill Management Systems.
INTRODUZIONE
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Attraverso il loro utilizzo si sovrappone la domanda di skills, generata nel
momento in cui si vuol dare inizio ad un nuovo progetto o si presenta un nuovo
problema, con l’offerta di skills che un’ impresa detiene al suo interno sottoforma
di risorse umane, oppure di candidature esterne.
Il sistema riesce in questo modo a descriverne quegli individui le cui abilità
sono più adeguate alla realizzazione della nuova attività che l’organizzazione è
chiamata a svolgere tramite la generazione di profili che ne specifichino tali
peculiarità e a determinare la loro migliore assegnazione a compiti richiesti.
Lo scopo di questa tesi è quello di generare un progetto di un sistema di
Skills Management unendo tra loro un sistema di Information Retrieval, la
generazione di un’Ontologia, la realizzazione di un sistema di comunicazione
con un ragionatore che permetta l’esecuzione di un processo di Matchmaking ed
infine la elaborazione di una ottimizzazione nell’assegnazione di profili ai tasks
aziendali
L’Information Retrieval è necessario per individuare i termini più adatti a
rappresentare le competenze negli ambiti scelti.
L’Ontologia permette di strutturare la conoscenza, di modificarla ogni qual
volta l’utilizzatore ne abbia la necessità.
Il Matchmaking System consente la generazione di un profilo che permette
di descrivere le skills di ognuno in linguaggio LISP/LIKE.
INTRODUZIONE
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La comunicazione consente di colloquiare con un ragionatore (NeoClassic)
attraverso: un Parser che renda comprensibili i profili per il ragionatore, una
“ interfaccia standard DIG ” che avvii la comunicazione con applicazioni che
utilizzano le DL, ed infine una componente software che traduca le richieste
formulate in DIG in comandi per il ragionatore e viceversa.
Il ragionatore permette, mediante il supporto del Matchmaking, di abbinare
i profili comunicati elaborando un numero (rank) indicativo della similarità tra i
profili.
L’Ottimizzazione è il passo finale con il quale una funzione obiettivo lega
tra loro i risultati dei profili confrontati; è una procedura algoritmica che valuta il
“costo”del profilo di assegnazione rappresentato da una funzione matematica. In
essa le variabili sono quantità che possono essere controllate e le condizioni di
vincolo presenti ne restringono il campo di validità per tener conto di effettive
condizioni a cui il sistema è soggetto.
Capitolo1-Knowledge Management
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CAPITOLO 1
KNOWLEDGE MANAGEMENT
1.1 Informazione, conoscenza e knowledge
management
ntegrare grandi quantità di dati, eterogenee, specifiche ed estremamente
diversificate, implica inevitabilmente dei problemi di gestione del Know
How. Nelle pratiche aziendali i problemi di eterogeneità vengono risolti
attraverso un modello centralizzato della gestione della conoscenza che
comporta inevitabilmente alcuni problemi di omogeneità semantica dei dati ed
inefficacia degli strumenti informatici. Il modello distribuito, risolve i problemi
di incompatibilità semantica locale, considerando la diversità di rappresentazione
della conoscenza, non un problema, ma una ricchezza imprescindibile per il
corretto funzionamento del modello stesso.
In questo contesto il Knowledge Management è una disciplina che, in questi
ultimi anni, ha influenzato e risolto molti studi e problemi organizzativi. Il KM,
infatti, può influenzare il processo produttivo e per tale motivo si può affermare
che per essere competitive, le organizzazioni, devono diventare sempre più
dinamiche e la loro conoscenza deve diventare sempre più flessibile.
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Capitolo1-Knowledge Management
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Tuttavia, quando si parla di KM si fa riferimento a tematiche e prospettive
che spesso sembrano in contrapposizione una all’altra.
Alcuni studiosi considerano il KM come la scienza che studia
principalmente i problemi dell’apprendimento e della conoscenza al di fuori di
confini aziendali: cioè tra le aziende dislocate in uno stesso settore competitivo o
in uno stesso territorio. Altri come lo studio dei flussi dei cambiamenti della
conoscenza all’interno delle organizzazioni.
Al di là di queste tesi è importante percepire che la capacità di apprendere da
parte dell’organizzazione non può esistere se gli individui che fanno parte
dell’organizzazione stessa non apprendono a loro volta.
D’altra parte, la loro capacità di apprendere dipende dalla capacità che ogni
lavoratore ha di aumentare la propria conoscenza . A tale proposito, per ottenere
un processo di apprendimento che sia sempre più efficace ed efficiente, occorre
che i lavoratori, abbiano un ruolo attivo all’interno dell’organizzazione: creino,
condividano, utilizzino, rinnovino e recuperino informazioni.
Gli attori di questo processo cognitivo devono elaborare informazioni in
quanto sono le informazioni stesse -sotto forma di entità/oggetto oppure di
processo di apprendimento e di negoziazione semantica- gli elementi
fondamentali della conoscenza.
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1.2 Un approccio distribuito
Nella pratica manageriale, il Knowledge Management può essere descritto
come un insieme di metodologie e di strumenti per supportare i seguenti processi:
creazione di nuova conoscenza all’interno dell’organizzazione (learning
organization), in particolare trasformazione della conoscenza tacita in
conoscenza esplicita;
codifica di questa conoscenza in “oggetti” (come documenti, archivi, database,
procedure,pratiche aziendali) che vadano ad arricchire la cosiddetta memoria
organizzativa;
diffusione della conoscenza nell’organizzazione, rendendo la stessa accessibile
a persone diverse dai suoi creatori.
Alcuni studi teorici considerano la conoscenza come un “asset” dipendente
dal soggetto che la produce (ad esempio il processo di produzione della
conoscenza dipende dall’identità, dalla posizione, dalla logica del lavoratore); la
conoscenza può essere rappresentata in modi diversi, con parole, etichette, o
classificazioni che hanno significati diversi per soggetti che fanno parte di team,
o comunità diverse.
Si può pensare che le informazioni dipendano dal contesto e che i significati
delle informazioni dipendano da fattori di contesto come: scopo, assunzioni di
background, conoscenze implicite, ecc. Inoltre, eterogeneità linguistica e
diversità semantiche sono proprietà essenziali del knowledge.
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Dal punto di vista tecnologico, l’approccio più diffuso al problema
dell’eterogeneità semantica è quello di eliminare l’eterogeneità stessa mediante
uno schema di rappresentazione della conoscenza condiviso a cui tutte le
comunità, indipendentemente dal loro specifico punto di vista, dovrebbero
conformarsi.
Nel caso specifico delle grandi imprese le tecniche e le metodologie più
diffuse sono sicuramente l’adozione di knowledge charts aziendali, o l’uso di
tassonomie o ontologie condivise.
Tuttavia, varie esperienze di grosse aziende, tra cui il Knowledge Space di
Arthur Andersen, dimostrano che questo approccio “centralizzato” non funziona.
Non solo le varie comunità non hanno contribuito al mantenimento di questo
repository condiviso, ma in molti casi hanno iniziato a costruirsi un loro
repository locale, molto più vicino al loro modo di vedere .
Le cause che hanno portato a questi comportamenti possono sinteticamente
essere riassunte come segue:
un unico e generico archivio, condiviso da tutti, non è in grado di soddisfare le
esigenze di ogni comunità che vorrebbe avere una personale e autonoma
rappresentazione della conoscenza;
ogni documento o informazione creata non può essere oggettivamente
presentata, in quanto dipende dal background, dalle assunzioni implicite che
l’autore ha utilizzato e dal suo punto di vista sul mondo;
Capitolo1-Knowledge Management
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le assunzioni implicite presenti in un documento sono impossibili da
specificare in assoluto, e nel caso in cui si arrivi ad una astrazione plausibile il
documento perde inevitabilmente qualità informativa.
Nel caso specifico delle piccole imprese, le tecniche e le metodologie più
diffuse sono sicuramente l’adozione di accordi bilaterali, nei quali si definiscono
nei minimi dettagli il tipo di informazione condivisa, adottando ontologie e
rappresentazioni di dati unici e difficilmente modificabili.
Esempi tipici sono software estremamente costosi che generano una sorta di
barriera all’uscita dall’accordo, creando staticità tra le imprese. Si può fare
riferimento a software che permettono di mantenere una perfetta autonomia dei
sistemi informativi delle organizzazioni, ma sono estremamente statici e
prevedono la condivisione di alcune forme di conoscenza predefinite a priori.
Ciò suggerisce l’idea che occorra pensare ad un supporto tecnologico
realmente distribuito, dove la conoscenza possa essere organizzata non in base
alle rigide modalità imposte da un approccio centralizzato, ma in base ai punti di
vista delle varie comunità.
Ogni comunità od organizzazione deve essere cioè in grado di:
gestire la conoscenza prodotta al suo interno in modo locale, specialistico ed
autonomo;
integrare altri saperi locali attraverso meccanismi diversi dalla
omogeneizzazione e dalla centralizzazione della rappresentazione della
conoscenza.
Capitolo1-Knowledge Management
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L’analisi di un modello distribuito trova facile connessione con gli studi sui
sistemi complessi, dove la conoscenza viene distribuita in modo autonomo e le
informazioni vengono organizzate in modo diverso dipendente dal punto di vista
del soggetto o della comunità che le ha create e organizzate.
Ogni comunità (intra-aziendale o inter-aziendale) può gestire in modo
autonomo e indipendente le proprie informazioni e nello stesso tempo rendere
usufruibili tali dati (o alcuni di essi) alle altre comunità, senza sostenere costi di
“information sharing” estremamente elevati, mantenendo così liberi i soggetti di
condividere e/o no le informazioni.
Secondo Thompson sarebbe auspicabile: “… a complex system of
autonomous communities, that are connected in different ways. Relations among
these groups might be managed by standardization, coordination by plan or
coordination by mutual adjustments”.
Per sviluppare questo modello e questo nuovo approccio distribuito sono
state formulate diverse ipotesi soprattutto nel campo dell’intelligenza artificiale e
dello studio teorico sulla rappresentazione logica dei contesti.
Di seguito vengono proposte due teorie che sembrano essere un ottimo punto
di partenza per la rappresentazione della conoscenza secondo l’approccio
distribuito:
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● Rappresentazione locale della conoscenza: in intelligenza artificiale esistono
modelli di rappresentazione della conoscenza che sembrano coerenti con la
visione distribuita del Knowledge Management. Questi modelli si basano sulla
nozione di contesto e permettono una rappresentazione parziale, locale ed
autonoma della conoscenza;
● Integrazione delle informazioni locali: in studi di intelligenza artificiale
distribuita, esistono tecnologie che sembrano utilizzabili per sistemi che
supportino un approccio distribuito al Knowledge Management (come ad
esempio i sistemi multi-agente).
Assumendo dunque che, si introduce una componente “locale” (Contesto)
nella gestione della conoscenza in azienda, e si introduce un meccanismo
(Sistema multi-contesto) per la comunicazione tra le parti localmente definite,
occorre un modello per la gestione della conoscenza locale così definito:
□ ogni gruppo (individuo o comunità) può organizzare in modo autonomo e
indipendente la propria rappresentazione della conoscenza: può catalogare,
collezionare, utilizzare e creare documenti sintatticamente e semanticamente
eterogenei;
□ la rappresentazione della conoscenza riflette in qualche modo l’implicito punto
di vista della comunità sul resto del mondo (perspective making);
□ ogni comunità ha differenti contesti che intuitivamente possono essere
considerati come tutte le assunzioni che si presentano implicitamente in una
struttura della conoscenza;
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□ un modello per l’integrazione di informazioni e risorse da altre
rappresentazioni di conoscenza;
□ ogni comunità deve essere in grado di integrare informazioni e risorse di
conoscenza da altre autonome rappresentazioni, utilizzando un meccanismo di
negoziazione di significato (perspective taking).
Il KM contribuendo all’ individuazione, gestione, controllo e generazione
del patrimonio cognitivo che ogni impresa potenzialmente detiene riesce a
capitalizzare il mix di competenze aziendali e a gestire le stesse come priorità
ineguagliabile. E’ proprio dietro queste premesse che i sistemi di K M tendono
oggi ad evolversi in tipologie complesse che guardano con maggior specificità
alle competenze di ogni individuo, tali sistemi prendono il nome di Skill
Management System.