Stato dell‟arte
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1. STATO DELL’ARTE
1.1 Biomateriali e loro applicazioni
Il continuo sviluppo di nuovi biomateriali e la modificazione
chimica e fisica di biomateriali già studiati ed utilizzati hanno
portato all‟ottenimento di risultati di notevole interesse in molte
discipline mediche, spaziando dall‟ottica (lenti a contatto e
cristallini) all‟odontoiatria (protesi dentali) ed all‟ortopedia (sostituti
ossei, viti, placche), dalla farmacologia (formulazioni per il rilascio
controllato di farmaci) alla ricostruzione guidata di tessuti
danneggiati.
1,2)
Con il termine “biomateriali” si fa riferimento ad una classe di
materiali ad uso biomedico impiegati come sostituti biologici atti a
ripristinare le funzioni di tessuti ed organi danneggiati o malati, o più
in generale di materiali che possono interfacciarsi con un sistema
biologico, quali metalli, materiali ceramici, polimeri.
3)
Questi ultimi
in particolare hanno avuto un notevole sviluppo negli ultimi 30 anni.
I biomateriali di natura polimerica largamente utilizzati possono
essere di origine naturale (polisaccaridi e proteine) o di tipo sintetico
(poliesteri, poliuretani, polianidridi). I principali requisiti richiesti
per il loro utilizzo in campo farmaceutico e per la ricostruzione di
tessuti danneggiati sono: la biocompatibilità, la biofunzionalità e, se
richiesta, la biodegradabilità con formazione di prodotti di
degradazione atossici e con velocità di degradazione controllata e
adeguata alla funzione che il biomateriale deve svolgere.
4)
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Per biocompatibilità si intende una sostanziale inerzia del
biomateriale nei confronti dell‟ambiente fisiologico per cui
l‟organismo, non “accorgendosi“ della sua presenza, non provvede
ad eliminarlo attraverso processi infiammatori o ad assorbirlo, con
produzione di sostanze tossiche o cancerogene.
La biofunzionalità è assicurata da un insieme di proprietà
chimico-fisiche, morfologiche e meccaniche idonee allo svolgimento
della funzione richiesta.
La biodegradabilità, invece, è un requisito particolarmente
importante per biomateriali costituiti da polimeri sintetici ed implica
processi che comportano una graduale scissione del materiale con
formazione di frammenti a più basso peso molecolare.
La velocità di degradazione del biomateriale deve essere
modulabile in modo che esso possegga una “vita controllata”,
degradandosi durante o al termine dell‟espletamento della funzione
svolta nel corpo umano.
5),6)
Per la maggior parte dei polimeri biodegradabili d‟interesse
biomedico o farmaceutico, come polianidridi, poliesteri, poliammidi
e poliuretani, la degradazione avviene mediante una reazione di
idrolisi, chimica o enzimatica, la cui velocità dipende dalla natura
dei legami idroliticamente instabili, dalla cristallinità e dal rapporto
idrofobicità/idrofilicità del polimero. I gruppi funzionali
maggiormente suscettibili da questo punto di vista sono le anidridi,
gli esteri, i carbonati, gli uretani, le uree, le ammidi.
7-9)
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1.2 Applicazioni in campo farmaceutico
Una delle principali linee di ricerca nel settore tecnologico
farmaceutico focalizza l'attenzione sullo sviluppo di formulazioni
idonee a liberare quantità desiderate di farmaco nell'organismo in un
sito specifico e con velocità controllata.
10)
In commercio esistono
numerose forme farmaceutiche dalle quali il rilascio può essere
ritardato, o mediante le quali la velocità e la durata della liberazione
del principio attivo possono essere programmate. Tali formulazioni,
definite sistemi terapeutici o sistemi a rilascio controllato,
consentono il controllo del livello ematico del farmaco diminuendo
il numero di somministrazioni giornaliere, in modo da evitare
fenomeni di sotto/sovra-dosaggio e di minimizzare gli effetti
collaterali indesiderati. Con un'unica somministrazione è possibile
mantenere le concentrazioni plasmatiche all'interno della zona di
efficacia terapeutica per un periodo prolungato di tempo.
11)
Tutto
questo garantisce il rispetto del regime terapeutico da parte del
paziente in quanto la diminuzione del numero di somministrazioni
riduce il rischio di dimenticanze o auto aggiustamenti
nell'assunzione del farmaco. In questo ambito i poliesteri alifatici
sono stati ampiamente studiati ed utilizzati per le loro eccellenti
caratteristiche di biocompatibilità.
In particolare, il poli( -
caprolattone), PCL, la poli(L-lattide), PLLA, e poli(DL-lattide),
PDLLA, l‟ acido poli(glicolico), PLGA, il poli(ossietilene), PEO, ed
i loro copolimeri trovano largo impiego nel rilascio ritardato e
sostenuto di farmaci agendo come trasportatori o come matrici per
l‟incapsulamento del principio attivo.
12)
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1.3 Copolimeri anfifilici a blocchi
In molti casi polimeri biocompatibili e potenzialmente
biodegradabili necessitano di alcune modifiche per poter essere
utilizzati come biomateriali per i quali si richiedono proprietà
specifiche come, ad esempio, una biodegradabilità controllata.
Opportune modifiche in tal senso, come un incremento di idrofilicità
o una diminuzione di cristallinità, possono realizzarsi mediante
processi di copolimerizzazione. I copolimeri sono definiti come
polimeri ottenuti per polimerizzazione di due o più monomeri di
natura diversa. Essi sono classificati in quattro tipi:
Random
Alternati
A blocchi
A innesto (“graft”)
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In particolare, i copolimeri a blocchi sembrano essere i più
promettenti per applicazioni in campo farmaceutico dal momento
che è possibile non solo variare la loro composizione, ma anche
mantenere inalterate proprietà specifiche dei corrispondenti
omopolimeri ed ottenere diverse organizzazioni strutturali dei
blocchi (architetture).
Una particolare famiglia di copolimeri sintetici che si presta
particolarmente bene ad applicazioni nel settore del rilascio
controllato di farmaci è quella dei copolimeri a blocchi anfifilici
13,14)
.
Questi sistemi sono costituiti da blocchi idrofilici ed idrofobici (es.
PEO e PCL) che tendono spontaneamente ad autoaggregarsi in fasi
separate, sia in massa che in soluzione, dando luogo a diverse
morfologie. In particolare, la diversa affinità dei due tipi di segmenti,
idrofobico e idrofilico, nei confronti di determinati solventi, e
soprattutto dell‟acqua, è responsabile della naturale tendenza di
questi sistemi ad autoaggregarsi in ambiente acquoso dando vita a
strutture ordinate di tipo “core-shell” di dimensioni nanoscopiche e,
prevalentemente, di forma sferica.
15)
Infatti, utilizzando segmenti
idrofilici e idrofobici di diversa natura e modulando le dimensioni e
le architetture dei diversi blocchi si possono ottenere sistemi
anfifilici a diverso rapporto idrofilicità/idrofobicità e variare
opportunamente le proprietà chimico-fisiche e la cinetica di
degradazione. Il core è formato unicamente dal segmento di tipo
idrofobico ed è quello nel quale si possono caricare farmaci lipofili;
il guscio, a sua volta, è tutto di natura idrofilica ed ha il doppio
compito di proteggere il core e assicurare alla nanoparticella
solubilità in ambiente acquoso e, dunque, il trasporto del farmaco.
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Uno dei maggiori vantaggi nella formazione e nell‟ utilizzo di
nanoparticelle e micelle è la possibilità di somministrarle anche in
vasi sanguigni di ridotte dimensioni potendo in tal modo formulare
dei farmaci direttamente iniettabili. Inoltre il tempo di residenza di
un copolimero in forma micellare è dell‟ordine delle ore essendo tali
micelle particolarmente stabili.
16)
La scelta della natura dei blocchi idrofobici da utilizzare in
sistemi nanoscopici per applicazioni farmaceutiche è molto ampia.
Negli ultimi anni particolare interesse è sorto attorno al PCL, un
polimero biocompatibile e biodegradabile altamente idrofobico e
caratterizzato da un‟ elevata permeabilità a sostanze bioattive, specie
lipofile, a causa della bassa temperatura di transizione vetrosa, T
g
=
60°C, per cui a temperatura ambiente la componente amorfa si
trova nello stato gommoso. Il PCL generalmente viene preparato per
apertura del ciclo dell‟ -caprolattone mediante un alcool mono-, di-,
multi-funzionale e presenta la seguente unità ripetitiva:
*
O
O
*
n
Nei copolimeri a blocchi anfifilici si utilizza di preferenza come
segmento idrofilico il polietilenglicole che è solubile in acqua,
biocompatibile, e viene eliminato completamente dall‟organismo
senza processi degrativi. Il poli-etileneglicole (PEG-OH) presenta la
seguente struttura:
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-CH
2
-CH
2
-O-
n
Il PEG di peso molecolare 1000 Da viene generalmente indicato
come PEO, poli(ossietilene). Nei copolimeri a blocchi costituiti da
PEO e PCL, variando la composizione e la lunghezza dei blocchi, è
possibile modulare l‟idrofilicità del polimero e quindi la sua
tendenza ad autoaggregarsi.
17,18)
Nella letteratura più recente sono
riportati diversi studi centrati sulla formulazione di sistemi
nanoscopici basati su copolimeri a blocchi PCL-PEO e sul rilascio
controllato di farmaci mediante tali sistemi.
1.4 Targeting
Negli ultimi decenni ci si è resi conto che è possibile
perfezionare ulteriormente queste matrici di rilascio controllato
funzionalizzandole con particolari molecole in grado di essere
riconosciute selettivamente da alcuni tessuti. In questo modo
aumenta l‟efficacia terapeutica del farmaco e la quantità di farmaco
da iniettare può anche essere ridotta, a tutto vantaggio della salute
del paziente. La risorsa fondamentale di questa pratica risiede nel
poter agire selettivamente ad esempio solo sulle cellule malate
piuttosto che colpire indiscriminatamente tutte le cellule o i tessuti
circostanti. Ciò è stato reso possibile in primo luogo grazie
all‟analisi e alla comprensione dei meccanismi fisiologici e
biochimici che sono alla base dello sviluppo e della proliferazione di
cellule malate o cancerose.