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INTRODUZIONE
Questo studio di tesi è stato sviluppato presso la ditta Plastidite S.p.A. di Trieste
nel periodo luglio - settembre 2010.
La ditta produce lastre colate in polimetilmetacrilato (PMMA), prevalentemente
lisce, ma anche a finitura satinata o puntinata. Le lastre prodotte possono essere trasparenti,
opacizzate o colorate, in tint a piena o fluor e sc e nti , tra mi te l‟ a gg iunt a , in fa se di preparazione, di opportuni coloranti e additivi.
La produzione attualmente si svolge con metodi tradizionali. Prima
de ll ‟ope ra z ione di c olata il monom e ro ( MMA) liquido viene addensato, in un miscelatore,
tramite l‟a gg iunt a di un granulo metacrilico, realizzato in emulsione, che risulta poi inerte
alla successiva polimerizzazione in vasca per ottenere la lastra rigida. La polimerizzazione,
fortemente esotermica, avviene quindi per via radicalica a catena, evidenziando difficoltà
di controllo termico.
Obiettivo dello studio è stata la ricerca di un metodo affidabile per evitare
l‟util izz o de ll ‟a dde nsante , c on la pr oduz ione di un pr e -polimero stabile di
polimetilmetacrilato. A tal scopo si è quindi polimerizzato il MMA operando il blocco
della polimerizzazione a PMMA ad un certo livello di viscosità, con lo scopo di produrre
una resina stabile, stoccabile in serbatoio per qualche giorno, ed infine utilizzabile per la
colata, in funzione delle esigenze produttive dello stabilimento.
Si sono quindi considerati tempi di pr oduz ione de ll a re sina de ll ‟or dine di un pa io di ore (compatibili con la realtà industriale): gli esperimenti sono stati effettuati variando
sia le quantità che le proporzioni relative degli iniziatori e di nuovi additivi utilizzati, atti al
trasferimento-terminazione di catena. Proprio questi ultimi, attualmente non usati in
produzione, sono stati al centro della ricerca perché in grado di far ottenere un peso
molecolare meno disperso ed un ottimo controllo del calore sviluppato, evitando così
l‟a utoi nne sc o de ll a reazione radicalica.
L o studi o di tesi svi lupp a to ha porta to a ll a possi b il e e li mi na z ione de ll ‟a dd e nsante attualmente utilizzato in produzione con un risparmio economico netto relativo sia al costo
de ll ‟a dde nsant e stesso , sia al miglioramento qualitativo delle lastre ottenute aventi una
distribuzione dei pesi molecolari molto più omogenea. La preparazione di un pre-polimero
stabile, inoltre, ha permesso di accorciare i tempi del processo con un ulteriore risparmio
energetico ottenuto nel far procedere in vasca una reazione già parzialmente avanzata.
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Negli esperimenti svolti la reazione di pre-polimerizzazione è stata
“ a ddorme ntat a ” , un a vo lt a ra gg iunt o l‟a va nz a m e nto volut o, c on un fo rte e r e pe nti no
abbassamento della temperatura. Si è poi trasferita la resina (pre-polimero) in contenitori a
temperatura ambiente. La resina così stabilizzata è stata quindi utilizzata, dopo un paio di
giorni, per la produzione di piccole lastre, riattivando la polimerizzazione in vasca tramite
c a lore e d e ve ntu a lm e nte un‟ulter iore a gg iunt a di i niz iatori.
Le prove sono state sviluppate in un reattore da laboratorio realizzato ad hoc,
passaggio obbligato per una prima verifica del processo, seguita dal progetto di un
prototipo (impianto pilota) per un successivo scale-up industriale.
L ‟ e labor a to della tesi si sviluppa in due parti principali: una, iniziale, teorica-
introduttiva ed una sperimentale.
Nella prima parte, relativa ai capitoli I-III, si introduce il mondo delle materie
plastiche, con particolare attenzione al polimetilmetacrilato ed alla polimerizzazione a
catena, nella seconda (capitoli IV e V) si descrive dettagliatamente l‟e sper ienz a di
laboratorio con il pe r c or s o svi luppato a ll a r ice r c a de ll ‟obie tt ivo.
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CAP. I : MATERIALI POLIMERICI
I polimeri sono materiali macromolecolari che hanno origine da un ‟unità strutturale
derivante da un monomero. Queste unità possono essere di una o più specie: in questo
secondo caso si parla di copolimeri.
Alcuni polimeri come la cellulosa, la gomma naturale e le resine sono di origine
naturale; la stragrande maggioranza è di origine sintetica, sviluppata a partire dalla fine del
1800 con la prima produzione industriale di celluloide e bakelite.
Le macromolecole possiedono un ampio spettro di proprietà fisiche: sono
caratterizzate da bassi valori di peso specifico, da notevole inerzia chimica e possono
evidenziare modesti carichi di snervamento con grandi allungamenti a rottura. Tutte hanno
un importante limite nelle applicazioni industriali legato alla scarsa resistenza alle alte
temperature.
Una prima classificazione dei polimeri si può effettuare in base alla loro struttura: si
distinguono in polimeri lineari, con unità strutturali legate a formare lunghe catene più o
meno raggomitolate, in polimeri ramificati, quando da una catena principale si dipartono
ramificazioni laterali ed in polimeri reticolati, quando alcune ramificazioni legano
chimicamente più catene.
Le diverse strutture influenzano, naturalmente, le proprietà delle macromolecole:
così, i polimeri lineari (termoplastici) sono solubili in solventi e, a ll ‟ a umenta re de ll a temperatura, tendono a rammollire per poi passare in fase liquida, mentre quelli reticolati
(termoindurenti) sono insolubili e infusibili.
Se le unità strutturali sono tutte uguali si può parlare di omopolimero. La
polimerizzazione però può coinvolgere due o più monomeri diversi: in questo modo si
ottengono i copolimeri.
In genere i polimeri ottenuti da un solo monomero presentano migliori
caratteristiche meccaniche mentre i copolimeri sono più fluidi e malleabili negli stampi ed
ha nno una mi g li or e r e sis t e nz a a ll ‟ur to ed a g li a ge n ti c him ici.
1.1 PESO MOLECOLARE E GRADO DI POLIMERIZZAZIONE
Le caratteristiche dei materiali polimerici sono strettamente legate alla natura del
monomero e al numero di unità monomeriche presenti nelle macromolecole. Si parla al
riguardo di grado di polimerizzazione che rappresenta il numero di monomeri mediamente
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presenti nelle macromolecole; solitamente compreso fra alcune centinaia e alcune migliaia
di unità.
Si parla altresì di peso molecolare medio delle macromolecole, che è
semplicemente il prodotto del grado di polimerizzazione per il peso molecolare del singolo
mero.
Nel caso dei polimeri la peculiarità è rappresentata dal fatto che si tratta di sistemi
eterogenei dal punto di vista delle lunghezze di catena e ciò si riflette in una non
omogeneità dei pesi molecolari; per questa ragione è necessario impiegare funzioni o
grandezze statistiche per descrivere la distribuzione dei pesi molecolari.
È allora frequente ricorrere a valori medi del peso molecolare, che sono in realtà
punti singoli della funzione di distribuzione. Vi sono due principali tipi di peso molecolare
medio: numerico e ponderale.
Il peso medio numerico si ottiene dividendo il peso totale di tutte le molecole
polimeriche di un campione per il numero totale di molecole, ovvero come sommatoria dei
pesi molecolari delle singole molecole (M
i
) moltiplicate per la loro frazione molare (x
i
):
i i n
M x M (1.1)
Il peso medio ponderale, invece, tiene conto del fatto che molecole più lunghe
hanno un maggior peso sulla quantità di massa totale e si calcola come sommatoria dei pesi
molecolari delle singole molecole (M
i
) moltiplicate per la loro frazione ponderale (w
i
):
i i w
M w M (1.2)
Nessuno dei pesi molecolari medi considerati, preso singolarmente, è completo.
Normalmente la cosa migliore è cercare di conoscere la distribuzione del peso molecolare.
Esistono diverse rappresentazioni della distribuzione delle masse molecolari. Nel
grafico di figura 1, ad esempio, si riportano i valori dei pesi molecolari in funzione della
frazione in peso data dal rapporto:
dM
dW
peso in Frazione
in cui dW = massa della frazione di peso molecolare fra M e M+dM.
Il peso medio ponderale è sempre maggiore di quello numerico (vedi figura 1.1).
Quale indice di eterogeneità rispetto il peso molecolare medio viene utilizzato il rapporto
tra peso molecolare medio ponderale e numerico, che prende il nome di polidispersità:
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Polidispersità
n
w
M
M
(1.3)
Statisticamente, per molti processi di polimerizzazione, il rapporto tende a 2
Figura 1.1: Distribuzione dei pesi molecolari di un polimero
Per le strutture reticolari non esiste una misura monodimensionale significativa
della lunghezza. Per le strutture lineari ci sono due parametri: la lunghezza quadratica
media e la lunghezza estesa
[1]
.
La lunghezza quadratica media rappresenta la lunghezza effettiva della molecola
lineare come si presenterebbe nel solido polimerico:
m l L (1.4)
dove l è la lunghezza di un singolo legame nello scheletro della catena
de ll ‟idr oc a rbu ro e d m è il numero di legami.
La lunghezza estesa è una lunghezza ipotetica, che si ottiene immaginando di
e stende r e la mol e c ola ne l modo più li ne a re possi bil e (se nz a la dist or sion e de ll ‟a n g olo di legame, pari a 109.5° per una catena lineare):
2
5 , 109
sin l m L
est
(1.5)
Og ni a tom o può ruota re li be ra mente a tt or no a ll ‟a ng olo di leg a m e : il risult a to è una configurazione molecolare a gomitolo e avvolta (vedi figura 1.2).
Mn Mw P. Molecolare
Frazione in peso
Mn Mw P. Molecolare
Frazione in peso
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Figura 1.2: Angolo di legame e conformazione di catena di un polimero
Un altro importante parametro per i polimeri termoplastici che vengono elaborati
allo stato fluido è il comportamento reologico, che a sua volta è strettamente legato al
grado di polimerizzazione.
A molecole corte corrisponde un assetto ordinato allo stato solido, una temperatura
di fusione netta e un liquido molto mobile. A molecole di media lunghezza corrisponde un
solido meno ordinato, un modesto intervallo per la fusione e un liquido viscoso; a molecole
molto lunghe corrisponde un solido largamente amorfo, un ampio intervallo per la fusione
e la formazione, ad alta temperatura, di un prodotto gommoso, difficile da formare
[2]
(vedi
figura 1.3).
Figura 1.3: Comportamento reologico in funzione del grado di polimerizzazione
7
1.2 POLIMERI AMORFI E CRISTALLINI
La struttura di un polimero dipende anche dalle condizioni di solidificazione. Allo
stato fuso le macromolecole hanno forma disordinata e si muovono continuamente
a ll ‟inte rno di una fa s e c he è isot ropa e a morf a . Al dim inui re de ll a tempe ra tur a l e
macromolecole tendono a raggiungere una configurazione di minima energia, associandosi
in fasci che vengono inglobati in una matrice amorfa di macromolecole disordinate.
Normalmente i polimeri si ripiegano su se stessi dopo essersi allungati per brevi
tratti; diversi spezzoni si dispongono parallelamente tra loro favoriti dalla possibilità di
connessioni intermolecolari. Si vengono così a formare le cosiddette lamelle cristalline,
interconnesse da qua lch e mol e c ola “ lac c io”
[2]
(vedi figura 1.4).
Figura 1.4: Struttura lamellare di un polimero
Variando le modalità di raffreddamento di un polimero fuso si sviluppano nuclei di
cristallizzazione dai quali crescono, in direzione radiale, nastri di lamelle che alla fine
formano aggregati di forma sferica dette sferuliti (figura 1.5). Queste hanno diametri
va ria bil i da 10 a 1000 μ m e la loro dimensione non aumenta più quando incontrano altre
sferuliti in fase di crescita; sono tenute insieme da “molecole laccio ” che attraversano la
superficie di contatto. Il loro diametro dipende dalla velocità di nucleazione e influenza le
caratteristiche del polimero; sferuliti grosse, non nucleate, inducono fragilità mentre
sferuliti piccole, nucleate, inducono tenacità.
La deformazione di un polimero semicristallino è spesso accompagnata da una
profonda modificazione della sua struttura. Mediante un carico a trazione si passa da una
struttura a sferuliti indeformate a una struttura di tipo lamellare.
Si formano così le fibre, fasci di catene parallele, con forti proprietà anisotrope:
legami deboli fra catene e forti lungo di esse. Nella struttura di questi materiali sono
8
pr e se nti de i mi c rovolumi , a ll ‟inte rno de i qu a li le mac romolec ole si dis pong ono c on un certo ordine quasi fossero dei cristalli. Questi microvolumi, denominati cristalliti, sono
disper si in una m a trice a morf a e h a nno dim e nsi oni de ll ‟or dine di 100 Å , ovve ro di 10
-6
cm
[2]
. La frazione di polimero che si trova allo stato ordinato prende il nome di grado di
cristallinità.
Figura 1.5: Rappresentazione di una Sferulite
Sottoposti a stiramento a freddo i polimeri mostrano un aumento del grado di
cristallinità e un orientamento dei cristalliti parallelo alla direzione di sollecitazione.
All‟a umenta r e de ll a c ristalli nit à in un polimero aumentano la resistenza meccanica,
la temperatura di impiego, la densità.
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1.3 COMPORTAMENTO DI UN POLIMERO CON LA TEMPERATURA
Coefficiente di espansione termica lineare
[1]
I ndic a l‟a um e nto (dL) che si ha, con il crescere della temperatura (dT), della
dimensione complessiva (L) del materiale in una determinata direzione e viene espresso
come:
dT
dL
L
1
(1.6)
I polimeri hanno dei coefficienti alti rispetto ai metalli, e ancor di più rispetto ai
materiali ceramici o ai vetri, perché hanno delle energie di legame meno elevate. Quindi,
un aumento della temperatura porta ad una maggiore vibrazione termica degli atomi e ad
un incremento della distanza di separazione media degli atomi adiacenti.
Conduttività termica
[1]
Esprime la ve locità di t ra sfe rimen to di c a lore a tt ra ve rso un‟a re a a c a us a di un
gradiente di temperatura. La conduzione del calore nei materiali interessa due meccanismi
primari: le vibrazioni atomiche e la conduzione degli elettroni liberi.
I polimeri essendo, in genere, elettricamente neutri possono condurre meno il calore
rispetto altri materiali come i metalli. Le vibrazioni atomiche, che sono la sorgente
prevalente di conduzione termica nei polimeri, hanno più facilità di propagarsi in una
struttura più ordinata, più cristallina, rispetto ad una amorfa anche della stessa
composizione.
Calore specifico C
p
[1]
È definito come la quantità di calore, a pressione costante, da fornire ad un grammo
di sostanza per innalzarne la temperatura di un K.
Generalmente i polimeri non sono dei buoni conduttori termici rispetto ad altri
materiali, come i metalli, e quindi hanno calori specifici più elevati.
Temperatura di transizione vetrosa- temperatura di fusione
[3]
Il calore specifico di un polimero termoplastico, amorfo o semicristallino, per una
continua somministrazione di calore, subisce un improvviso aumento in corrispondenza di
una temperatura, caratteristica per ogni macromolecola, denominata temperatura di
transizione vetrosa, T
g
. Il coefficiente di espansione termica sotto T
g
è paragonabile a
quello di un solido
cristallino, sopra T
g
a quello di un liquido.