5
attraverso lo stesso strumento (il computer). La convergenza al digitale rende possibile una
integrazione strettissima e totalmente inedita fra codici e linguaggi estremamente lontani tra
loro. Questo processo non è da considerare come il frutto automatico di un mero progresso
tecnologico; dal momento che esso coinvolge direttamente i modi di rappresentare, scambiare
e organizzare l'informazione, la rivoluzione digitale non va intesa come una semplice
riformulazione in un linguaggio nuovo di una realtà preesistente: ha forme nuove rese
possibili dalla tecnologia, ma è frutto di scelte che non sono né unicamente né principalmente
tecnologiche.
Ed infatti a sua volta la convergenza tecnologica ha dato vita a quel fenomeno, che avremo
modo trattare nel corso di questo lavoro, di convergenza economica2, in forza del quale
operatori tradizionalmente appartenenti a settori ben distinti dell‟universo della
comunicazione si sono ritrovati a competere tra loro.
E‟ logico quindi che tali cambiamenti di natura tecnologica, sociale prima ancora che
economica, ha comunque determinato dal lato delle aziende, specialmente appunto per quelle
operanti nella comunicazione, la necessità di ripensare il proprio modello di affari in relazione
al mutato contesto ambientale. Percorso sicuramente complesso, soprattutto perché nella stra
grande maggioranza di imprese ciò significa ripensare strutture di business consolidate in
decenni; tuttavia, la sopravvivenza di queste aziende non può prescindere dal confronto con la
rivoluzione digitale e le relative conseguenze in termini operativi, rivoluzione che porta sì
vantaggi ed opportunità, ma che deve essere affrontata con cautela da parte del management
delle aziende, date le scarse conoscenze relative ai nuovi business.
Ed in particolare vogliamo, in questo lavoro, analizzare l‟impatto che hanno avuto, e che
probabilmente avranno, le nuove tecnologie sul comparto televisivo, cercando quindi di
capire quali orientamenti strategici sono stati attuati dai grandi player (in particolare Rai,
Mediaset e Telecom Italia Media) in risposta alle mutate condizioni ambientali.
2
Accezione mediante il quale si indica la modifica delle strategie delle imprese, conseguente appunto alle
innovazioni citate, con riferimento all’estensione del perimetro di operativit{ delle stesse nei settori
contigui a quello originariamente occupato, sperimentando modelli di business differenziati ed
assumendo profili organizzativi nuovi. In particolare cfr. STAZI, Mercati Emergenti fra Convergenza
Tecnologica e Concorrenza, Giuffrè, 2006
6
Il percorso che vogliamo provare a tracciare riguarda sostanzialmente la fruizione di contenuti
televisivi e come questa cambierà nel corso del tempo, per effetto delle innovazioni enunciate
poco sopra. A tal riguardo, secondo la nostra visione, individuabile essenzialmente due macro
fasi, in base alle quali si snoda questo lavoro.
Nel capitolo primo, tuttavia, abbiamo ritenuto importante iniziare proponendo una fotografia
del mercato tv attuale italiano, la cui composizione si articola essenzialmente nelle diverse
modalità di fruizione consentite grazie alla digitalizzazione del segnale, ovvero le cosiddette
tv digitali. Prima però di passare in rassegna queste nuove piattaforme abbiamo ricordato
brevemente la tv analogica, in segno di riconoscenza di questo medium che ci ha
accompagnato dagli anni cinquanta ad oggi e la cui cessazione ha determinato la necessità dei
broadcaster di rinnovare il proprio modello di business, che fino ad allora era “protetto” da
barriere all‟ingresso di natura tecnologica e legale.
Ritornando alle tv digitali, esse si differenziano essenzialmente per l‟apparato di trasmissione;
in particolare abbiamo il digitale terrestre, quello satellitare, la Ip tv e web tv, nonchè la
Mobile tv.
L‟analisi che si è snodata relativamente a queste differenti modalità di offerta dei medesimi
contenuti è servita sostanzialmente a comprendere le caratteristiche tecnologiche di ciascuna
di esse, per cercare di prevedere il loro successo in termini di risposta dal lato domanda, in
relazione appunto alle caratteristiche che questa presentava. Ed invero, come abbiamo avuto
modo di sottolineare abbondantemente nel II capitolo, sono enormemente cambiate
(ovviamente) anche le caratteristiche del consumatore, che è diventato sempre più multi
piattaforma e media multi-tasker,3 nonché sempre più avvezzo alle funzionalità tipiche della
rete, come ( e soprattutto, per il nostro lavoro) la fruizione di audiovisivi.
In questo capitolo ha trovato spazio anche un‟analisi più sociale che strettamente legata
all‟indagine sui media, ma che, come vedremo, ha pesanti ripercussioni sull‟operatività e sulle
strategie dei grandi player media. Ci vogliamo riferire cioè alla pesante fase recessiva che sta
attraversando l‟economia globale e che si riflette negativamente nel comparto media andando
ad incidere in una delle tradizionali fonti di ricavo, ovvero gli introiti pubblicitari. Questi
3
Inteso come quel fenomeno di consumo incrociato di più media, secondo la definizione proposta dallo
studio Media Meshing di Microsoft Advertising.
7
infatti hanno subito una brusca interruzione4, frutto delle crisi economica in primo luogo ma
non solo, determinando quindi la necessità dal lato dell‟offerta di rivedere i propri modelli
d‟offerta per ottemperare alla venuta meno di questa importante voce di ricavo.
A fronte di un contesto così delineato, cerchiamo, sempre nel capitolo II, di capire in che
relazione si pone la tv, tradizionalmente intesa, rispetto alla piattaforma che sta segnando i
nostri tempi, addirittura candidata per il Nobel per la pace, internet e rispetto al digitale
terrestre.
Nell‟immaginario collettivo è diffusa la convinzione che il nuovo web impieghi ben poco
tempo a soppiantare le vecchie tecnologie, anche se vedremo che non necessariamente sarà
così, soprattutto per il forte effetto di integrazione che si può creare tra le due piattaforme,
sostanzialmente diverse tra loro e quindi probabili portatrici di sinergie positive per le
imprese; inoltre, uno dei problemi fondamentali riguardo al business su internet è la difficoltà
che le aziende incontrano nel definire un modello di affari che favorisca adeguati ritorni in
termini economici.
Sempre nel secondo capitolo cercheremo di analizzare quello che potrà essere il futuro nella
fruizione di contenuti televisivi, che secondo noi prevederà un processo di assorbimento da
parte di internet nei confronti della tv tradizionalmente intesa. Questo pensiero si sostanzia in
una visione del futuro in cui i contenuti televisivi saranno veicolati attraverso la rete internet
(secondo l‟attuale modello Ip, anche se la portata del fenomeno richiederà interventi dei
natura strutturale/commerciale non indifferenti). I fondamenti di questa ipotesi risiedono
sostanzialmente nelle immense capacità trasmissive di tale tecnologia (soprattutto anche a
fronte del processo di aggiornamento delle reti, molto dibattuto in questi giorni ma che
porterà all‟adozione totale della banda ultra larga, ancora più efficiente) che si riverberano
anche in termini di servizi che possano essere offerti al consumatore finale.
Dopo aver quindi nel I capitolo ricordato la tv analogica e la fase di spegnimento di tale
tecnologia, con la conseguente rivoluzione sul mercato, soprattutto per quanto riguarda le
modalità di offerta/consumo di audiovisivi e nel secondo aver passato in analisi le tendenze
4
Ad eccezione degli investimenti su internet, che hanno registrato comunque una leggera crescita.
8
del mercato sia lato domanda che offerta, nel III capitolo si è concentrata l‟osservazione dei
broadcaster e delle loro strategie.
In particolare, a fronte dell‟analisi delle principali tendenze del mercato e del comportamento
strategico nel breve termine cercheremo di capire quale via stiano percorrendo i player tv
italiani e come le rispettive offerte si differenzieranno e come andranno quindi ad occupare i
diversi segmenti del mercato.
9
CAPITOLO I: Evoluzione e struttura attuale del mercato tv
italiano
1.1.Breve storia della nascita e sviluppo della tv analogica.
Ai fini della comprensione del presente lavoro può risultare opportuna un‟analisi della nascita
e sviluppo del medium televisivo nel nostro paese, in quanto è da tale momento che iniziano a
delinearsi alcuni fenomeni e tendenze che incidono tuttora sull‟assetto del mercato e dei vari
player.
Questo tipo di analisi può essere raggiunta in maniera più semplificata cercando una
scomposizione della stessa che segua le fase principali dell‟evoluzione del mercato, che a
nostro avviso sono essenzialmente due.
La prima ovviamente coincide con la prima trasmissione ufficiale e quindi con la nascita del
servizio pubblico radiotelevisivo, ovvero con quella fase definita “paleotelevisione”, termine
coniato da Umberto Eco in riferimento alla televisione italiana nel periodo di monopolio dal
1954 fino alla metà degli anni Settanta e che racchiudeva anche la stessa vision che guidava
Rai in quel particolare periodo, dove la condizione di monopolio liberava l‟azienda da
qualsiasi valutazione di preferenza per il pubblico, adottando una strategia comunicativa con
una forte impronta pedagogica ed educativa.
Il secondo momento fondamentale nel percorso evolutivo della tv analogica è da rinvenire
nella nascita della tv commerciale, verificatasi a partire dalla seconda metà degli anni settanta,
che ha determinato la fine del monopolio Rai. Questa fase è stata definita di “neotelevisione”,
in quanto a determinato lo sviluppo di nuovi modelli di fruizione ed offerta, profondamente
differenti con quelli in vigore precedentemente.
Risulta quindi opportuno passare in rassegna in maniera leggermente più approfondita questi
due momenti storici, che non rappresentano solo delle rivoluzioni nelle abitudini sociali e di
costumi degli italiani ma anche l‟avvento di due player che dominano anche le scene attuali,
le cui caratteristiche in termini prettamente aziendali saranno ampiamente dibattute in altro
capitolo.
10
1.1.1.La nascita e lo sviluppo del servizio pubblico radiotelevisivo
La prima trasmissione televisiva mandata in onda da Rai risale al 3 gennaio 1954, anche se in
verità la prima tappa delle nascita del servizio pubblico avviene nel 1924 con la fondazione
dell‟URI (Unione Radiofonica Italiana), che nel 1928 verrà tramutata in EIAR (Ente Italiano
Audizioni Radiofoniche) ed infine assumerà nel 1944 l‟attuale denominazione RAI (Radio
Audizioni Italiane)5.
Quindi, come detto in precedenza, il servizio pubblico tv nasce ufficialmente il 3 gennaio
1954, con qualche anno di ritardo rispetto agli altri Paesi europei. I primi esperimenti
risalgono al 1933, senza diffusione pubblica. Prima della tv le uniche due fonti
d‟informazione di massa erano radio e cinema.
I costi per la gestione di questo servizio sono notevoli, ecco perché nessun privato, in
un'Europa che ancora si deve riprendere dalla guerra, è in grado di sostenerli6. E‟ dunque per
gli alti costi operativi del sistema analogico che si è venuta a creare una conformazione del
mercato inizialmente di natura monopolistica, in quanto solo lo Stato aveva le risorse per
questo tipo di attività, e in un secondo momento da pochissimi player di grandi dimensioni
che hanno abbracciato un modello di tv commerciale.
Si diceva inoltre che le trasmissioni utilizzavano un bene pubblico (l'aria, l'etere), che non
poteva essere ceduto ai privati.
Nei primi 10 anni di vita gli abbonamenti crescono costantemente mentre nello stesso periodo
il cinema subisce un notevole calo nel numero di biglietti venduti. In ogni casa e ritrovo
pubblico si raccoglie tutto il vicinato per vedere la tv.
A differenza degli Usa, dove la tv nasce subito nel circuito commerciale, per cui non si paga
canone, in Europa diventa invece strumento culturale delle istituzioni pubbliche. Non
essendoci alternativa di scelta, il potere dell‟utente era minimo. D'altra parte il fatto di poter
scegliere tra tanti canali privati commerciali, come appunto negli Usa, solo apparentemente
offre maggiori opportunità.
5
Fonte: www.wikipedia.it
6
Era inoltre convinzione diffusa che poiché le trasmissioni utilizzavano un bene pubblico (aria, etere) non
fosse possibile alienarle a privati.
11
La tv come "servizio pubblico" viene pensata non solo come occasione di "intrattenimento",
ma anche come strumento di "educazione e informazione". Infatti si pensa ch‟essa possa
aiutare a combattere l‟ignoranza derivante dal diffuso analfabetismo; e tutt‟oggi a
connotazione di pubblica utilità è molto forte nell‟azienda, focalizzando fortemente la
gestione di Rai sulle sue finalità culturali.
In tal senso essa contribuisce a creare una lingua nazionale molto più di quanto sia in grado
di fare la scuola. Negli altri Paesi europei invece la tv può già contare su un livello medio di
scolarizzazione.
Nel 1961 nasce il secondo canale. La giornata tv dura quasi 11 ore e la programmazione è
fortemente centrata su cultura innanzitutto, poi informazione e cinema;col termine "cultura"
s‟intende in tv la fiction di tipo teatrale: prosa, lirica, originali tv, racconti e romanzi
sceneggiati (assai pochi i film, i telefilm, i cartoni, anche perché i produttori non vogliono
concedere alla tv i diritti di trasmissione)7.
I film sono sempre introdotti da una breve presentazione; i titoli non sono mai recenti e non
sempre di grande interesse; ma ciò che rende la tv molto popolare è l‟intrattenimento. Il primo
programma che scatena entusiastici consensi è "Lascia o raddoppia?" (che imita un
programma francese). Tra i programmi di maggior successo, "Un due e tre": i comici
Tognazzi e Vianello vengono espulsi dalla Rai per aver preso in giro il Presidente della
Repubblica.
Nel 1961 la trasmissione più seguita resta sempre il tg (70% degli utenti): per anni le notizie
date dai telegiornali appariranno come più attendibili di quelle fornite dai quotidiani, in
quanto il pubblico percepiva le immagini come "verità oggettiva". Sul piano politico la
gestione della Rai è democristiana; la cultura di tendenza è quella umanistica; lo slogan
principale è: "I partiti hanno i giornali, il governo ha la Rai". Fino al 1960 nessun leader di
partito ha mai parlato in tv.
Gli sport più seguiti sono il calcio e il ciclismo.
7
Vengono inseriti in programmazione molti classici letterari, mentre la lirica non riesce ad imporsi,
probabilmente perché non riusciva a riprodurre l’atmosfera teatrale.
12
Negli anni 60 il nostro Paese vive un periodo estremamente florido, che si sostanzia in un
trend sempre crescente nei consumi. Questo aumentato benessere fa aumentare gli abbonati
alla Rai, la quale inoltre beneficia di maggiori introiti derivanti dalla pubblicità. Il monocolore
democristiano, che ha dominato dal 1948, è entrato in crisi e si afferma il centro-sinistra. Di
Sul piano sportivo fino al 1968 si trasmette solo in differita, ma con le Olimpiadi del Messico
inizia la diretta (intercontinentale). Nel Giro d‟Italia compaiono per la prima volta le
telecamere montate sulle motociclette che seguono la corsa.
Nel 1968-69 nasce la contestazione studentesca-operaia. Quotidiani e settimanali si
svecchiano culturalmente, ma la Rai migliora solo sul piano tecnico-professionale. Questo
limite della Rai dipende dalla sua posizione monopolista garantita dallo Stato. La Rai non è in
grado di rappresentare i mutamenti sociali avvenuti nella prima metà degli anni Settanta.
Negli anni 1975-76 avviene la svolta: ha termine il monopolio della Rai, che fino a quel
momento era stato visto come garante del pluralismo culturale. La Rai passa dal controllo
governativo a quello parlamentare. Nascono le emittenti private, prima radiofoniche, poi
televisive. Esse hanno ancora il divieto di andare oltre l‟ambito locale (150.000 ab. come
massimo bacino d‟utenza); questa questione sarà poi profondamente dibattuta in futuro,
quando la nascita e sviluppo delle reti di Berlusconi faranno nascere l‟esigenza di una
regolamentazione diversa.
Nel 1979 nasce anche la terza rete Rai, per dar voce alle Regioni, istituite nel 1970; proprio
per il suo forte legame con il territorio la terza rete sarà quella destinata a soffrire meno dei
cali di audience che hanno caratterizzato e caratterizzano le altre reti del servizio pubblico.
Negli anni Settanta la Rai diventa uno dei maggiori produttori cinematografici del Paese (nel
1975 i film sono 115).
Negli anni Settanta vi è il boom delle emittenti private: da 68 nel 1976 a 600 nel 1981. Il loro
palinsesto arriva alle 24 ore su 24. Per effetto di una legge del 1976 viene concesso ai privati
di possedere emittenti televisive, mentre in buona parte d'Italia arrivano anche i segnali di tv
straniere (Capodistria, Svizzera italiana, Montecarlo).
13
Nella prima metà degli anni Ottanta l'imprenditore Silvio Berlusconi, già fondatore di Canale
5, acquista anche le emittenti Italia 1 e Rete 4, con l'avvallo dei socialisti al governo, e crea il
forte polo privato della Fininvest (oggi Mediaset).
A causa di questa forte concorrenza la Rai subisce una radicale trasformazione: introduce il
colore nel 1977, nel 1981 le ore di trasmissione superano le 19; aumenta notevolmente la
pubblicità, il settore culturale scende superato da quello dello spettacolo; acquisisce dagli Usa
quasi tutti i film e cerca personaggi di sicuro richiamo per l‟intrattenimento.
Nel 1980 un‟emittente privata della Rizzoli fa il primo tentativo di attacco al monopolio
informativo della Rai a livello nazionale. Il tg è diretto da Costanzo. Tuttavia le emittenti
private riescono a diffondersi a livello nazionale grazie allo sport. Nel 1980 Canale 5 può
trasmettere il Mundialito in diretta in Lombardia e in differita nelle altre regioni. Alcune
stazioni della Fininvest vengono oscurate perché trasmettono il tg al di fuori dei loro confini,
ma il governo Craxi glielo permette, seppure tramite cassette pre-registrate.
A Milano nasce l‟Auditel (Rai + private) per il rilevamento dell‟ascolto e per la definizione
dei tariffari pubblicitari8. Per avere più spettatori dei concorrenti e quindi più inserzioni
pubblicitarie, i due colossi Rai e Fininvest acquistano film e telefilm all'estero, producono
costosi spettacoli di varietà, si contendono la trasmissione dei grandi eventi sportivi.
Nel 1987 il 90% della programmazione Fininvest è dedicato allo spettacolo, ma nel 1994 i
palinsesti Rai - Fininvest diventano sostanzialmente analoghi, focalizzando la loro offerta su
contenuti generalisti tali da attirare larghe fasce della popolazione e conseguentemente
investimenti pubblicitari.
8
Per la precisione nasce nel 1984 e risponde alla fondamentale esigenza di misurazione degli ascolti,
imprescindibile per le strategie degli investitori pubblicitari appunto.
14
1.1.2.L’avvento della tv commerciale
La situazione fino alla seconda metà degli anni settanta in Italia era dunque il monopolio
televisivo. Anche nel 1960 la Corte Costituzionale aveva difeso la legittimità della legge che
lo aveva istituito, sulla base della considerazione che le frequenze disponibili sono un numero
limitato e ammettere altre concessioni oltre ad una società di natura pubblica avrebbe portato
al pericolo di un accentramento monopolistico in mani private.
Ci furono alcuni tentativi di rompere questo monopolio. Quello che riuscì a scardinare il
sistema fu quello operato con Telebiella, che decise di trasmettere via cavo. La legge allora
vigente era il Codice Postale del 1936 che proibiva l'utilizzo, senza speciale autorizzazione, di
cavi per un elenco dettagliato di trasmissioni (telefonia, etc.). La televisione, al momento
sconosciuta, non era contemplata.
I fautori del monopolio televisivo avevano una forte componente nel governo allora in carica
che intervenne per bloccare l'esperimento; tuttavia la Corte Costituzionale, con sentenza del
1974, riconobbe che la scarsità delle frequenze via etere non poteva essere invocata per
giustificare il divieto di trasmettere via cavo che pertanto fu ammessa, anche se solo a livello
locale.
Da quel momento si verificherà da un lato un ampio proliferare di tv private di carattere locale
e dall‟altro l‟immobilità dello Stato nel definire una regolamentazione della materia, elemento
che perdurerà per anni.
Un primo tentativo di assestamento del settore avvenne attraverso l'introduzione in Italia di un
istituto diffuso nella televisione commerciale americana: la syndication9. Attraverso questa
strada la Fininvest (poi divenuta Mediaset), assorbendo le fallimentari iniziative di grandi
editori come Mondadori, Rizzoli, Perrone, Caracciolo venne a creare tre reti nazionali Canale
5, Italia 1, Retequattro, che trasmettevano su tutto il territorio nazionale un palinsesto comune
alle tv locali aderenti e con programmi che andavano in onda alla stessa ora. In sostanza,
malgrado l'impedimento alla diretta, erano state create delle vere e proprie reti nazionali
alternative a quelle RAI. L'intervento della magistratura ordinaria decretò tale pratica illegale.
9
Attraverso tale configurazione più televisioni, per tutto o per parte del loro palinsesto, ricorrevano a
programmi confezionati da altre emittenti aderenti al loro sistema.
15
Da qui l'intervento del Governo con il c.d. Decreto Craxi, che autorizzò temporaneamente
l‟interconnessione regionale10, in attesa di una legge che arriverà solo nel 1990 (e che a sua
volta non risolveva il problema della concessione delle frequenze, cosa che avvenne
definitivamente solo nel 1999 e che però riguardava solamente Canale 5 e Italia 1).
Ruolo fondamentale nello sviluppo della tv commerciale è rappresentato quindi dalla
Fininvest, società fondata da Silvio Berlusconi nel 1978 ed inizialmente operante nel
comparto edilizio, di cui risulta interessante seguire in maggior dettaglio le dinamiche di
ingresso e conquista del mercato tv
Dunque, il management del gruppo fiuta subito la possibilità di espandere le proprie attività
nel settore televisivo ed acquista nel medesimo anno della costituzione l‟emittente tv
Telemilano; il modello della tv commerciale viene subito apprezzato dal lato degli
inserzionisti, generando un volume di affari tale da far nascere la necessità della creazione di
una società ad hoc specializzata nella raccoltà pubblicitaria: Publitalia ‟80.
Il 30 settembre 1980 Telemilano si trasforma in Canale 5. A fine 1981 il gruppo ha ormai una
decina di emittenti ed altrettante affiliate.
Nel 1982 la Fininvest controlla almeno una trentina di emittenti su tutto il territorio nazionale.
Nel settembre 1982 Edilio Rusconi cede alla Fininvest la proprietà di Italia 1.
Il 27 agosto 1984 la Fininvest acquista il 50% degli impianti di Retequattro (all'epoca valutati
30 miliardi di lire) ed il magazzino programmi (per 105 miliardi di lire in quattro anni senza
interessi)11. La Fininvest raggiunge una posizione di assoluta preminenza nel settore
dell'emittenza privata. Non solo ha i tre maggiori network, ma controlla - per interposte
persone - anche Tele Capodistria, Odeon Tv e Italia 7, per un totale dell'80% dell'ascolto
televisivo nel settore.
Con le sue tre reti nazionali, la Fininvest inizia a lottare alla pari con la Rai nel mercato
pubblicitario. Nell'anno 1983 le entrate pubblicitarie del gruppo (1.500 miliardi) superano
quelle della Rai (1.365). Nello stesso anno avviene l'acquisto del settimanale TV Sorrisi e
Canzoni, uno dei maggiori periodici italiani di spettacolo e televisione. La tiratura, spinta
dalla tv, passa da 640.000 a 2.200.000 copie.
10
LEONE, SCATASSA Economia e Gestione dei Media, Luiss University Press, 2009
11
Fonte: www.wikipedia.it, su nascita e sviluppo di Retequattro
16
Nel 1985 la Fininvest ottiene dal governo socialista francese l'autorizzazione a trasmettere via
etere. Nasce la società «France Cinq» (40% Berlusconi, 60% a una cordata di media francesi).
L'anno dopo comincia a trasmettere La Cinq, prima emittente televisiva privata non a
pagamento in Francia. Ma il nuovo governo formato dal partito neo-gollista (liberale, ma
ostile a Silvio Berlusconi) limita gli spazi di libertà nella programmazione del palinsesto,
mettendo subito in difficoltà la rete. La Fininvest scende al 25% della società.
Nel 1988 nasce Tele Fünf in Germania (anche questa cesserà di esistere nel '92) e
nel 1990 Telecinco in Spagna (ancora attiva e tuttora delle maggiori reti televisive iberiche).
In Italia, nel 1987, anno in cui cominciano le rilevazioni dell'Auditel, Publitalia 80 controlla il
62% della pubblicità televisiva nazionale.
Nel 1988 la Fininvest acquisisce Tele Capodistria, per poter trasmettere eventi sportivi in
diretta sul territorio nazionale.
Nel 1990 la “legge Mammì”12 sulla regolamentazione del settore televisivo sancisce la
spartizione dell'etere tra Rai e Fininvest.
Caso particolare è quello di Retequattro, che ha operato sempre in regime di assegnazione di
frequenze provvisorie e mai ottenuto una regolamentazione definitiva, richiedendo
l‟intervento sia della Corte Costituzionale italiana che della Corte di Giustizia europea;
particolarmente aspro fu il contrasto con l‟emittente Europa 7, che vinse l‟assegnazione delle
frequenze nel 1999 ma di fatto non operò mai su scala nazionale, in quanto si preferì
salvaguardare l‟utenza di Retequattro.. La società “Telepiù”, di cui la Fininvest è azionista,
ottiene tre concessioni televisive per una piattaforma televisiva a pagamento in
progetto, TELE+. Poco dopo deve cedere la partecipazione. La nuova legge, infatti, consente
allo stesso soggetto di possedere fino a un massimo del 25% delle emittenti sul mercato. La
Fininvest, che ha già tre reti su 12, cede la sua quota in Telepiù. Nel 1991 la holding finirà
sotto inchiesta per accertare che abbia lasciato definitivamente ogni partecipazione in Telepiù.
Nel 1996 Fininvest scorpora le attività televisive dal resto e fonda Mediaset, in cui fa
confluire i 3 canali televisivi terrestri italiani. Sei anni dopo anche Telecinco diventa parte
integrante del gruppo.
12
Prima legge organica che l’Italia ha avuto in materia radio-televisiva, in recepimento della direttiva
europea Tv senza frontiere del 1989.
17
Nell‟ambito del percorso di diversificazione del gruppo riteniamo opportuno indicare ancora
che nel 1986 Silvio Berlusconi acquista la società calcistica Milan.
Nel 1988 Fininvest acquisisce da Montedison uno dei più grandi GDO italiani, la Standa, (poi
ceduta nel 1997).
Agli inizi degli anni novanta entra nel settore dei parchi di divertimento partecipando alla
costruzione di Mirabilandia che aprirà nel 1992, l'impresa tuttavia non riesce e a causa
dell'insuccesso il parco viene ceduto nel 1997 ad investitori tedeschi. Nel 1995 entra nel
settore della produzione e distribuzione cinematografica con Medusa film (poi confluita in
Mediaset nel 2007).
Nel 1996 il Gruppo entra anche nel settore delle directory distribuendo la prima edizione
di Pagine Utili (poi ceduta nel 2008).
Nel 2007 Fininvest rileva una quota del 1% di Mediobanca, per poi passare al 2% nel 2008.
Analizzare questo percorso strategico aiuta a comprendere la reale rilevanza del gruppo di
Berlusconi, che attraverso l‟intuizione della tv commerciale è riuscito a creare un colosso
capace di fronteggiare sul mercato il servizio pubblico nazionale, andando di fatto a costituire
un duopolio che per lungo tempo ha caratterizzato l‟offerta tv in Italia.
Merita infine solo un accenno in questa sezione del lavoro (rimandando anche in questo caso
a più avanti per una più puntuale trattazione per ciò che attiene gli aspetti più precisamente
economico-aziendali) la presenza di un altro operatore presente nel FTA nazionale e
rappresentato dal gruppo Telecom Italia Media13.
Finora quindi siamo di fronte ad un mercato in cui si rileva innanzitutto un alto grado di
arretratezza dal lato delle infrastrutture di telecomunicazioni a banda larga (che avrebbero
permesso la trasmissione di segnali digitali a costi sicuramente più accessibili anche per le
medie imprese), che ha determinato quindi lo sviluppo di pochissimi operatori di grandi
dimensioni, gli unici capaci di sostenere i costi di trasmissione del segnale analogico. Di
conseguenza anche il modello di business di tali player è stato impostato sulla trasmissione
13
Società controllata da Telecom Italia e che si è intromessa nel duopolio Rai-Mediaset con le emittenti
La7 ed Mtv Italia.
18
gratuita di programmi generalisti, volti ad ottenere il massimo ascolto possibile in ogni fascia
e finanziati (in tutto o in parte) dalla pubblicità.
Il duopolio determinato dalla tv analogica è comunque sostanzialmente terminato, grazie alla
diffusione del segnale digitale che consente un accesso agli impianti di trasmissione molto più
vantaggioso rispetto al precedente, sancendo il passaggio della fase della “neotelevisione” alla
“digitelevisione”14.
14
LEONE, SCATASSA Economia e Gestione dei Media, Luiss University Press, 2009