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INTRODUZIONE
Il presente elaborato sul Disturbo delirante di tipo geloso, nuova categoria
diagnostica apparsa nel DSM-IV TR (2000), viene presentato con la sola
pretesa di porre l'attenzione su alcuni tra i suoi molteplici aspetti.
Il primo capitolo è stato suddiviso in due parti, nella prima verrà affrontato il
concetto di gelosia, il nostro intento è quello di porre in rilievo come la gelosia
che in sé, è il contenuto di un'esperienza, possa declinarsi secondo linee
normali o patologiche. Già nella concezione di Freud (1921) come vedremo,
questo stato affettivo, venne descritto come una progressione che va dalla
gelosia normale o competitiva, alla proiettiva, giungendo alla forma patologica
della gelosia delirante. Il nostro destino è segnato dal tradimento dell'altro, sin
dalla nascita con la cesura del parto, e poi dalla triangolazione edipica; nella
gelosia possiamo dunque rintracciare antiche angosce. Nel trattare la sua
origine porremo l'accento sulla gelosia come prodotto culturale. A tal riguardo
faremo riferimento alla gruppoanalisi, la quale in particolare, esplica come essa
sia prodotto dalla e della cultura in cui il soggetto è inserito. Porteremo a
riprova alcune ricerche le quali hanno evidenziato come la gelosia abbia una
base biologica che viene condizionata da fattori sociali e culturali, tanto da
potersi studiare come un fenomeno socialmente determinato così come afferma
la D'Urso (1995). La trattazione terminerà con la descrizione della
triangolazione amorosa, dell'ambivalenza dei sentimenti che la caratterizzano,
la quale necessita della presenza di tre attori: il geloso, la persona amata e il
rivale. Come Phillips (1996, p.104) afferma “la coppia è una resistenza
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accanita all'intrusione di terzi[...] In due si sta insieme, ma per fare una coppia
bisogna essere in tre”.
Nella seconda parte affronteremo il tema del delirio, che nell'uso del linguaggio
comune viene indicato come sinonimo di follia, in quanto nel delirio più che in
ogni altra forma di psicopatologia si avverte una frattura con l'esperienza delle
persone normali, chi delira è incomprensibile. Il nostro intento sarà quello di
trattare il delirio come un sintomo; un modo distorto di pensare; un disturbo del
contenuto del pensiero; un rilevante perturbamento dello stato psichico
duraturo o transitorio; una perdita delle delimitazioni tra realtà esterna e
interna; una verità doppiamente privata. Di elencare le diverse forme di delirio
le quali si differenziano in relazione alla loro comprensibilità,
all'organizzazione, ai meccanismi, allo stato di coscienza e al contenuto. A tal
proposito faremo riferimento a Lorenzini e Sassaroli i quali hanno sottolineato
come il contenuto del delirio permetta di differenziare il delirio sull'identità da
quello sulle relazioni oggettuali, tra quest'ultimi si annovera il delirio di gelosia.
Ma anche indicare come al delirio si giunga lungo un percorso, possibile, di
ingresso definito whanstimmung, specifica condizione delineata da Karl Jaspers
come stato d'animo, atmosfera o umore delirante, che sconfina poi
nell'esperienza di fine del mondo che Borgna (2006) definisce come “atmosfera
di insicurezza che rinvia alla precarietà e alla in-defnizione di ogni relazione di
senso”. Come il delirio emerga in modo del tutto simile ad una scoperta nella
vita del soggetto permettendogli di dare ordine al caos che lo avvolge, che
scompone e disperde le sue certezze, come possa un'idea fittizia condizionare la
lettura della realtà riferendo al concetto di Heidegger di sguardo preliminare. Ci
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porremo l'inerrogativo sulla netta separazione e sui punti di comunicazione
esistenti tra la dimensione della normalità e del delirio, ricordando come anche
illustri uomini di scienza, come il premio nobel John Nash, testimoniano della
netta similitudine in cui affiorano le idee deliranti e le idee che definiremo
normali.
Nel secondo capitolo verrà affrontato il tema sul Disturbo delirante di tipo
geloso, partiremo dal contributo di de Clérambault, psichiatra francese dei
primi del Novecento, sulle psicosi passionali, con le quali indicava le
condizioni psicotiche caratterizzate da deliri, che si sviluppano nell'ordine,
nella coerenza, chiarezza e plausibilità. Dai suoi quattro criteri, qualitativi e
quantitativi, per definire i passaggi che portano una comune esperienza
passionale ad assumere valenze psicopatologiche. Fino a giungere all'attuale
classificazione nel DSM-IV TR (2000) sull'Asse I, del Disturbo delirante di
tipo geloso, sottotipo del Disturbo delirante, che si caratterizza per la
convinzione del soggetto dell'infedeltà sessuale ed emotiva del proprio coniuge
o amante. Faremo riferimento alla recente ricerca condotta nel 2008 da Easton,
Shackelford e Schipper sull'adeguatezza dei criteri diagnostici del DSM-IV TR
per il disturbo delirante di tipo geloso. Cercheremo di delineare la personalità
di chi è affetto da delirio di gelosia, mettendo in evidenza il significato che
assume questo delirio per autori come Lacan, il quale lo indica come forma di
auto-punizione, di castigo inconsciamente desiderato, le cui idee deliranti
hanno un valore di auto-accusa, o ancora sul contributo apportato da Racamier
in relazione all'angoscia di annientamento da cui il paranoico cerca di
proteggersi. Infine faremo accenno ad alcuni tra i principali esponenti della
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teoria delle relazioni oggettuali, che permettono di porre enfasi sulle relazioni
mente-corpo, e dall'altro tra organismo mente-corpo e l'oggetto Sé-Altro,
oggetto che media il rapporto col mondo, che viene vissuto, desiderato e
pensato, che viene interiorizzato, che sostiene la costruzione della personalità
individuale.
Nel terzo capitolo per concludere il nostro percorso daremo uno sguardo al
trattamento più indicato, il quale prevede un intervento integrato di una terapia
farmacologica, terapia familiare congiunta dopo la remissione dei sintomi e di
una terapia indivuale, la quale rappresenta una grande sfida per il terapeuta.
Sottolineando la necessità di una psicoterapia di sostegno e l'attualità della
teorizzazione di Winnicott (1945) sullo sviluppo emotivo primario, e che il fine
ultimo del lavoro psicoterapeutico come sostiene Gabbard (2007) consiste
nell'aiutare il paziente a spostare la percezione dell'origine dei problemi da una
fonte esterna ad una interna. Inoltre della necessità di fornire al partner della
persona gelosa delle fonti di sostegno sociale, una rete di sicurezza nel caso in
cui la situazione diventi insostenibile. Riporteremo anche un contributo di
ricerca di Dazzi e Pedrabissi (2004) sulla gelosia patologica di tipo non
psicotico, per tracciare la direzione verso cui vanno le ricerche.
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CAPITOLO PRIMO
NORMALE GELOSIA O DELIRIO DI GELOSIA?
PARTE I: LA GELOSIA
1.1. La gelosia tra emozione e sentimento
Il termine gelosia, deriva da geloso latino medievale zelusus (pieno di zelo),
che a sua volta deriva dal greco zêlos che stava ad indicare emulazione, invidia,
rivalità. Nel dizionario si definisce gelosia lo stato d'animo proprio di chi, a
torto o ragione, dubita dell'amore, della fedeltà della persona amata, o sa di
averne ormai perduto i favori a vantaggio di un più fortunato rivale, o ancora
invidia, rivalità generata da preferenze presunte o reali, zelo, cura scrupolosa.
Nonostante l’etimologia del termine possa aiutarci ad inquadrare la gelosia
entro un ambito di senso piuttosto definito, darne una definizione ben precisa
risulta un’impresa tutt’altro che semplice.1 Infatti, è difficile stabilire se
parlarne come di un’emozione o come di un sentimento. Si definisce emozione
uno stato mentale e fisiologico associato a modificazioni psicofisiologiche a
stimoli naturali o appresi, le emozioni rivestono una funzione relazionale
(comunicazione agli altri delle proprie reazioni psicofisiologiche) e una
funzione autoregolativa (comprensione delle proprie modificazioni
psicofisiologiche), differenziandosi così dai sentimenti e dagli stati d'animo.
Per sentimento si intende, generalmente, la capacità di provare sensazioni ed
emozioni in modo consapevole, esso si presenta con minore intensità ma
1
Francesco Albanese "La Gelosia" disponibile all'indirizzo http://www.psicolab.net/2006/la-
gelosia/
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maggiore durata rispetto alle emozioni. Secondo il neurologo Antonio R.
Damasio (1995) se si può parlare di differenze tra emozioni e sentimenti,
queste sarebbero più qualitative. Probabilmente è più giusto trattare la gelosia
come un’emozione quando si presenta in circostanze precise ed in modo
brusco, accompagnata da un insieme di sistematiche tendenze all’azione e da
modificazioni psicofisiologiche anche lievi, e parlarne invece come di un
sentimento quando questo stato emotivo si stabilizza e viene facilmente
evocato anche solo da minimi eventi esterni o rappresentazioni mentali auto-
generate, dunque quando questo pervasivo e complesso stato affettivo-
cognitivo occupa gran parte del vissuto (D’Urso e Trentin, 2001). La teoria di
gran lunga più autorevole sulla gelosia la considera una emozione atavica e non
semplicemente istintiva, non è solo un'emozione ereditata dai nostri antenati, i
primati, ma è caratterizzata da una forza irrazionale, barbara e distruttiva (van
Sommers, 1993). Non è solo insita nella natura umana, ma è un'emozione
fondamentale e molto diffusa che pervade ogni aspetto dei rapporti umani. La
sua origine va ricercata nel passato dell'umanità e la sua forza non diminuisce
col progressivo sviluppo culturale, è una manifestazione in grande misura
autonoma, un'unità psicologica indipendente che si presenta sotto un 'enorme
varietà di aspetti (Boris Sokoloff, 1948, in van Sommers, 1993). Possiamo
distinguere le emozioni in tre diversi tipi:
1. emozioni fondamentali
2. emozioni cognitive
3. emozioni esperenziali
Le emozioni fondamentali (o emozioni elementari) sono processi di tipo