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INTRODUZIONE
L’autismo è una realtà concreta e direttamente esperibile che ha cambiato la mia vita,
ribaltando la mia prospettiva rispetto al mondo e al modo di relazionarmi con le
persone; tali consapevolezze mi hanno spinto ad occuparmi di questa tematica
affascinante e allo stesso tempo complessa poiché parlare di autismo ed occuparsene in
maniera concreta sono due passi ben distinti da compiere per poter comprendere
appieno che tipo di mondo e modo di percepire ogni stimolo si nasconde dietro alla
corazza, spesso impenetrabile (anche se solo in apparenza) dei soggetti con Sindrome
Autistica. Il mio “Viaggio dentro all’Autismo” comincia con la conoscenza di una
persona con la Sindrome di Asperger: il mio Amico Gabriele. La nostra amicizia si è
consolidata con il tempo e con fatica, poiché l’incontro tra un Neurotipico e un
Neurodiverso non è mai facile, a causa del diverso approccio alle situazioni di vita e alle
modalità di relazione; stringere una relazione di amicizia con una persona Neurodiversa
è però anche stimolante e sorprendente specialmente per un particolare (che ha catturato
la mia attenzione): una situazione o un evento analizzato da un Neurodiverso può
fornire ad un Neurotipico una fotografia diversa della realtà, invitando a riflettere e a
focalizzarsi su elementi che vengono a volte tralasciati o non considerati. Infatti, il
percorso del pensiero Neurodiverso si basa su una rigida e razionale selezione di
elementi che compongono una situazione oggettiva; tale selezione focalizza l’attenzione
su elementi che normalmente tutti noi tralasciamo, restituendo quindi una visione di un
evento in una prospettiva diversa. Tale prospettiva, se ben compresa e valutata, aiuta a
migliorare la modalità di pensiero Neurotipica, completando il mosaico con i pezzi
mancanti. A sua volta anche un soggetto Neurotipico può fornire alla persona
Neurodiversa elementi non considerati sulle situazioni attraverso il confronto e
l’interazione; infatti, il feedback su un evento, se restituito nella modalità adeguata, può
aiutare un soggetto Neurodiverso ad acquisire nuovi elementi e a valutare le situazioni
in una prospettiva nuova e più ampia. Esiste quindi una complementarietà tra la
modalità di pensiero neuro tipica e neuro diversa ed è proprio questo punto di contatto
che unisce due mondi diversi ma affini, accostando sinonimi e contrari in maniera
omogenea e mai dissonante. L’importante è imparare a sentire, ad osservare, rispettare e
cogliere il nuovo e il diverso da sé. L’oggetto della mia tesi parte proprio dall’elemento
innovativo fornito dalla mente Neurodiversa: tale elemento, se compreso e valorizzato,
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può essere uno strumento attivo e catalizzante soprattutto in ambito lavorativo, dove le
potenzialità dei soggetti autistici non sono valutate e sviluppate a dovere. Pertanto nel
corso di questa tesi, illustrerò come sia possibile inserire un soggetto Asperger nel
contesto lavorativo, valutando le problematiche e le concrete possibilità di adattamento
di questi soggetti, attraverso un importante e fondamentale intervento di Counselling;
esso risulta importante non solo per il soggetto Asperger, ma soprattutto per le Aziende
che intendono inserire una risorsa innovativa che può apportare stile e originalità
all’attività produttiva. Questo perché è fondamentale rammentare che quando si
inserisce un soggetto Neurodiverso si ha a che fare con un essere umano dotato di
sentimenti e personalità, il quale deve relazionarsi ed amalgamarsi con un gruppo di
lavoro, formato a sua volta da esseri umani con sentimenti e propria personalità. Lo
scopo è quindi essere quello di creare un cambiamento positivo all’interno di un sistema
lavorativo, rispettando primariamente l’individualità delle persone e centrando gli
obbiettivi sia di inserimento lavorativo, sia per ciò che concerne gli obbiettivi aziendali
che portano alla scelta mirata di assumere una risorsa con Autismo. Nel primo capitolo
sono descritte le origini storiche e le valutazioni cliniche basate sul saggio scritto da
Asperger nel 1943 e il raffronto con le osservazioni fatte da Leo Kanner nello stesso
anno su soggetti con caratteristiche simili ma allo stesso tempo con un livello cognitivo
e linguistico più difficoltoso rispetto ai piccoli pazienti di Hans Asperger; il capitolo
illustra anche l’odierna declinazione della sindrome di Asperger e la sua esclusione
dalla classificazione diagnostica. Nel secondo capitolo è illustrata la difficoltà dei
soggetti con Sindrome di Asperger nella ricerca di lavoro, illustrando le criticità che essi
incontrano nella scelta del percorso lavorativo. È inoltre illustrato il Progetto Start
Autismo sottolineandone le peculiarità e l’importanza per il supporto ai soggetti con
autismo. Nel terzo capitolo sono illustrate le difficoltà sensoriali dei soggetti neuro
diversi e della necessità di adattare l’ambiente lavorativo, le mansioni e le relazioni
sociali al soggetto; inoltre sono esplicati gli interventi che possono essere messi in atto
per facilitare l’inserimento e l’apprendimento di nuovi compiti e le modalità di
adattamento del gruppo di lavoro esistente all’inserimento della nuova risorsa. Vengono
esplicitate anche le eventuali criticità che possono presentarsi nel processo di
adattamento non solo del soggetto con Sindrome di Asperger al nuovo ambiente
lavorativo, ma anche del gruppo di lavoro.
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CAPITOLO 1- ORIGINI DELLA SINDROME DI ASPERGER
Le due pietre miliari riguardo alle origini degli studi sull’autismo sono rappresentate dai
contributi forniti da Leo Kanner e Hans Asperger; entrambi scrivono e pubblicano i loro
saggi nel 1943, fornendoci un’importante testimonianza scientifica riguardo ad una
specifica categoria di bambini considerati “impossibili”. Nello specifico, Leo Kanner
pubblica il suo saggio “Autistic Disturbances of Affective Contact” nell’anno 1943
all’interno del “Journal Nervous Child” (Kanner, 1943), introducendo così i primi
elementi per il riconoscimento e la successiva classificazione della patologia autistica.
Nello stesso anno Hans Asperger scrive il suo testo “Die Autistischen Psychopathen im
Kindesalter”, datato 8 Ottobre 1943, ma pubblicato poi nel 1944 sul numero 117 della
rivista tedesca “Archiv fur Psichiatrie und Nervenkrankheiten“ (Asperger, 1943).
Entrambi i documenti forniscono un’importante fotografia clinica della patologia
autistica, tuttavia, nel corso degli anni successivi, si è identificato con il saggio di Leo
Kanner l’inizio degli studi dell’autismo a livello più globale, mentre il testo di Hans
Asperger identificava soggetti sempre con tratti marcatamente autistici, ma che si
differenziavano dai bambini esaminati da Leo Kanner per un QI integro (nella maggior
parte dei casi) o sopra la media e per una produzione linguista spesso normale e
particolarmente ricca (Asperger, 1943). Il testo scritto da Hans Asperger è, in realtà, la
tesi dello stesso autore per l’esame di abilitazione alla docenza sostenuto nel 1943
presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Vienna (Asperger, 2003). Rispetto a
Leo Kanner, Hans Asperger utilizza un approccio diverso all’osservazione e descrizione
della sintomatologia della patologia osservata: il primo utilizza un approccio scientifico
e prettamente descrittivo, improntato più all’esposizione dei casi e della loro evidenza
clinica; il secondo, invece, non solo fornisce una descrizione esaustiva dei casi
osservati, ma rende nota anche la modalità di intervento utilizzata per aiutare i bambini
da lui citati a raggiungere un migliore livello di integrazione ed autonomia. Questa
sostanziale differenza tra i due autori, è riconducibile all’utilizzo da parte di Hans
Asperger della Pedagogia curativa (Nardocci, 2003) che egli trasforma in una pratica
ospedaliera concreta, coinvolgendo vari collaboratori, con lo scopo non solo di
osservare i bambini presi in carico, ma aiutandoli con attività che potessero stimolare le
loro potenzialità e far maturare le loro risorse sociali, istituendo anche collaborazioni
con le scuole per poter fornire ai bambini un percorso educativo oltre che terapeutico
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(Nardocci, 2003). Infatti, Hans Asperger, sosteneva che la comprensione della patologia
autistica e il conseguente intervento, dovevano essere elementi inquadrati in una cornice
di visione globale del bambino nella quale era presente una rete di contatti non solo con
la famiglia, ma anche con le istituzioni scolastiche per poter creare, durante il periodo di
degenza del bambino all’interno dell’ospedale ma anche dopo il suo reinserimento
nell’ambiente sociale, degli interventi creati “su misura” (Nardocci, 2003); in questo
senso Asperger considera l’importanza della valutazione delle esigenze uniche ed
individuali del bambino, sostenendo che l’utilizzo generalizzato dei protocolli di
diagnosi e trattamento non possa essere sempre la soluzione adatta per ogni singolo
paziente, essendo ogni bambino a sé, con proprie peculiarità e tratti di personalità; sulla
base di questo presupposto Hans Asperger, pur utilizzando i classici test di intelligenza,
sostiene la necessità di valutare, assieme ai risultati ottenuti scientificamente, anche le
predisposizioni e la sensibilità del bambino, elementi questi che differiscono sulla base
della personalità di ogni soggetto (Nardocci, 2003). In maniera molto similare a Leo
Kanner, anche Hans Asperger utilizza un tipo di anamnesi per i suoi pazienti che sonda
le tendenze caratteriali e di personalità dei parenti prossimi quali madre, padre e nonni
dei bambini presi in carico, cercando una correlazione rispetto all’ereditarietà di alcuni
elementi biologici per ipotizzare un continuum generazionale dei tratti autistici
esaminati; inoltre fornisce anche una descrizione medica delle caratteristiche di salute
del bambino, sia alla nascita sia durante la crescita, sulla base dei dati riferiti dai
genitori e questo risulta essere un importante elemento poiché l’autore sosteneva che
spesso vi poteva essere un’espressione di sintomi autistici anche alla presenza di ritardo
mentale, creando quindi una sorta di interdipendenza tra espressione dei tratti autistici e
ritardo mentale (Nardocci, 2003). Sulla base di questi presupposti, Hans Asperger
illustra nel suo saggio i risultati delle sue osservazioni ed interventi su 4 bambini: Fritz
V., Harro L., Ernst K., Hellmut L. Nell’osservazione dei 4 casi, Hans Asperger
sottolinea che, malgrado questi bambini possano essere unici e diversi tra loro per ciò
che riguarda i loro interessi e i loro tratti di personalità, vi sono delle costanti
patologiche che possono far comprendere, all’occhio clinico ed esperto, che si è in
presenza di uno “psicopatico autistica” (Nardocci, 2003). Infatti, secondo l’autore, i
tratti caratteristici dell’autismo si manifestano già dal secondo anno di età, diventando
inconfondibili e costanti (Nardocci, 2003), mentre le altre capacità possono svilupparsi