6
CAPITOLO I
LE FONTI COMUNITARIE: LE ORIGINI DELLA POLITICA SOCIALE
NELL’ORDINAMENTO COMUNITARIO
Sommario: 1.1 Premesse: concetto e obiettivi della politica sociale. 1.2 La politica
sociale nell’Unione Europea: evoluzione storica. 1.3 L’Atto Unico Europeo e la Carta
Sociale Europea. 1.4 L’Accordo sulla Politica Sociale. 1.5 Il principio di
sussidiarietà. 1.6 Armonizzazione sociale. 1.7 La nuova carta europea dei diritti
fondamentali. 1.8 La politica di Lisbona: dal metodo del coordinamento al Trattato
che istituisce la Costituzione europea. 1.9 La Costituzione europea e l’introduzione
dei diritti sindacali.
1.1 PREMESSE: CONCETTO E OBIETTIVI DELLA POLITICA
SOCIALE
La politica sociale e dell'occupazione è stata sviluppata - a
livello comunitario - soltanto in un secondo momento rispetto ad altre
politiche, segno questo, da una parte, di una concezione iniziale che
vedeva in quest'area un'appendice della politica economica europea e,
dall'altra, della progressiva importanza che è stata riconosciuta a
questo argomento in particolare dopo la seconda metà degli anni 70.
L’oggetto dei Trattati Comunitari fu innanzitutto la formazione
di un grande mercato comune in settori specifici, per la CECA e la
CEEA, nel complesso dei settori economici e fattori di produzione per
quanto riguarda la CEE. Ma è anche vero che i Trattati stessi (ed in
particolare il Trattato istitutivo della CEE
1
) si proposero obbiettivi più
ambiziosi che sono contenuti nel preambolo
2
, nei primi articoli
3
,
1
Mentre nei Trattati CECA e EURATON non era prevista una politica sociale, nel
Trattato CEE, oltre a varie norme di contenuto sociale, come quelle sulla libera
circolazione dei lavoratori (artt. 48-51), molto importante è il titolo III della parte III,
dedicato alla “Politica sociale” (artt. 117-128).
2
“Un’Unione sempre più stretta tra i popoli europei”, “Scopo essenziale il
miglioramento costante delle condizioni di vita e di occupazione …”. V. Raccolta dei
Trattati Comunitari, a cura dell’Ufficio delle pubblicazioni delle Comunità europee.
3
“Sviluppo armonioso delle attività economiche” e “miglioramento sempre più
rapido del tenore di vita”, art. 2 del Trattato CEE, ma espressioni del tutto simili si
trovano nel preambolo e nei primi articoli degli altri due Trattati.
7
nonché, per quanto riguarda il Trattato CEE, nell’art. 117
4
e nell’art.
123
5
.
Stando alle enunciazioni programmatiche, contenute non a
caso essenzialmente nelle forme dedicate alla politica sociale, non è
esagerato affermare che gli obiettivi di questa (miglioramento delle
condizioni di lavoro e di tenore di vita) sono gli obiettivi stessi di tutta
la Comunità. Ciò vale in particolare per “l’armonizzazione sociale”
prevista dagli articoli 117 ss., che avrebbe dovuto assicurare gli
obiettivi di sviluppo equilibrato e di perequazione sociale sia settoriale
che territoriale. Successivamente la politica sociale non ha svolto (in
particolar modo sotto il profilo della “armonizzazione sociale”), il ruolo
che le era stato assegnato, limitandosi, per lungo tempo, ad un’azione
di “accompagnamento” delle altre politiche. Il campo d’azione della
politica sociale si dovrebbe concretizzare in una vasta opera di
armonizzazione sociale in svariati settori elencati nell’art. 118
(occupazione, condizioni di lavoro, formazione professionale,
sicurezza sociale, ecc..).
Dobbiamo sottolineare che, all’inizio, gli ostacoli alla
realizzazione in sede comunitaria di una efficace politica sociale sono
stati anche di natura procedurale. In primo luogo la regola
dell’unanimità prevista dall’art. 100 del Trattato CEE (modificata
dall’articolo G21 del Trattato di Maastricht), che riconosce al consiglio
il potere di emanare Direttive volte al ravvicinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati
membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul
funzionamento del mercato comune. In secondo luogo le disposizioni
dell’art. 118 del Trattato CEE, che hanno riconosciuto alla
Commissione il compito di promuovere tra gli Stati membri una
stretta collaborazione nel campo sociale rispetto a determinate
materie, non hanno attribuito all’Unione veri poteri decisionali.
4
“Gli Stati membri convengono sulla necessità di promuovere il miglioramento delle
condizioni di vita e di lavoro della mano d’opera che consenta la loro parificazione
nel processo”.
5
“Per migliorare le possibilità di occupazione dei lavoratori…e contribuire così al
miglioramento del tenore di vita…è istituito il Fondo Sociale Europeo………”.
8
Un primo importante documento programmatico in materia
sociale fu approvato dal Consiglio nel 1974, il quale nonostante i suoi
limiti operativi e i suoi condizionamenti temporali è tuttavia
espressione «di un retroterra conoscitivo e progettuale nient’affatto
improvvisato
6
». E infatti il primo programma di azione sociale del
1974 ha dato un notevole impulso all’adozione (nella seconda metà
degli anni settanta) da parte del Consiglio, di una serie di Direttive in
materia di lavoro, nonché di una serie di atti non vincolanti che
hanno la loro base giuridica negli artt. 100, 117, 118, 119
7
.
Agli inizi degli anni ottanta le crescenti difficoltà economiche
determinarono un ridimensionamento dell’uso della direttiva come
strumento di armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia
sociale. Proprio a causa della crisi economica il processo di
integrazione europea ha indotto gli organi comunitari e specialmente
la Commissione ad avvalersi delle istanze partecipative delle forze
sociali che superano la semplice funzione consultiva per assumere
una funzione di vera e propria co-decisione o di concertazione. Si
pensi al Comitato permanente per l’occupazione, organismo
quadripartito cui partecipano in misura paritaria i rappresentanti del
Consiglio, della Commissione, dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Dotato di poteri consultivi rispetto alla Commissione è il Comitato
economico e sociale, composto da rappresentanti dei datori di lavoro e
dei lavoratori non soltanto dipendenti, ma anche autonomi.
Dal 1972 è riconosciuto a questo organismo anche un potere di
iniziativa sulle tematiche economico-sociali. La politica sociale
europea acquista una rilevanza diversa dopo l’Atto Unico Europeo.
L’idea di uno spazio sociale si trova, per la prima volta, in un
memorandum del governo francese all’indomani della prima
presidenza Mitterrand.
6
GRANDI M., L’Europa sociale tra divergenze e convergenze, in Lav. Dir., 1993, p.
463.
7
Si pensi alle direttive sulla parità uomo-donna (Dir. 75/117, e 76/207), sui
licenziamenti collettivi (n. 75/29), sul trasferimento d’azienda (n. 77/187),
sull’insolvenza del datore di lavoro (n. 80/987), ecc. .
9
Viene rimarcata l’opportunità di rilanciare la politica
comunitaria in particolare in materia di politiche occupazionali,
intensificazione del dialogo sociale e cooperazione e concertazione
sociale.
1.2 LA POLITICA SOCIALE NELL’UNIONE EUROPEA:
EVOLUZIONE STORICA.
La dottrina ha, da sempre, sottolineato che la legislazione
sociale nel diritto comunitario è sorta con il prevalente scopo di
accompagnare lo sviluppo dell’integrazione economica e per evitare
forme di dumping sociale
8
. Il Trattato di Roma
9
, pur avendo dedicato
il titolo III (parte III) alla Politica sociale, non ha riconosciuto alla
Comunità una competenza generale in materia sociale, come risulta
dal testo dell’art. 117 che impegna gli Stati membri, e non la
Comunità.
Per un primo periodo che va dal 1957 al 1978 l’azione
comunitaria si caratterizza per un’attività frammentaria fatta per lo
più di atti non vincolanti
10
, come le raccomandazioni in materia di
medicina del lavoro nelle imprese, malattie professionali, tutela dei
giovani lavoratori, controllo sanitario dei lavoratori esposti a rischi
particolari, che saranno presi a riferimento negli ordinamenti interni
solo più tardi. La nascita formale di un programma comunitario
organico, in materia, si ha nel 1974 quando il Consiglio si impegna,
per conseguire “un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro”,
8
V. nota 158, per una definizione precisa di dumping sociale. Mentre la legislazione
sociale degli Stati membri è nata come reazione ad una situazione di
sottoprotezione sociale dei lavoratori subordinati nell’organizzazione dell’impresa
capitalistica.
9
Il Trattato di Roma rappresenta l’istituzione della CEE e dell’EURATON, e fu
firmato a Roma il 25 marzo del 1957, dai rappresentanti di Italia, Francia,
Inghilterra, Repubblica Federale Tedesca, Belgio, Olanda, Lussemburgo.
10
Tra le poche direttive emanate in questo periodo, si v. la Dir. N. 1967/302; la Dir.
N. 72/23, sul materiale elettrico destinato ad essere adoperato entro taluni limiti di
tensione, la Dir. N. 77/576, che è la prima direttiva in materia di prevenzione; la
dir. N. 78/610, sulla protezione dei lavoratori esposti al cloruro di vinile monomero.
V. ARRIGO G., Il diritto del lavoro nell’Unione europea, Tomo II, Giuffrè editore,
2001.
10
ad adottare uno specifico “programma d’azione a favore dei
lavoratori”
11
. Nel 1978 il Consiglio adotta il primo programma di
azione sociale in cui viene sottolineata la necessità di assicurare una
stretta collaborazione nel settore da raggiungere con le direttive (entro
il 1982) che di li' a poco sarebbero state adottate, quali quelle sulla
parità di trattamento, della salute e della sicurezza sul luogo del
lavoro, sia programmi d'azione specifici a favore dei disabili, dei
poveri e degli anziani, conformemente all’art. 117 del Trattato
12
.
Nel 1984 viene firmato dai Paesi membri l’Atto Unico Europeo,
il quale introduce nuove basi giuridiche, e amplia le competenze
dell’Unione in materia sociale. Gli articoli introdotti sono: l’art. 100A
3° par. e 118A (ora art. 95 e 138 TCE). Le vecchie basi giuridiche (art.
100 e art. 235) concepivano il ravvicinamento delle legislazioni degli
stati membri in una logica ancora strumentale all’instaurazione e al
funzionamento del mercato e prevedevano deliberazioni all’unanimità
del Consiglio (ciò ha prodotto un generale rallentamento nella
produzione di testi ed accordi in ambito sociale)
13
, l’art. 118A, invece,
attribuendo alla Comunità una specifica competenza nel settore
sociale, valida anche sul piano internazionale, considera
“l’armonizzazione, in una prospettiva di progresso delle condizioni
esistenti in questo settore” come uno degli obiettivi della Comunità,
da conseguirsi con deliberazioni del Consiglio a maggioranza
qualificata.
La politica sociale acquista “dignità” pari ad altri obiettivi della
Comunità. Nell'Atto Unico Europeo si registrano dei passi avanti in
particolare per ciò che attiene la salute e la sicurezza sul luogo di
lavoro: in quegli anni si profilava infatti il rischio della diffusione della
pratica del cosiddetto "dumping sociale", pratica adottata da imprese
che trasferivano le loro sedi in zone dove si applicano standard sociali
11
Risoluzione del Consiglio del 21 gennaio 1974, relativa ad un programma di
azione sociale. ARRIGO G., ult. op. cit., Tomo I, Cap. III.
12
Ci riferiamo per esempio alla Dir. N. 80/1107, sulla protezione contro i rischi e
derivante dall’esposizione degli agenti chimici, e alle successive direttive
“particolari”.
13
SANTORO PASSARELLI G., voce lavoro VIII, Enciclopedia Giuridica Treccani, p.
2.
11
inferiori per conseguire un vantaggio concorrenziale. Un altro
elemento innovativo è rappresentato dalla partecipazione del
Parlamento Europeo alla procedura decisionale a seguito
dell'applicazione della procedure di cooperazione e della maggioranza
qualificata nel quadro del nuovo articolo 138 (118A).
Come “contrappeso”
14
il Trattato stabilisce però che le direttive
adottate in proposito (con precisi riferimenti alle direttive regolative la
sicurezza e la salute dei lavoratori) devono contenere “prescrizioni
minime applicabili progressivamente tenendo conto delle condizioni e
delle normative esistenti in ciascuno Stato membro” ed evitare di
“imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da
ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese” (art.
118A, par. 2)
15
.
Il 3°paragrafo dell’art. 118A configura le “norme comunitarie”
come norme minime “che non ostano a che ciascuno Stato membro
mantenga e stabilisca misure compatibili con il Trattato, per una
maggiore protezione delle condizioni di lavoro. Il 3° par. dell’art. 100A
obbliga d’altro canto la Commissione a basarsi, nelle sue proposte al
Consiglio, “su un livello di protezione elevato”.
Un ulteriore passaggio importante in materia si registra il 9
dicembre del 1989, quando il Consiglio adotta con una dichiarazione
il testo della Carta Comunitaria dei Diritti Sociali Fondamentali dei
Lavoratori, invitando la Commissione a presentare quanto prima delle
iniziative che competano la Comunità. La Carta, che sviluppa principi
analoghi enunciati nella Carta sociale del Consiglio d’Europa e nelle
Convenzioni dell’OIL, è un testo redatto dal Comitato Economico e
Sociale su richiesta della Commissione che si articola in una serie di
rubriche tra cui: occupazione e retribuzioni, protezione sociale (punti
7-9), libertà di associazione e negoziato collettivo, parità di trattamento
14
ARRIGO G., Il diritto del lavoro nell’Unione europea, cit. Tomo II.
15
Al criterio delle “prescrizioni minime applicabili progressivamente” deve ora
conformarsi il Consiglio allorché adotta (a maggioranza qualificata) provvedimenti
nelle materie sociali indicate nell’art. 137.1 (che assorbe l’analoga norma
dell’Accordo sulla Politica Sociale, allegato tramite apposito Protocollo al Trattato di
Maastricht). La detta condizione non opera nelle materie, indicate nell’art. 137.3,
soggette invece a deliberazioni all’unanimità.
12
tra uomini e donne, tutela della salute e sicurezza nel luogo di lavoro
(punto 19). La Carta rappresenta di fatto una dichiarazione politica
di intenzioni (e come tale non è giuridicamente vincolante) che
prevede: “secondo le modalità specifiche di ogni paese: ogni lavoratore
della comunità europea ha diritto ad una protezione sociale adeguata
e deve beneficiare, indipendentemente dal suo regime e dalla
dimensione dell'impresa ove lavora, di prestazioni di sicurezza sociale
di un livello sufficiente; le persone escluse dal mercato del lavoro, che
non abbiano potuto avervi accesso o che non siano riuscite a
reinserirsi, e che non dispongono di mezzi di mantenimento, devono
poter beneficiare di prestazioni e di sufficienti risorse, adattate alla
loro situazione personale”.
Il 7 febbraio 1992 viene firmato a Maastricht il Trattato
sull'Unione Europea che ha introdotto significative novità in materia
di politica sociale e dell'occupazione, ampliando sostanzialmente le
competenze comunitarie. I compiti del Fondo Sociale sono aumentati
ed è stato introdotto un paragrafo nuovo riguardante l'istruzione e la
formazione professionale. Assieme al trattato è stato approvato da 11
paesi (tutti gli Stati membri del periodo tranne il Regno Unito) il
Protocollo (numero 14) e l’Accordo sulla Politica Sociale
16
che prevede,
tra l'altro, che i paesi membri "facciano ricorso alle istituzioni, alle
16
Il Protocollo e l’Accordo fanno riferimento alla Carta sociale comunitaria. I
principi della Carta Sociale della CE (e quelli della Carta Sociale del Consiglio
d’Europa, firmata a Torino il 18 ottobre del 1961) trovano ora nel Trattato CE (a
partire da Maastricht fino alla nuova Costituzione) una più forte legittimazione
grazie al richiamo, contenuto nell’art. 136.1, ai “diritti sociali fondamentali, quali
quelli definiti dalla Carta sociale europea […] e nella Carta comunitaria dei diritti
sociali fondamentali dei lavoratori del 1989”, nonché all’impegno della Comunità di
“sostenere e completare l’azione degli stati membri” nel settore del “miglioramento,
in particolare, dell’ambiente del lavoro, per proteggere la salute e la sicurezza dei
lavoratori”, a cui corrispondono competenze comunitarie concorrenti con le
competenze statali. Durante la Conferenza intergovernativa del 1992 il Regno Unito
decise di non partecipare all’Accordo sulla Politica sociale. Gli allora dodici Stati
membri adottarono quindi un Protocollo, allegato al trattato di Maastricht, che
autorizzava gli undici Stati membri rimanenti ad applicare, senza il Regno Unito,
uno strumento più ambizioso rispetto al capitolo sulla politica sociale della
Comunità, basato sulla Carta Sociale Europea adottata nel 1989 da tutti gli Stati
membri ad eccezione del Regno Unito. Attualmente questo protocollo in materia
sociale è stato abrogato e l'Accordo Sociale integrato alle disposizioni del titolo XI
del trattato CE.
V. SANTORO PASSARELLI G., voce Lavoro IV, Enciclopedia Giuridica Treccani, p.
4.
13
procedure ed ai meccanismi del trattato allo scopo di prendere tra loro
ed applicare, per quanto li riguarda, gli atti e le decisioni necessarie per
rendere effettivo il suddetto accordo".
Con questo documento vengono introdotte due importanti
innovazioni:
ξ viene valorizzato notevolmente il ruolo delle parti sociali:
introducendo la consultazione obbligatoria sulle stesse proposte
della Commissione nel settore degli affari sociali assieme alla
possibilità di concludere accordi quadro in materia;
ξ viene estesa la procedura del voto a maggioranza qualificata nel
Consiglio nei seguenti settori: miglioramento dell'ambiente di
lavoro per tutelare le risorse umane, condizioni di lavoro,
informazione e consultazione dei lavoratori, parità di opportunità
per gli uomini e le donne e parità di trattamento quanto
all'occupazione, integrazione delle persone emarginate dal mercato
del lavoro;
ξ viene introdotta una nuova metodologia d'integrazione, quella
dell'open coordination, che prevede l'attuazione nei singoli paesi di
orientamenti e decisioni assunti dai rappresentanti dei Paesi
Membri in sede di Consiglio a seguito di direttive o atti giuridici
vincolanti. Questo metodo consente di attivare processi decisionali
a livello comunitario anche su materie di competenza dei Paesi
Membri e non dell'Unione.
Nel 1993 viene redatto un Libro Verde
17
la cui funzione è quella
di sollevare numerosi quesiti, riportando all'attenzione della autorità
competenti i limiti della politica sociale e dell'occupazione europea, in
modo da sviluppare un piano per il futuro di questa materia. Le
questioni su cui ci si è interrogati spaziano dal come migliorare la
situazione occupazionale alla lotta contro la povertà e l'esclusione,
dal rafforzamento del dialogo sociale al futuro ruolo del Fondo Sociale
Europeo.
17
V. LIBRO VERDE della Commissione, in Boll. CE, suppl. 8/75.
14
La procedura avviata con il libro verde si conclude nel 1994 con
la pubblicazione del Libro Bianco: la politica sociale europea, uno
strumento di progresso per l'Unione.
Con questo documento la Commissione presenta una serie di
proposte, intese come parte integrante del processo avviato con il
libro bianco sulla crescita, sulla competitività e sull'occupazione,
quali:
ξ occupazione, la prima priorità: le politiche economiche devono
rimanere orientate a lungo termine verso la creazione di posti di
lavoro tanto tramite la promozione di un processo di crescita che
determini la creazione di posti di lavoro quanto migliorando
l'accesso al mercato del lavoro. In particolare la Commissione
chiede maggiore cooperazione con le autorità competenti nei vari
paesi membri, un sistema di osservazione dell'occupazione
condiviso. Particolare attenzione viene rivolta alle PMI in quanto
creatrici di molti posti di lavoro;
ξ FSE: i fondi strutturali, ed il Fondo Sociale Europeo, sono parte
integrante della strategia comunitaria di lotta alla disoccupazione.
In particolare con questo fondo si investe sulla formazione e
sull'aggiornamento delle risorse umane come mezzo per
combattere la disoccupazione di lunga durata e l'esclusione
sociale. Promuove la mobilità geografica e professionale dei
lavoratori e finanzia tutte le spese legate alla rieducazione e
specializzazione professionale di lavoratori il cui lavoro sia ridotto
o sospeso temporaneamente in seguito alla riconversione
dell’impresa
18
.
18
Il Fondo Sociale europeo è un organo previsto dall’art. 123 del Trattato di Roma,
costituito per eliminare i rischi di disoccupazione connessi al funzionamento
dell’Unione europea. V. Enciclopedia Giuridica Treccani, voce POLITICHE
COMUNITARIA, XIII) Politica Sociale.
15
ξ nuove normative sull'occupazione: la Commissione propone una
serie di nuovi settori per l'azione legislativa dell'Unione,
segnatamente: la protezione contro i licenziamenti individuali, la
protezione della vita privata dei lavoratori, l'equità della
retribuzione, il diritto di remunerazione per i giorni festivi ed in
caso di malattia;
ξ effettiva realizzazione di un mercato europeo dell'occupazione: il
libro bianco è l'occasione per fare "il punto" sulla libertà di
circolazione dei lavoratori nei paesi membri, in particolare si mira
a superare gli ultimi ostacoli per ottenere il raggruppamento
familiare, la parità di trattamento e per il potenziamento del diritto
di residenza per i lavoratori atipici;
ξ inserimento degli immigrati: oltre a sollecitare la ratifica della
convenzione internazionale sulla protezione dei lavoratori migranti
e dei membri delle loro famiglie, la Commissione ha preso
l'impegno di elaborare una strategia comune per la lotta alla
xenofobia ed al razzismo;
ξ parità di opportunità tra uomini e donne: si investe maggiormente
sulla formazione femminile, sulle misure che permettano di
conciliare il lavoro con la vita familiare e sulla partecipazione
femminile ai processi decisionali;
ξ protezione sociale: per garantire standard più alti in questo settore
viene proposto un dialogo costante tra la Comunità ed i ministeri
competenti nel settore dell'occupazione e della protezione sociale;
ξ ruolo delle parti sociali: viene rafforzata la cooperazione con
sindacati, organizzazioni padronali ed associazioni di categoria per
rilanciare il dialogo sociale.
16
Con il Trattato di Amsterdam
19
si assiste ad un vero salto di
qualità nella gestione della politica sociale europea: ad essa viene
infatti dedicato un apposito titolo, (Titolo VIII), i cui articoli (dal 125 al
130) precisano sia gli obiettivi che le modalità per raggiungerli e
prevede la creazione di un Comitato per l'occupazione.
In particolare viene riconosciuto al Consiglio il compito di
delineare le linee guida che gli Stati membri devono seguire nelle loro
politiche per l'occupazione ed a questi ultimi l'obbligo di riferire
annualmente sulle misure predisposte per dare attuazione alle loro
politiche nel settore.
Il Trattato abroga, per prima cosa, il Protocollo sulla Politica
sociale (PPS), allegato al TUE, frutto di una clausola di esenzione
concessa al Regno Unito dal Consiglio di Maastricht e produttivo di
un rallentamento della marcia verso l’assunzione di provvedimenti
nell’area della politica sociale.
Viene attuata una trasposizione quasi integrale dell’APS nel
TCE e le disposizioni, dopo che il governo britannico avrà votato per
la loro “comunitarizzazione”, vincoleranno anche il Regno Unito
20
. In
questo modo si è risolto il problema delle due basi giuridiche (il
Protocollo da un lato ed il Trattato consolidato dall'altro) che aveva
19
Il Trattato di Amsterdam è il risultato della Conferenza intergovernativa lanciata il
29 marzo 1996 in occasione del Consiglio europeo di Torino. Esso è stato adottato
dal Consiglio europeo di Amsterdam (16 e 17 giugno 1997) e successivamente
firmato, in data 2 ottobre 1997, dai Ministri degli affari esteri dei quindici Stati
membri. È entrato in vigore il 1° maggio 1999 (primo giorno del secondo mese
successivo alla ratifica da parte dell'ultimo Stato membro) ratificato da tutti gli Stati
membri secondo le loro rispettive norme costituzionali.
Sul piano giuridico, il Trattato di Amsterdam modifica alcune disposizioni del
trattato sull'Unione europea, come pure dei trattati istitutivi delle Comunità
europee e di alcuni atti connessi. Esso si aggiunge ma non si sostituisce agli altri
trattati.
20
V. FOGLIA R, SANTORO PASSARELLI G., Profili di diritto comunitario del lavoro,
Torino, Giappichelli, 1996.
17
prodotto non poche difficoltà. Con l'articolo 136
21
si ribadiscono
gli obiettivi, che riprendono quelli presenti nella Carta Sociale
Europea del 1961 e nella Carta Comunitaria dei Diritti Sociali
Fondamentali dei Lavoratori del 1989, della politica sociale a fianco
ad una auspicata armonizzazione delle varie legislazioni nazionali in
materia. Data la competenza concorrente che caratterizza questa
politica, l'art. 137
22
ne classifica le materie in base all'autorità
competente nel seguente modo:
ξ di competenza del Consiglio con maggioranza qualificata:
sicurezza e salute dei lavoratori, condizioni di lavoro, integrazione
delle persone escluse dal mercato del lavoro, informazione e
consultazione dei lavoratori, parità tra uomini e donne per quanto
riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento;
ξ di competenza del Consiglio con unanimità: previdenza e
protezione sociale dei lavoratori, protezione dei lavoratori in caso
di risoluzione del contratto di lavoro, rappresentanza e difesa
collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro,
condizioni di impiego dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano
legalmente nel territorio della Comunità, contributi finanziari volti
a promuovere l'occupazione e a creare nuovi posto di lavoro;
ξ di competenza nazionale: retribuzioni, diritto di associazione,
diritto di sciopero e di serrata.
21
La Comunità e gli Stati membri […] hanno come obiettivi la promozione
dell’occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta
la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo
sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale
elevato e duraturo e la lotta contro l’emarginazione. A tal fine la Comunità e gli
Stati membri mettono in atto misure che tengano conto della diversità delle prassi
nazionali, in particolare nelle relazioni contrattuali, e della necessità di mantenere
la competitività dell’economia della Comunità.
In questo Trattato esiste dunque un preciso contesto politico-giuridico entro il
quale sviluppare una politica sociale a livello europeo. Precedentemente si
promuoveva solamente la cooperazione tra gli Stati, mentre ora la Comunità si
impegna ufficialmente a sostenere e integrare le politiche nazionali. La strada per
passare dall’enunciazione dei principi alle realizzazioni concrete è segnata.
22
BARBERA M., Dopo Amsterdam. I nuovi conflitti del diritto sociale comunitario,
Brescia, Promodis ed. 2000.
18
Le disposizioni sociali del Trattato di Amsterdam configurano la
sussidiarietà nella Politica sociale come un principio che opera nella
ripartizione di competenze tra Comunità e Stati membri. Il principio è
certamente innovativo e i suoi riflessi toccano direttamente le
relazioni tra istituzioni.
23
In base al combinato disposto del II comma
dell’art 3B e degli articoli 117 e seguenti TCE, si ha infatti un sistema
di doppia sussidiarietà:
ξ una, verticale, inserita nel dialogo istituzionale tra comunità e
stati membri;
ξ l’altra, orizzontale, inquadrata nella nuova procedura del dialogo
sociale.
24
Data la strategia definita con il nuovo Trattato in tema di
occupazione, strategia incentrata su un maggior coordinamento tra le
varie politiche nazionali in base ad orientamenti definiti in sede
comunitaria, il Consiglio Europeo a Lussemburgo del 1997 ha definito
quattro pilastri che rappresentano gli ambiti di intervento
25
:
ξ occupabilità: ci si riferisce alle politiche volte alla riduzione del
tempo che intercorre tra la ricerca di un'occupazione e
l'inserimento nel posto del lavoro;
23
V. ARRIGO G., Il diritto del lavoro nell’unione europea, cit. Tomo I, 2001.
24
Sussidiarietà verticale- Il par. 1 del nuovo art.118 – che assorbe il par.1 dell’art.2
APS – afferma che per “ conseguire li obiettivi previsti all’art. 117, la Comunità
sostiene e completa l’azione degli Stati membri” in determinati settori. Se ne ricava,
quindi, che in linea generale l’azione primaria è quella degli Stati, tanto che la
Comunità deve “sostenerla” e “completarla”. D'altronde, in caso gli stati non siano
in grado di realizzare sufficientemente gli “obiettivi dell’azione prevista”, e anzi le
dimensioni dell’azione consiglino, per un miglior risultato, l’interessamento a livello
comunitario allora l’azione della Comunità viene prima di quella statuale. Se
sussistono i requisiti di cui sopra, il Consiglio può adottare direttive che
contengano le prescrizioni minime e sempre tenendo conto delle condizioni e delle
regolamentazioni tecniche esistenti in ciascuno Stato membro.
Sussidiarietà orizzontale – “Si può forse sostenere che la sussidiarietà orizzontale
consiste nella capacità e idoneità dell’autonomia collettiva di sostituirsi alla fonte
comunitaria” .
Si manifesta nell’ambito del Dialogo sociale istituzionale e ha il suo incipit nella
consultazione delle parti sociali da parte della commissione, il che può condurre o
ad una cooperazione più o meno intensa delle parti sociali all’attività della
Commissione e del Consiglio, ovvero alla disciplina di una specifica materia da
parte dell’autonomia collettiva, sulla base di un’autorizzazione della Commissione.
25
BARBERA M., Dopo Amsterdam. I nuovi conflitti del diritto sociale comunitario, cit.,
2000.
19
ξ imprenditorialità: scopo di questo pilastro é di creare un clima
adatto alla nascita di nuove imprese, agevolandone l'avviamento e
la gestione e rendendo il sistema imprenditoriale più favorevole
all'occupazione;
ξ adattabilità: ci si riferisce a quelle iniziative finalizzate a fornire, ad
imprese a lavoratori, i mezzi necessari per adottare le nuove
tecnologie ed adeguarsi alle nuove condizioni del mercato;
ξ pari opportunità: scopo del quarto pilastro é di garantire una
maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, a pari
condizioni sia in termini salariali che di progresso di carriera.
I precedenti quattro pilastri vengono a loro volta articolati in
specifiche linee guida che mirano a tradurre in misure concrete ed
applicabili gli obiettivi fissati in ciascun pilastro prendendo in
considerazione gli ambiti di intervento in cui i Paesi membri devono
attivarsi. Recentemente si sta assistendo ad un processo di
semplificazione di questi documenti in modo da ridurre il numero di
linee guida per ogni paese e, soprattutto, in modo da procedere ad
una revisione completa di questi documenti non più annualmente ma
ogni tre anni (COMM(2004)239). In questo modo la Commissione
cerca di promuovere un rapporto più informale e dialettico con i
singoli paesi membri: proprio a questa esigenza di maggior dialogo tra
istituzioni rispondono i cosiddetti NAP. I Piani di Azione Nazionali,
introdotti con il Consiglio europeo di Lussemburgo, sono dei
documenti redatti annualmente da ogni paese contenenti le
disposizioni di attuazione relative alle misure adottate a livello
comunitario secondo i quattro precedenti pilastri e le loro linee guida
Nel 1998 prende avvio il cosiddetto processo di Cardiff
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che
mira a riportare sotto un'unica strategia le politiche economiche
comunitarie, la politica dell'occupazione e quella sociale: nel corso
degli anni tale convergenza è divenuta sempre più forte fino a far
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Per aver un quadro completo delle conclusioni poste in essere durante Il processo
di Cardiff si veda il sito internet: www.europarl.eu/int./summits.