10
di forza della storia e dell’identità locale. Il fatto che tali specificità siano trasposte poi
nelle pratiche sociali, nel cibo, negli usi e nei costumi di un popolo, è un effetto
conseguente e naturale. In tal senso, il caso di Siena è piuttosto emblematico in quanto
la città è dotata di un “linguaggio visivo” talmente esplicito da permette
un’interpretazione unica, non univoca, della propria origine medievale. Essa si
manifesta ancora oggi negli edifici pubblici, nei monumenti e palazzi cittadini, nei
vicoli stretti
8
, nelle contrade e nelle istituzioni, che assumono un significato molto
particolare perché si riflettono sugli elementi umani e sociali che vi dimorano, negli
spettacoli e nelle rappresentazioni che in essa si svolgono, nella festa di piazza più
famosa al mondo: il Palio. Risulta possibile, a tale proposito, riconoscere una fitta rete
di relazioni umane ed istituzionali, che contribuiscono a perpetuare nel tempo i caratteri
distintivi di una lotta immemore tra passato e futuro, tra tradizione e innovazione. È
stato utile, a tal fine, compiere un approfondimento di natura temporale per cogliere
aspetti e modalità con le quali la realtà senese ha vissuto il cambiamento storico e
sociale nel corso del tempo.
Durante lo studio è stato possibile individuare un preciso periodo in cui a Siena, dopo
quattro secoli di apparente staticità, a partire dalla sconfitta a favore della rivale Firenze,
si ripropongono contraddizioni storiografiche a lungo taciute, le quali conducono verso
un cambiamento strutturale sostanziale, culminato, come per molte altre aree urbane
italiane, negli anni ‘60 del XX secolo; un lungo periodo di transizione in cui è stato
possibile procedere con una nuova interpretazione del profilo sociale, economico ed
infrastrutturale della città di Siena.
Dalla perdita dell’indipendenza, avvenuta nel XVI secolo, fino agli inizi del XX, si
deve, infatti, giungere al secondo dopoguerra per assistere al più eloquente periodo di
rinnovamento strutturale e di ricomposizione sociale di tipo autonomistico e moderno
mai compiutosi a Siena nel rispetto della tradizione.
Il ventennio successivo alla seconda guerra mondiale, che dal 1943, anno
dell’armistizio, si snoda fino al 1963, anno di chiusura del “boom economico”, è stato
approfondito attraverso lo studio della stampa locale, degli strumenti di
programmazione urbanistica e degli atti amministrativi depositati presso i principali
archivi storici cittadini e gli enti pubblici locali. L’analisi è stata inoltre incentrata sui
caratteri simbolici delle manifestazioni pubbliche svoltesi tra il 1943 e il 1963, durante
le quali la comunicazione, dapprima spontanea, diviene gradualmente pianificata. Il
primo capitolo affronta i temi dell’immagine e della società senese nei secoli. Il II
capitolo si sofferma sulla Ricostruzione sociale ed economica cittadina, compiutasi a
partire dalla fine del secondo conflitto mondiale. Il III capitolo affronta il tema delle
politiche di sviluppo poste in essere negli anni cinquanta, prima del “miracolo
economico”. Il IV capitolo affronta nel dettaglio gli anni sessanta a Siena e gli elementi
che caratterizzarono il relativo sviluppo verso la crescita cittadina.
Le fonti di riferimento, a tale proposito, sono state diversificate: l’Archivio di Stato di
Siena (ASS), in cui sono stati visionati i documenti contenuti nel Fondo del Comitato di
Liberazione Nazionale dal 1944 al 1946, l’Archivio del Comune di Siena, dove sono
8
Scrive a tale proposito efficacemente Alberto Olivetti in Oltre il fiume delle mura: “Lo stretto è il
carattere eminente delle vie maestre del centro di Siena. Si insinuano e tirano via tra le alte facciate dei
palazzi allineati, pareti continue mosse dalle nobili cornici delle finestre e dagli imbocchi che immettono
nelle laterali, fenditure più che aperte. Per solito la strada slarga appena, senza divenire piazza, quando vi
si affaccia il sagrato di una chiesa”. Cfr. G. G. Maccianti, La Lenta corsa del tempo, Siena di fronte alla
modernità tra XIX e XX secolo, Siena, Il Leccio edizioni, 2006, p. XXII.
11
stati vagliati i contenuti dei verbali di Giunta e del Consiglio comunali dal 1945 al 1963,
l’Archivio storico del Monte dei Paschi di Siena, dove si è approfondita un’indagine
socio economica dei bilanci dal 1958 al 1963, e infine la Biblioteca degli Intronati di
Siena, in cui sono state lette tutte le riviste e i periodi locali pubblicati nel periodo
riferimento. Il lavoro è stato inoltre arricchito dall’approfondimento di una bibliografia
storica moderna e contemporanea, senese e nazionale, che tratta i molteplici temi
affrontati: dall’urbanesimo alle infrastrutture, dal turismo alla cultura, dall’arte alla
scienza, dalla società allo sviluppo locale.
13
CAPITOLO I - Immagine e realtà di Siena
Rappresentazione architettonica e storiografica di Siena
Non si può parlare di Siena senza fare un esplicito riferimento a ciò che essa è stata: una
florida città medievale, ricca di opere d’arte e monumenti, ma soprattutto una civiltà,
una “comunità differenziata”
9
. L’immagine della città percepita collettivamente è di una
realtà ancorata alle sue tradizioni, dotata di simbolismi forti e perduranti nel tempo
perché alimentati dal localismo, come se si fossero interrotti dopo la resa del 1555,
attraverso più di trecento anni di dominazione medicea (1555-1737), un secolo e mezzo
di dominazione lorenese (1733-1801), il breve periodo del Regno di Etruria
10
e
l’annessione al Regno d’Italia (1859), senza più riuscire ad eguagliare i propri trascorsi,
ma riuscendo comunque a conservare immutati i propri elementi costitutivi.
Un esempio evidente tra tutti, caso piuttosto esemplare in Italia, è il ripetersi ogni anno
del Palio di Siena nella sua “veste moderna” che risale al XVII secolo
11
. La sola
bibliografia che ha come oggetto il Palio è vastissima e percorre quattro secoli
12
. Pino
Gilioli nel suo libro Un mondo di simboli, Le contrade e il Palio di Siena, parla a questo
proposito di un universo variegato di elementi carichi di significati ancestrali: “un
mondo, dove molti aspetti rimandano a qualcosa di più profondo e misterioso. Siena
molto spesso appare come una foresta pietrificata di simboli, che in determinati
momenti risveglia e opera quasi per magia”
13
. La riflessione offerta dal Gilioli è
interessante perchè fornisce innumerevoli spunti d’analisi e suggerisce
l’approfondimento di alcuni concetti necessari ad evidenziare le peculiarità di tali
simboli cittadini e la relativa entità. Il critico d’arte Mario Verdone scriveva a proposito
sulla Rassegna “Terra di Siena” nel 1957:
“Poche città, come Siena, possono presentare ancora miracolosamente integri e incontaminati i
segni dei momenti migliori della propria storia, col medesimo volto – non dissanguato, ma dove
tuttora la vita fluttua – di una civiltà nata e sviluppatasi rigogliosamente in altri tempi.
La struttura architettonica della città resta, nell’insieme, quale fu nel corso dell’età del suo
9
M. Bussagli, Arte e magia a Siena, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 17.
10
Fu creato il 21 marzo 1801 da Napoleone Bonaparte, che designò re d’Etruria Ludovico I di Borbone,
duca di Parma, in seguito al trattato di Aranjuez. Nel 1807, con il Trattato di Fontainebleau, il Regno di
Etruria fu annesso alla Francia.
11
Il Palio “moderno”, nasce intorno alla prima metà del XVII secolo e sostituisce le Cacce al Toro
(proibite dal Concilio di Trento), le Bufalate e le Asinate, con la corsa dei “barberi” (i cavalli). Nel 1656
le feste che erano fatte con sfarzo di fuochi artificiali in onore della Madonna di Provenzano, vengono
definitivamente sostituite con la corsa del Palio: nasce così la carriera del 2 luglio. Nel 1701, il 16 agosto,
inizia, saltuariamente anche la carriera d’agosto. Il Palio, tre secoli di vita, in “Popolo e Libertà”, 14
maggio 1947, p. 2. Per un approfondimento si veda anche A. Savelli e L. Vigni (a cura di), Uomini e
contrade di Siena, Archivio storico del Comune di Siena, 2003 e A. Falassi e L. Betti (a cura di), Il Palio,
La festa della Città, Siena, Betti editrice, 2003.
12
La pubblicazione Stanze in lode della fanciulletta, nominata Virginia, corritrice sopra il barbaro della
Contrada del Drago, al Palio proposto da i signori dell'Aquila, il dì 15 d'Agosto 1581 composte da
donne, è del 1581.
13
P. Gilioli, Un mondo di simboli, Le contrade e il Palio di Siena, Siena, Betti editrice, 2006, p. 5.
14
maggiore splendore: fin quando cioè dovette arrestare un’irresistibile ascesa, per la decadenza
che le cagionarono le guerre perdute e le lotte spossanti con le città più vicine, se non addirittura
gli scontri delle fazioni rivali che nel suo stesso grembo si dilaniavano.
Questo arresto riuscì fatale al suo sviluppo, e la città allora rimase, ancora viva ma indebolita,
come imprigionata nelle sue stesse mura, che aveva costruito per proteggere dall’offesa estrema
la propria potenza, e per fine far partire gli armati a realizzare il suo sogno di predominio
regionale.
Rimase e rimane come quell’epoca la lasciò, se mai con tante torri di meno, come vollero i suoi
vincitori, per fiaccarne la forza e la vanità: ma è per questo arresto, e per l’immobilità che ne
seguì, che oggi si può rievocare a chi giunga a Siena di lontano o abbia a sorte di venire, tutta
un’epoca che, senza queste documentazioni di pietra, trionfatrici delle modificazioni del tempo,
ci giungerebbe inesatta, e forse anche falsa”
14
.
L’appello che richiama alla necessità di un approfondimento sulla “storia della pietra”
di Siena, è talmente carico di significati da poter essere trasposto nel concetto di
immagine architettonica, identificando il profilo di una città forse unica nel suo genere
per sintesi carismatica e integrità strutturale. Rappresentatività dell’architettura ed in
generale dello spazio e degli oggetti (“registrando abitudini e ambizioni, progetti
spontanei e arditi disegni”
15
), divengono in tal senso attività che possono essere
direttamente paragonate a quella storiografica perché, come suggerisce Alessandro
Gubitosi, anche “la costruzione di una struttura storica è un problema di scelta e di
interpretazione di alcuni ipotetici fatti oggettivi”
16
.
L’integrità della città di Siena è espressa nella capacità di conservazione della propria
natura gotica, che soprattutto nella seconda metà del XIX secolo viene riscoperta e
rivalutata dai critici dell’arte con studi sempre più specialistici
17
; nel suo ordine
spaziale
18
disteso lungo la direttrice commerciale e spirituale della Via Francigena, sorta
su aride colline in mezzo alla campagna, dove l’aria è asciutta e pulita; nel suo cuore
cittadino, la Piazza del Campo, ampia e raccolta al tempo stesso. Tradizione e continuità
sono riconoscibili anche al perdurare di alcune immagini sociali e culturali avvertite
collettivamente come irrinunciabili in quanto ricorrenti ed “ereditate” dal passato più
remoto ancora vivido nella memoria locale.
Definizioni, simboli e miti di Siena.
Originario possedimento etrusco della potente famiglia dei Saina, Saena romanae sorge,
secondo la leggenda raccolta nel 1488 da Agostino Patrizi vescovo di Pienza e
14
M. Verdone, Lo scrigno di Siena, in “Terra di Siena”, Rassegna Trimestrale di turismo, 1957, Anno XI,
n. 1, p. 9.
15
Cfr R. Barzanti, Siena: una città tra mito e storia, “Bullettino senese di storia patria”, Siena,
Accademia senese degli Intronati, 1979, p. 234.
16
A. Gubitosi, La rappresentazione responsabile, a cura di C. Gubitosi, Siena. Disegno e spazio urbano,
Napoli, Giannini Editore, 1998, p. 27.
17
A. Brilli, Viaggiatori stranieri in terra di Siena, Roma, De Luca Editore, 1986, p. 138.
18
Scrive Burckhardt nel 1958 “Non si tratta dell’ordine razionale proprio di certe città barocche;
l’universo di Siena è multiforme, è corpo, anima, intelletto, come l’uomo. La città si estende lungo i
crinali di tre colline che si diramano come le venature di una foglia, così che da qualsiasi punto
panoramico, si contempli la città, la parte opposta ci appare come un’altra città, e pur sempre come la
stessa, irta di case e torri rosseggianti”. Ora in T. Burckhardt, Siena città della vergine, a cura di Maurizio
Magnini, Traduzione di Gisella Burgisser, Milano, Edizioni Arché, 1999, p. 15.
15
Montalcino e prima di lui da Francesco Patrizi il quale la attribuisce ad un certo Tibso
Colonnese, da Aschio e Senio, figli di Remo (une légende fait remonter l’origine à celle
même de Rome
19
) che fuggiti da Roma raggiungono le rive di un corso d’acqua di nome
Tressa situato a pochi chilometri dalle attuali mura cittadine
20
. I primi evidenti simboli
senesi di tale origine sono la Lupa marmorea allattante i gemelli (la Città della Lupa è la
Urb lupata, cosiddetta dall’insegna del suo supremo Magistrato ricorrente nel sigillo
pubblico) che i fratelli sottraggono allo zio prima di fuggire, e la Balzana, l’insegna
civica a due colori, bianco e nero, come i due cavalli montati dai due romani per fuggire
e, in un secondo momento, come i colori dei fumi propiziatori innalzati a Diana ed
Apollo in segno di ringraziamento
21
. Una leggenda comprensibilmente assai più
criticata è quella raccolta verso la fine del XII secolo da Giovanni Salisbury che
riconduce l’origine dei senesi alla decisione di Brenno, capo dei Galli, di lasciare in
territorio senese fanciulli, donne, anziani, feriti ed invalidi per poter procedere più
speditamente alla conquista di Roma nel 390 a.C.
Saena Vetus è l’antica città, quella che sorgeva tra la palude di Rosia e Monte Acuto,
nata dall’unione di due fortilizi, uno detto Castel Camellio o Camillo e l’altro Campo
Regio, unitisi nella dimora comune di Castelsenio dopo estenuanti conflitti superati
grazie all’intermediazione del console Flaminio inviato da Roma
22
. Saena Julia, nome
che lo stesso Giulio Cesare gli assegna, richiama la sua diretta appartenenza a Roma
imperiale dopo la Lex Julia de Civitate del 90 a.C., con la quale Siena rifiuta di unirsi ai
rivoltosi italici.
Siena è una Civitas nel senso autentico del termine perché edificata a misura d’uomo
secondo le esigenze spirituali della comunità autoctona. La Civitas senese, sorta
dall’attribuzione di un dominio ritagliato dalla vicina Volterra, è diventata prima di
tutto, nella lotta contro l’asprezza del territorio che la circonda, ragione di fierezza ed
orgoglio. Dopo l’elevazione al rango di città nasce l’esigenza di difendere strenuamente
il dominio acquisito e di competere per arricchire i possedimenti e, al fine, rafforzarsi
23
.
A questo sarebbe ricondotto il senso mistico che da più parti viene riconosciuto alla
città, alla sua vocazione autonomistica e all’origine sacra della sua storia che si sviluppa
lungo secoli di traversie: “dapprima, la vittoria nel segno della fede, poi la sfrenata
ebrezza del potere, le discordie interne, la decadenza, e finalmente l’umiliazione
estrema, preceduta da innumerevoli moniti”
24
.
Siena è una Polis in quanto lo sviluppo della sua comunità e della vita pubblica si
svolge intorno a “Il Campo”
25
, la piazza-foro civile (perché disposta davanti al Palazzo
19
P. Bourget, Le visage de Sienne, in “Terra di Siena”, Rassegna trimestrale di turismo, 1948 Anno II, n.
2, p. 1.
20
Scrive Cagliaritano su Storia di Siena che i due fratelli costruirono poco oltre la Tressa un fortilizio che
dalla collina più alta della zona dominasse il piano sottostante: “questo fortilizio ebbe il nome di
Castelsenio, l’attuale Castelvecchio, castello che in seguito suoi abitanti, memori della loro origine
etrusco-romana, denominarono non senza orgoglio il Campidoglio di Siena, in cui avrebbero avuto sede i
primi Pretori romani”. U. Cagliaritano, Storia di Siena, Edizioni Periccioli, Siena, 1982, p. 15.
21
Ibidem.
22
Ivi, p. 17.
23
L. Bortolotti, Le città nella storia d’Italia, Siena, Roma-Bari, Editori Laterza, 1983, p. 4.
24
T. Burckhardt, Siena città della vergine, a cura di M. Magnini, cit., p. 16.
25
“In questo spazio, originariamente da considerare come curva discendente di una collina, con dislivelli
notevoli, le acque piovane correvano direttamente segnando il tufo di fosse profonde. La forma era quella
di un anfiteatro naturale, ottimamente esposto. Da qui discende la necessità di utilizzare questo ampio
spazio (comprendente anche l’attuale sottostante Piazza del Mercato) operandone una radicale bonifica
iniziata con la costruzione di muri di argine. In questa operazione è il primo di una modellazione civile di
16
Comunale), la piazza-sagrato (non solo per la Cappella costruita come una loggia votiva
ai piedi della Torre del Mangia nel 1354)
26
, l’agorà
27
legata alla forma di dialogo che
assume il dibattito pubblico, la sentenza giudiziale e l’agire comune (in merito ad
argomenti che vanno dalla guerra all’intrattenimento, dallo svago al commercio, dove si
implementa lo spazio fisico del “Buon Governo” cittadino, allegoricamente
rappresentato da Ambrogio Lorenzetti tra il 1337 e il 1339).
La Piazza, con la sua caratteristica pianta a conchiglia dalle nervature in travertino, è
contemporaneamente il luogo del mercato e il centro economico e religioso, perciò vi
sorgono gli edifici pubblici più importanti, le torri, gli uffici, i templi, gli altari: “in
nessuna altra città esiste una piazza come il Campo, con la sua incomparabile armonia
di misure, piazza che il popolo senese costruì come orgoglioso teatro delle proprie
vicende”
28
.
Luogo comune a tutti i cittadini, la Piazza è stata uno degli “anfiteatri” più amati da San
Bernardino da Siena
29
, predicatore e sacerdote dell’Ordine Francescano
30
, perciò il
riferimento alla teatralità dello spazio non è casuale. Il concetto però si riferisce più
specificamente ad un’irrinunciata propensione senese verso la spettacolarizzazione
pubblica della propria anima e dell’intimo moto propulsivo che la sorregge, temi che
saranno oggetto di approfondimento successivo.
Siena è anche Civitas Virginis, la Città della Vergine di dannunziana memoria
31
, che
potrebbe fare riferimento alla Madre Beata cui i senesi sono molto devoti da quando nel
1260, alla vigilia dello storico scontro con Firenze a Monteaperti, fanno voto per
assicurarsi la vittoria, o alla Vergine Caterina Benincasa da Siena, santa patrona
d’Europa
32
. L’appellativo di Virginis potrebbe avere un’origine pagana assai più remota
e risalente all’edificazione del tempio dedicato a Minerva, la vergine dea della sapienza
di origine classica o etrusca (Men-e-rua, Merua, Mera) sulla collina di Castelvecchio
dove ora sorge il Duomo, cattedrale gotica episcopale
33
. In entrambi i casi, la città
sembra innegiare ad un supremo potere femminile che oscilla nei secoli tra sapienza e
magia, sacro e profano, fino ad assurgere a culto cristiano nell’alto medioevo
personificandosi nella Vergine Maria.
uno spazio, delimitato e caratterizzato senza per altro alterarlo”. A. Cairola, La Torre del Mangia, Siena,
Edizioni Lombardi, 1985, pp. 4-5.
26
C. Brandi, Aria di Siena, Il luoghi, gli artisti, i progetti, a cura di Roberto Barzanti, Siena, Protagon
editori, 2006, p. 85.
27
“[sic] si sa quanto sia stata faticosa la conquista da parte del Comune, pezzo per pezzo, di quell’area
che si derisava estesa quanto una civica agorà: una potenziale assemblea permanente. Il Campus Fori si
staccava un tempo dal limite delle più antiche mura che delimitavano la città culminante in Castelvecchio.
Si può immaginare uno spiazzo arruffato di congiunzione tra città e campagna, giusto davanti al punto
d’ingresso nella via che conduce alla Cattedrale o portava alla Maremma”. R. Barzanti, La Piazza come
teatro, a cura di A. Falassi e L. Betti, Il Palio, La Festa della Città, cit. p. 40.
28
T. Burckhardt, Siena città della vergine, a cura di M. Magnini, Traduzione di G. Burgisser, Conoscenza
religiosa, Milano, Edizioni Arché, 1999, p. 16.
29
Particolarmente legato alle tematiche della riconciliazione e della risoluzione nelle contese, nel 1425
San Bernardino predicò a Siena tutti i giorni per sette settimane.
30
Nel 1425, nella Cappella di Piazza del Campo, in sostituzione dello stemma visconteo della biscia
datato 1391, viene apposto il grande disco in rame dorato recante il monogramma bernardiano.
31
G. D’Annunzio, Il piacere, in Tutte le opere di Gabriele D’Annunzio. Prose di romanzi, vol. I, a cura di
E. Bianchetti, Milano, 1968, pp. 198-199.
32
P. Chiminelli, Il Genio di Siena, in “Terre di Siena”, Rassegna trimestrale di turismo, 1947 Anno 1, n.
2, p. 7.
33
T. Burckhardt, Siena città della vergine, a cura di Maurizio Magnini, Traduzione di Gisella Burgisser,
Conoscenza religiosa, Milano, Edizioni Arché 1999, p. 17.
17
Più recente è la definzione di “Città dei sogni e d’estasi dove volentieri s’indugia il
poeta e l’artista per ammirare quello che ormai è sparito da tutte le città italiche”
34
;
oppure “Siena mistica” per l’elevata concentrazione in essa di opere ed artisti religiosi
alla ricerca di un incontro immediato e irreversibile col Sacro
35
, o ancora la “Siena
onirica” descritta dalle sfumature irreali di Edward Burne-Jones nel suo Taccuino di
disegni in punta di grafite e infine la più moderna “Siena città gioviale e rissosa” di
Cesare Brandi
36
.
Parlare, dunque, della storia di Siena contemporanea e della sua immagine appare, in
linea generale, quanto meno difficoltoso, anche per il rischio di circoscrivere troppo
l’analisi o di non rendere credibile la contrapposizione ancora esistente in essa, tra
innovazione e tradizione, tra piccola e grande dimensione. Niccolò Tommaseo,
riferendosi proprio alla storia della città, parla di “storia di uno Stato” e Cesare Brandi
37
richiamando il suo antico ruolo strategico, la definisce uno “Stato-città, un punto
d’incrocio del Nord che andava a Sud”
38
. Necessario, dunque, in principio è, come
detto, lo studio della convivenza tra questi due caratteri dicotomici, innovazione-
tradizione, da una parte, piccola dimensione-grande dimensione dall’altra.
Gli elementi descritti sono diffusamente riconosciuti alla base di molti approfondimenti
tematici quali appunto il profilo dell’immagine stessa della città, della sua realtà locale,
della società nel suo insieme variegato che appaiono, almeno nelle premesse,
condizionati da un’interpretazione non univoca - cui avrebbe forse potuto obbligare la
reductio ad unum della filosofia medievale cristiana - ma piuttosto dall’interessante
sintesi di Maurizio Boldrini: “Non c’è uno stile o una verità, ci sono più stili e più verità
così come, appunto, non c’è una sola terra ma ci sono le molte terre di Siena mutevoli,
ognuna con le sue caratteristiche individuali, di indole e di lingua”
39
.
34
T. Mediani, La mistica Siena, in “Terra di Siena”, Anno XVI n. 3, p. 11.
35
M. Bussagli, Arte e magia a Siena, cit., p. 18.
36
C. Brandi, Aria di Siena, Il luoghi, gli artisti, i progetti, a cura di Roberto Barzanti, cit., p. 35.
37
Nato a Siena l’8 aprile 1906, muore nella stessa città il 19 gennaio 1988. Laureato in Giurisprudenza
nel 1927 e in Lettere nel 1928 con una tesi su Rutilio Manetti, Francesco Vanni e Ventura Salimbeni, nel
1934 consegue la Libera Docenza in Storia dell’arte medievale e moderna. Inizia nel 1930 la carriera
nell’amministrazione delle Antichità e Belle Arti presso la Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie di
Siena, riceve l’incarico a compilare il catalogo dei dipinti della Pinacoteca e l’ordinamento della
medesima nella nuova sede di Palazzo Bonsignori. Nel 1933 è assegnato alla Soprintendenza ai
Monumenti di Bologna dove organizza un primo laboratorio di restauro. Chiamato presso la Direzione
Generale delle Antichità e Belle Arti di Roma nel 1936, è nominato Provveditore agli Studi di Udine nel
1937 e trasferito a Rodi nel 1938. Rientrato in Italia si trasferisce a Roma presso la Direzione Generale
delle Antichità e Belle Arti con l’incarico di costituire l’Istituto Centrale del Restauro (1941) che dirige
fino al 1960. Nel 1967 ottiene la cattedra di Storia dell’arte moderna alla Facoltà di Lettere
dell’Università di Roma. È stato fondatore e direttore di varie riviste d’arte e collaboratore del “Corriere
della sera”. Dal 1979 è stato per vari anni Presidente del Comitato di Settore per i Beni artistici e Storici
del Consiglio Nazionale, C. Brandi, Nota Biobibliografica a cura di Roberto Barzanti in Aria di Siena,
cit., p. 19.
38
Ivi, p. 35.
39
M. Boldrini, Terre di Siena: la storia, l’arte e la cultura di una provincia unica, Protagon Editori
Toscani, Siena, 1998, p. 11.
18
Tradizione e innovazione nella storia senese
A partire dagli anni settanta del XX secolo, il sistema produttivo senese è cambiato,
caratterizzandosi per la dominante presenza di attività terziarie legate soprattutto al
nome di una delle banche italiane più forti e rinomate a livello internazionale (Giulio
Tamagnini già nel 1947 titola un suo articolo apparso su “Terra di Siena”, Una città di
banchieri
40
). Anche grazie all’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche,
dall’antichissima Università (una delle prime testimonianze dell’esistenza di uno Studio
finanziato dal Comune risale al 1260), dall’Ospedale storicamente ispirato all’ordine del
Santa Maria della Scala (una leggenda medievale senese parla di un mitico fondatore, il
calzolaio Sorore, morto nell’898), e grazie infine all’offerta turistica fortemente
attrattiva (che contribuisce al Pil locale annuo e all’occupazione senese per circa il 7%),
Siena ha aperto nuovi percorsi di consolidamento dello sviluppo verso politiche
integrate all’avanguardia
41
. La ricerca scientifica senese nel settore delle biotecnologie,
erede dell’industria farmaceutica fondata da Achille Sclavo nel 1904
42
, è una realtà
economica affermata a livello internazionale, presa a modello dai più importanti centri
di ricerca nazionali ed esteri.
Ciò nonostante, Siena rimane città nostalgica “in cui non si può vivere che nel
ricordo”
43
di ciò che fu, intimamente legata alla propria immagine di centro medievale
fortificato. All’indomani della sconfitta subita dai fiorentini, caduti i commerci, finito il
ruolo strategico di città politicamente importante, alla ricerca della propria identità,
soprattutto di natura associativa, e della consapevole accettazione di persistenti legami
civici
44
, i senesi ripiegano sulla contrada quasi a cercare rifugio e giustificazione. Scrive
Cesare Brandi: “la città rifluì in se stessa, si riabbeverò in se stessa e come mantenne il
toscano più arcaico della Toscana, si contenne nella sua urbanistica trecentesca, entro
l’ultima cerchia di mura che ancora sussiste, ancora l’abbraccia”
45
. È questo un
momento cruciale per la storia cittadina. Le contrade diventano microcosmi che
assurgono al ruolo di “piccole patrie” immerse nella “piccola patria” senese soggetta al
giogo intollerabile del dominatore, dove orgoglio e tradizione covano inquieti e
immagine e struttura storico-sociale si consolidano. Siena si riduce a città campagnola.
Solo alcune famiglie patrizie possono permettersi il lusso di restaurare i palazzi o
acquistarne di nuovi
46
. Simbolismi e raffigurazioni della realtà divengono linguaggi
manifesti a sostegno di un malcontento sopito e non violento, che obbliga alla
“protezione per la conservazione”. Allo stesso tempo, salvaguardia e immobilismo
40
G. Tamagnini, Una città di banchieri, in “Terra di Siena”, Rassegna trimestrale di turismo, 1947, Anno
1, n. 3, p. 7.
41
Un esempio è rappresentato dal progetto preliminare del 2003 per la realizzazione a Palazzo al Piano di
un polo universitario sul turismo, la cosiddetta “Accademia turistica” che integra ambiente, cultura,
turismo, imprenditorialità al fine di sviluppare un turismo intelligente.
42
L’Istituto sieroterapico e vaccinogeno Sclavo nasce nel 1904 da necessità sanitarie e precise
connotazioni organizzative. All’epoca Achille Sclavo è professore di igiene presso l’Ateneo senese: “È
l’età pionieristica del laboratorio fatto in casa. Se la scoperta del siero anticarbonchioso fotografa l’Italia
di inizio secolo, la stagione che segue la Prima guerra mondiale è ritratta a Siena dal passaggio alla
produzione su scala industriale di sieri vaccini decisivi come quelli contro il tifo e il colera”. M. Ventura,
La scommessa delle biotecnologie, a cura di R. Barzanti ed E. Zanchi, in Siena tra fedeltà e innovazione,
“Il Ponte”, Anno LXII, nn. 5-6, maggio-giugno 2006, Firenze, Il Ponte editore, p. 165.
43
C. Brandi, Aria di Siena, I luoghi, gli artisti, i progetti, op. cit., p. 35.
44
G. Maccianti, La Lenta corsa del tempo, cit., p. 134.
45
C. Brandi, Aria di Siena, I luoghi, gli artisti, i progetti, p. 36.
46
Ivi, p. 160.
19
diventano quasi naturali, inevitabili, consacrando la città al tradizionalismo che ancora
oggi, nonostante i tanti progressi compiuti, la contraddistingue. Come scrive l’Olivetti
nel suo saggio Oltre il fiume delle mura: “È da credere che questo serrarsi della città
divenga il carattere urbanistico di Siena dopo le distruzioni dell’assedio degli imperiali
e la sua consegna, con la fine della Repubblica, a Cosimo”
47
.
Alcuni approfondimenti sulla storia della comunicazione cittadina attraverso lo studio
della sua immagine.
Il più antico sigillo che ritrae l’immagine di una cittadina italiana è dei primi anni del
XII secolo e riporta la scritta “vos veteris sene signum noscatis amene” – “conoscete il
segno dell’amena antica città di Siena”
48
. Il sigillo, a metà tra simbolismo e realtà,
raffigura il primitivo nucleo di Castelvecchio, la Saena Vetus: un’alta cinta muraria con
tre torri, che racchiude un gruppo di edifici sparsi, apparentemente isolati, nello stile
urbanistico di inizio millennio. Rappresentazione simbolica e immagine traducono in
sintesi un sentimento e una vocazione cittadina verso l’apparire, la trasmissibilità di
linguaggi codificati e precisi messaggi a descrizione di uno status che varia con il
trascorrere delle epoche. Il concetto è più chiaro in un’incisione successiva del 1224
comparsa su un manoscritto che ritrae un’immagine cittadina attraverso l’antica facciata
del Duomo, ancora romanica e consacrata nel 1189, che precede otto torri cittadine alte
e sottili
49
. In questo caso, la rappresentatività ricorre più chiaramente ad un simbolo
cittadino molto noto per potersi riferire. Da allora l’immagine municipale è mutata,
come è mutato il ruolo che Siena assume nell’immaginario collettivo e nel cuore dei
senesi, ma non è difficile figurarsi come l’antico desiderio di rappresentatività ancora
dimori in alcuni significativi linguaggi cui ricorre la città per manifestarsi in epoca
contemporanea.
Mutano gli strumenti e gli scopi, ma l’immagine rimane comunque riconducibile alla
percezione che un gruppo, una comunità di individui o un singolo soggetto hanno di un
dato oggetto, inteso per facilità di interpretazione, quando riferibile alla città, come
“contesto-luogo”, o meglio, “spazio-luogo”. La lettura del territorio e della città è data
dal sovrapporsi di immagini evocate individualmente che diventano immagini collettive
attraverso tre chiavi d’interpretazione principali quali l’identità, la significatività e la
struttura
50
. L’accezione di “immagine-luogo” è dunque in tal senso e a maggior ragione
complessa, ma rispetto alla ricerca del carico valoriale e storico più evidente della città,
l’ambito di analisi deve stringersi ulteriormente fino a ripiegare sui caratteri del caso
emblematico preso in esame, attraverso l’individuazione di un modello, di una “città
simbolo” che può facilitarne la comprensione. La storia in tal senso fornisce gli
strumenti necessari alla codificazione del supposto modello e dunque la percezione del
“luogo” stesso si arricchisce di elementi ulteriori e riconducibili alla cultura, alla
società, alle tradizioni, ai linguaggi che lo caratterizzano inevitabilmente e sono più
facilmente interpretabili.
47
A. Olivetti, Oltre il fiume delle mura, a cura di G. Maccianti, La Lenta corsa del tempo, cit., p. XIV.
48
L. Bortolotti, Le città nella storia d’Italia, cit., p. 10.
49
Ibidem.
50
N. Munno, Analisi visiva e problemi rappresentativi, a cura di C. Gubitosi, Siena. Disegno e spazio
urbano, Napoli, Giannini Editore, 1998, p. 48.
20
L’immagine pubblica è direttamente riconducibile al concetto di comunicazione.
Fenomeno quantomeno interessante, la comunicazione moderna in Italia stenta ad
emergere e ad avere un riconoscimento in qualità di scienza ancora all’inizio del XIX
secolo, nonostante l’esistenza di esperienze simbolo dell’italianità molto ben conosciute
all’estero (come efficacemente illustrato da Donna Gabaccia in merito alla “creazione
degli italiani all’estero”
51
e dell’italianità, nel suo interessante libro sull’emigrazione
Emigranti. Le diaspore degli italiani dal medioevo ad oggi). Tale fattore variegato,
infatti, ha provocato, tra l’altro, un ritardo nella nascita istituzionale dello Stato italiano,
anche se non ha frenato l’affermazione del relativo senso nazionalistico, contribuendo
alla diffusione di notizie, informazioni e valori condivisi per il conseguimento del
medesimo obiettivo. La comunicazione in senso scientifico, quando intesa come
risultato della pianificazione di strumenti per il raggiungimento di specifici obiettivi, in
misura seppur minima rispetto alle significative esperienze continentali europee e
d’oltre oceano (che già prima del ‘900 maturano una coscienza di tipo unitario, in
quanto nazioni), è ricondotta in Italia ad una comunicazione di tipo locale, esempio di
un approccio privato ed esclusivo tra cittadini e potere legittimo, elementi su cui in gran
parte si cementò lo stesso fenomeno totalitario negli anni ’20 e ’30 del XX secolo. Il
caso di Siena descrive opportunamente come comunicazione ed immagine possono
interagire. Allo stesso modo, può rivelarsi piuttosto fruttuosa la scelta di una provincia,
e ancora meglio, di una città, dai simbolismi così marcati perché non richiedenti forme
eccessivamente artefatte di espressione.
Nel caso specifico, alcuni autori hanno sollevato il dubbio che le pesanti sconfitte e
l’inevitabile perdita dell’autonomia di Siena a favore di Firenze, rivale di sempre,
abbiano contribuito ad alimentare l’immagine e lo sviluppo di Siena in senso introverso
come, nelle parole di Franco Fortini, “un paese che si chiude su se stesso”
52
. Il
passaggio descritto è decisivo per la comprensione dell’analisi successiva. L’accezione
che supera alcuni intendimenti storiografici verso l’etichettamento della città in qualità
di semplice alimentatrice di una “cultura dell’isolamento”, propone piuttosto i caratteri
di una città media (dal punto di vista dimensionale), come tutte le città medie italiane,
ma dalle ampie potenzialità: piccola capitale dal punto di vista socio-culturale che “fissa
in suggestive e incisive immagini il proprio programma, la propria coscienza di sé”.
53
Vi è inoltre un segno evidente della continuità storica dello stesso concetto introdotto
sopra che mette innanzi tutto Siena, nell’ambizioso ruolo di eccellente rappresentante
del municipalismo italiano e del suo splendore medievale, “una delle più superbe
Repubbliche che abbia avuto l’Italia
54
” (quasi un segno distintivo dei simboli che
resistono ai secoli), facilmente desumibile nella definizione di Jacques Le Goff, storico
del medioevo, quando parla di “ossessione per l’immagine urbana esistente tra Tre-
Quattrocento”: “A Siena troviamo quasi un tentativo di presa di possesso magica dello
spazio urbano attraverso l’immagine, un programma ideologico e un vero e proprio
narcisismo urbano”
55
. Roberto Barzanti descrive opportunamente una “insistita
51
D. R. Gabaccia, Emigranti. Le diaspore degli italiani dal medioevo ad oggi, Torino, Piccola Biblioteca
Einaudi, Storia e geografia, 2004, pp. 49-60.
52
R. Barzanti, La dolcezza e il pugnale, intervista a Franco Fortini, in Per Franco Fortini. Contributi e
testimonianze sulla sua poesia, a cura di Carlo Fini, Liviana, Padova 1980, pp. 196 e 192.
53
R. Barzanti, Tra realtà e immagine, in “Dossier Spazio e società”, Rivista Internazionale di architettura,
Anno XII, n. 47-48, SAGEP, Genova, luglio-dicembre 1989, (a cura di) Augusto Mazzini, Carlo Nepi,
Alberto Olivetti, p. 94.
54
I. Dell’Era, Il Palio di Siena, in “Terra di Siena”, 1960 Anno XIV, n. 2, p. 19.
55
R. Barzanti, Tra realtà e immagine, op. cit., p. 94.
21
nostalgia del sogno di grandezza”
56
e specifica che tale grandezza “provoca senso
dell’autosufficienza, scarsa curiosità comparativa, spaesamento e nevrosi – [con un
riferimento volto soprattutto allo scrittore senese Federigo Tozzi, uno dei più illustri
figli della Siena contemporanea]
57
– o/e rispetto e stupore, scarsa propensione al
nuovo”. Sono elementi questi che, soprattutto in periodi di ristrettezze economiche,
difficoltà e crisi sociale, rafforzano e garantiscono la sopravvivenza e, a seconda della
prospettiva di analisi utilizzata, ammettono al confronto almeno due accezioni: una
positiva e una negativa. La prima presuppone l’affermazione di un forte senso del sé,
consapevolezza, orgoglio, passione, vanità (“…or fu già mai gente sì vana come la
sanese?”
58
), autodeterminazione, indipendenza, legame con la tradizione: “Così chiusa
sui monti, irta di altezze, aspirando ad innalzare sulle alture, essa c’insegna come gli
uomini che la costrussero seppero i tre segreti della nobile potenza: la solitudine, la
difesa e l’orgoglio”
59
. La seconda denuncia la una mancanza di flessibilità, diffidenza, e
introversione. Nello specifico del caso trattato, e in maniera semplicistica ma evidente,
tali caratteristiche arricchiscono e articolano l’approccio analitico che sarà seguito
nell’argomentare l’oggetto del discorso.
56
“E’ come se la rivoluzione borghese si interrompesse e lo spazio della città divenisse sede di dominio
prevalente,ente finanziario e agricolo, portando a difendersi e non ad espandersi. Senza voler abbozzare
superficiali spiegazioni sociologiche si può forse parlare di una situazione in cui un inevitabile processo
di marginalizzazione e la consapevolezza di un minaccioso deperimento si traducono in una cultura che
desidera perpetuare stereotipi, figure, stilemi, modi tipici di un’esperienza conclusa e autosufficiente”.
57
Federigo Tozzi nasce a Siena nel 1883. La sua famiglia si trasferisce in città da Pari. Il padre gestisce
una trattoria, ed è un uomo autoritario. La madre, invece, è un’orfana, malata di epilessia. Ritirato dal
ginnasio arcivescovile, è iscritto all’Istituto di Belle Arti, dal quale viene poi espulso per cattiva condotta.
Passa, quindi, alle scuole tecniche, che conclude. Con il padre ha un rapporto assai aspro: il genitore, non
accetta che Federigo trascorra il tempo dedicandosi alla letteratura, piuttosto che ad aiutarlo
nell’amministrazione della trattoria e dei campi. Lo stesso Federigo sviluppa un carattere aggressivo che
gli procura instabilità emotiva. Alla ricerca dell’indipendenza economica, si reca a Roma con la moglie,
la scrittrice, Emma Palagi. Nella capitale fa il giornalista per un certo periodo, poi lavora in un Ministero.
Conosce Luigi Pirandello e, soprattutto, Giuseppe Antonio Borgese, il quale diviene il curatore della
pubblicazione delle sue opere. Da Roma si trasferisce a Pontedera, cui è assegnato avendo vinto un
concorso nelle Ferrovie. Viene, infine, trasferito a Firenze. Morto il padre, eredita i tre poderi che quegli
aveva acquistato nella campagna di Siena. Decide così di lasciare il suo lavoro per dedicarsi
all’amministrazione dell’azienda familiare. Non interrompe mai, tuttavia, i rapporti con la letteratura:
collabora con diverse riviste letterarie, fondandone egli stesso una, «La Torre», definita “organo della
reazione spirituale italiana”. Sentimentalmente instabile, anche le sue idee politiche mutano radicalmente,
dalle iniziali simpatie anarchico-socialiste ad un cattolicesimo reazionario. Il suo primo romanzo è Con
gli occhi chiusi, uscito nel 1913. Durante la Grande Guerra è volontario nella Croce Rossa. Muore a
Roma nel 1920 all’età di 37 anni, a causa di una polmonite.
La sua grandezza di scrittore è dovuta ad una trilogia di romanzi sull’ “inettitudine”: Con gli occhi chiusi,
Tre croci, Il podere. Ad eccezione delle prime due, tutte le sue opere, dalle poesie degli esordi ai romanzi
della maturità furono pubblicati postumi, a cura di Giuseppe Antonio Borgese. Importante è anche la
raccolta di prose Bestie, scritta nel 1917, frutto della momentanea adesione dello scrittore alla poetica del
“frammento”, diffusa in quel periodo dal gruppo artistico de «La Voce».
Verga ha una presenza letteraria costante nell’opera di Tozzi, come ha rilevato lo stesso Borghese. Tozzi,
tuttavia, non condivide del grande scrittore siciliano l’impersonalità dell’opera d’arte. Egli, infatti, è
profondamente coinvolto nelle vicende dei personaggi che racconta. “Federigo Tozzi - ha scritto Giorgio
Van Straten - ha pagato caro il luogo comune di essere toscano”.
58
D. Alighieri, La Divina Commedia, XXIX canto dell’Inferno, versetti 121-123.
59
Giovanni Papini, in L’Insegnamento di una città, “Terra di Siena”, Rassegna trimestrale di turismo,
1947, anno I, n. 1, p. 6, apparso anche su “Il Regno”, n. 14, 28 febbraio 1904, oggi in C. Maccianti, La
lenta corsa del tempo, Siena di fronte alla modernità tra XX e XX secolo, Siena, Il Leccio editore, 2006,
p. 225.
22
La comunicazione pubblica trova, soprattutto in questo modo, naturale e favorevole
declinazione nell’immagine e nel messaggio che, grazie ad essa, hanno maturato nel
tempo un significato simbolico e valoriale assai distintivo e quasi irreale: “Architetture,
luoghi, rapporti, la stessa forma urbana nella sua arrovellata organicità ritengono lo
stigma, l’impronta di funzioni o ambizioni dissonanti rispetto al presente,
inevitabilmente più banale e comune”
60
. Immagine e messaggio sono, in tal senso,
sintetizzati innanzi tutto nell’urbanizzazione, negli elementi architettonici della città
[ecco il ritorno alla pietra di Siena, alla Terra di Siena!], che descrivono un primo
impatto visivo di indubbia forza. In “L’insegnamento di una città”, Giovanni Papini
scrive ancora a proposito di questo elemento:
“Siena è tutta una gigantesca lezione, fatta di pietra e di mattoni, ornata di sculture e di affreschi
impressa sulle linee dei palazzi e al sommo delle torri, distesa sui colli come una stella
rosseggiante in mezzo al verde. Lezione che non si chiude nelle mura di un vecchio edificio, ma
si mostra aperta e chiara alla carezza solare e al tremito delle stelle, che non si restringe a certe
ore e a certi momenti ma in ogni istante aspetta gli occhi che la sappian leggere e gli orecchi che
l’ascoltino
61
”.
A cominciare da tali presupposti ricchi di significato e mettendo temporaneamente da
parte le valutazioni analitiche di carattere puramente architettonico o sociologico, che in
questo specifico contesto, se pur utili, potrebbero rivelarsi approssimative ed
inadeguate, la lettura e lo studio dei media pubblicati nel periodo in esame (1943-1963)
forniranno un’interessante introduzione al tema della comunicazione locale. Si
procederà poi con un approfondimento sui caratteri più propriamente culturali e sociali
della vita cittadina, ma anche sullo studio simbolico dei suoi monumenti e dei “luoghi
d’identità locale”.
Immagine e comunicazione pubblica, tra passato e presente.
In qualità di strumento analitico che sarà utilizzato solo quale supporto esplicativo di
alcuni concetti più complessi, la comunicazione locale appare in tale contesto l’ambito
di affermazione più coerente della stessa immagine senese, oltre che il più affascinante.
L’immagine cittadina, nell’accezione ampia che si è cercato di dare alla stessa, si
manifesta ed è visibile nei luoghi del vissuto quotidiano, nello spazio urbano, negli usi e
nei costumi. In tal senso diviene comunicativa (un processo che descrive semplicemente
il trasferimento di un messaggio da un emittente ad un ricevente). Quando a comunicare
sono aspetti urbanistici e architettonici, soprattutto se appartenenti ad una città che è
stata iscritta nel 1995 nel registro Unesco dei luoghi “patrimonio dell’umanità”, le fonti
sono manifestamente interpretabili come “pubbliche”, perché superano qualsiasi limite
spaziale, assumendo carattere immateriale rispetto all’osservatore. Tale interpretazione
si presta ad una realistica lettura della città di Siena in quanto simbolismo, carico
valoriale, senso comunitario e di appartenenza hanno contraddistinto la sua storia
secolare e potere, ricchezza ed orgoglio hanno affermato la loro stessa essenza nei
palazzi, nelle ville, nelle piazze, nell’arte e nelle strade del centro urbano.
60
R. Barzanti, Tra realtà e immagine, op. cit., p. 95.
61
L’Insegnamento di una città, di Giovanni Papini, in “Terra di Siena”, Rassegna trimestrale di turismo,
1947, anno I, n. 1, p. 5, art. cit.