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introduzione
In un momento storico in cui, nella parte di mondo che ci è familiare, è molto forte
l’attenzione al benessere e alla qualità della vita, si è scelto di mettere a fuoco la
questione della sicurezza, componente che incide negativamente su di esse.
Spesso in primo piano nell’agenda politica e nei media, la sicurezza è un concetto
diffuso quanto elastico, capace di attirare a sé innumerevoli ed eterogenee istanze.
Prendendo a prestito la definizione francese di sécurité, essa è basilarmente intesa
come convinzione, più o meno fondata, di essere al riparo dal pericolo (Amendola,
2003b) che minacci interessi morali e materiali.
Nella consapevolezza di un diffuso aumento della richiesta di sicurezza emerge
come questa domanda non riguardi solo l’effettivo pericolo di atti criminosi ma in
più larga misura la paura ansiogena che essi possano accadere (Amendola, 2003b).
Accanto a risposte emergenziali ed emotive, risulta sempre più necessario dare
corpo ad interventi preventivi e sistematici per i quali non sembrano però sufficienti
i soli interventi delle Forze di Polizia, da sempre impegnate nel far rispettare la
legge e l’ordine. Vengono chiamate in causa anche le Amministrazioni Locali ed
i cittadini, che si trovano ad agire ed interagire all’interno di un ampio mercato di
prodotti e soluzioni specifiche.
Nelle politiche che lavorano per garantire la sicurezza, oltre all’approccio legato
al concetto di ordine pubblico, sono venute maturando anche attenzioni di tipo
sociale per la riduzione di potenziali fattori criminogeni, quali lo svantaggio e la
deprivazione tra la popolazione. Proprio in questi aspetti è l’interesse classico della
sociologia, che di riflesso si occupa anche di ciò che promuove la sicurezza, cioè
l’integrazione, la prevenzione sociale e la tutela dei diritti.
Si è fatta spazio però negli ultimi decenni anche una terza chiave di lettura e di
azione: la prevenzione ambientale, cioè la possibilità che gli elementi e gli usi di
un contesto riescano a limitare un evento criminale.
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In questo lavoro viene presentata la strategia Crime Prevention Through Environmental
Design (CPTED) come possibile mezzo di prevenzione della criminalità che
coinvolge interessi e competenze multidisciplinari, dall’architettura alla psicologia
alla sociologia. CPTED non è l’unica sigla sotto la quale si esprimono concetti,
strategie e strumenti che hanno lo scopo di minimizzazione del crimine, ridurre
la paura e migliorare la qualità della vita tramite l’uso ed il disegno dello spazio:
Defensible Space, Environmental Security, Security by Design, Designing out Crime,
sono alcune di queste (Crowe, 2000). Qui si intende approfondire specificatamente
la strategia CPTED, Crime Prevention Through Environmental Design, senza
escludere la ricchezza di ogni altro contributo, che molto spesso presenta elementi
di somiglianza e sovrapposizione. Privilegiare questo singolo acronimo è inteso
come una semplificazione formale, che può rendere facilmente riconoscibile e
spendibile all’interno di un processo di pianificazione un’attenzione progettuale e
gestionale che non ha ancora conseguito, in Italia, un ruolo definito.
Obiettivo e struttura della tesi
Attraverso la presentazione delle basi teoriche della sicurezza, del crimine, della
strategia CPTED, di casi operativi in Italia e all’estero ed infine la raccolta di alcune
interviste, ci si pone l’obiettivo di chiarire in che modo in essa lavorino le componenti
del disegno e dell’uso dell’ambiente costruito.
Cercando risposta alla domanda se possa bastare un disegno appropriato per
minimizzare il crimine oppure se siano necessari anche determinati usi dello spazio,
si proverà a declinare potenzialità e limiti della strategia, articolandone azioni ed
attori coinvolti. Nell’esperienza di Casal Bertone a Roma, in particolare, trattandosi
di un intervento residenziale privato, si valuta se sia un particolare modello di risposta
alla domanda di sicurezza, cioè una Gated Community (Comunità Protetta).
L’elaborato è quindi diviso in quattro capitoli:
- nel primo si presentano i concetti di sicurezza, paura e devianza nella riflessione
sociologica: i concetti di base, le forme in cui si esprime la criminalità, gli attori che
operano nel suo contrasto e la relazione tra sicurezza e spazio urbano;
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- nel secondo trova spazio la presentazione della strategia CPTED, la sua origine,
diffusione ed utilizzo, con particolare attenzione al contesto europeo ed italiano;
- nel terzo si presentano alcuni casi operativi di prevenzione ambientale al crimine:
1- alcuni siti nella città di Bristol in Inghilterra, soggetti a valutazione specifica
da parte della Polizia secondo un protocollo formale di collaborazione con il
Dipartimento di Pianificazione. Nel giugno del 2005 è stato prodotto dal professor
Henry Shaftoe dell’Università West of England di Bristol (Faculty of the Built
Environment) un documento di valutazione di tutto il processo di collaborazione
e dei risultati ottenuti nei siti specifici;
2- La rotatoria stradale di St. James Barton (The Bear-Pit, la Buca dell’Orso), spazio
pubblico centrale su cui stanno tuttora insistendo azioni di Crime Prevention allo
scopo di valorizzarne e renderne sicura la frequentazione. La presentazione di
queste esperienze inglesi si basa su un’intervista ad Henry Shaftoe e sull’analisi
di materiali in lingua originale da lui prodotti oppure raccolti in internet;
3- Il complesso residenziale Rèdais a Casal Bertone, quartiere di Roma: un
intervento residenziale privato per il quale è stato richiesto dal costruttore un
intervento di prevenzione del crimine al Centro Ricerche e Studi su Sicurezza e
Criminalità (Rissc). In questo caso, oltre al materiale fornito e alle informazioni
recepite frequentando il Centro Ricerche, ho svolto un sopralluogo nel mese di
gennaio 2012 per raccogliere testimonianze fotografiche ed interviste.
Dopo la presentazione di ciascun caso si chiarisce in che modo lavorino le componenti
del disegno e dell’uso dell’ambiente costruito e quali attori siano coinvolti.
- nel quarto ed ultimo capitolo si riassumono i punti forza e i limiti di questa strategia
attraverso la rilettura critica dei casi presi in esame.
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Cap. 1 Sicurezza: paura, crimine e spazio urbano.
La sicurezza è da sempre una necessità primaria e da sempre si teme di perderla: in
questo primo capitolo si presentano i concetti di sicurezza e paura nella riflessione
sociologica, si descrivono le modalità in cui si esprime la criminalità, gli attori che
operano per contrastarla e la relazione tra sicurezza e spazio urbano.
1.1 Le componenti della sicurezza
Essere al sicuro è uno dei bisogni psicologici primari per un essere umano (Maslow in:
Amendola, 2003b: 6); mancando questa condizione si indebolisce quel complesso
di fattori che determinano una buona qualità di vita.
Attraverso il lavoro si è sempre cercato il sostentamento ed il mantenersi al sicuro
dal punto di vista economico mentre con l’associazione in entità sociali di varia
ampiezza (dalla tribù allo Stato) si è cercato di garantirsi da possibili aggressioni.
Parlare di sicurezza significa considerare non solo il pericolo oggettivo di fronteggiare
episodi dannosi statisticamente rilevabili ma anche, e sempre di più, prendere in
considerazione la paura e l’ansia di poterli vivere in prima persona. Si tratta di una
componente percettiva ed emozionale che non si cura di valutare la probabilità
effettiva che i fatti accadano (Amendola, 2003b: 98) ma che ha la forza di generare
conseguenze reali, tanto che molto spesso la paura nasce e cresce senza alcun
contatto diretto con episodi circostanziati. Questo è testimoniato per esempio da
un sempre maggior divario tra i dati statistici della criminalità e quelli sui timori e le
inquietudini: i primi non sono cresciuti quanto i secondi (Amendola, 2003b: 9).
Bauman distingue tre dimensioni della sicurezza, individuando un collegamento
tra le dimensioni psicologiche e sociologiche della sicurezza:
- sicurezza esistenziale (security), ciò che si è acquisito e non va messo in
discussione perché può danneggiare la capacità di elaborare scenari futuri;
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- certezza (certainty), la necessità di strumenti di valutazione per discriminare tra
giusto ed ingiusto, tra bene e male;
- sicurezza personale (safety), l’incolumità del proprio corpo, dei propri affetti e
del proprio spazio (Battistelli, 2008: 22, 53).
Secondo Bauman la domanda di incolumità fisica assorbe e rappresenta gli altri
significati, nel discorso pubblico e nelle azioni delle istituzioni, perché solo in essa
si possono individuare cause concrete e prospettare soluzioni fattibili.
1.2 La Paura
La paura governa il genere umano.
Il suo è il più vasto dei domini.
Non c’è nulla nel creato più abbondante della paura.
Come forza modellatrice è seconda solo alla natura stessa.
Saul Bellow
Prendendo a riferimento la psicosociologia cognitivista, la paura è descritta come un
sentimento fondamentale di adattamento all’ambiente, gli stimoli del quale vengono
valutati sulla base di schemi innati, culturali, esperienziali e sociali (Amendola,
2003b: 81), al fine di produrre un’adeguata reazione comportamentale, reale e
misurabile (Amendola, 2003a: 266).
Scherer propone uno schema sul controllo degli stimoli (in Amendola, 2003b: 82)
che si sviluppa in 5 momenti sequenziali:
1- la valutazione della novità dello stimolo;
2- il controllo se esso sia piacevole o meno;
3- il controllo se esso sia congruente o meno coi bisogni del soggetto;
4- la valutazione di come far fronte alle conseguenze dello stimolo;
5- il controllo della compatibilità dello stimolo con le norme sociali.
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Dopo ciascuna fase di controllo può scaturire un’emozione di
- precauzione,
- timore
- inquietudine pervasiva,
conseguenza di una mancata comprensione dello stimolo (Amendola, 2003b: 85).
E secondo le parole di Bauman “La paura più temibile è...diffusa,...indistinta,...si
intravede ovunque, ma non si mostra mai chiaramente” (Bauman, 2008: 4).
1.2.1 La paura nella storia
La paura è da sempre compagna degli essere umani, con modalità diverse nel
tempo e nei luoghi (Amendola, 2003b: 3): cambia di conseguenza chi prova paura,
il motivo per cui la prova e chi o che cosa la provoca.
Se nel passato erano la fame, il freddo, le epidemie e le guerre ad alimentare reali ed
immaginarie paure (Lupton, 2003: 7) in questo nostro periodo storico il sentimento
di paura si esprime come timore della criminalità, delle incertezze ambientali,
sanitarie, economiche ed affettive (Lupton, 2003: 9).
Variano nel tempo e nei luoghi anche le strategie di risposta: magie e gesti
scaramantici, preghiere, calcoli razionali, sistemi di prevenzione. Tutte però
avevano ed hanno uguale scopo: affrontare ed esorcizzare, cioè allontanare, ansie
e paure (Amendola, 2003a: 162), dando a chi le pratica la sensazione di esercitare
una qualche forma di controllo sul proprio mondo (Lupton, 2003: 8).
La presenza costante della paura nella storia si è sopita parzialmente negli anni
Cinquanta e Sessanta del Novecento, nei paesi coinvolti nello sviluppo industriale
(Amendola, 2003b: 6, 7). La diffusa fiducia nella scienza e nella tecnologia è stata
volano dello sviluppo economico, che ha portato un benessere mai conosciuto
prima ed un sistema di Welfare State diffuso e ramificato.
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1.2.2 La paura nella postmodernità
Anche se si riteneva che scienza e tecnologia avrebbero potuto rendere la vita
più sicura e prevedibile, già dagli anni Settanta ci si è scontrati con l’inizio di una
postmodernità incerta e multiforme (Amendola, 2003b: 136).
Hanno iniziato a manifestarsi infatti a livello mondiale numerosi fattori:
- la globalizzazione economica, culturale, tecnologica, politica;
- l’inquinamento ambientale ed il rischio nucleare;
- l’aumentata instabilità e precarietà lavorativa;
- i flussi migratori verso paesi che prima ne erano estranei (Amendola, 2003a: 23).
Essi hanno portato ad un aumento della complessità e dell’incontrollabilità di tutte
le dinamiche umane.
Tutte le dimensioni della sicurezza individuate da Bauman sono sotto minaccia:
- la sicurezza esistenziale è attaccata dal liberismo economico;
- la certezza è fiaccata dalle molte e contraddittorie interpretazioni del mondo;
- l’incolumità è esposta a pericoli reali o potenziali.
Su questo terreno è cresciuta un’insicurezza globale che viene prima di tutto
dall’inadeguatezza delle nostre istituzioni, e che si riflette poi nella vita personale,
nel privato di ciascuno (Giddens, 2000: 31). Ci è restituita allora la definizione
di cittadino globale solitario (Bauman in Amendola, 2003a: 258), stordito da
un’aumentata eterogeneità e diseguaglianza sociale e culturale, non più protetto da
una cornice di tutele statali universali.
Queste trasformazioni sociali hanno allentato le sicurezze personali e disarticolato
legami comunitari, imponendo cambiamenti ai quali non tutti i cittadini sono
stati in grado di far fronte. I soggetti in maggiore difficoltà sono in particolare le
persone anziane, componente demografica in grande aumento soprattutto in Italia
(Amendola, 2003a: 98, 138).
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1.2.3 il ruolo dei mezzi di comunicazioni di massa
Nella destrutturazione dello scenario quotidiano, individuale e globale, è importante
anche il ruolo giocato dai mezzi di comunicazione di massa.
Vanno poste in rilievo soprattutto le capacità di:
- imporre ed organizzare le priorità collettive (Agenda Setting);
- indebolire il confine tra realtà e finzione;
- comprimere spazio e tempo, rendendo vicini avvenimenti lontani
(Amendola, 2003a: 270).
I media sono certamente i destinatari di molte istanze di sicurezza ma ne sono in
larga misura anche i promotori (Battistelli, 2008: 25). Ponendo in rilievo soprattutto
episodi eclatanti, drammatizzandoli e spettacolarizzandoli, essi rendono normali
fatti che in realtà sono eccezionali.
L’amplificazione di un evento criminoso da parte dei media colma le lacune
informative dovute ad una minor coesione e comunicazione sociale ma lascia
ciascun individuo da solo a gestire una soverchiante potenza informativa.
Essa, facendo leva su una strategia dell’allarme, riesce ad incrementare un timore
che va oltre i fatti oggettivi.
1.3 Crimine e Devianza: i concetti di base
Come abbiamo sottolineato nel paragrafo1.2.1 la criminalità è uno delle principali
fonti della paura contemporanea. Nella trattazione sociologica le principali teorie
che tentano di spiegarla sono riconducibili a due concezioni di base:
- una concezione giusnaturalistica, che considera il crimine un fatto assoluto,
cioè una categoria di “atti a sé stanti chiaramente individuabili come crimine
dalla coscienza comune di tutti i popoli”, come una lesione della vita sociale in
ogni epoca ed organizzazione (Gallino, 2004: 177, 178);
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- una concezione relativistica, legata allo studio della devianza e del controllo
sociale, che considera il crimine un “atto che viene definito od etichettato
(labelled) come tale dagli agenti del controllo sociale (polizia, giudici, psichiatri,
esperti di diritto penale)” (Gallino, 2004: 178).
La concezione giusnaturalistica si preoccupa di ricercare ed interpretare le cause
del manifestarsi della criminalità, considerata una forma di patologia sociale che
colpisce individui socializzati in modo non adeguato o incompleto.
Essa va combattuta con forme appropriate di prevenzione e reazione, volte a
minimizzare il numero di coloro che si sottraggono al consenso generale riguardo
alle norme regolatrici della vita privata e pubblica.
La concezione relativistica pone invece il suo interesse nei meccanismi del controllo
sociale e negli agenti che su di esso intervengono.
é proprio in virtù di meccanismi socio-culturali di valutazione che avviene la
criminalizzazione, cioè la produzione materiale del criminale da parte di chi è
deputato a combattere questi fenomeni (Gallino, 2004: 179).
A questo proposito va introdotto il concetto di devianza, cioè un atto, comportamento
o espressione che viola le norme di una collettività e che viene quindi sanzionato;
esso è definibile come deviante solamente in riferimento allo specifico contesto
socio-culturale in cui ha luogo.
Il termine devianza è stato mutuato dalla statistica, dove deviazione designa il
valore di uno scostamento rispetto alla tendenza centrale di una distribuzione, che
è la norma statistica (Gallino, 2004: 217).
Lemert, in particolare, distingue tra:
- devianza primaria, cioè una violazione delle norme considerata marginale da
chi la compie, che diventa però
- devianza secondaria nel caso in cui venga riconosciuto pubblicamente colpevole
di tale atto, quindi condannato come deviante.