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Introduzione
Il presente lavoro muove dalla considerazione che il disagio soggettivo
dell’essere umano sia espressione del contesto sociale, economico e culturale
in cui si presenta. Ogni società riproduce la propria cultura e ai mutamenti
storico-sociali si accompagna un mutamento delle forme psicopatologiche.
Nel giro di pochi decenni alcune modalità sintomatiche si sono ridotte
notevolmente (pensiamo ai fenomeni isterici di conversione somatica), mentre
altre stanno avendo una diffusione epidemica (emblematici sono i sintomi
anoressici e bulimici).
Nel tentativo di trovare una giustificazione alla variazione delle forme
psicopatologiche contemporanee, il capitolo primo è dedicato al cambiamento
sociale nel passaggio dall’epoca moderna a quella postmoderna, al declino
della funzione paterna, all’attuale difficoltà di stabilire dei legami consistenti e
significativi. Saranno poi approfonditi i concetti di dipendenza strutturale – in
quanto appare essere insita nella natura stessa dell’essere umano - e di
dipendenza patologica dall’oggetto-sostanza, quale volontà di godimento
autistico conseguito senza alcun riferimento all’Altro.
In questa trattazione sono prese in esame non le dipendenze da sostanze,
bensì quelle che hanno per oggetto un comportamento ripetuto in modo
incontrollato, che dalla letteratura internazionale vengono chiamate new
addictions.
Si tratta spesso di comportamenti socialmente riconosciuti e accettati,
considerati in alcuni casi normali abitudini della vita quotidiana - quali
l’utilizzo di Internet, il lavoro, lo shopping, il gioco d’azzardo, il sesso, le
relazioni sentimentali - che però in alcuni casi sconvolgono e invalidano
7
l’esistenza del soggetto e delle persone a lui vicine, divenendo delle vere e
proprie patologie in cui sono riconoscibili sintomi simili alle tossicomania e
all’alcolismo.
Non essendo possibile dare una visione approfondita di tutte le nuove
dipendenze questo lavoro si focalizza su due di queste: shopping compulsivo e
gioco d’azzardo patologico, rispettivamente trattate nel capitolo secondo e nel
capitolo terzo.
Entrambi i comportamenti sono stati prima indagati e spiegati
all’interno di un più vasto problema socio-culturale, mettendo in risalto la
valenza che gli acquisti e il gioco assumono per l’individuo. Oltre alla
fenomenologia, ai dati epidemiologici e ai criteri diagnostici, ampio spazio è
riservato ai vissuti emotivi e alle conseguenze che il comportamento provoca a
breve e a lungo termine.
Nonostante la prospettiva teorica assunta faccia prevalentemente
riferimento ad un approccio psicodinamico, ho voluto inserire tutte le possibili
forme di trattamento, nella forte convinzione che soggetti diversi tra loro
possano trarre giovamento da approcci differenti. Quindi, oltre ad una
psicoterapia a orientamento psicoanalitico, sono esposti anche metodi e
obiettivi di psicoterapie a orientamento cognitivo-comportamentale e a
orientamento sistemico-relazionale, nonché l’importanza di un trattamento
farmacologico e del valore aggiunto dei gruppi di auto-aiuto.
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Capitolo 1
Nuove dipendenze
La prospettiva psicoanalitica
1.1 L’epoca postmoderna
Il concetto di modernità è da associare ad un periodo storico in cui ,
nonostante i numerosi cambiamenti avvenuti a livello sociale, per l’individuo
rimanevano ben saldi (e anzi si rinforzavano) i punti di riferimento a cui era
storicamente abituato.
L’epoca moderna è non a caso l’epoca delle istituzioni totali, della
fabbrica, della caserma, della scuola, del carcere; l’epoca in cui una rigida
delimitazione e la creazione di confini era l’obiettivo a cui aspirare,
l’imperativo dominante
2
.
Sicurezza, ordine e certezza sono acquisizioni moderne a cui non si può
rinunciare, indispensabili per il quieto vivere di una società civile, ma che non
si possono ottenere senza pagare un prezzo: la libertà.
Come ben espresso da Freud
3
, la civiltà moderna impone, infatti, un
2
Z. Bauman, La società dell’incertezza, Il Mulino, Bologna , 1999.
3
S. Freud, Il disagio della civiltà, Boringhieri, Torino, 1978.
9
compromesso: la limitazione del principio di piacere (espresso attraverso la
sessualità e l’aggressività) che deve sottostare al principio di realtà, ossia al
rispetto delle regole che la società impone.
Con questo scambio simbolico l’uomo accetta di sacrificare una parte
della propria possibilità di felicità per ottenere la sicurezza tanto agognata
nell’epoca moderna.
Ma oggi ha ancora senso parlare di modernità?
La risposta a questa domanda arriva dall’opera di Lyotard che definisce
l’epoca attuale “postmoderna” in quanto caratterizzata da uno sfaldamento dei
principi, da una caduta degli ideali e delle certezze, dal conseguente affermarsi
dell’idea che nulla è definitivo e che la stabilità è un’utopia così come tutte le
categorie fondamentali della società moderna
4
.
Nella società contemporanea l’individuo non ha più intenzione di cedere
il proprio diritto a godere in cambio di un po’ di sicurezza:
Nello scambio simbolico qualcosa si guadagna e qualcosa va
irrimediabilmente perduto: la vecchia regola rimane vera oggi come un tempo.
Solo che i guadagni e le perdite hanno invertito le loro posizioni: gli uomini e le
donne postmoderni scambiano una parte delle loro possibilità di sicurezza per
un po’ di felicità. Il disagio della modernità nasceva da un tipo di sicurezza che
assegnava alla libertà un ruolo troppo limitato nella ricerca della felicità
individuale. Il disagio della postmodernità nasce da un genere di libertà nella
ricerca del piacere che assegna uno spazio troppo limitato alla sicurezza
individuale
5
.
In accordo con quanto affermato da Bauman possiamo quindi definire il
4
J. Lyotard, La condizione postmoderna, Idee \ Feltrinelli, Milano, 2006.
5
Z. Bauman, op.cit., p. 10
10
postmoderno come l’effetto collaterale e imprevisto della modernità, il
risultato di un eccesso di ordine che ha portato al crollo del moderno su se
stesso.
Si tratta di un mutamento che coinvolge la società, la struttura familiare,
le relazioni tutte, e anche la costruzione del mondo interno e dell’identità.
Nel parlare di postmodernità non si può non porre l’accento sul ruolo
che i mass media hanno avuto e continuano ad avere sul cambiamento del
sociale.
Se da un lato la comunicazione di massa ha prodotto effetti positivi
come rendere possibile la diffusione di informazioni ad un sempre maggior
numero di individui, dall’altro ha generato conseguenze problematiche e tra
loro interconnesse.
Le nuove tecnologie, nate dall’intento di fornire più informazioni, ne
hanno generate troppe. Ormai da decenni assistiamo ad un bombardamento di
immagini che peraltro hanno sempre meno in comune con la realtà esterna
mentre il vero referente, ciò che sta al di fuori e che costituisce la realtà,
sparisce: riceviamo talmente tanti messaggi che tutti diventano scarti inerti e
privi di valore
6
.
Le immagini e il linguaggio finiscono per riferirsi solo a se stessi: un
gioco di specchi dove segni e codici proliferano e producono altri segni in un
ciclo senza fine.
Immagini, segni e messaggi ci invitano al consumo senza limite (non è
questo lo scopo della pubblicità?), a comprare, usare e gettare per poi
ricominciare da capo. Il successo dipende da quanto si è in grado di
6
J. Baudrillard, Lezione inaugurale della Scuola Superiore di Studi umanistici sulla Produzione e
Trasmissione della Memoria, università di Siena, da “REPUBBLICA”, 9.5.2003.
11
consumare ma anche da fattori ancora più sfuggevoli quali giovinezza e
fascino, i soli in grado di dare un senso al nostro esistere e che permettono di
acquisire un’immagine di Sé diversa a seconda del momento
7
.
Così come gli oggetti e le identità “possono essere adottate e scartate
come se si trattasse di un cambio di costume”
8
, anche le odierne relazioni
umane sono improntate su legami inconsistenti e il legame con l’Altro
9
sembra
non avere più alcun valore intrinseco ma è visto solo come possibilità per
ottenere altri tipi di gratificazioni.
Se da un lato la società ha sempre meno argomenti fondati sull’Altro, a
livello familiare l’inesistenza dell’Altro procede parallelamente al declino
della funzione paterna (le declin du nom du pére)
10
. “Nel passato l’Edipo
costituiva la legge […] che permetteva di regolare la spinta pulsionale a favore
della sublimazione, vale a dire a favore della possibilità di ottenere altre
soddisfazioni nel legame sociale con gli altri”
11
, ma nell’attuale famiglia
7
A. F. Firat, Fragmentation in the postmodern, “ Advances in Consumer Research”, 1992. Cit. in Z.
Bauman., La società dell’incertezza, Il Mulino, Bologna , 1999.
8
C. Lasch, L’io minimo. La mentalità della sopravvivenza in un’epoca di turbamenti, Milano, Feltrinelli,
1987.
9
Lacan parla di “Altro” maiuscolo per segnare la differenza con l’“altro” minuscolo inteso come simile,
come altro io. “L’Altro scritto maiuscolo è l’Altro del linguaggio, l’Altro simbolico, l’Altro delle leggi della
cultura, l’Altro nel cui campo il soggetto si trova strutturalmente inscritto.” M. Recalcati, “Antiamore: il
rifiuto dell’altro nelle patologie della dipendenza” , in G.Grando (a cura di), Nuove schiavitù. Forme attuali
nella dipendenza. Franco Angeli, Milano, 2007.
10
Il termine Nome-del-Padre è utilizzato da Lacan per riferirsi all’elemento terzo che interviene nella coppia
madre-bambino (con una duplice manovra di interdizione, rivolgendosi sia al bambino che alla madre) e che
nella vita del soggetto costituisce quel supporto normativo che collega la Legge al desiderio, consentendo al
soggetto di accedere alla funzione simbolica, cioè alla possibilità di dare un senso all’esperienza. Grazie al
marchio simbolico del Nome-del-Padre, che permette l’inserimento nella dialettica Soggetto-Altro, il
soddisfacimento pulsionale non è riducibile ad un mero sfogo istintuale ma è strutturalmente legato alla
presenza dell’Altro.
11
I. Ramaioli, Il vuoto e la sua clinica, Costruzioni psicoanalitiche, Franco Angeli, n. 2\2002, p. 140.
12
occidentale non c’è posto per la triangolazione edipica tipica dell’epoca di
Freud, e la figura del padre temuto e indiscusso, impositore di limiti e divieti,
non va data per scontata.
Se, infatti, la metafora paterna ha lo scopo di interdire il bambino da un
godimento
12
eccessivo, aprendo in questo modo la strada alla dialettica del
desiderio
13
, la caduta della funzione paterna lascia invece posto ad un
godimento senza limiti - perfettamente rappresentato dalla forma postmoderna
di edonismo individualistico - in cui non è previsto spazio per l’Altro.
1.2 I sintomi contemporanei: dalla mancanza al vuoto
Alla luce delle profonde trasformazioni che hanno investito le nostre
condizioni di vita, bisogna guardare in modo diverso al binomio civiltà e
disagio in quanto ogni patologia non è mai avulsa dal contesto storico-socio-
culturale in cui si presenta.
Il modo in cui si presenta il disagio nella civiltà contemporanea rivela
una trasformazione radicale rispetto a ciò che Freud ne ha detto ne “Il disagio
della civiltà”.
12
Il godimento non deve essere inteso esclusivamente come piacere ma come un misto di piacere e dolore,
una “soddisfazione autodistruttiva , maligna, spinta libidica irresistibile verso qualcosa che arreca al soggetto
una sofferenza che lo fa godere”. D. Cosenza, Jacques Lacan e il problema della tecnica in psicoanalisi,
Astrolabio, Roma, 2003, p. 29.
13
Il soggetto in perdita di godimento è “mancante” e come tale “desiderante”. Questa è la duplice funzione
paterna: da una parte l’interdizione e dall’altra l’abilitazione al desiderio.