Introduzione
Nelle opere di Shakespeare sono ricorrenti
alcuni temi quali l'amore - per le persone,
per la patria - l'amicizia, l'onore, il buon
governo, la legge, l'ambiguità e, si
potrebbe dire onnipresente, il tradimento.
Qui ci si vuole occupare appunto
del tradimento nell'opera del drammaturgo
elisabettiano, e delle sue diverse forme, con l'intenzione di inquadrare
l'argomento - non certo di esaurirlo - e di stimolare qualche riflessione,
essendo questo 'vizio' sempre molto attuale.
Come mai Shakespeare ha voluto mostrarci questo 'peccato' -
emblematico dell'umana debolezza - sotto tanti aspetti, attraverso
personaggi, situazioni e contesti diversi, insistendo su di esso nelle
tragedie, ma anche nelle commedie - in tono più leggero - e addirittura nei
Sonetti?
Verrebbe quasi da credere che ci sia stato un trauma, nel suo
vissuto personale, ad averlo segnato in modo indelebile e che, nel
tentativo di esorcizzarlo, di superarlo, l'uomo Shakespeare si sia trovato a
rappresentarlo ripetutamente, sviluppandolo di volta in volta in modo
differente, di pari passo con la propria maturazione psicologica e artistica.
Ma è altrettanto plausibile pensare che, vista l'epoca in cui l'autore
visse, il suo legame con il Conte di Southampton
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(suo mecenate) e di
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Henry Wriothesley (Cowdray, 6 ottobre 1573 - 10 novembre 1624) III conte di
Southampton. Patrono di William Shakespeare, a lui sono dedicati i due poemetti
giovanili del Bardo, Venere e Adone e Il ratto di Lucrezia, le uniche opere pubblicate
direttamente da Shakespeare. Oggi è ricordato soprattutto per essere stato
identificato da molti studiosi come il misterioso "fair friend" cui Shakespeare si rivolge
nella prima parte della sua raccolta di sonetti e a cui si riferisce la sigla "Mr. W.H."
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questi con Lord Essex (Robert Devereux
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), e poi quello non meno
importante con Giacomo I
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, Shakespeare si trovasse ad assistere,
certamente da un punto di vista privilegiato, a quanto accadeva a corte e
da lì si propagava al resto del paese, e a doverlo rendere comprensibile -
e forse accettabile - agli occhi dei propri connazionali e spettatori, o
magari, perché no, anche a se stesso.
William Shakespeare non scriveva certo solo per diletto, o per
dilettare il suo pubblico: egli era uno straordinario comunicatore 'politico'. Il
suo messaggio era diretto a spettatori appartenenti a tutti gli strati sociali
(il teatro era, infatti, all'epoca, un 'livellatore sociale' e il suo interno era
considerato una sorta di 'no man's land' che accoglieva chiunque in
eguale maniera) e, comunque si fosse in grado di interpretarlo,
raggiungeva e avvinceva i destinatari. E li informava o li educava mentre
parlava in modo direttamente comprensibile a diversi livelli, ma in
particolare ad un'élite più raffinata, in gran parte costituita da studenti di
giurisprudenza e futuri common lawyers, ospiti delle Inns of Court
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,
peraltro situate nelle vicinanze dei teatri, che si trovavano ai limiti (esterni)
della City. Il teatro, nel sedicesimo secolo, svolgeva la migliore funzione
mediatica, o sarebbe meglio dire l'unica esistente se vogliamo non tener
conto della Chiesa. Come ci dice Andrew Hadfield, nel 1595 ogni
settimana assistevano a rappresentazioni teatrali ben 15.000 londinesi, su
una popolazione totale di 200.000 individui, popolazione che raggiunse,
posta da Thomas Thorpe nella prima edizione della raccolta.
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Robert Devereux, II conte di Essex (10 novembre 1566 - 25 febbraio 1601), fu a lungo
favorito della regina Elisabetta I d'Inghilterra. È il più conosciuto fra quelli che hanno
portato il titolo di "Conte di Essex". Dopo una campagna fallimentare contro i ribelli
irlandesi durante la Guerra dei nove anni nel 1599, tornato in patria cercò di
organizzare una sommossa popolare e fu giustiziato per tradimento.
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La carriera di Shakespeare si identifica con la storia della compagnia teatrale dei
Chamberlain's Men che, sotto Giacomo I, assunsero il nome di King's Men. La
compagnia divenne la favorita a corte, e godette d'ininterrotta prosperità.
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Le Inns of Court erano in pratica dei collegi universitari per gli studenti di
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durante i trent'anni successivi, i 400.000 abitanti, dei quali ben 25.000
frequentavano settimanalmente i teatri
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. Neanche i cittadini appartenenti
ai ceti più poveri rinunciavano all'intrattenimento offerto dalle compagnie
teatrali e, sebbene ignorante, anche questo pubblico era molto smaliziato
e non privo di sensibilità politica, e coglieva prontamente ogni riferimento,
per quanto sottilmente mascherato, alla realtà contemporanea. Ed il teatro
elisabettiano era appunto uno specchio di questa realtà, trattando
puntualmente, nel caso di Shakespeare, temi e problemi di interesse
pubblico, con le dovute precauzioni rispetto ad organi di censura (il Revels
Office e il Master of the Revels) che tuttavia, sia con Elisabetta I che con
Giacomo I, non erano eccessivamente rigidi.
Il fil rouge di questo lavoro è il tradimento come strumento del male nella
lotta contro il bene. Il saggio si articola secondo una logica di pensiero
che lega l'opera di Shakespeare, superbo indagatore e decifratore della
natura umana in tutte la sue sfaccettature, con l'idea, presumiamo da lui
condivisa, della necessità di far prevalere la luce sulle tenebre, l'ordine sul
caos, il bene sul male, se non per una questione morale, sicuramente per
agevolare le pratiche di buon governo e pubblico interesse.
Il concetto di tradimento, non a caso, si presta ad interpretazioni
ambigue, perciò, dopo averlo chiarito per quanto possibile a partire dalle
origini etimologiche del verbo da cui il sostantivo deriva, attraverso i suoi
sviluppi nel tempo, si accennerà alle diverse tipologie di tradimento,
giurisprudenza; dapprima nate come residenze e luoghi d'incontro per avvocati,
divennero le istituzioni più importanti per la formazione di coloro, tra di essi, che
volevano specializzarsi in common law. Le Inns of Court ancora esistenti sono Gray's
Inn, Inner Temple, Lincoln's Inn e Middle Temple: sono attualmente associazioni
professionali con sede a Londra di cui deve essere membro ogni barrister, avvocato
appartenente ad una delle due categorie nelle quali si divide la professione legale in
Inghilterra e Galles; vi fanno parte anche i giudici tratti da questa categoria. Le Inns of
Court curano la formazione e regolano la professione dei propri membri, nei confronti
dei quali hanno anche funzioni disciplinari; provvedono, inoltre, a fornire materiale
stampato, a mettere a disposizione locali per l'esercizio della professione e alla
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sempre allo scopo di vivisezionare il suo significato e dimostrare che, a
seconda della motivazione che porta a tradire, e al contesto, la percezione
e la tolleranza di quest'azione deplorevole cambia.
Ci si soffermerà più a lungo, poi, su una figura di traditore
shakespeariano piuttosto anomalo, così anomalo da non sembrare
neanche umano. Iago, infatti, si direbbe più una personificazione del
diavolo (in greco, tra l'altro, 'diavolo' vuol proprio dire calunniatore
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).
In fin dei conti, il villain (nell'Otello il personaggio di Iago) del teatro
elisabettiano, altro non è che l'evoluzione del vice
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dei morality plays
medievali e rappresenta per estensione, per l'appunto, il maligno.
Per concludere, si paragonerà Iago a Macbeth, altro grande
traditore di Shakespeare, invece così “umano”, e per questo inadeguato
ad un'impresa, quella del tradimento, che per avere successo richiede
assenza di tentennamenti e rimorsi, che inevitabilmente ne
comprometterebbero il buon esito.
somministrazione dei pasti ai membri. Ogni Inn of Court ha una chiesa o una cappella
annessa ed è il luogo in cui i barrister svolgono il loro periodo di formazione e
praticantato. L'incremento del numero dei professionisti e l'esigenza di disporre di
locali più moderni hanno spinto diversi barrister a svolgere la loro attività al di fuori
delle Inns of court a partire dalla fine del XX secolo.
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Andrew Hadfield. Shakespeare and Renaissance Politics.
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Il termine "diavolo" deriva dal latino tardo diabŏlus, traduzione fin dalla prima versione
della Vulgata (V secolo d.C.) del termine greco Διάβολος, diábolos, ("calunniatore",
"accusatore"; derivato dal greco -διαβάλλω, diabàllo, composizione di dia "attraverso"
bàllo "getto, metto", indi getto, caccio attraverso, trafiggo, metaforicamente anche
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'TRADIRE'
1.1 “Treason never prospers. What's the reason? If it
prosper, none dare call it treason”
Cosa significa “tradire”? Per sapere di cosa stiamo parlando, è
interessante innanzitutto conoscere l'etimologia di questo verbo e come si
sia via via impoverito delle sue differenti accezioni, per denotare soltanto,
attualmente, un'azione deplorevole. Il semiologo Massimo Leone, in un
suo articolo del 2003
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, ce ne fornisce un'utile panoramica:
Molte delle parole che designano il tradimento, perlomeno nelle
varie lingue europee, derivano dalla parola latina "traditio", che
a sua volta traduce due parole greche differenti: "διαδίδωμι" e
"παραδίδωμι". La prima significa "trasmettere, passare
qualcosa a qualcuno", mentre la seconda esprime il concetto di
"consegnare qualcuno al nemico con la frode". In latino,
mentre la parola "prodigio" si riferisce unicamente al verbo
greco "παραδίδωμι", il verbo "tradere" ed il sostantivo "traditio"
hanno assorbito entrambi i concetti di tradizione ("διαδίδωμι") e
tradimento ("παραδίδωμι").
La maggior parte delle lingue europee moderne e
contemporanee utilizzano parole diverse al fine di distinguere
fra una trasmissione positiva ed una negativa, vale a dire fra
"tradizione" e "tradimento". Al contempo, però, queste parole
calunnio). Nell'antica Grecia διάβολος era un aggettivo denotante qualcosa, o
qualcuno, calunniatore e diffamatorio; fu usato nel III secolo a.C. per tradurre, nella
Septuaginta, l'ebraico Śāṭān ("avversario", "colui che si oppone", "accusatore in
giudizio", "contraddittore"; reso negli scritti cristiani come Satanas e qui inteso come
"avversario, nemico di Dio").
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Il suo scopo era quello di portare il protagonista verso il peccato. D’altra parte, nei
morality plays, il protagonista umano non essendo mai un personaggio eroico e
brillante, era indotto facilmente in tentazione. Questo protagonista era debole, noioso
e di solito il pubblico tendeva a simpatizzare con i personaggi negativi perché più
accattivanti e divertenti. Quando il protagonista umano si redimeva dalla caduta nel
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sono spesso assai simili, specie nelle lingue romanze, e
manifestano con trasparenza una comune origine etimologica:
"tradimento" e "tradizione" in italiano, "trahison" e "tradition" in
francese, "traición" e "tradición" in spagnolo, "traição" e
"tradição" in portoghese, "tradare" e "traditie" in rumeno, e così
via.
Inoltre, vari giochi di parole ed invenzioni letterarie sembrano
suggerire che il tradimento e la tradizione siano sempre in
qualche modo connessi. Da un lato, ogni tradizione è una
forma di tradimento; è la trasmissione di un costrutto culturale a
qualcuno che è differente, e quindi possibilmente ostile. Ciò è
particolarmente evidente nell'immaginario della traduzione
letteraria, la cui funzione principale è quella di trasmettere un
significato tramite una lingua aliena, che assume dunque un
ruolo sia di tradizione che di tradimento (si pensi al celebre
detto "il traduttore è un traditore", o al dilemma se sia
preferibile una brutta [traduzione] fedele o una bella
[traduzione] infedele). Dall'altro lato, il tradimento è una forma
di tradizione. Ciò è perfettamente illustrato dall'immaginario
proverbiale che caratterizza il tradimento dai Greci in poi. Un
famoso proverbio greco afferma:
φιλεῖν μέν προδοσίαν, προδότην δέ μισεῖν
che significa: "ama il tradimento, odia i traditori". Questo
apoftegma augustano, riportatoci da Plutarco sia nella Vita di
Romolo, sia nei Romanorum apophtegmata, sopravvisse
all'impero romano, fu popolare nel Medioevo nella versione
latina "amo proditionem, odi proditorem" e trova traduzioni
equivalenti in molte lingue europee. Il significato (o uno dei
significati) di questo proverbio, e le ragioni per le quali esso
spiega perché il tradimento sia una forma di tradizione, sono
sagacemente illustrati da un aforisma inglese del
diciassettesimo secolo, assai popolare nell'ambiente forense:
Treason never prospers. What's the reason?
If it prosper, none dare call it treason.
Così, il tradimento che prospera, il tradimento che ha
successo, non viene mai definito come tale. Questo
slittamento semantico da una connotazione negativa del
tradimento ad una sua valorizzazione positiva è un
peccato, anche il pubblico catturato dal ‘male’ si purificava e riconosceva la differenza
tra il bene e il male.
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Massimo Leone. Necessità di Giuda - Onestà, disonestà e tradimento.
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meccanismo particolarmente importante nell'ambito dei corto-
circuiti che la storia ha spesso registrato fra esempi di
disonestà ed esempi di slealtà o infedeltà. Come si vedrà,
l'accusa infamante di tradimento è stata rivolta anche a coloro
che, di fatto, non si erano macchiati di questa colpa, ma di una
mera trasgressione delle leggi o, peggio ancora, di un
allontanamento rispetto ai canoni morali vigenti in un certo
luogo ed in una certa epoca storica. In altri termini,
l'estensione del termine tradimento (un concetto che nella
filosofia del linguaggio indica l'insieme di oggetti cui un
predicato può riferirsi correttamente), è stata di volta in volta
allargata in modo che coprisse - e rivestisse di un'ombra
d'infamia e riprovazione sociale - non solo i comportamenti
lesivi di una qualche fedeltà, ma anche quelli che
contrastavano una legge, una norma, una morale, o un'etica.”
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