Introduzione
In India nell'aprile del 1985 una donna musulmana di nome Shah Bano ottenne dalla
Corte Suprema indiana il riconoscimento del diritto ad essere mantenuta dal marito
Muhammed Ahmed Khan, dal quale era stata lasciata diversi anni prima. La sentenza della
Corte suscitò diverse reazioni dai vari membri della società indiana, andando ad creare nuove
discussioni tra noti personaggi del mondo religioso e di quello secolare indiano.
Il seguente elaborato tratta del caso giuridico Shah Bano e del dibattito da esso generato,
sviluppatosi nella seconda metà degli anni '80. Al centro della questione si trova il problema
del mantenimento della donna divorziata nell'Islam, e di come la questione sia stata
interpretata dalla Corte Suprema, che rappresenta il potere secolare in India, e dalla comunità
musulmana, in primis l'All Indian Muslim Personal Law Board, un'organizzazione istituita nel
1973 preposta alla custodia e alla protezione della comunità musulmana indiana e della
Muslim Personal Law. La vicenda permette di esplorare le contraddizioni insite nel sistema
giuridico indiano, dove sussiste una tensione di fondo tra le Religious Personal Laws, che si
occupano del diritto personale delle comunità religiose, e le leggi secolari dello Stato.
Attraverso l'analisi della discussione è mia intenzione dimostrare come l'interpretazione dei
testi sacri sia divenuta sinonimo di potere e di rivendicazione dell'autorità tra il secolarismo
dello Stato e il carattere religioso delle sue componenti, ovvero le varie comunità del
subcontinente. E' mia intenzione inoltre sottolineare la centralità che il colonialismo ha avuto
per la genesi delle contraddizioni dei sistemi legali presenti oggi in India, in particolare, per le
discordanze esistenti tra Religious Personal Laws e il Codice Penale indiano. Riconoscere la
centralità di tale dicotomia risulterà essenziale per comprendere a fondo la vicenda di Shah
Bano, dalla quale emergono le contraddizioni del sistema legale, che oggi permeano la società
plurireligiosa indiana. Infine, desidero mostrare come Shah Bano sia diventata la vittima di un
sistema in cui potenti attori sociali agiscono motivati da interessi personali di natura
economica e politica, sacrificando i segmenti più vulnerabili della società indiana, in primis,
le donne.
Il caso Shah Bano ha ricevuto grande attenzione a livello internazionale, diventando un
importante punto di riferimento per chiunque si sia occupato o voglia occuparsi della
questione delle Personal Laws in India e del loro rapporto con lo Stato indiano. La vicenda,
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diventata un caso storico, è stata oggetto di diverse attenzioni e di innumerevoli trattazioni da
parte di scrittori, giornalisti, attivisti, studiosi di mondo islamico ed esperti di fiqh. Il caso ha
suscitato dibattiti e discussioni su alcune questioni tra le quali la parità di genere, i diritti
umani (specialmente delle minoranze), l'interpretazione del diritto islamico e il delicato
problema del rapporto tra secolarismo e religione. La vicenda ha segnato una profonda
spaccatura nella comunità musulmana indiana, con ripercussioni anche sul piano
internazionale, dove ha generato discussioni sul significato di alcune prescrizioni contenute
nel Corano. Il caso Shah Bano ha rappresentato la prima, unica, vera vittoria di una donna
che, facendo appello al potere secolare, ha visto riconosciuti i propri diritti civili di cittadina
dello Stato indiano, nonostante i vari ostacoli riscontrati e dovuti al suo essere donna e di
bassa casta (e nonostante il successo sia stato solo temporaneo, poichè è stato subito
cancellato dall'emanazione del Muslim Women Act). Il caso, inoltre, si pone come importante
punto di riferimento all'interno dell'acceso dibattito sviluppatosi dagli anni '80 sulla proposta
di istituzionalizzare il Codice Civile Uniforme (UCC) a tutte le comunità religiose, un
provvedimento che ancora oggi si trova al centro dell'agenda politica. Queste considerazioni,
in particolar modo, sono state alla base del mio desiderio di dedicare la seguente trattazione,
seppure breve, alla celebre vicenda di Shah Bano. La difficoltà emersa durante la
documentazione è stata principalmente quella di avere accesso ad articoli e libri che si
occupassero della questione. Essendo infatti quasi completamente assente una bibliografia di
riferimento in lingua italiana, i testi a cui ho dovuto attingere sono interamente in lingua
straniera. Ciò ha sollevato il problema della traduzione dei termini riguardanti la sfera
giuridica del sistema legale indiano, i quali spesso non trovano un corrispettivo nella nostra
lingua. Per la ricerca dei documenti e degli articoli, mi sono quasi interamente servita di
Internet, il quale mi ha consentito l'accesso ad un vastissimo numero di riviste in lingua
inglese, attraverso il portale di ricerca MyEd a disposizione degli studenti dell'Università di
Edimburgo, dove ho svolto un periodo di scambio di nove mesi grazie al programma di studio
europeo Erasmus. Dopo aver analizzato le differenti opinioni degli autori, ho operato un
confronto del modo in cui essi hanno riportato i fatti, tenendo ben in considerazione il ruolo
sociale o la posizione religiosa che rivestivano, soprattutto nel caso essi fossero musulmani
(tale considerazione sarà importante soprattutto nel dibattito che dividerà i conservatori dai
riformisti, descritto nel terzo capitolo). Inoltre, il sito IndianKanoon mi ha consentito di
recuperare tutti gli articoli dai codici giuridici indiani, nonchè il documento originale della
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sentenza “Moh. Ahmed Khan vs Shah Bano Begum” della Corte Suprema.
Il presente lavoro si articola in tre sezioni: il primo capitolo vuole fornire una cornice
introduttiva alla storia dell'evoluzione del sistema giuridico musulmano in India. Partendo da
una breve introduzione relativa alla dinastia Moghul, l'attenzione si concentra
prevalentemente sul periodo coloniale, in modo particolare il XIX secolo e i primissimi
decenni del XX. E' proprio durante quest'epoca, infatti, che si ebbe la codificazione del diritto
musulmano, attraverso la selezione da parte degli inglesi di alcune norme legate alla sfera
famigliare, poi tradotte nelle Religious Personal Laws. Parallelamente alla codificazione del
diritto musulmano, si verificò la promulgazione del codice penale e di altre normative di
stampo secolare, le quali legittimeranno lo stato coloniale prima, e lo stato indiano poi, a
legiferare in alcuni ambiti che prima appartenevano alla sfera religiosa. Questo dualismo che
comporta la separazione del diritto religioso da quello secolare sarà al centro del conflitto di
Shah Bano, descritto nel secondo capitolo, dove la Corte Suprema e l' All Indian Musulim
Personal Law Board negozieranno il diritto di interpretazione e di autorità sulla questione del
mantenimento.
Il secondo capitolo tratta nello specifico del caso di Shah Bano attraverso l'analisi del
verdetto della Corte Suprema. Dopo aver riassunto la storia di Shah Bano e suo marito, si
vuole riportare il modo in cui la Corte Suprema interpretò alcuni concetti coranici (quello di
mahr e di iddat) per giustificare il proprio punto di vista ed affermare il diritto di intervenire e
stabilire la validità della propria posizione. Il capitolo offre un breve excursus su entrambe le
prescrizioni al centro della controversia, al fine di spiegare come esse siano state presentate in
alcuni punti del Corano e, al contrario, di quali fonti, sia la Corte che la sua controparte, si
siano servite per dimostrare la loro correttezza.
Nel terzo capitolo, infine, viene discusso il dibattito provocato dalla sentenza della
Corte Suprema. Il capitolo prende in considerazione i diversi personaggi intervenuti
all'interno della disputa, attraverso l'analisi del modo in cui si posizionano in riferimento al
ruolo che rivestono nella società indiana, facendo particolare attenzione alle rivendicazioni
dell'All Indian Muslim Personal Law Board, una delle organizzazioni musulmane più potenti
in India. Il dibattito si sposta così dalla questione del mantenimento a quella più generale di
chi, all'interno di una società multiculturale, abbia l'autorità di legiferare e interpretare circa
gli ambiti religiosi. Il capitolo si concluderà con la presentazione del Muslim Women Act,
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che, sebbene fortemente contestato da numerosi gruppi, istituzionalizzerà una nuova gerarchia
di potere, a capo della quale si insedierà la parte più conservatrice della comunità musulmana
indiana, a discapito dei settori più marginali della società, in primis, le donne.
Con il seguente lavoro si è cercato quindi di offrire una panoramica vasta ma unitaria,
intrecciando insieme la storia dell'evoluzione delle Religious Personal Laws, la recente
vicenda di Shah Bano e un futuro in cui l'India dovrà trovare un compromesso tra le
componenti religiose e quelle secolari, le quali promettono di irrompere nella scena politica
con l'introduzione del Codice Civile Uniforme (UCC).
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Capitolo primo
In cerca di un sistema giuridico musulmano: dai Moghul alla fine del colonialismo. La
legalizzazione delle Religious Personal Laws.
“Muslim religious identity in India has become virtually coterminous with Muslim Personal
Law. Yet the religious‘“community” identity that is claimed today as natural and prior to all
other identity is no more primordial than the nation is.”
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1.1 Introduzione
Nella società indiana contemporanea, a ciascuna comunità religiosa viene garantita la
possibilità di esercitare le pratiche riguardanti la sfera del diritto famigliare attraverso le
Religious Personal Laws, costituzionalmente riconosciute. Esse vennero istituite in epoca
coloniale, col fine di assicurare la continuazione di alcune usanze religiose locali e garantire
una certa non-interferenza dello stato coloniale con le consuetudini della comunità locale
musulmana. La Personal Law modellata sul diritto islamico, e detta per questo Muslim
Personal Law, garantisce che alcuni ambiti riguardanti questioni famigliari, come la
successione, l'eredità, il matrimonio, il divorzio, il mantenimento, siano regolati dal diritto
musulmano, secondo quanto confermato dallo Shariah Act del 1937.
Prima del colonialismo, la popolazione “nativa” del subcontinente indiano seguiva sistemi di
legge tradizionali locali, diversificati non solo da regione a regione, ma di villaggio in
villaggio. Gli inglesi, stabilitisi a Calcutta intorno al 1690, dalla fine del Settecento iniziarono
sempre più ad interevenire nell'amministrazione del vasto territorio conquistato. In
particolare, la politica utilitarista che adottarono intorno agli anni '30 dell'Ottocento stravolse
l'esercizio locale della legge: l'introduzione di codici di diritto e delle strutture ispirate al
sistema inglese sostituirono definitivamente i sistemi di governo locali. Solo alcune pratiche,
in quanto identificate dagli inglesi come connesse alla religione, e quindi legate alla sfera
“privata”, vennero preservate: queste avrebbero costituito il nucleo delle future Religious
Personal Laws.
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Menon, State, Community and the Debate on the Uniform Civil Code in India in Mahmood Mamdani
Beyond Rights and Culture Talk: Comparative Essays on the Politics of Rights and Culture, New York, St
Martin's Press, 2000, p. 81
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