1
INTRODUZIONE
Il sistema finanziario globale, per sua natura intrinseca dinamico e mutevole, ha,
storicamente, alterato le sue caratteristiche e strutture in base alle esigenze
dell’economia e agli sviluppi sociali. Ciò è ancor più vero negli ultimi decenni in cui il
sistema di intermediazione bancaria tradizionale ha subito profondi cambiamenti ed è
stato posto dinanzi a sfide da cui non sempre ne è uscito vincente. L’elemento
caratterizzante tale cambiamento può essere descritto con un solo termine:
“disintermediation”. Questa espressione si traduce nella emarginazione delle banche
dal ruolo tipicamente rivestito nella catena di intermediazione del credito e
nell’affermazione di un sistema bancario ombra che, specularmente, ha assunto un
ruolo sempre più rilevante nel contesto dei sistemi finanziari globali.
La locuzione che dà il titolo alla presente trattazione – shadow banking – è
soventemente utilizzata per descrivere qualsivoglia tipologia di intermediazione del
credito - intesa come attività di sintesi tra l’offerta e la domanda di risorse finanziarie -
posta in essere al di fuori del perimetro del sistema bancario (in tal senso
disintermediation) “regolare” e “regolamentato” e, dunque, non soggetta alla normativa
ed alla vigilanza prudenziale prevista, invece, per gli istituti bancari.
Invero, la locuzione shadow banking non rispecchia l’impiego della più elevata delle
tecniche giuridiche definitorie che derivano la descrizione puntuale di un fenomeno
dalla sua analisi critica. La terminologia, tuttalpiù, ha una derivazione che potremmo
definire, non già giuridica, bensì “letterario-giornalistica”, la quale, solitamente, non
viene impiegata dal legislatore nazionale od internazionale nella formulazione delle
disposizioni giuridiche che, in quanto tali, devono garantire una descrizione veritiera e
dettagliata, nonché chiara, della norma contenuta e, da ultimo, dell’oggetto delle
stesse.
Il fatto che il Financial Stability Board (FSB), ovvero la Commissione Europea (CE) -
giusto per citare alcune delle istituzioni coinvolte - abbiano deciso di utilizzare la
suddetta espressione per dare un “nome al protagonista” dell’immensa produzione
normativa degli ultimi anni, costituisce di per sé un motivo di riflessione.
A ben vedere, in realtà, non è la prima volta che “immagini morali/letterarie” sono
utilizzate nel contesto della regolamentazione finanziaria. La riforma del Glass-Steagal
Act (1933), risposta del Congresso americano alla crisi finanziaria del 1929, fu
promossa, nei famosi “fireside chats” dell’allora presidente F.D. Roosevelt, non già
2
disquisendo in merito all’importanza di una adeguata regolamentazione prudenziale
per assicurare la stabilità sistemica, bensì servendosi del contrasto concettuale
esistente tra i modelli di banca commerciale, definita come “produttiva”, e di banca di
investimenti, che, in accezione alquanto negativa, veniva definita “speculativa”
1
.
Ancora, il Securities Act dello stesso anno fu “venduto” come la legislazione che
avrebbe promosso la “verità”
2
(intesa nell’accezione di trasparenza) e non, come
parrebbe più incline alla logica finanziaria, l’efficienza del sistema mediante transazioni
più trasparenti. La storia, quindi, suggerisce che non è del tutto errato “vivacizzare” il
linguaggio del regolatore a condizione, però, che la terminologia impiegata, di
qualsivoglia derivazione essa sia, renda intellegibile in modo chiaro ed esplicito il
perimetro cui l’attenzione del regolatore debba rivolgersi.
Tuttavia, l’auspicabile chiarezza non è sempre ravvisabile nelle policy regolamentari
di indirizzo relative al fenomeno dello shadow banking system. La più stabile e diffusa
delle definizioni, quella prodotta dal FSB, descrive lo stesso come il «sistema di
intermediazione creditizia che coinvolge entità ed attività al di fuori del sistema
bancario tradizionale» il quale può generare «rischi di natura bancaria - a causa
dell’elevata trasformazione delle scadenze e della liquidità, dell’uso eccessivo della
leva finanziaria, delle sue forme imperfette di trasferimento del rischio di credito - e
possibili forme di arbitraggio regolamentare
3
». Una definizione, questa, che costituisce
un arduo esercizio letterario e che, come si vedrà nel primo capitolo della presente
trattazione, ha dato adito a numerose critiche dovute, in particolare, alla molteplicità
delle differenti interpretazioni potenzialmente deducibili dalla stessa.
Il tentativo di concettualizzazione posto in essere è stato, fin da subito, accompagnato
da ulteriori sforzi in termini di misurazione del fenomeno e raccolta dei dati, i quali sono
ben lontani dal costituire mere espressioni metaforiche, in quanto mostrano, in termini
numerici, l’impressionante pervasività e rilevanza del sistema “ombra”. Stando ai dati
diffusi dal FSB
4
, lo shadow banking ammontava a circa ventiseimila miliardi di dollari
nel 2002, per poi triplicare la propria misura nel 2007, e, dopo una breve battuta
d’arresto negli anni della crisi finanziaria del 2007 -2008, ha ripreso la sua crescita
1
L’intervento riformatore mirò proprio ad istituire una separazione legale, obbligatoria, tra i due modelli
di business al fine di evitare che ripercussioni meramente finanziarie di carattere negativo potessero
ripercuotersi sull’economia reale.
2
La normativa, infatti, divenne nota con la locuzione “Truth in Securities Act”.
3
FINANCIAL STABILITY BOARD, Shadow Banking: Strengthening Oversight and Regulation.
Recommendations of the Financial Stability Board, Basilea, ottobre 2011.
4
Id, Global Shadow Banking Monitoring Report 2014, 30 ottobre, 2014, pp. 2-3, 8.
3
ininterrottamente. Alla luce di ciò, e del ruolo svolto dallo shadow banking nel contesto
della crisi finanziaria, i regolatori internazionali hanno posto in essere dei piani che,
lontani dalla vuota retorica, delineano un’agenda strutturata in quattro principali
obiettivi: (i) la regolamentazione delle interazioni tra le banche e le entità “shadow”
(regolamentazione indiretta); (ii) regolamentazione delle stesse entità ed (iii) attività
ombra; nonché (iv) politiche macro-prudenziali
5
. Obiettivi che senz’altro dimostrano un
approccio attento e cauto, nonché pragmatico e razionale, al sistema bancario ombra
e ai connessi rischi.
Alla luce di tale affermazione, dunque, si deve riscontrare che, in via di principio, non
vi sarebbe alcun elemento contrario all’impiego di una terminologia - in altri termini
rispetto a quanto sopra - leggermente più “evocativa”. Tuttavia, il problema
dell’espressione “shadow banking” non risiede né nella sua derivazione, né tantomeno
nell’accezione negativa che la stessa conferisce al fenomeno, quanto nella erronea
caratterizzazione dello stesso a causa di almeno tre riduzionismi: in primo luogo,
utilizzare una espressione di nuovo “conio” come la presente, suggerirebbe che si tratti
di un fenomeno, appunto, recente, piuttosto che un episodio ricorrente, come si vedrà
nel primo capitolo, nell’ambito della regolamentazione finanziaria. Ciò porta con sé il
pericolo di un’azione regolamentare che trascuri le lezioni del passato, che sono
fondamentali nella definizione delle soluzioni per il futuro. Ancora, l’attenzione verso
l’“arbitraggio regolamentare” può rappresentare un problema nella misura in cui il
legislatore non consideri che, talvolta, come si vedrà nell’ultimo capitolo del presente
lavoro in relazione alle pawing companies in Cina, l’intermediazione finanziaria ombra
può derivare anche da quelle che verranno definite “forme legali di arbitraggio
regolamentare”, nonché da forme di interazioni ben più complesse che si oppongono
a semplificazioni terminologiche. Infine, individuare lo shadow banking system come
un qualcosa nato e sviluppatosi “all’ombra del” (ovvero “in parallelo al”) sistema
bancario tradizionale potrebbe comportare una sottovalutazione dei profondi
mutamenti, sia del sistema finanziario nel suo complesso, sia delle dell’economia
reale. Verrà infatti argomentato, anche mediante un approccio in chiave comparatistica
avente ad oggetto la Cina, che il sistema bancario ombra, in alcuni sui risvolti,
rappresenta una “adaptive efficiency” rispetto alla domanda di risorse finanziarie da
parte dell’economia reale, e in particolare delle piccole e medie imprese, che talvolta
vengono escluse dal circuito tradizionale dell’intermediazione del credito bancario.
5
Ibid, p. 15.
4
Il problema, dunque, in tutta la sua complessità, non può essere risolto esclusivamente
con la “semplice” estensione dell’ambito di applicazione della normativa prudenziale
riservata alle banche che, talvolta, può dimostrarsi l’elemento catalizzatore del
fenomeno stesso, come si avrà modo di osservare nella prima sezione del secondo
capitolo.
Da tutto quanto precede, ne consegue la necessità di una comprensione più profonda
del fenomeno e, soprattutto, delle origini dello stesso. La presente trattazione, infatti,
dopo aver tratteggiato in via preliminare nel primo dei tre capitoli, la definizione ed i
componenti principali dello shadow banking system, ha quale obiettivo quello di
analizzare, nel secondo capitolo, da una parte l’intervento del legislatore comunitario
e domestico volto al contenimento dei rischi sistemici, dall’altra le innovazioni politico-
regolamentari la cui ratio dimostra che, dopo diversi anni di tentativi volti alla sola
limitazione del fenomeno, il legislatore europeo, così come quello nazionale, ha
realmente compreso i benefici che tale sistema può apportare all’economia reale.
A livello comunitario, nonostante le recenti minacce ai valori fondanti della stessa
Unione, una nuova era di riforme orientate in tal senso ha avuto inizio, nel 2015, con
l’azione programmatica della Capital Markets Union
6
con l’obiettivo di contribuire a
creare un vero mercato unico dei capitali tra gli Stati membri nonché, per quanto
d’interesse del presente lavoro, ad ampliare il novero delle fonti alternative di
finanziamento, complementari al circuito di intermediazione bancaria convenzionale,
che, secondo la Commissione, dovrebbero rivestire un ruolo di maggior peso nel
finanziamento delle imprese.
A tal riguardo, sarà interessante descrivere l’approccio del legislatore domestico che,
a differenza di quello comunitario, nell’accingersi a regolamentare lo shadow banking
system, e ancor di più nel dimostrare un’apertura verso nuovi canali di intermediazione
del credito, deve tenere conto del fatto che tra l’impostazione di fondo della questione
data a livello comunitario, e quella italiana, vi sia un rilevante “dislivello” normativo.
L’importanza di tale differenziazione deriva dal fatto che l’ordinamento italiano ha
optato di avere un approccio molto più restrittivo rispetto alla legittimazione alla sola
6
COMMISSIONE EUROPEA, Libro Verde, Costruire un'Unione dei mercati dei capitali, 18 febbraio 2015.
Consultabile all’indirizzo: <http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=COM:2015:63:FIN>;
COMMISSIONE EUROPEA, Piano di azione per la creazione dell'Unione dei mercati dei capitali,
Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e
sociale europeo e al Comitato delle Regioni, Bruxelles, 30 settembre 2015. Consultabile all’indirizzo:
<http://ec.europa.eu/fin ance/capital-markets-union/docs/building-cmu-action-plan_en.pdf>.
5
attività di finanziamento, i.e. l’attività di erogazione del credito non abbinata all’attività
di raccolta del risparmio.
Nella normativa comunitaria, infatti, seppur l’attività bancaria, la cui definizione è
ricavabile solo per relationem dalla definizione di “enti creditizi
7
” (i.e. i soggetti che tale
attività possono porre in essere in via esclusiva qualora autorizzati), sia oggetto di una
riserva espressa, così come l’attività di raccolta del risparmio, la sola attività di
finanziamento, non costituisce, invece, attività riservata.
Differentemente, il nostro ordinamento - per ragioni diverse legate alla piaga dell’usura
e al contrasto al riciclaggio – ha scelto di adottare un approccio più restrittivo in base
al quale anche la sola attività di finaziamento, sciolta dalla congiunzione con l’attività
di raccolta del risparmio, è considerata un’attività per se riservata alle sole banche e
agli intermediari finanziari cc.dd. non bancari ex artt. 106 e ss. del TUB e soggetti ad
un tipo di vigilanza “equivalente” rispetto a quella bancaria.
In altri termini, un’apertura a favore di nuove fonti di finanziamento, alternative al
settore bancario regolare, ha costituito, come si approfondirà in seguito, una novità di
rilevante valore sistematico nel nostro ordinamento.
Infine, si analizzeranno in chiave comparata le principali caratteristiche del sistema
bancario ombra in Cina, nonché le sostanziali differenze intercorrenti tra i fenomeni
nei diversi sistemi finanziari. Tuttavia, nonostante le profonde distinzioni, in termini di
struttura e componenti, nonché di complessità, tra i sistemi bancari ombra
europeo/statunitense e cinese, sarà interessante notare come le ragioni determinanti
la nascita e lo sviluppo dello stesso siano pressoché simili e traducibili con
l’espressione anglosassone su riportata di “adaptive efficiency”, ad indicare che lo
shadow banking, seppur per ragioni parzialmente differenti, ha rappresentato e
rappresenta una risposta del mercato ad una combinazione di restrizioni regolamentari
e priorità politiche.
7
La normativa comunitaria definisce in modo indiretto cosa costituisca l’attività bancaria. La Direttiva
2013/36/UE, che rinvia all’art. 4, comma 1, punto 1 del Regolamento 575/2013/UE, dispone che l’«"ente
creditizio", un'impresa la cui attività consiste nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico
e nel concedere crediti per proprio conto»
6
CAPITOLO I
Lo Shadow banking System
SOMMARIO: 1. Identificazione del fenomeno dello shadow banking system. - 2. Origini storiche:
Government-Sponsored Enterprises ed il Federal Home Loans Banks Act (1932) – Lo Shadow
Banking sponsorizzato dal Governo. - 2.1. Nascita del modello originate-to-distribute ed il ruolo
delle banche. - 3. Definizione di Shadow Banking System. - 3.1. Una prima definizione
internazionalmente accettata, ma non condivisa. - 3.1.1. Definizione in negativo. - 3.1.2.
Definizione in positivo. - 4. Nuova luce sul sistema bancario ombra. - 4.1. Numeri ed
inquietudini. - 5. Dall’ Arbitraggio Regolamentare del sistema bancario ombra… - 5.1. Lo
Shadow Banking e la dialettica regolamentare. - 5.1.1. Regulatory arbitrage: Sistema bancario
ombra interno ed esterno. - 6. …alla Specializzazione del sistema bancario “parallelo”: nuove
opportunità di finanziamento ed investimento. - 6.1. Una definizione funzionale alternativa. - 7.
Caratteristiche del sistema bancario ombra. - 7.1. Attività di natura bancaria (bank-alike). - 7.2.
Mancanza di regolamentazione. - 7.3. L’intermediazione del credito. - 8. Le attività
caratteristiche dello Shadow Banking System. - 8.1. La Cartolarizzazione e gli Asset-backed
securities. - 8.1.1. La cartolarizzazione come strumento di miglioramento dei requisiti di
capitale imposti dalla vigilanza prudenziale di Basilea III. - 8.2. Contratti derivati su crediti. -
8.3. Contratti pronto contro termine (Repurchase agreements - repos). - 8.4. Da attività
singolarmente considerate a sistema. - 8.5. Provision of Credit 9. Le istituzioni del sistema
bancario parallelo. - 9.1. Banche d’investimento. - 9.1.1. Intermediari bancari ed altre entità
regolamentate. - 9.2. Hedge funds. - 9.2.1. Ruolo svolto nel contesto dello shadow banking. -
9.3. Fondi del mercato monetario (FMM). - 9.3.1. Il particolare ruolo svolto dai fondi di mercato
monetario nel sistema finanziario globale.
1 Identificazione del fenomeno dello shadow banking system
Negli ordinamenti giuridici dei sistemi finanziari più evoluti e complessi non esiste
alcuna definizione compiuta del fenomeno dello shadow banking system (SBS) o
sistema bancario ombra. Non è presente, in altri termini, una “regola fondamentale”
8
(“Grundnorm”) capace di identificare il concetto di shadow banking system. Di
conseguenza, l’approccio regolamentare adottato dagli organismi internazionali e dai
regolatori nazionali, non considera lo stesso quale sistema unico, bensì come un
aggregato irregolare di operatori ed intermediari finanziari
9
non bancari aventi
cittadinanza al di fuori del perimetro regolamentare.
In particolare, nel corso della trattazione si osserverà che le normative europee ed
internazionali, prendendo in considerazione tale fenomeno relativamente alla sua
manifestazione empirica, considerano lo stesso un prodotto delle scelte dei privati di
investire i propri capitali o in attività che hanno luogo al di fuori del mercato finanziario
8
H. KELSEN, Teoria generale della legge e dello Stato, (Cambridge - Milano), 1954, p. 116; H.L.A. HART,
Il concetto di diritto, (ed. Einaudi), 1961, p. 126.
9
V. LEMMA, The Shadow Banking System Creating Transparency in the Financial Markets, Palgrave
Macmillan, 2016.
7
regolamentato, ovvero non coinvolgendo istituti di credito bancario così come definiti
dall'art. 3 della direttiva 2013/36/UE
10
.
Transazioni finanziarie queste, che, a causa della complessità e lunghezza della
catena di intermediazione finanziaria propria del sistema ombra, non sono riconducibili
ad un singolo paese e, di conseguenza, ad uno specifico sistema di vigilanza.
Tali operazioni, dunque, non sono comprese nel perimetro d’osservazione dei nuovi
meccanismi di sorveglianza europei che estendono la propria operatività oltre i confini
nazionali, tra i quali, da ultimo, il sistema di vigilanza microprudenziale e
macroprudenziale composto da autorità di vigilanza europee e nazionali, il SEVIF
11
(artt. 26 e 114 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE); articolo
290 TFUE (atti delegati); articolo 291 TFUE (atti di esecuzione); articolo 127, paragrafo
6, TFUE), il recente Meccanismo di Vigilanza Unico
12
, e l’Unione bancaria europea
(Articoli 114 e 127, paragrafo 6, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea
(TFUE)). Nessuno di tali meccanismi sembra, infatti, essere idoneo a comprendere il
fenomeno nella sua interezza.
Già qui appare, dunque, evidente che l’assenza di un controllo di tipo globale, capace
di estendere la propria portata al sistema finanziario nel suo complesso, e, quindi, in
grado di superare le evidenti limitazioni territoriali delle autorità sovrane, costituisca un
fattore estremamente penalizzante per una compiuta analisi, valutazione e
10
Articolo 3 Direttiva 2013/36/UE, la quale rinvia all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento
(UE) n. 575/2013: «"ente creditizio", un'impresa la cui attività consiste nel raccogliere depositi o altri
fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto».
11
PARLAMENTO EUROPEO, Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF), consultabile all’indirizzo:
<http://www.europarl.europa.eu/atyourservice/it/displayFtu.html?ftuId=FTU_3.2.5.html>: «Nel 2009 la
relazione Larosière esortava alla istituzione di un Sistema Europeo di Vigilanza Finanziaria, SEVIF
appunto, strutturato come rete decentrata. Tale raccomandazione ha portato alla istituzione di un
sistema di vigilanza microprudenziale e macroprudenziale composto da autorità di vigilanza europee e
nazionali. Il pilastro microprudenziale a livello europeo si compone dell'Autorità bancaria europea (ABE),
dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) e dell'Autorità europea delle
assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA), che cooperano in seno al Comitato
congiunto delle autorità europee di vigilanza (AEV). La vigilanza macroprudenziale viene svolta dal
Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS). Fanno parte del SEVIF anche le competenti autorità
nazionali di vigilanza dei vari Stati membri. Gli obiettivi del SEVIF includono lo sviluppo di una cultura
di vigilanza comune e la promozione di un mercato finanziario unico europeo. Nel quadro di una
procedura di iniziativa legislativa, il Parlamento ha approvato una risoluzione sul riesame del SEVIF, in
data 11 marzo 2014, che formula raccomandazioni dettagliate per la Commissione. Anche l'introduzione
dell'Unione bancaria ha cambiato l'assetto del quadro della vigilanza europea».
12
Il governo ha approvato il D.lgs. 14 novembre 2016, n. 223 al fine di adeguare il quadro normativo
nazionale alle disposizioni di cui al regolamento (UE) n. 1024/2013 (Regolamento MVU), in attuazione
della delega ex art. 4 Legge di delegazione europea 2014 (L. 9 luglio 2015, n. 114). Il Regolamento
MVU costituisce la fonte comunitaria principale per l’istituzione del Meccanismo di Vigilanza Unico,
unitamente al Regolamento n. 468/2014 (Regolamento Quadro MVU) della BCE.