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INTRODUZIONE
Una distesa di circa quindici milioni di chilometri quadrati di ghiacci e
terre innevate, con temperature massime ben al di sotto dello zero per
gran parte dell’anno e illuminata dal sole per soli sei mesi.
Al grande pubblico l’Artide ha da sempre riservato ben poche attrattive e
così è stato per lungo tempo anche tra gli specialisti a causa dell’ostilità
della regione; qualcosa però sta cambiando o, per meglio dire, è già
cambiata.
I ghiacci si stanno sciogliendo.
Quella che potrebbe apparire come una problematica con ripercussioni
esclusivamente in ambito ecologico, ha invece acceso i riflettori su
un’area dalla crescente importanza strategica, dimenticata dalla politica
per oltre cinquant’anni ed oggi al centro delle riflessioni non solo degli
stati rivieraschi, ma anche delle maggiori potenze mondiali. I fattori
geopolitici più interessanti in gioco oggi spaziano dalle questioni relative
alla sovranità nazionale, da un lato danneggiata dal cambiamento
climatico e dall’altro spinta a reclamare nuove e più ampie aree da cui
trarre risorse e profitto, alla questione della sicurezza, passando per la
questione del cambiamento climatico, che non solo tocca i punti
precedenti, ma è lo snodo essenziale della questione artica: tutto porta a
concentrare l’attenzione su una regione fino a pochi decenni fa pressoché
ignorata.
Affermare, però, che l’Artico non abbia mai rivestito un ruolo sullo
scacchiere mondiale è sbagliato. Iniziato con le esplorazioni marittime
inglesi e norvegesi alla ricerca del Passaggio a Nordest fra il XVI e la
prima metà del XIX secolo
1
, l’interesse strategico per la regione artica
1
Cfr. T. GRAZIANI, Prefazione, in A. PERRONE, Arktika. La sfida dell’Artico, Rende (CS)
2010, pp. 5-9.
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raggiunse il proprio apice durante il periodo della Guerra Fredda, quando
la calotta polare divenne la miglior piattaforma di dissuasione nucleare,
in quanto punto più semplice da cui l’URSS potesse attaccare gli Stati
Uniti e viceversa; ciò fece dell’Artico lo spazio marittimo più militarizzato
dell’epoca.
2
Con la fine delle tensioni fra Russia e Stati Uniti l’attenzione
delle potenze per questo oceano calò drasticamente. L’interessamento
internazionale si è ridestato soltanto nell’ultimo decennio, a causa del
surriscaldamento globale e dei conseguenti veloci mutamenti geografici a
cui la regione polare è sottoposta, portando a investire massicciamente in
zone che, ancora fino al secolo scorso, avevano un peso minimo
nell’economia mondiale: questa scarsa importanza attribuitale ha fatto sì
che non siano mai stati firmati accordi multilaterali né tantomeno si sia
mai discussa approfonditamente la questione della sovranità, cosicché
non esistono, di fatto, strutture che possano dirigere un ordinato
sviluppo della regione o dirimere le future e probabili controversie fra
Stati
3
: Canada, Danimarca, Norvegia, Russia e Stati Uniti rivendicano,
infatti, maggiori diritti sui fondali marini. Il convergere di questi interessi
e gli incerti diritti di proprietà derivanti dalla Convenzione ONU sul
Diritto di Mare rendono l’area potenzialmente conflittuale; la pressione
internazionale è aggravata, poi, dal tentativo di nuovi attori di inserirsi
nella partita dell’Artico, come gli Stati dell’Estremo Oriente, Cina in testa,
interessati tanto alle immense risorse energetiche e minerarie che gli
esperti valutano trovarsi al di sotto del fondale oceanico, quanto
all’apertura di nuove e più vantaggiose rotte commerciali.
Nonostante le grandi possibilità che si stanno venendo a creare, le
attività estrattive e il traffico navale devono ancora sottostare ad elevati
costi e rischi, i quali creano forti timori per le ripercussioni ecologiche di
un eventuale disastro, sottolineate anche da grandi compagnie come la
2
S. G. BORGERSON, Arctic Meltdown: The Economic and Security Implications of Global
Warming in FOREIGN AFFAIRES 87 63 (Mar/Apr 2008).
3
Id.
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USGS e la casa di assicurazioni Lloyd’s, oltre che da Greenpeace.
Quest’ultima ha dato vita negli ultimissimi mesi ad un progetto, “Save
the Arctic”, con il quale cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica ed i
governi circa lo sfruttamento indiscriminato dell’estremo nord, chiedendo
al contempo la creazione di un sistema di trattati che tutelino il Polo
Nord come già si fa fin dagli anni Cinquanta con l’Antartico: i regolamenti
finora posti in essere sono, infatti, confusi e frammentari quanto la
questione delle giurisdizioni.
Attualmente l’unico sistema normativo vincolante è, come già accennato
precedentemente, la Convenzione Onu sul Diritto del Mare (UNCLOS), ma
sono in molti a sostenere che il sistema di risoluzione delle controversie
in esso depositato sia insufficiente a rispondere alle richieste degli Stati.
Gli stessi sostengono che, a causa di ciò, le tensioni fra gli Stati con
interessi nella regione dell’Oceano Artico potrebbero sfociare in un
conflitto, visti anche i recenti dati sulla nuova militarizzazione dell’area.
Con questo mio elaborato vorrei focalizzare l’attenzione sui punti di
maggior interesse geopolitico legati allo scioglimento dei ghiacci artici.
Nella prima parte verranno fornite informazioni circa il reale stato della
regione, le risorse ivi presenti e le conseguenti possibilità di sfruttamento
delle stesse; nella seconda verranno accennate le problematiche
strettamente legali, l’UNCLOS e le normative vigenti, per cercare di
descrivere, in maniera certamente non approfondita né esaustiva, la
questione della giurisdizione; infine, uno sguardo all’Arctic Council,
forum di discussione fra gli Stati artici che potrebbe avere, in futuro, un
sempre maggior peso politico e istituzionale, probabile luogo di
discussione di un trattato Artico che ricalchi, anche solo parzialmente,
l’Antarctic Treaty System (ATS) e che sembra far pensare più ad una
pacifica spartizione delle ricchezze dell’area che ad un prossimo conflitto.
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Capitolo 1:
POSSIBILITÀ E RISCHI DI UN ARTICO SENZA GHIACCIO
Con il termine “Artide” si definisce la regione a nord del Circolo polare
artico
4
, composta principalmente da mare, la cui superficie è
completamente ricoperta da neve e ghiacci per la maggior parte dell’anno.
A livello fisico l’Artide è molto simile al Mediterraneo: entrambi i mari
sono relativamente piccoli, con pochi, stretti passaggi che li colleghino ad
altri oceani ed entrambi hanno avuto – o ancora hanno – un’importanza
strategica per la proiezione di forze navali, aeree o terrestri da un
continente all’altro
5
; nonostante questo, il clima ostile e la difficoltà degli
spostamenti ha reso la regione periferica, diversamente dal Mediterraneo,
al centro degli interessi internazionali per molti secoli
6
. Negli ultimi
decenni, però, a causa dell’innalzamento della temperatura globale, la
calotta polare ha iniziato a sciogliersi in maniera sempre più rapida e
massiccia, portando ad un drastico calo tanto dell’estensione del pack
quanto del suo volume: l’estensione dei ghiacci, misurata il 16 Settembre
2012 (mese in cui la banchisa è al suo minimo annuale) era di 3,41
milioni di chilometri quadrati, in assoluto il dato più basso degli ultimi
trentaquattro anni. Una perdita di 760 mila kmq rispetto al precedente
record negativo del 18 settembre 2007.
In una dichiarazione ufficiale gli Stati artici riuniti all’interno del foro
internazionale del Consiglio Artico, hanno dichiarato che
4
Il Circolo polare artico si trova sulla linea di latitudine 66° 32’ Nord; al di sopra di
questa linea il sole non tramonta durante il solstizio d’estate né sorge nel giorno del
solstizio d’inverno. A volte vengono considerate confini della regione artica anche il limite
settentrionale della linea degli alberi oppure l’isoterma di 10°C di luglio.
NATIONAL SNOW AND ICE DATA CENTER, What is the Arctic?
<http://nsidc.org/cryosphere/arctic-meteorology/arctic.html> (15 Giugno 2013)
5
B.S. ZELLEN (2009) Arctic Doom, Arctic Boom: the geopolitics of climate change in the Arctic,
Praeger, Santa Barbara (California, U.S.), p.8.
6
S.B. COHEN (2009) Geopolitics: the Geography of International Relations, Rowan and
Littlefield Publisher Inc., Maryland (U.S.),p.12.
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“[i]t is now becoming very clear that the cryosphere is changing
rapidly and that neither observations nor models are able to
tell the full story”
7
.
Ad indicare chiaramente quanto velocemente la superficie della calotta
artica si sia ritirata sono i dati raccolti ed elaborati da “Cryosat2”,
satellite dell’Ente Spaziale Europeo (ESA), il quale grazie ad un radar in
grado di scandagliare sia la superficie sia la base del ghiaccio,
misurandone quindi lo spessore, ha potuto constatare come dal 2008 ad
oggi i ghiacci della calotta polare abbiano perso 4300 chilometri cubi di
volume anche nel periodo autunnale e 1500 durante quello invernale, un
evento aggravato dal fatto che a sciogliersi non sono gli strati più
superficiali e stagionali, ma soprattutto quelli “antichi”. In entrambi i
periodi, inoltre, la presenza di nuvole definite dagli esperti “sottili”
avrebbe agito da copertura, impedendo al calore di disperdersi
nell’atmosfera e facilitando di conseguenza la recessione record registrata
la scorsa estate. Dato che a sciogliersi sono gli strati di ghiaccio più
“vecchi”, le precipitazioni invernali non riescono a compensare le pesanti
perdite estive.
Informazioni simili sono state raccolte anche dall’NSIDC (National Snow
and Ice Data Center), in collaborazione con la NASA; i dati ottenuti
confluiscono quotidianamente in un grafico, consultabile sul sito del
centro. Il diagramma presente nella figura 1.1 mostra chiaramente il
picco negativo raggiunto nel 2007 (linea continua azzurra) e nella scorsa
estate (linea tratteggiata), mentre in grigio la soglia di tollerabilità nelle
7
“È ormai chiaro che la criosfera sta cambiando rapidamente e che né gli studi né i
modelli statistici sono in grado di descrivere completamente quanto avviene”;
THE ECONOMIST (2012) Uncovering an ocean, 16 Giugno 2012
<http://www.economist.com/node/21556802 > (15 Giugno 2013).
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variazioni della massa ghiacciata rispetto alla media avuta fra il 1979 ed
il 2000.
Non è solo la banchisa a sciogliersi: interessati al fenomeno dello
scioglimento sono anche l’arcipelago canadese, le coste settentrionali
della Groenlandia e le isole Svalbard; la deglaciazione di queste aree
“terrestri” preoccupa soprattutto per l’innalzamento del livello del mare
che essa potrebbe causare. Il fenomeno è dovuto tanto a processi
antropici, nel caso specifico il riscaldamento globale, quanto a fenomeni
naturali innescati da quest’ultimo di cui non si era tenuto conto
adeguatamente negli studi precedenti, come il mutamento delle correnti
marittime, l’albedo
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e lo scioglimento del permafrost.
8
Con il termine albedo si descrive il potere riflettente di una superficie; a parità di
materiale, più un oggetto è chiaro e più la frazione della luce visibile sarà maggiore.
Figura 1.1 Estensione del ghiaccio artico, NSIDC,
<http://nsidc.org/arcticseaicenews/charctic-interactive-sea-ice-graph/>