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INTRODUZIONE
Gli autori di reati sessuali rappresentano una delle categorie di reato più
stigmatizzate e complesse da affrontare sia per la società che per il sistema di giustizia
penale. Definiti anche come <sex offender=, essi sono spesso al centro di dibattiti accesi
riguardanti la giusta misura della pena, la possibilità di riabilitazione e il rischio di
recidiva. La gestione e il trattamento dei sex offender sollevano dunque, numerosi
interrogativi riguardanti sia la protezione delle vittime che la sicurezza pubblica e i diritti
umani degli offender stessi. I reati sessuali suscitano nella comunità una forte emotività
e la richiesta di punizioni esemplari. Tuttavia, la sola punizione non sembra essere
sufficiente per affrontare il problema in maniera efficace. È essenziale esaminare a fondo
i fattori che portano alla messa in atto di tali reati e sviluppare strategie di intervento che
non solo puniscano, ma che al contempo prevengano la recidiva e promuovano la
reintegrazione degli autori di reati sessuali nella società. Per tanto, la scelta di trattare
questo tema nel mio elaborato di laurea, ponendo il focus sul caso di Billy Milligan, nasce
dall’elevata complessità e dalla rilevanza unica del suo caso nella storia della
criminologia e della psichiatria. Billy Milligan è noto non solo per i crimini commessi,
ma soprattutto per la diagnosi di disturbo di personalità multipla che ha ricevuto durante
il suo processo. Il suo caso ha sollevato numerosi dubbi ed incertezze riguardanti la
responsabilità penale, la veridicità della natura della malattia mentale e le intersezioni tra
psicologia e giustizia. Tuttavia, il caso di Billy ha portando a numerosi passi in avanti in
merito alla revisione della natura della responsabilità criminale e alla diagnosi e al
trattamento dei disturbi mentali. Il mio lavoro si basa, quindi, su una combinazione di
metodologie qualitative, tra cui l'analisi di documenti storici, legali e clinici relativi a
Billy Milligan. Sono stati esaminati articoli, interviste, documenti processuali e
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testimonianze di esperti nel campo della psicologia, della psichiatria e della criminologia.
Il mio elaborato è articolato in quattro capitoli. Nel primo capitolo ho scelto di introdurre
il concetto di sessualità, sia come componente fondamentale e caratteristica di ciascun
essere umano; sia in termini di sessualità deviante, ho introdotto poi i disturbi relativi alla
sfera sessuale e il concetto di abuso sessuale. Nel secondo capitolo, dopo una dettagliata
classificazione dei sex offender, ho concentrato l’attenzione su tutti quei fattori che
possono influenzare la messa in atto di un comportamento sessuale criminale, inclusi
fattori personali, ambientali e l’eventuale presenza di psicopatologie. Ho dedicato quindi
un intero paragrafo al disturbo dissociativo d’identità, cercando di introdurlo e di porre le
basi per il quarto capitolo. Il terzo capitolo affronta i numerosi trattamenti intrapresi e
quelli da intraprendere con gli autori di reati sessuali, riportando anche gli esiti positivi
riscontrati. Infine, nel quarto ed ultimo capitolo, attraverso l’esaminazione di articoli,
libri, interviste e documentari, ho affrontato il caso di Billy Milligan. Ho cercato di
spiegare, attraverso un’analisi di differenti teorie, in che modo a causa di esperienze
traumatiche vissute, Billy possa aver sviluppato il disturbo di personalità multipla ed in
che modo questo abbia significativamente compromesso la sua vita. L’intento principale
del mio lavoro è dunque quello di stabilire il confine tra malattia mentale e responsabilità
criminale, non focalizzandosi semplicemente sulla brutalità dei reati commessi. Certo,
tener conto dell’azione criminale in sé è fondamentale, ma talvolta la pena ha necessità
di essere commisurata al soggetto. In casi di grave infermità mentale, come in quello di
Billy, stabilire una pena che sia meramente volta a punire la persona potrebbe contribuire
ad aggravare la sua condizione.
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CAPITOLO I
DALLA SESSUALITÀ DEVIANTE ALL’ABUSO SESSUALE
I.1 Sessualità e perversione
Quando si parla di sessualità, si fa riferimento ad un aspetto fondamentale e
complesso del comportamento umano. Questa componente concerne sia gli atti finalizzati
meramente al processo di riproduzione e alla ricerca del piacere, sia gli aspetti culturali e
sociali che nel tempo hanno influenzato significativamente le condotte sessuali; alterando
la percezione del confine che scinde la sessualità normale da quella considerata patologica
(Bruzzone, Caputo, 2019). Risulta però doveroso precisare che la percezione della
normalità, ha subito numerose variazioni nel corso del tempo, di conseguenza anche il
concetto di sessualità <normale= ha assunto differenti significati in base all’appartenenza
storica e alle diverse culture di riferimento. Il concetto di comportamento sessuale
<normale= deriva da una realtà costruita e socialmente mediata, per questo caratterizzata
da incessanti mutamenti. Le azioni considerate crimini sessuali, o le condotte associate a
comportamenti sessuali devianti, variano a seconda delle culture di appartenenza, delle
religioni e degli Stati in cui queste hanno luogo. Per questo motivo il significato e la
gravità attribuitogli varia e si adatta alle norme sociali preminenti in un dato periodo
storico. Nel tempo, anche la proliferazione degli studi sulla sessuologia medica, sia
maschile che femminile, ha innescato una rivoluzione nei concetti che avevano a lungo
dominato il campo della sessuologia umana, specialmente riguardo al desiderio sessuale
(Grazzottin, 2004). I ricercatori si stanno concentrando da molto tempo
sull'identificazione e valutazione del ruolo dei fattori biologici rispetto a quelli
psicosessuali e relazionali. Si tratta di un compito impegnativo e stimolante, poiché il
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desiderio è intrinsecamente soggettivo e difficile da definire e misurare. Il desiderio
sessuale rappresenta la dimensione più sfuggente della sessualità umana, ma al contempo
la componente più importante per poterla comprendere (Graziottin, 2004). La
molteplicità di espressioni che lo descrivono: libido, attrazione, voglia, bisogno sessuale,
impulso sessuale, passione; evidenzia la complessità delle implicazioni biologiche e
psicologiche, personali e relazionali, che sono strettamente intrecciate. Già a livello
semantico, è possibile individuare due componenti fondamentali: il bisogno sessuale,
ossia la sensazione fisica che spinge alla ricerca sessuale, e il desiderio, intesa come
un'emozione erotica alimentata da distanza, ricordi e anticipazioni. Su questo doppio
registro, tra bisogno istintuale e desiderio sessuale come significato e messaggio, anche
relazionale, si svolge la dialettica tra sesso inteso come soddisfazione di un bisogno
pulsionale, ed erotismo inteso invece come un processo di culturalizzazione e possibile
differenziazione del bisogno. Le implicazioni esistenziali del desiderio dipendono
anch'esse da questo doppio registro. Il bisogno fisico solitamente ha una connotazione
"omeostatica", il suo scopo è quello di ristabilire l'equilibrio biologico sessuale, mentre il
desiderio sessuale, è strettamente correlato ad una sintesi umana di urgenze biologiche e
di significati personali e relazionali, il quale spesso assume una valenza
"antiomeostatica". Questo è indirizzato consapevolmente o inconsciamente alla rottura
degli equilibri esistenziali precedenti, in modo temporaneo o definitivo, difensivo o
espressivo, come avviene nel caso dell'amore-passione (Graziottin, 2004).
Il desiderio sessuale, dunque, può essere analizzato dal punto di vista neuropsichico come
risultato di una complessa funzione associativa, innescata da stimoli endogeni o esogeni
che suscitano il bisogno e il desiderio di attuare un comportamento sessuale (Graziottin,
2004). Tra gli stimoli endogeni rientrano l'immaginario erotico, le fantasie sessuali
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volontarie e involontarie, come i "sogni erotici ad occhi aperti" che si insinuano nella
mente mentre si è impegnati in altre attività, specialmente durante un periodo di
innamoramento. Ci sono anche i sogni erotici, oltre ai bisogni pulsionali, emozioni e
affetti che attivano le vie cerebrali coinvolte nella gestione delle emozioni e dei
comportamenti "appetitivi", inclusa la ricerca sessuale. Gli stimoli esogeni invece,
comprendono segnali consci e subliminali, visivi, tattili, gustativi, uditivi e olfattivi che,
veicolati attraverso gli organi di senso, attivano la corteccia cerebrale nelle aree sensoriali
(occipitale, parietale, temporale) ed emotivo-affettive (sistema limbico), influenzando le
vie e i centri che coordinano il comportamento sessuale (Pfaus e Everitt, 1995; Panksepp,
1998; Solms & Turnbull, 2002). Dal punto di vista pratico, il desiderio può essere
considerato come il risultato della somma delle forze che spingono o allontanano un
soggetto dal mettere in atto il comportamento sessuale (Levine, 2003). Il desiderio
sessuale però, in quanto considerato un meccanismo complesso, si basa su tre specifiche
dimensioni:
a) Lo stimolo biologico istintuale, che si fonda su basi anatomiche e
neurofisiologiche. Il suo obiettivo è quello di permette il mantenimento della
specie, attraverso il processo procreativo.
b) Lo stimolo motivazione-affettivo, secondo questa dimensione il ruolo della
fantasia e dell'immaginario erotico nel bisogno di piacere e amore è cruciale
(Baldaro Verde, Graziottin,1992, Graziottin, 2000). Tuttavia, altri elementi sono
altrettanto significativi, come: l’identità sessuale, la quale comprende l'identità di
genere, di ruolo e di meta sessuale. In questa circostanza la percezione e
l'accettazione di sé stessi giocano un ruolo fondamentale, influenzando il
desiderio sessuale. La qualità delle relazioni non sessuali, la quale fa riferimento
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alle relazioni interpersonali, inclusi gli stili di attaccamento affettivo che
modulano il desiderio e la capacità di intimità emotiva. Le motivazioni non
sessuali del comportamento sessuale, che includono ansia, tristezza, solitudine,
abitudine, affetto e bisogno di intimità emotiva. Ed infine il trasferimento da
relazioni passate, secondo questa dimensione le esperienze passate, positive o
negative, possono influenzare il desiderio sessuale attraverso il meccanismo del
transfert.
c) La valutazione cognitiva, questa valutazione si fonda sul concetto della
percezione individuale delle aspettative sociali e dei rischi associati al
comportamento sessuale (Graziottin, Defilippi, 1995). Si tratta di un processo che
implica l'analisi e il controllo dei fattori che spingono verso il comportamento
sessuale e quelli che lo scoraggiano. Prendiamo ad esempio gli incontri ad alto
rischio di trasmissione di malattie sessualmente trasmissibili, dove l'irruzione
dell'istinto può sovvertire il comportamento di autoconservazione, coerente con
la valutazione cognitiva del rischio. Di conseguenza, il soggetto può assumere
comportamenti oggettivamente pericolosi, mantenendo comunque la
consapevolezza di tali rischi anche se incapace di modificarli. È importante notare
che il rischio e la trasgressione possono agire come potenti stimoli motivazionali
per l'eros umano, come evidenziato da Levin (1994, 2003).
Il desiderio sessuale, dunque, risulta la componente più significativa e rappresentativa
della sessualità umana. Senza il desiderio sarebbe quasi impossibile poter parlare di
sessualità. Ma giunti a questo punto, quali sono le componenti e gli elementi che tracciano
il confine tra sessualità normale e patologica? Quando è possibile parlare di perversione?
Come è stato largamente descritto nelle pagine precedenti, per poter parlare di sessualità
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bisogna attenersi al contesto culturale di riferimento, alla soggettività di ogni essere
umano, dunque una condotta che è guidata dai principi e dalla morale di ciascun individuo
(Bruzzone, Caputo, 2019); dalla compulsione, la quale consiste nella normale spinta nel
voler consumare un rapporto sessuale, a patto che il partner sia consenziente; ed infine le
fantasie sessuali, necessarie ad alimentare il desiderio. Per tanto, il primo studioso a
parlare apertamente di <perversione= e ad attribuire un significato comune a questo
termine fu Valentin Magnan (1885). L'origine etimologica della parola "perversione", dal
latino perversum che significa "stravolto", suggerisce un allontanamento dalla retta via,
dal giusto e dal buono, indicando qualcosa che devia dalla norma ed è pertanto
considerato scorretto e sconveniente, sia per gli effetti aberranti che può provocare, sia
per il compiacimento malizioso che può accompagnarla (Bruzzone, Caputo, 2019).
Tuttavia, tracciare un confine netto tra comportamenti accettabili e comportamenti
patologici non è un compito semplice. Gli individui normali possono avere fantasie o
pratiche sessuali che se osservate superficialmente potrebbero sembrare perverse ma che
la società e la cultura circostante considerano accettabili. A volte, comportamenti che
sono considerati anormali possono riguardare semplicemente pratiche sessuali tra partner
consenzienti, caratterizzate da varianti bizzarre o fantasie particolari. Tuttavia, è
fondamentale che tali comportamenti siano occasionali, volontari e praticati nel rispetto
reciproco. È importante sottolineare che molte tendenze sessuali possono diventare "di
moda", ossia essere socialmente accettate, sebbene potrebbero essere considerate
perverse in un contesto diverso. Successivamente, anche Freud (1909) introdusse il
concetto di perversioni sessuali e le definì come delle attività sessuali che superano le
zone del corpo designate all’unione sessuale, o anche il dedicarsi solo ed esclusivamente
ad attività preliminari. Freud (1905) descrisse la perversione attenendosi a tre criteri
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considerati da lui determinanti, ossia: in primo luogo, quando risulta focalizzata su parti
del corpo non considerate genitali; in secondo luogo, quando l’attività sessuale col partner
viene sostituita da tale pratica; in terzo luogo, quando tale pratica diventa l’unica pratica
sessuale del soggetto (Bruzzone, Caputo, 2019). Secondo Freud, inoltre, nevrosi e
perversione sono strettamente correlate al complesso edipico. La nevrosi rappresenta una
formazione sintomatologica di compromesso che mira a inibire un impulso, mentre la
perversione è una sorta di fuga dalla nevrosi stessa, un tentativo di evadere dal complesso
edipico e dall'angoscia di una punizione ad esso collegata. La perversione è orientata a
consentire all'impulso di trovare soddisfazione, a differenza della nevrosi che cerca di
reprimerlo. Dagli scritti iniziali di Freud, gli atteggiamenti culturali riguardanti la
sessualità hanno subito profonde trasformazioni, sebbene gli autori psicoanalitici abbiano
costantemente ribadito l'osservazione freudiana secondo cui ciascuno di noi possiede un
nucleo latente di perversione. A tal proposito, McDougall (1986) ha evidenziato che le
fantasie perverse sono presenti regolarmente in tutto il comportamento sessuale adulto,
ma se non sono agite o vissute in modo compulsivo, tendono a non generare particolari
problemi. Stoller (1975, 1985), d’altro canto, ha descritto la perversione come una "forma
erotica dell'odio". Ha sostenuto che la crudeltà, il desiderio di umiliare e degradare il
partner sessuale, e persino se stessi, sono determinanti cruciali per classificare un
comportamento come perverso. Da questa prospettiva, l'intenzione della persona è un
elemento importante per definire la perversione. In seguito, riconoscendo che
nell'eccitazione sessuale normale c'è una nota di ostilità e il desiderio di umiliare il
partner, Stoller ha argomentato che l'intimità è il vero fattore critico che differenzia gli
atti sessuali perversi da quelli normali. Ma da cosa è caratterizzato il comportamento
sessuale deviante? La prima definizione comunemente evocata è quella di
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comportamento sessuale anomalo, che si discosta dalla norma e dalle convenzioni sociali.
Il soggetto perverso è fortemente attratto in modo ossessivo e disperato da una particolare
situazione, soggetto o oggetto, accompagnato da un bisogno insistente di soddisfarlo
(Bruzzone, Caputo, 2019). La principale discriminante, dunque, sembra essere
l'incapacità del soggetto di resistere al proprio desiderio, poiché il piacere che ne deriva
è irresistibile, e la spinta verso queste pratiche è incoercibile, un qualcosa che Freud
definisce "sublime", rappresentando spesso l'unico modo per evitare, almeno
temporaneamente, la depressione, la psicosi o l'ansia. Risulta evidente, quindi, che la
perversione, o più in generale il comportamento sessualmente deviante, non è
semplicemente una degenerazione di comportamenti "normali", ma si manifesta come un
ciclo compulsivo, ripetitivo, attraverso il quale il soggetto cerca di eludere un disagio
personale, anche se spesso produce ulteriori complicazioni. Un'altra caratteristica
discriminante è la completa mancanza di considerazione per l'altro (Bruzzone, Caputo,
2019). Non c'è reciprocità, né una percezione dell'altro come un individuo separato da sé.
Si manifesta un uso essenzialmente autoerotico dell'altro, come se fosse un oggetto
disponibile esclusivamente per la soddisfazione del proprio desiderio. Il soggetto
perverso si interessa al mondo esterno solo come strumento per alleviare la propria
tensione, spesso a discapito del legame affettivo, se presente. Un altro elemento
significativo della devianza sessuale e della sua manifestazione patologica è l'interferenza
con le attività lavorative e sociali del soggetto. Queste interferenze sono spesso generate
dalla natura ossessiva e ripetitiva della soddisfazione del bisogno, che può diventare
l'interesse centrale intorno al quale ruota l'intera esistenza di una persona (Milone, 2013).
È importante notare che il comportamento sessualmente deviante sembra essere più
comune nel sesso maschile. Inoltre, nel contesto di una perversione, il comportamento
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sessuale non riguarda solo il desiderio erotico, ma anche il modo in cui l'eccitamento
sessuale viene utilizzato per gestire il desiderio, le relazioni oggettuali, le identificazioni
di ruolo di genere, l'aggressività, la vergogna, l'ansia e i sensi di colpa.
I.2 Parafilie e Disturbi Parafilici
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), pubblicato
dall'Associazione Psichiatrica Americana (APA), rappresenta il principale punto di
riferimento per le diagnosi dei disturbi mentali. La sua quinta edizione, conosciuta come
DSM-5, è stata pubblicata nel 2013 e introdotta in Italia nel 2014. Il DSM-5 suddivide i
disturbi legati alla sessualità in tre macrocategorie:
a) Disfunzioni Sessuali: comprendono una serie di disturbi legati al funzionamento
sessuale, come l'eiaculazione ritardata, il disturbo erettile, il disturbo dell'orgasmo
femminile, il disturbo del desiderio sessuale e dell'eccitazione sessuale femminile,
il disturbo del dolore genito-pelvico e della penetrazione, il disturbo del desiderio
sessuale ipoattivo maschile, l'eiaculazione precoce, le disfunzioni sessuali indotte
da sostanze o farmaci, le disfunzioni sessuali con specificazioni diverse e le
disfunzioni sessuali non specificate.
b) Disforia di Genere: riguarda una significativa incongruenza tra il genere assegnato
alla nascita e l'identità di genere di una persona, sia nei bambini che negli adulti.
c) Disturbi Parafilici: includono una vasta gamma di comportamenti sessuali che
possono essere considerati devianti o atipici dalla norma sociale, come il
feticismo, l'esibizionismo, il sadismo e il masochismo sessuale, tra gli altri.