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Breve introduzione a «Sex and the City»
Il serial, creato da Darren Star, già autore di «Beverly Hills 90210» e
di «Melrose Place», è stato distribuito dalla Paramount e trasmesso
sul canale satellitare americano a pagamento HBO a partire dal 1998.
E’ ambientato a Manhattan, centro economico e culturale di New
York, dove le quattro protagoniste vivono e lavorano. Carrie
Bradshaw, (Sarah Jessica Parker), è una giornalista che cura una
rubrica settimanale di costume chiamata appunto «Sex and the City»:
il sesso e la città, che si propone di aggiornare i lettori sulle nuove
tendenze delle relazioni sentimentali od occasionali degli abitanti di
Manhattan. Carrie è una donna che ama la mondanità, i ristoranti chic
della città, frequenta tutte le feste e gli happening dell’alta società e
possiede una collezione di una trentina di scarpe italiane da
quattrocento dollari che sfoggia in ogni occasione. Inoltre ama la vita
notturna, frequenta locali e discoteche quasi tutte le sere. Carrie è una
giornalista molto stimata e colta. E’ una donna che riflette molto su
quello che le accade e si pone molte domande. Spesso confusa e
indecisa, non riesce a prendere decisioni mettendo d’accordo la sua
parte razionale con quella emotiva. Impulsiva e testarda, rovinerà una
bellissima storia d’amore per concedersi ancora ad un ex che le ha
spezzato il cuore. Il suo personaggio è diverso dagli altri: è
protagonista delle vicende ma riesce anche ad estraniarsi per narrare e
commentare con lo spettatore le vicende vissute. Per la stesura degli
articoli prende spunto dalle sue stesse esperienze, oppure da quelle
delle sue amiche: Miranda Hobbes, (Cynthia Nixon), è un avvocato di
successo che lavora quattordici ore al giorno. E’ socia di un
prestigioso studio legale ed ha uno stipendio così alto da potersi
permettere di acquistare da sola un appartamento nell’Upper West
7
Side. La caratterizzano il cinismo, la razionalità fredda e calcolatrice e
il pessimismo. Non si fida di nessuno, all’infuori delle amiche, e nutre
profondo disprezzo per il genere maschile, con il quale è sempre in
competizione, anche dal punto di vista lavorativo. Non riesce ad avere
una relazione con un uomo in carriera perché, con il suo carattere
quasi androgino, la competizione prevarica sui sentimenti. L’unico
uomo con cui riesce ad avere una relazione duratura, seppur
tormentata, è Steve, un barista, ragazzo molto semplice e dolce che le
farà scoprire l’ottimismo e la gioia della maternità. Samantha Jones,
(Kim Catrall), ha un’attività di pubbliche relazioni in proprio, è la più
seducente e trasgressiva delle quattro. Per quanto riguarda le relazioni
con gli uomini, è interessata principalmente al sesso, che usa per avere
conferme riguardo al suo fascino irresistibile. Non si fida degli uomini
e delle loro promesse false, crede solo in se stessa, e in generale nella
capacità delle donne di raggiungere obiettivi importanti da sole. Adora
esibire il suo potere, sia al lavoro che nel tempo libero, sfoggiando
abiti e pellicce costosissimi. Charlotte York, (Kristin Davis), è l’esatto
contrario di Samantha. Direttrice di una galleria d’arte, Charlotte è la
più giovane delle quattro. E’ anche la più sofisticata, elegante,
raffinata ed educata. Detesta il turpiloquio, si imbarazza quando le
altre parlano troppo esplicitamente di sesso e rimane inibita davanti a
uomini troppo sfrontati. Crede nel matrimonio e nella famiglia, sogna
di trovare un «principe azzurro» che la voglia sposare per andare a
vivere in un attico di Park Avenue. E’ ingenua ed in contrasto con il
cinismo di Miranda e la volgarità di Samantha, con cui spesso litiga.
Queste donne, oltre ad avere in comune l’appartenenza alla ricca
borghesia di New York, hanno un'altra caratteristica che le lega:
hanno passato i trenta anni e non sono ancora sposate. Questo crea in
8
loro, come nella maggior parte delle donne americane single, un’ansia
irrefrenabile che si trasforma in spasmodica ricerca dell’uomo ideale,
che, puntata dopo puntata si rivela vana lasciandole profondamente
insoddisfatte ed insicure.
Lo show ha ottenuto in tutto il mondo un grande successo di critica e
pubblico, in particolare negli Stati Uniti, dove comprare trenta secondi
di spot nelle interruzioni pubblicitarie durante la messa in onda poteva
costare fino a sette milioni di dollari. Sin dal primo anno di
trasmissione, «Sex and the City» ha collezionato quarantadue premi e
riconoscimenti del mondo del cinema e della televisione. Tra questi,
anche i prestigiosissimi Golden Globe
1
: nel 2000,2001 e 2002 come
miglior serie televisiva, nel 2001 e 2002 a Sarah Jessica Parker come
miglior attrice in una serie tv, e nel 2003 a Kim Cattrall per la miglior
performance attoriale nel ruolo di supporto alla protagonista.
In un’intervista, Sarah Jessica Parker, produttrice esecutiva oltre che
protagonista, dice che l’obiettivo di tutto lo staff, stagione dopo
stagione, è di creare complicazioni e legami dei personaggi tali da
renderli sempre più profondi per far in modo che il pubblico si
affezioni maggiormente a loro.
2
Un lavoro lungo e molto impegnativo
per alcuni tra i migliori sceneggiatori e professionisti della scena
statunitense, che sicuramente ha ottenuto grandi riconoscimenti sia
dalla critica che dal pubblico, ma che soprattutto resta un importante
manifesto della nostra epoca. «Sex and the City» negli USA è stato
considerato, più che uno show televisivo, un inno virtuale per le donne
single moderne.
1
Dal sito web: www.hbo.com/city/news/index.shtml
2
Dal sito web: http://tv.zap2it.com/tveditorial/tve
9
In Italia il serial è stato acquistato dalla rete televisiva Tmc, che ha
battuto sul tempo Rai e Mediaset. Il direttore Lillo Tombolini, in
un’intervista dichiara che la difficoltà del doppiaggio è stata notevole,
ma si è cercato comunque di mantenere la musicalità ed il ritmo delle
battute originali per rendere la versione italiana il più fedele possibile
all’originale.
3
In ogni caso non sono mancate le critiche per la perdita
del suono in presa diretta nella versione doppiata e per la traduzione
edulcorata di certi dialoghi volgari ed accesi.
Concludo questa parte introduttiva con una curiosità: le attrici
protagoniste che nel serial sono single convinte, cioè la Parker, la
Nixon e la Cattrall, nella vita sono sposate e le prime due hanno
anche un figlio. L’unica attrice single convinta nella vita è Kristin
Davis, la dolcissima Charlotte: nello show la sola a credere ancora al
principe azzurro e a rifiutare il cinismo delle amiche.
3
Dal sito web: http://zapping.35mm.it/programma
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CAPITOLO 1
ANALISI DELLA PRIMA PUNTATA
Il significato della sigla.
Prima di cominciare con l’analisi del testo filmico si vuole porre
l’attenzione sulla sigla del serial che precede ogni puntata. E’ un
passaggio importante perché la sigla, attraverso poche ed essenziali
immagini introduce lo spettatore nel clima che caratterizzerà l’intera
serie. Queste immagini sono montate molto rapidamente e formano
una semplice contrapposizione di due tipi di inquadrature: riprese
naturalistiche di una strada comune dove passeggia la protagonista
affiancate a immagini a francobollo stilizzate del panorama di New
York. Anche l’illuminazione è molto diversa: mentre nelle prime
domina la luce naturale del giorno nelle ore del mattino, nelle seconde
si nota un colore metallico bluastro tipico di alcune cartoline, come se
l’immagine fosse ripresa attraverso un filtro blu. La prima
inquadratura rappresenta un grande marciapiede molto affollato, segue
un francobollo di un cielo nuvoloso con la punta di una torre-
grattacielo su cui appare la scritta in sovrimpressione “HBO presents”,
poi un primo piano di Carrie, ferma e sorridente tra la folla presentata
prima, un’altra cartolina con lo skyline visto da un ponte sotto la
scritta «Sex and the City», ancora un primo piano di Carrie che si
guarda intorno perplessa, e poi grattacieli che fanno da sfondo alla sua
presentazione: “starring Sarah Jessica Parker”. La protagonista
comincia a camminare lungo il marciapiede e la sequenza viene
interrotta tre volte da tre francobolli cittadini bluastri su cui sono
intarsiati i cartoni coi nomi delle altre tre protagoniste. L’ultimo lascia
spazio alla sequenza finale della sigla, con un autobus che, passando
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su una pozzanghera vicino al marciapiede, schizza Carrie di fango,
facendola voltare. Quando questa si gira, nota con sgomento che sul
bus c’è un cartellone pubblicitario della sua rubrica settimanale, con la
sua fotografia che la ritrae sdraiata su un letto, in una posa seducente,
fasciata da un vestitino rosa attillato , sovrastata dal commento scritto:
“Carrie Bradshaw knows good sex, and isn’t afraid to ask”, affiancato
dalla targa pubblicitaria del giornale «New York Star» per cui lavora.
L’ultima immagine di questa sigla mostra Carrie che si guarda intorno
imbarazzata mentre tutte le persone presenti per strada la fissano in
modo incuriosito.
Solitamente, nelle sigle dei serial vengono presentati tutti gli attori,
ritratti in scene della quotidianità della vita dei personaggi. La sigla di
«Sex and the City» è inusuale: viene presentata solo Sarah Jessica
Parker, (le altre tre protagoniste sono menzionate solo nei cartoni dei
titoli di testa), e non è ritratta in scene che vedremo usualmente
durante la serie. Anzi, si può affermare che la sua rappresentazione ha
delle particolarità da analizzare: una di queste è l’abbigliamento. Le
strade sono visibilmente bagnate da una pioggia recente, la folla per
strada indossa impermeabili e abiti con maniche lunghe tipici della
mezza stagione e nelle immagini prevalgono i toni grigi. Carrie,
invece, indossa un body rosa senza maniche e un gonnellino di tulle
bianco da ballerina. Con la capigliatura bionda e riccia ed il viso
chiaro viene messa in risalto maggiormente la differenza tra la sua
iconografia e quella degli altri pedoni. Alla luce anche del finale della
sigla, si può postulare l’ipotesi che gli sceneggiatori abbiano voluto
inserire lo spettatore in un clima di disagio facendoli immedesimare in
Carrie e nell’incubo che sta vivendo. Spesso capita che negli incubi si
vivano situazioni di imbarazzo davanti a sconosciuti di cui non si
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riesce a sopportare lo sguardo indagatore e giudicante.
L’abbigliamento inadeguato di Carrie e il cartellone pubblicitario che
la ritrae davanti ai concittadini come una grande esperta di sesso che
non ha paura di osare, fanno sembrare subito l’ambiente
claustrofobico e spaventoso. Quest’incubo rispecchia la condizione
della protagonista nella diegesi della sigla: lo spettatore viene, in una
sorta di anticipazione, avvisato dalla sigla che lo spettacolo tratterà
temi che possono angosciare, specialmente le spettatrici che come
Carrie, si sentono persone diverse dalla folla comune. Nello stesso
tempo riceviamo anche un'informazione importante: quel personaggio
vestito di bianco e rosa che viene schizzato di fango dall’autobus
scrive una rubrica settimanale di sesso sul «New York Star». I suoi
articoli allora si possono interpretare come testimonianze di incubi, o
esperienze infelici vissuti in un mondo spaventoso da un personaggio
turbato dalle ostilità. Vedremo più avanti che anche nella prima
puntata ci sono tentativi di adattare la diegesi fiabesca alle vicende
tutt’altro che a lieto fine della società odierna.
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L’incipit dell’episodio: il primo approccio con lo spettatore.
La prima puntata, chiamata «Le donne, il sesso e gli uomini», si apre
con l’immagine di una schermata di computer su cui si compongono
le parole “Once upon a time”, l’italiano “C’era una volta”, che riporta
lo spettatore a quell’accenno di fiaba già notato nella sigla. Il
particolare registro diegetico e la rassicurante voce femminile che
inizia a narrare una storia sono strumenti che inducono il pubblico a
fidarsi del narratore e a credere alle sue parole. Si intuisce che si tratta
di Carrie, impegnata a comporre sul suo portatile l’articolo sulla storia
di Elisabeth, mentre le immagini e i dialoghi dei personaggi si
alternano alla sua narrazione. La voce di Carrie spezza la narrazione
con un commento cinico sulla storia che ha appena raccontato e
richiama lo spettatore all’attenzione. L’inquadratura si sposta dalla
strada a un condominio ed entra nell’appartamento dove abita Carrie,
che è seduta a scrivere davanti al computer. Per la prima volta
dall’inizio della puntata, si vede il viso della protagonista, che finisce
il suo discorso guardando in camera e ponendo una domanda allo
spettatore.
E’ più evidente a questo punto che gli elementi usati per introdurre il
pubblico alla narrazione stanno conducendo lo spettatore a fidarsi di
un personaggio che lo rende partecipe delle sue riflessioni più intime e
che si mostra tanto insicuro su alcuni argomenti addirittura da cercare
risposte in lui, ponendo domande con lo sguardo in camera. L’uso del
camera-look rompe la barriera tra mondo diegetico e mondo
dell’audience creando una continuità e una parità tra i personaggi e gli
spettatori a casa che sentiranno come più vere e vicine le vicende
narrate. Era indispensabile e logico concentrare nei primi minuti della
prima puntata gli elementi atti a costituire una sorta di nicchia
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spettatoriale rispetto al testo filmico. La voce di Carrie riprende a
raccontare mentre le immagini aiutano a visualizzare l’argomento e
subito si ritorna su di lei: non più in camera sua ma per strada, tra la
folla di donne di cui si riferiva. Prende un giornale, lo apre sulla
pagina della sua rubrica, guardando di nuovo in camera spiega
l’argomento della settimana e pone un’altra domanda a chi la segue. Il
tono è colloquiale, come se la protagonista fosse una spettatrice
qualsiasi del pubblico che ha bisogno di confrontarsi con gli amici.
Intanto viene inquadrata la pagina del suo articolo e si può notare il
«C’era una volta» che all’inizio della puntata era ancora sullo schermo
del computer in fase di elaborazione.
Si può affermare allora quello che nella sigla sembrava un’ipotesi da
dimostrare. La storia di Elisabeth è inquietante per le scorrettezze del
comportamento maschile che vengono sottolineate e le riflessioni che
seguono sulla condizione della donna in carriera sono altrettanto
infauste. Si delinea così la condizione di incubo che spaventa Carrie
nella sigla, e la forma narrativa della fiaba, con una struttura semantica
che prevede sempre un lieto fine, non sembra la più adatta ad
esprimere questi contenuti. Ma l’obiettivo degli autori di «Sex and the
City», è proprio creare confidenza con l’audience in modo da farlo
sentire come uno dei personaggi e raccontare la storia, anche la sua
storia, seppure spaventosa, come se fosse una fiaba. E’ una presa di
coscienza dei disagi dell’attuale società, e nello stesso tempo è una
resa di fronte alla realtà contro cui non si vuole lottare, ma in cui
ormai si cerca solo di sopravvivere addolcendosi la vita con fiabesche
illusioni. La tutina rosa da ballerina rimanda ad un iconografia
dell’infanzia, età dell’ingenuità e dell’innocenza, caratteristiche che
rendono perdente chiunque le possegga, secondo i dettami della
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società odierna. Solitamente è lo spettatore che si innamora ed
immedesima nell’eroe del film o del serial, ma in questa prima puntata
sembra essere Carrie a volersi immedesimare nello spettatore,
ribaltando i ruoli e dimostrando di essere l’anti- eroe incapace e
perdente, protagonista dell’era postmoderna.
Le prime parole che la giornalista rivolge al pubblico sono di
benvenuto nell’era «dell’anti- innocenza», come per accoglierlo e
condividere le sofferenze e le domande: infatti, guardando in camera
non tarda a chiedere: “Come ci siamo finiti in questo pasticcio?”,
domanda con cui dimostra di non possedere certezze, proprio come
una spettatrice qualsiasi. La domanda successiva: “Perché ci sono
tante fantastiche donne single e neanche un uomo fantastico single?” è
banale e ricorda quel tipo di quesiti retorici che si formulano per dare
il via alle discussioni dei Talk Show in cui il pubblico da casa è
chiamato ad andare negli studi televisivi per esprimere la propria
opinione che non servirà a porre punti fermi nell’argomento, ma solo a
riempire i tempi della trasmissione con parole. E’ questa l’intenzione
che si cela dietro la domanda: far scaturire nello spettatore la voglia di
rispondere ed interloquire con Carrie, che non sembra estranea
all’argomento come i soliti presentatori che non esprimono la loro
opinione. Si crea così l’illusione di un’interazione tra personaggi e
spettatori e comincia a delinearsi anche una strategia per creare un
pubblico fedele ed appassionato alla serie. Solo chi si sente coinvolto
dai temi trattati e si sente stimolato a rispondere dalle domande di
Carrie farà parte dell’audience abituale, dando il via ad una selezione
che tutti i testi filmici attuano nei confronti di chi guarda.