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INTRODUZIONE
La sessualità è una dimensione fondamentale dell’essere umano (OMS
2000). Basata sul sesso, comprende il genere, l’identità sesso-genere,
l’orientamento sessuale, l’erotismo, il vincolo affettivo/l’amore, e la
riproduzione. Si esperisce o si esprime in forma di pensieri, fantasie,
desideri, credenze, atteggiamenti, valori, attività, pratiche, ruoli e rapporti
sessuali. La sessualità è il risultato dell’interazione di fattori biologici,
psicologici, socioeconomici, culturali, etici e religiosi ovvero spirituali.
Sebbene possa includere tutti questi aspetti, non è indispensabile che vi si
esprimano tutti. Di certo, la sessualità si sperimenta e si esprime in tutto ciò
che siamo, sentiamo, pensiamo e facciamo (Cabello F. 2010).
Ritenere la sessualità come qualcosa di unico, con limiti fuori dei quali tutto
è patologia, è un diffuso e persistente luogo comune. Effettivamente non si
dovrebbe mai parlare di sessualità al singolare, bensì al plurale. Come
esempio della grande variabilità della sessualità, vediamo quali obiettivi può
avere un rapporto sessuale con un/una partner (Giraldo O. 2002):
1. una scarica fisiologica in un momento di elevato desiderio sessuale;
2. una relazione il cui obiettivo è aumentare l’ego, più che ricevere
soddisfazione sessuale;
3. il fatto di dare e ricevere piacere tra due persone che si attraggono;
4. la relazione affettiva tra due persone che si amano.
La sessualità resta viva nell’individuo fino alla sua morte, anche se si
manifesta in forma differente lungo il ciclo vitale, e l’intensità e la
motivazione possono essere differenti quando confluiscono altri processi,
come una malattia cronica. Ad esempio un diabetico può avere disturbi
sessuali a causa della sua malattia metabolica, però non per questo la sua
sessualità scompare. L’ottimizzazione della sessualità nella malattia cronica
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non solo permette di migliorare la qualità della vita del paziente, ma può
addirittura facilitare l’aderenza ai trattamenti di base prescritti per la
malattia: ad esempio è stato dimostrato che i diabetici cui viene
diagnosticata una disfunzione erettile rispettano maggiormente la dieta loro
indicata, al fine di migliorare l’erezione.
Nel gruppo delle malattie croniche vi sono quelle che causano disabilità
fisica. Rispetto alle persone sane, si è prestata poca attenzione alla sessualità
nelle persone disabili: infatti è solo a partire dagli anni Ottanta, che si
organizzano riunioni scientifiche per trattare questo tema. Forse per il
riconoscimento sociale della sessualità come diritto naturale, per le
rivendicazioni delle persone disabili organizzate in associazioni, per l’alta
incidenza di alcune patologie o per il crescente interesse da parte dei
sessuologi, sono stati presi in considerazione i seguenti diritti sessuali delle
persone con necessità fisiche speciali (Cabello 2010):
1. diritto a ricevere l’informazione sulla sessualità;
2. diritto a ricevere un’educazione sessuale;
3. diritto ad esprimersi sessualmente;
4. diritto alla maternità e alla paternità;
5. diritto ad accedere ai servizi d’aiuto.
Purtroppo ancora oggi la maggioranza dei pazienti lamenta una scarsa
attenzione che ricevono a livello sessuale, sebbene il 71-91% degli uomini e
il 56-72% delle donne considerino (Dupont S. 1995) che i disturbi sessuali
costituiscano uno dei problemi che più influiscono sulla qualità della vita.
Nel gruppo delle malattie croniche vi sono le malattie neurologiche. Dato
che la risposta sessuale è mediata dal sistema nervoso, come regola generale
qualunque alterazione neurologica può influire negativamente sulla
sessualità.
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Le malattie neurologiche più studiate sono quelle post-traumatiche (come le
lesioni midollari) e la sclerosi multipla (SM). Ambedue sono patologie
dell’età adulta e sono abbastanza frequenti. Le lesioni midollari sono stabili
e causano disturbi a seconda del tratto colpito: sono le meglio studiate, e la
riabilitazione include anche la valutazione e il trattamento di eventuali
problematiche sessuali.
La SM è progressiva e comporta notevoli problemi sessuali, in funzione
dell’età e dello stato della malattia. Sono molto frequenti la perdita
d’interesse sessuale e la riduzione delle sensazioni genitali. Negli stadi
avanzati nell’uomo c’è perdita della forza eiaculatoria che termina con
aneiaculazione e disfunzione erettile, nella donna c’è riduzione del tono
muscolare vaginale e della congestione del clitoride. Ma soprattutto
influisce la sensazione di sentirsi afflitti da una disabilità, situazione che
provoca un considerevole calo dell’autostima e tendenza alla depressione:
ciò interferisce gravemente con l’intimità (Demirkiran M. 2006).
Altre patologie neurologiche croniche sono: parkinsonismo, esiti d’ictus,
epilessia.
Un gruppo di patologie neurologiche progressive di eziologia genetica sono
le malattie neuromuscolari (MNM), di cui la capostipite è la distrofia
muscolare di Duchenne. Sono caratterizzate da atrofia dei muscoli, primaria
o secondaria alla degenerazione dei nervi, conseguente a un difetto genetico
strutturale o funzionale. Sono incurabili e nella maggioranza dei casi
esordiscono durante l’infanzia o nell’adolescenza (Ferrari A. 1983)
Le MNM causano disabilità, ma nei trattati italiani di sessuologia, come ad
esempio quello edito dalla Masson nel 2007 cui ha contribuito la
maggioranza degli esperti italiani nel campo della sessuologia (Jannini E.A.
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2007), la sessualità delle persone affette da disabilità fisica è trattata
superficialmente, laddove invece viene approfondita la disabilità psichica.
Al gruppo delle MNM appartiene la malattia di Charcot-Marie-Tooth
(CMT), una sindrome genetica abbastanza frequente (1 caso ogni 2.500
persone) che causa degenerazione progressiva dei nervi più lunghi, con
conseguente indebolimento ed atrofia dei muscoli dei piedi, delle gambe e
delle mani, nonché riduzione della sensibilità alle estremità (Vinci P. 2002)
Quattro anni fa abbiamo fatto una revisione della letteratura scientifica su
questa malattia e abbiamo svolto un’indagine informale tra pazienti affetti
da CMT per indagare eventuali problematiche sessuali. La finalità era di
cercare di fornire una spiegazione ai risultati di uno studio sulla qualità della
vita che aveva rivelato un punteggio ridotto anche negli aspetti mentali
(vitalità, ruolo sociale, ruolo emotivo e salute mentale).
Le conclusioni, pubblicate su Eur J PMR in forma di lettera (Vinci P. 2007),
indicavano la necessità di indagare più approfonditamente la sessualità che,
nella CMT, potrebbe essere compromessa in più aspetti e più
frequentemente di quanto ci si attenderebbe, considerando la scarsa
letteratura scientifica sulla sessualità nelle malattie neuromuscolari in
generale. In particolare, sia fattori organici che fattori psicologici possono
avere ripercussioni sulla sessualità nella CMT.
I fattori organici sono:
- riduzione della sensibilità nell’area genitale dovuta alla
degenerazione delle fibre sensitive;-------------------------------------------------
- lentezza di riflessi sessuali dovuta alla mielinopatia;
- difficoltà a compiere il coito e a masturbarsi a causa
dell'indebolimento dei muscoli degli arti inferiori e delle mani,
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dell’affaticabilità muscolare, dei crampi, delle deformità articolari e
del dolore.
I possibili fattori psicologici sono numerosi:
- la CMT è un’affezione che altera la vita in maniera globale in quanto
inizia nell’infanzia o durante l’adolescenza;
- altera l’aspetto fisico in una fase della vita (l’adolescenza) in cui
ogni difetto, anche minimo, non è tollerato;
- impedisce di cimentarsi nelle stesse attività svolte dai coetanei sani;
- le deformità delle articolazioni (piedi, caviglie, ginocchia, mani,
anche) e della schiena (cifosi, iperlordosi scoliosi), in aggiunta ad
atrofia muscolare, necessità di utilizzare ortesi, impossibilità a
indossare scarpe alla moda (e shorts, gonne e vestiti), portamento
goffo e cadute improvvise possono generare un’immagine di sé
negativa e un’insicurezza con conseguenti difficoltà a relazionarsi
col sesso opposto;
- le esperienze negative come il rifiuto possono essere interpretate dai
pazienti come una conferma della propria inferiorità rispetto agli
altri;
- difficoltà a raggiungere e mantenere posizioni erotiche.
Pertanto, lo scopo di questo lavoro è indagare la presenza di problematiche
della risposta sessuale in un campione di donne affette dalla malattia di
Charcot-Marie-Tooth.
La prima parte di questa ricerca descriverà gli aspetti clinici della CMT;
nella seconda parte presenteremo una panoramica generale sulla sessualità
femminile, nei suoi aspetti anatomici e fisiologici; nella terza parte
affronteremo il tema della sessualità in presenza di disabilità. In seguito ci
focalizzeremo sulla disabilità nelle patologie croniche, in particolare quelle
neuromuscolari, soffermandoci sulle disabilità specifiche associate alla
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CMT. Nell’ultima parte, sperimentale, riporteremo i risultati relativi alla
ricerca effettuata su un campione di donne affette da CMT.
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PARTE I:
LA MALATTIA DI
CHARCOT-MARIE-TOOTH (CMT)
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INQUADRAMENTO CLINICO
La malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) è la neuropatia ereditaria più
frequente nella popolazione, con una prevalenza stimata tra 17 e 40 casi
ogni 100.000 individui. È costituita da un gruppo eterogeneo di malattie
che si presentano con il medesimo fenotipo clinico, caratterizzato da
ipostenia ed ipotrofia muscolari distali degli arti (principalmente degli arti
inferiori nel compartimento peroneale) associate in genere ad alterazioni
della sensibilità, riduzione o assenza dei riflessi osteo-tendinei, e
deformazioni scheletriche (piede cavo o piatto nei primi anni di vita, più
raramente scoliosi) (Pareyson D., 2003).
La CMT, conosciuta anche come “Neuropatia Sensitivo-Motoria Ereditaria”
o con l’acronimo della sua traduzione inglese “HMSN” (Hereditary motor
and sensory neuropathies), è dovuta all’alterazione dei numerosi geni
(finora ne sono stati scoperti più di 30) che determinano la formazione e il
funzionamento della mielina e dell’assone (Vinci P., 2003).
La classificazione dei diversi tipi di CMT è resa difficoltosa dalla estrema
variabilità clinica, genetica, neurofisiologica e neuropatologica di tali forme
morbose. Le recenti acquisizioni in termini di genetica medica hanno reso
possibile l’individuazione di diverse mutazioni genetiche correlabili a
quadri clinici specifici di neuropatia ereditaria sensitivo-motoria. Sono stati
così distinti diversi sottotipi della malattia, in base alle caratteristiche
cliniche e genetiche (Schenone A., 2003).
I primi sintomi nella CMT sono: inciampo sull’avampiede o per piccoli
gradini, più frequente camminando a piedi nudi, distorsioni di caviglia,
goffaggine nel camminare, crampi ai polpacci (Perelli S., 1999). Spesso il
paziente migliora spontaneamente la deambulazione, utilizzando scarpe con
il tacco e facendo rialzare dal calzolaio la parte laterale della suola, laddove
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si consuma maggiormente a causa dello storcimento della caviglia. Con il
passare del tempo, l’indebolimento della dorsiflessione (capacità di alzare la
punta del piede) si accentua e il paziente è costretto a sollevare le ginocchia
più del normale, per evitare d’inciampare: questo cammino, che ricorda
quello del cavallo, è detto deambulazione steppante o equina, ed è piuttosto
stancante. Inoltre possono indebolirsi anche i plantiflessori (muscoli dei
polpacci), con difficoltà a salire e scendere le scale e riduzione della
velocità del cammino (Vinci P., 1999) .
In un numero limitato di pazienti la malattia ha un decorso piuttosto rapido,
con perdita della muscolatura dei piedi e delle gambe nel giro di pochi anni
e successiva stazionarietà. In altri pazienti la malattia è talmente lieve che
non accusano disturbi, tranne la difficoltà a reperire scarpe adatte ad
alloggiare il piede cavo, unico segno della loro patologia.
Al fine di facilitare l’inquadramento dei pazienti a fini riabilitativi, è stata
recentemente proposta una lista di problemi (Vinci P., 2008)., dal più
frequente al più raro, cioè da quello conseguente all’indebolimento della
muscolatura dei piedi, presente in tutti i pazienti, a quello che deriva
dall’indebolimento degli estensori dell’anca, evenienza eccezionale:
1) deficit di dorsiflessione, graduato in lieve e grave;
2) rotazione del piede;
3) insufficienza dei plantiflessori;
4) insufficienza dei flessori del ginocchio;
5) insufficienza dell’estensione del ginocchio;
6) insufficienza dell’estensione dell’anca
Questi problemi si associano tra loro in maniera tipica, determinando sette
livelli di gravità clinica, che descriveremo nel paragrafo dedicato. Alle mani
la malattia inizia più tardivamente e nella maggioranza dei casi
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l’indebolimento è lieve, per cui i pazienti, anche grazie ai compensi,
lamentano un deficit funzionale soltanto nell’esecuzione di movimenti che
richiedono forza e destrezza al contempo, quali usare bottoni e chiusure
lampo, cucire, scrivere calcando, infilare e girare una chiave, allacciarsi una
collana (Vinci P., 2008). Anche per la funzione prensile è stata proposta una
classificazione, in tre livelli di gravità crescente, in base al tipo di pinza
compromesso:
1) possibile ogni tipo di pinza anche se con modeste alterazioni e deficit
di forza;
2) pinza per opposizione terminale tra i polpastrelli di pollice e indice
impossibile e sostituita da una pinza tra pollice e faccia laterale delle
falangi dell’indice;
3) pollice escluso dalla prensione, residua la prensione con le dita
laterali (Vinci P., 2008).