assicurazioni sulla vita.
L’accesso a tali strumenti è reso possibile grazie ad intermediari che operano come
agenti, broker o semplici mediatori.
Il mercato mobiliare, che è quello che più interessa ai fini di questo lavoro, offre la
possibilità agli investitori di scambiare, tramite una molteplicità di intermediari, i c.d.
valori mobiliari che unitamente ad alcuni servizi costituiscono l’insieme dei prodotti di
questo mercato.
Nell’ambito degli intermediari del mercato mobiliare occorre distinguere tra investitori
istituzionali, alcuni dei quali costituiscono la categoria degli organismi di investimento
collettivo in valori mobiliari (gli o.i.c.v.m.) sottoposta ad una particolare disciplina dalle
direttive comunitarie, e tra imprese di investimento, o intermediari mobiliari in senso
stretto.
Nei diversi Paesi si sta attuando una progressiva istituzionalizzazione del risparmio “che
consiste nello spostamento del risparmio finanziario delle famiglie verso gli investitori
istituzionali”
1
.
Questa tendenza ha avvicinato sistemi, quali quelli francese ed italiano, in cui la quota
di intermediazione delle banche è sempre stata rilevante, a sistemi di Paesi in cui,
invece, la presenza degli investitori istituzionali è stata tradizionalmente elevata, come
Gran Bretagna e Stati Uniti.
L’istituzionalizzazione del risparmio trae origine da due principali fattori: “in primo
luogo, gli attuali mercati finanziari presentano una gamma di strumenti talmente ampia
e con livelli tali di sofisticazione, che diviene sempre più difficile per il singolo
investitore effettuare in modo efficiente le scelte relative alla composizione del proprio
portafoglio finanziario e alla successiva movimentazione; in secondo luogo, le esigenze
di natura previdenziale e i problemi del mantenimento del reddito nella fase di vita non
più lavorativa hanno accresciuto l’operatività dei fondi pensione, nonché delle
assicurazioni con riferimento ai prodotti del ramo vita”
2
.
Relativamente al nostro ordinamento rientrano tra gli investitori istituzionali i fondi
comuni di investimento mobiliari aperti e chiusi, le società di investimento a capitale
variabile (Sicav), i fondi pensione e i fondi immobiliari; mentre nell’ambito delle
1
Ferrari, Gualandri, Landi, Vezzani, Strumenti, mercati e intermediari finanziari, Torino, 1997, pag. 210.
2
Ferrari, Gualandri, Landi, Vezzani, op. cit., pag. 211.
imprese di investimento vi sono comprese le società di intermediazione mobiliare,
nonché gli istituti di credito, per i servizi di investimento da essi prestati.
Gli investitori istituzionali sono imprese che raccolgono capitale, mediante emissione di
propri titoli, presso il pubblico dei risparmiatori e lo investono, nella modalità detta “in
monte”, secondo le regole fissate dal loro programma di attività; tale gestione “avviene
a rischio dei risparmiatori, ma senza alcun intervento da parte di questi ultimi sulle
scelte di investimento e disinvestimento operate dal gestore: una loro intromissione
rischirebbe di pregiudicare la rapidità e la consapevolezza tecnica delle decisioni”
3
.
Il fatto di trovarsi di fronte ad operatori che gestiscono grandi masse di risparmio
“nell’interesse altrui” ha fatto avvertire il bisogno che l’ordinamento, al fine di garantire
la protezione del risparmio gestito dagli investitori istituzionali, introducesse forme di
controllo esterne per questi operatori, per realizzare al medesimo tempo un’efficiente
gestione e, appunto, una piena tutela dei risparmiatori.
Diversi e non omogenei sono i servizi prestati dalle imprese di investimento; questi
possono essere ricondotti a tre gruppi fondamentali:
a) la negoziazione di valori mobiliari, nelle varie specificazioni ed articolazioni che la
stessa può assumere (per conto terzi, per conto proprio, collocamento, raccolta
ordini);
b) la consulenza prestata ad operatori per le loro scelte di investimento o
disinvestimento in valri mobiliari;
c) la gestione di patrimoni individuali.
Le differenze esistenti tra l’attività di un investitore istituzionale e quella di un’impresa
di investimento che svolge servizi di negoziazione o consulenza hanno come
conseguenza che “il tipo di controllo pubblico su queste ultime si preannunci meno
penetrante di quello giustificabile per le prime”
4
.
Inoltre, le particolarità che caratterizzano e differenziano un’investitore istituzionale e
un’impresa di investimento che svolge l’attività di gestione di patrimoni individuali si
riflettono sulle posizioni degli investitori; infatti, le gestioni personalizzate “postulano
un potere di intervento del risparmiatore nella gestione, escluso per le gestioni
3
Costi, Il mercato mobiliare, Torino, 1997, pag. 6.
4
Costi, op. cit., pag. 6.
standardizzate degli investitori istituzionali; qui riemerge…un potere di autotutela
assente nelle gestioni in monte”
5
.
Dal punto di vista della regolamentazione del mercato mobiliare, il primo e rilevante
passo verso un’efficiente normativizzazione dell’intermediazione mobiliare e
dell’ordinamento della Borsa avviene nella metà degli anni settanta con la legge n. 216
del 1974
6
.
Tra gli aspetti più significativi di questa legge vi era, da un lato, l’istituzione della
Commissione nazionale per le società e la Borsa (Consob), e dall’altro, la previsione di
una disciplina speciale per le società quotate in Borsa.
Così, alla Consob venivano attribuiti compiti di vigilanza sia sull’organizzazione della
Borsa sia sullo svolgimento delle relative negoziazioni; tuttavia, dal momento che la
legge non sopprimeva i poteri attribuiti al Ministro del Tesoro in materia di controllo
della Borsa e comprimeva i poteri degli organi locali, “si può dire che la
pubblicizzazione del mercato della Borsa fu ulteriormente accentuata dalla riforma del
1974”
7
.
Rilevante risultava l’introduzione della disciplina speciale per le società con azioni
quotate; questa novità trova la sua origine “nella consapevolezza del fatto che le società
quotate coinvolgono il risparmio pubblico in termini e in misura diversi da quelli nei
quali lo stesso viene coinvolto dalle società che si rivolgono ad una cerchia ristretta di
rispamiatori-soci”
8
. Si avvia in tal modo il proceso di separazione della disciplina delle
società quotate in Borsa dal diritto comune delle società per azioni.
Le lacune nella regolamentazione del settore del mercato mobiliare erano ancora
notevoli; infatti, ad esempio, non si dettavano le norme necessarie per la nascita di
investitori istituzionali, come i fondi comuni, che l’esperienza di altri Paesi aveva
dimostrato essere indispensabile per lo sviluppo del mercato mobiliare, mancava una
disciplina dei servizi di investimento capace di consentire lo sviluppo regolamentato
degli stessi.
5
Costi, op. cit., pag. 6.
6
L. 7 giugno 1974, n. 216, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 8 aprile 1974, n.
95, recante disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari, in G.U.,
8 giugno 1974, n. 149.
7
Costi, op. cit., pag. 24.
8
Costi, op. cit., pag. 24.
Alcune di queste lacune sono state colmate dalla legge n. 77 del 1983
9
; questa, infatti,
dettava una disciplina generale della sollecitazione al pubblico risparmio ma
sopprattutto introduceva nel nostro ordinamento i fondi comuni di investimento
mobiliari.
Il mercato mobiliare italiano ha potuto così avvalersi di un intermediario capace di
raccogliere rilevanti quantità di capitale, provvedendo alla sua gestione “in monte”
secondo i criteri di competenza e di diversificazione degli investimenti; e il successo
che i fondi comuni hanno registrato da allora conferma l’importanza del ruolo che gli
investitori istituzionali svolgono nello sviluppo di un moderno mercato mobiliare.
Ma è soltanto nei primi anni novanta che l’ordinamento italiano del mercato mobiliare
raggiunge un grado di compiutezza sostanzialmente analogo a quello degli ordinamenti
finanziari degli altri Paesi ad economia avanzata.
Tale risultato è spesso raggiunto per impulso delle direttive comunitarie, che
consentono al sistema finanziario italiano “di avvalersi di un ordinamento non
penalizzante nei confronti di quello che disciplina emittenti, risparmiatori ed operatori
degli altri Stati della Comunità con i quali si trova a competere, anche per la sistematica
attuazione del principio della libera circolazione dei servizi finanziari”
10
.
Vengono così emanate una serie di leggi che:
a) integrano la disciplina dell’appello al pubblico risparmio;
b) dettano una regolamentazione organica degli intermediari mobiliari;
c) introducono nuovi tipi di investitori istituzionali;
d) accentuano la specialità dello statuto delle società con azioni quotate in Borsa;
e) riformano la disciplina della immissione dei valori mobiliari sul mercato.
Con la legge n. 1 del 1991
11
si è posto rimedio alla disorganizzazione normativa del
nostro settore dell’intermediazione mobiliare, e viene prevista una serie di norme
sull’organizzazione dei mercati mobiliari che possono rappresentare quanto meno un
inizio di una disciplina generale di tale settore.
9
L. 23 marzo 1983, n. 77, Istituzione e disciplina dei fondi comuni di investimento mobiliare, in G.U., 28
marzo 1983, n. 85.
10
Costi, op. cit., pag. 31.
11
L. 2 gennaio 1991, n. 1, Disciplina dell’attività di intermediazione mobiliare e disposizioni
sull’organizzazione dei mercati mobiliari, in G.U., 4 gennaio 1991, n. 3.
In particolare, l’art. 1 della legge n. 1 del 1991 stabilisce che per attività di
intermediazione mobiliare si deve intendere:
a) una negoziazione per conto proprio o per conto terzi, ovvero sia per conto proprio
sia per conto terzi di valori mobiliari;
b) un collocamento e una distribuzione di valori mobiliari;
c) una gestione di patrimoni mediante operazioni aventi ad oggetto valori mobiliari;
d) una raccolta di ordini di acquisto e vendita di valori mobiliari;
e) una consulenza in materia di valori mobiliari;
f) una sollecitazione del pubblico risparmio effettuata mediante attività anche a
carattere promozionale.
Nel 1992 vengono poi emanati i decreti legislativi n. 83 e n. 84
12
relativi all’attuazione
delle direttive n. 85/611 e n. 88/220 in materia di taluni organismi di investimento
collettivo in valori mobiliari.
Con il primo provvedimento viene adeguato il nostro ordinamento per quanto concerne
la normativa dei fondi comuni di investimento aperti.
Il D. Lgs. n. 84, invece, disciplina le società di investimento a capitale variabile (Sicav),
introducendo così un tipo di investitore istituzionale dove, come si vedrà, a differenza di
quanto si verifica per i fondi comuni, “il risparmiatore è socio della società di gestione,
anche se il modello societario risulta, sotto il profilo della gestione, sostanzialmente
svuotato”
13
.
Successivamente, con la legge n. 344 del 1993
14
, sono stati disciplinati i fondi comuni
di investimento mobiliare chiusi. Questo tipo di investitore istituzionale è organizzato
sulla base di un modello giuridico sostanzialmente simile a quello adottato per i fondi
aperti (cioè utilizza lo schema società di gestione, fondo, banca depositaria), ma con una
differente funzione economica: il risparmiatore, infatti, non può chiedere la liquidazione
12
D. Lgs. 25 gennaio 1992, n. 83, Attuazione delle direttive n. 85/611/CEE e n. 88/220/CEE, relative a
taluni organismi di investimento collettivo in valori mobiliari operanti come fondi comuni aperti di diritto
nazionale, recante modificazioni alla l. 23 marzo 1983, n. 77 e disposizioni sulla commercializzazione in
Italia di quote di organismi situati in altri Paesi della Comunità, in suppl. ord. alla G.U., 14 febbraio 1992,
n. 27; D. Lgs. 25 gennaio 1992, n. 84, Attuazione delle direttive n. 85/611/CEE e n. 88/220/CEE, relative
agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari operanti nella forma di società di
investimento a capitale variabile (SICAV), in suppl. ord. alla G.U., 14 febbraio 1992, n. 37.
13
Costi; op. cit., pag. 33.
14
L. 14 agosto 1993, n. 344, Istituzione e discipina dei fondi comuni mobiliari chiusi, in suppl. ord. alla
G.U., 1°settembre 1993, n. 205.
dell’investimento prima che sia decorso un periodo protratto normalmente per cinque
anni; tale modello “consente alla società di gestione di un fondo chiuso di operare
investimenti meno attenti alla loro liquidabilità di quanto debbano esserlo gli
investimenti di un fondo aperto”
15
.
Infine, con il D. Lgs. n. 415 del 1996
16
è stata data attuazione alle direttive comunitarie
n. 93/6 e n. 93/22 (note anche come direttive Eurosim) che hanno imposto
l’armonizzazione minima delle discipline nazionali dei servizi di investimento, a sua
volta necessaria per dare concreta applicazione al principio del mutuo riconoscimento
delle autorizzazioni nazionali alla prestazioni di tali servizi.
Infatti, il D. Lgs. n. 415 (detto “decreto Eurosim”), che in base alla legge comunitaria
per il 1994
17
ha modificato radicalmente la normativa sull’intermediazione mobiliare,
riconosce a tutte le imprese di investimento autorizzate in un Paese della Comunità, la
libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi in tutto il territorio dell’Unione
Europea, adottando il principio della vigilanza del Paese di origine (sistema dell’“home
country control”).
Un altro aspetto molto significativo di questo decreto consiste nell’aver introdotto una
disciplina organica dei mercati regolamentati: abbandonando il modello del mercato
regolamentato come pubblico servizio, si adotta “il modello anglosassone che considera
il mercato regolamentato come un’organizzazione che nasce non da una decisione
dell’autorità ma da scelte imprenditoriali degli intermediari per poter esercitare in modo
più efficiente l’attività di negoziazione”
18
.
Sempre in base alla stessa legge comunitaria per il 1994, che prevede il riordino delle
norme sugli intermediari e dei mercati finanziari, viene emanato nel 1998 il D. Lgs. n.
58
19
, detto anche “decreto Draghi”. Il nuovo Testo Unico delle disposizioni in materia
di mercati finanziari (T.U.F.), pur introducendo significative innovazioni (per quelle
15
Costi, op. cit., pag. 33.
16
D. Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, Recepimento della direttiva 93/22/CEE del 10 maggio 1993 relativa ai
servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari e della direttiva 93/6/CEE del 15 marzo 1993
relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, in suppl. ord. alla
G.U., 9 agosto 1996, n. 186.
17
L. 6 febbraio 1996, n. 52, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza
dell’Italia alle Comunità Europee (legge comunitaria per il 1994), in suppl. ord. alla G.U., 10 febbraio
1996, n.34.
18
Costi, op. cit., pag. 36.
19
D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Testo Unico delle disposizioni in materia di mercati finanziari, in
suppl. ord. alla G.U., 26 marzo 1998, n. 71.
relative alla gestione collettiva del risparmio si rinvia al Capitolo 2), ripropone lo stesso
impianto normativo del decreto legislativo n. 415 del 1996. Al decreto legislativo n. 58
del 1998 “va comunque riconosciuto il merito di aver organizzato e razionalizzato un
complesso di norme … riuscendo a coniugare la severità del dato normativo con la
tutela degli investitori e con la richiesta degli operatori di norme che non appesantiscano
ed intralcino l’agilità del traffico giuridico ed economico”
20
.
Come già accennato, nella trattazione della normativa relativa ai fondi comuni di
investimento e alla società di investimento a capitale variabile verranno esaminate le
disposizioni del Testo Unico che integrano o modificano i decreti legislativi n. 83 e n.
84 del 1992 di attuazione delle direttive n. 85/611 e n. 88/220 concernenti il
coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia
di taluni o.i.c.v.m.
Mi limiterò ora a riportare alcune definizioni di carattere genarale, contenute dal decreto
n. 58 del 1998, relative ai prodotti e ai servizi finanziari.
Ai sensi dell’art. 1, co. 1 lett. u del decreto in esame, i prodotti finanziari sono “gli
strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria”. Il
successivo co. 2 stabilisce che per strumenti finanziari si intendono:
™ le quote di fondi comuni di investimento;
™ i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;
™ qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquistare gli strumenti
sopra elencati;
™ i contratti futures su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e i
contratti di scambio a pronto e a termine, che costituiscono la categoria degli
strumenti finanziari derivati.
™ le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato
dei capitali;
™ le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei
capitali.
Il co. 1 alla lettera n dispone che il servizio di gestione collettiva del risparmio si
20
Di Chio, D. Lgs. 58/1998. Gli intermediari: il sistema di vigilanza e l’esercizio dei servizi di
investimento, in Le società, 1998, pag. 502.
realizza attraverso:
™ la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni di investimento e
l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti;
™ la gestione del patrimonio degli organismi di investimento collettivo del risparmio
(o.i.c.r.), categoria comprendente fondi comuni di investimento e Sicav.
Il co. 5 si occupa poi di fornire la definizione di servizi di investimento, che, aventi ad
oggetto strumenti finanziari, comprendono le seguenti attività:
™ negoziazione per conto proprio;
™ negoziazione per conto terzi;
™ collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero
assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente;
™ gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi,
™ ricezione e trasmissione di ordini, nonché mediazione.
Infine, con il co. 6, si stabiliscono quali attività possono essere considerate alla stregua
di servizi accessori a quelli di investimento; e così nella categoria dei servizi accessori
rientrano:
™ la custodia e l’amministrazione di strumenti finanziari;
™ la locazione di cassette di sicurezza;
™ la concessione di finanziamenti agli investitori per consentire loro di effettuare
un’operazione relativa a strumenti finanziari, nella quale interviene il soggetto che
concede il finanziamento;
™ la consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e
di questioni connesse, nonché la consulenza e i servizi concernenti le concentrazioni
e l’acquisto di imprese;
™ i servizi connessi all’emissione e al collocamento di strumenti finanziari;
™ la consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari;
™ l’intermediazione in cambi, quando collegata alla prestazione di servizi di
investimento.
***
Pare opportuno, prima di procedere ad illustrare le diverse attività dell’intermediazione
mobiliare, dare una definizione, anche se generale, di valore mobiliare. In base al
dettato dell’art. 1 n. 18 della legge n. 216 del 1974 è da intendersi per valore mobiliare
“...ogni documento o certificato che direttamente o indirettamente rappresenti diritti in
società, associazioni, imprese o enti di qualsiasi tipo, ivi compresi i fondi di
investimento italiani o esteri; ogni documento o certificato rappresentativo di un credito
o di un interesse negoziabile e non; ogni documento o certificato rappresentativo di
diritti relativi a beni materiali o proprietà immobiliari; nonché ogni documento o
certificato idoneo a conferire diritti di acquisto di uno dei valori mobiliari sopra
elencati...”. L’art. l co. 2 della legge n. 1 del 1991 amplia tale definizione aggiungendo
che “... i contratti a termine su strumenti finanziari collegati a valori mobiliari, tassi di
interesse e valute, ivi compresi quelli aventi ad oggetto indici su tali valori mobiliari,
tassi di interesse e valute, sono considerati valori mobiliari”. Si può concludere
definendo in senso ampio il valore mobiliare “come un valore che, per la sua attitudine
alla circolazione, consente lo smobilizzo delle somme in esso investite e il trasferimento
della titolarità del credito, o della quota di capitale, da un soggetto economico
all’altro”
21
.
***
Veniamo ora alle attività proprie dell’intermediazione disciplinate dalle leggi, esaminate
in precedenza, che nel tempo si sono succedute in materia di mercato mobiliare.
Con l’attività di negoziazione l’intermediario effettua compravendite di titoli o stipula
contratti aventi ad oggetto valori mobiliari; due sono le modalità di svolgimento della
negoziazione mobiliare, per conto terzi o in proprio.
Nella prima ipotesi, l’intermediario esegue le richieste di compravendita secondo le
istruzioni impartite dal cliente; opera cioè a nome e per conto di questo, ricercando una
controparte negoziale individuandola in quella che fra tutte offre le condizioni più
convenienti e in contropartita ottiene una commissione.
21
Polidori, Il mercato mobiliare, Torino, 1994, pag. 34.
L’attività di negoziazione in proprio prevede, invece, che l’intermediario intervenga
direttamente sul mercato: non svolge semplicemente l’attività di ricerca della
controparte ma, utilizzando il suo patrimonio, compravende a suo nome titoli e ne
detiene delle scorte.
E’ riservata alle Sim e in parte alle aziende e istituti di credito la negoziazione per conto
proprio o per conto terzi, ovvero sia per conto proprio sia per conto terzi, di valori
mobiliari.
L’attività di gestione viene generalmente suddivisa in gestioni personalizzate e in
monte.
Con le gestioni personalizzate, l’investitore consegna all’operatore finanziario il proprio
patrimonio che sarà gestito secondo le indicazioni impartite dall’investitore stesso. I
singoli valori mobiliari rimangono sempre di proprietà di quest’ultimo che potrà in
qualsiasi momento ritirarli, venderli, ecc. La gestione personalizzata è riservata alle Sim
e permessa agli enti e istituti di credito.
Con le gestioni “in monte”, invece, l’investitore acquista quote di un fondo o azioni di
una società d’investimento; le somme così raccolte vengono investite in valori mobiliari
ma non secondo le indicazioni date dall’investitore. Questi, infatti, non è proprietario
dei titoli del patrimonio del fondo o della società di investimento ma solo di una quota-
parte del valore del patrimonio comune; nel caso volesse disimpegnarsi non potrebbe
richiedere la consegna di parte dei valori mobiliari del patrimonio comune, ma solo il
riscatto della sua quota in contanti. La gestione in monte di patrimoni mobiliari è
riservata alle società di gestione di fondi comuni di investimento mobiliare e alle società
di investimento a capitale variabile; tali figure societarie unitamente alla forma
fiduciaria dello unit trust costituiscono l’insieme degli organismi d’investimento
collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.).
L’attività di consulenza si rivolge a due categorie di soggetti: agli emittenti e agli
investitori.
La consulenza agli emittenti ha lo scopo di offrire informazioni e consigli ad imprese
intenzionate ad emettere valori mobiliari da collocare sul mercato.
La consulenza agli investitori è rivolta al pubblico che si appresta ad investire nel
mercato mobiliare.
L’attività di consulenza viene riservata alle Sim e permessa agli istituti ed enti di
credito.
Per attività di sollecitazione del pubblico risparmio, come risulta dall’art. 18 ter della
legge n. 216 del 1974, deve intendersi “ogni pubblico annuncio di emissione; ogni
acquisto o vendita mediante offerta al pubblico, ogni offerta di pubblica sottoscrizione;
ogni pubblica offerta di scambio di valori mobiliari; ogni forma di collocamento porta a
porta, a mezzo circolari e mezzi di comunicazione di massa in genere”. La legge n. 1 del
1991 ha riservato tale attività alle Sim e alle banche, prevedendo che l’attività porta a
porta possa essere svolta solo da promotori di servizi finanziari (art. 5 della legge n. 1
del 1991) che possono operare per conto di una sola Sim.
CAPITOLO 1
IL MERCATO UNICO DEI SERVIZI FINANZIARI
1. IL CAMMINO VERSO IL MERCATO COMUNE
Il cammino verso la piena integrazione dei mercati europei è stato segnato dalle tappe
del Libro bianco della Commissione del 1985, dell’Atto Unico Europeo del 1986
(A.U.E.), del Trattato di Maastricht del 1992 ed infine del Trattato di Amsterdam del
1997.
Il processo che ha realizzato il mercato interno si è sviluppato seguendo la linea
direttrice dell’attuazione delle quattro libertà fondamentali, finalizzate ad assicurare la
libera circolazione delle merci e dei fattori produttivi, ossia lavoro, servizi e capitali.
In una sentenza della Corte di giustizia si rileva che “la nozione di mercato comune..
mira ad eliminare ogni intralcio per gli scambi intracomunitari al fine di fondere i
mercati nazionali in un unico mercato, il più possibile simile ad un vero e proprio
mercato interno”
22
; mentre l’articolo 7A del Trattato CE definisce il mercato comune
come “…uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione
delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali...”.
La realizzazione del mercato comune e il ravvicinamento delle politiche economiche e
monetarie rappresentano le due coordinate base del cammino verso una completa
Unione europea.
Il primo periodo del processo di integrazione ha visto prevalere, per una naturale
esigenza di gradualità, la dimensione “negativa” dell’integrazione fra i mercati e fra le
attività economiche degli Stati membri. Si poneva l’accento soprattutto
sull’eliminazione delle barriere agli scambi di merci e alla circolazione di persone,
servizi e capitali, utilizzando lo strumento dei divieti posti ai Paesi comunitari.
Successivamente “l’equilibrio originario tra mercato comune, attribuito al controllo
della Comunità, da un lato, e responsabilità degli Stati quanto alle rispettive politiche
economiche, dall’altro, si è andato progressivamente modificando”
23
. Ciò ha comportato
l’inversione del criterio cui si ispira tradizionalmente l’interpretazione delle norme
internazionali: non viene più sottolineato il favor per la libertà degli Stati contraenti, ma
al contrario vengono evidenziate le limitazioni a tale libertà, purché preordinate al
perseguimento dell’obiettivo dell’integrazione. Sottolineando i divieti posti a carico
degli Stati membri e opponendo loro la posizione del singolo come tributaria diretta di
22
Sentenza 5/5/1982, in causa 15/81, Schul, in Raccolta, 1982, pag. 1409.
norme comunitarie viene dato impulso all’integrazione giuridica che a sua volta ha
costituito un rilancio per l’integrazione tout court.
La nuova fase del mercato comune, quella dell’integrazione positiva, comincia a
delinearsi nella seconda metà degli anni ‘80, grazie all’iniziativa della Commissione. Si
giunge così alla pubblicazione del Libro bianco sul mercato interno e alla stipulazione
dell’Atto Unico Europeo; entrambe le iniziative hanno lo scopo di rilanciare e
accelerare il processo di realizzazione del mercato comune.
L’azione comunitaria si viene a concentrare, da un lato, sulla completa e definitiva
eliminazione delle frontiere tecniche, fisiche e fiscali tra i mercati degli Stati membri, e
dall’altro, sull’armonizzazione della fiscalità indiretta, ai fini della riduzione delle
distorsioni alla concorrenza.
L’Atto Unico, introducendo meccanismi volti a rendere più celeri le decisioni in materia
di liberalizzazione degli scambi di merci e dei fattori della produzione, ha fatto si che il
coordinamento normativo volto alla creazione dello spazio senza frontiere venga
deliberato non più all’unanimità ma a maggioranza qualificata (art. 100A del Trattato
CE); per taluni temi è stato prefigurato lo strumento del regolamento in luogo della
direttiva ed infine si è previsto che il Consiglio, in determinati settori, quando non vi sia
armonizzazione, possa far applicare il criterio del “mutuo riconoscimento” delle
normative nazionali. Correttivi sono stati introdotti per garantire la tutela di interessi
fondamentali:
a) le proposte della Commissione in tema di sanità, sicurezza, ambiente e tutela dei
consumatori devono tener conto di un elevato livello di protezione;
b) lo Stato in minoranza può applicare disposizioni a tutela di queste specifiche
esigenze rilevanti, notificandole alla Commissione che ne valuterà gli eventuali
effetti discriminatori;
c) le norme comunitarie armonizzate possono prevedere misure di salvaguardia
temporanee adottabili dagli Stati che versino in situazioni di particolare difficoltà.
Il Trattato di Maastricht ha poi modificato la configurazione stessa del mercato comune,
collegandovi un’unione monetaria nonché molteplici politiche comuni orizzontali.
23
Tesauro, Diritto comunitario, Padova, 1995, pag. 240.