2
questo si aggiungono le nuove funzioni amministrative ed
ecclesiastiche che hanno contribuito a modificare l’antica urbanità.
4
Infatti tra IV e VI secolo nel contesto della città romana si
materializza una topografia cristiana, costituita da una serie di edifici
di culto, sui quali si articolano gli sviluppi urbani nel passaggio
dall’antichità al medioevo.
Il rapporto fra la geografia ecclesiastica e quella amministrativa
tardo romana è abbastanza articolato: se da un lato non sono rari i casi
di municipia che non assurgono al rango di sede vescovile, questo può
d’altro lato essere conseguito da vici, senza che questo ne debba
implicare automaticamente la promozione sul piano amministrativo, o
anche da castra: ragioni di ordine politico, ecclesiastico, economico,
demografico intervengono di volta in volta a determinare queste
vicende, “anomale” nella misura in cui non si conformano agli schemi
teorici delle disposizioni conciliari.
5
E nel quadro di una crisi urbana è
proprio l’Italia a presentare un gruppo consistente di municipia che
non diventano sedi di diocesi.
6
Durante la tarda antichità, per un
naturale processo di omologazione delle comunità di vario diritto
(coloniae o municipia), queste vengono indicate indifferentemente col
termine civitates
7
.
4
CARANDINI 1993 , pp. 28, 33 ; Vd. anche: BROGIOLO 1987, pp. 27 sgg.. Fra tarda
antichità e alto medioevo la città subisce l’influenza schiacciante della campagna e solo
nell’età comunale riassumerà le sue caratteristiche propriamente urbane: FUMAGALLI
1985.
5
I Concili di Sardica (343) e poi di Laodicea (fine IV sec.) proibiscono la costituzione di
vescovadi in centri minori (in vico aut in modica civitate: can. 6 e can. 57). I concili di
Costantinopoli (381) e di Calcedonia (451) prescrivono la corrispondenza delle
circoscrizioni ecclesiastiche alle province romane.
6
CANTINO WATAGHIN-ESPARRAGUERA-GUYON 1996, pp.17, 18.
7
Tra VI e VII secolo Isidoro di Siviglia, inserendosi in una lunga tradizione prima pagana
poi cristiana, formulò una precisa distinzione tra urbs e civitas: urbs ipsa moenia sunt,
civitas autem non saxa sed habitatores vocantur.: Etym. 15,2: PL 82,536; OTRANTO
1991, p. 127; CRACCO RUGGINI 1989, p. 202.
3
Ma cambia anche il rapporto delle aree cimiteriali tardoantiche con
le necropoli romane: se infatti in molti casi si rileva una chiara
continuità (uso di aree sepolcrali e tipologia di tombe preesistenti),
non mancano esempi di dislocazione, con la formazione di nuove zone
funerarie tra III e IV secolo. Le segnalazioni di sepolture in contesti
urbani (in contrasto con la legge e con la prassi antica della sepoltura
in area extraurbana)
8
a partire dal IV sec., tanto sotto forma di
inumazioni isolate che di necropoli di modesta entità, sono ricorrenti e
vengono di volta in volta configurate come eccezionali, in rapporto
con situazioni del tutto anomale ed indipendenti da ogni legame con
edifici di culto, mentre tra V e VI sec. diventano relativamente
frequenti le segnalazioni delle sepolture presso le cattedrali
9
. La
distinzione netta tra area urbana e area funeraria sembra venir meno in
età tardo antica. La presenza di tombe ai limiti estremi è ritenuta,
anche se non sempre, una prova della contrazione dell’area urbana,
fenomeno che si riscontra spesso nell’epoca altomedievale e che
talvolta è accentuato dalla costruzione di una nuova cerchia difensiva
attorno alla città
10
.
La topografia cristiana si inserisce in un processo di
destrutturazione, per la sua radicale carica innovativa rispetto alla città
antica, e di ristrutturazione, per la sua riorganizzazione.
8
LAMBERT 1996.
9
CANTINO WATAGHIN-ESPARRAGUERA-GUYON 1995, pp.33, 34.
10
FASOLA-FIOCCHI NICOLAI 1986, pp.1154-1165.
4
I. La Puglia tra tardoantico e altomedioevo: cristianizzazione
e organizzazione del territorio.
Il problema specifico del passaggio dalla città pagana alla civitas
christiana in Puglia non è facilmente risolvibile. Innanzitutto perché
non è assolutamente facile ricostruire con sicurezza una mappa delle
civitates pugliesi attive tra III e IV secolo; ancora meno facile appare
l’individuazione dei loro confini territoriali, che in non pochi casi
costituirono, almeno inizialmente, anche i confini delle diocesi; e
anche perché in Puglia tale passaggio coincise, in linea di massima,
con un altro momento di risistemazione e riorganizzazione del
territorio: è l’epoca in cui Diocleziano sostituì alle circoscrizioni
regionali augustee le provinciae, costituendo la nuova provincia
Apulia et Calabria ( probabilmente nell’anno 290/291 e attestata per
la prima volta da un’epigrafe databile tra il 305 e il 307 ).
11
Inoltre la scarsezza di fonti coeve autentiche e credibili; la scarsa
attendibilità di fonti medievali – opere geografiche, itinerari – talvolta
composte a “tavolino” su documenti antichi, senza riscontro con la
effettiva situazione dell’epoca; la tendenza della storiografia moderna
a privilegiare la storia delle civitates fino alla prima età imperiale,
«lasciando nell’ombra le vicende successive, quelle dei secoli della
crisi, della destrutturazione e del decadimento degli insediamenti,
delle trasformazioni determinate, a diversi livelli, anche dal
diffondersi del nuovo credo», rendono difficili l’approfondimento di
questo delicato momento di passaggio
12
.
11
SILVESTRINI 1990, pp. 209-212; OTRANTO 1991, pp. 16-21; VOLPE 1996, pp. 25-41. La
stessa denominazione Apulia et Calabria bene evidenziava la dualità della regione e la
netta distinzione tra i due territori che la costituivano (GRELLE-VOLPE 1994).
12
OTRANTO 1991, p.127; CAMPIONE – NUZZO 1999, p.17.
5
La cristianizzazione della Puglia non fu un processo uniforme in
tutta la regione, nonostante la sua posizione geografica, protesa verso
l'Oriente. Il messaggio cristiano, dopo aver attraversato il mare ed
essere approdato in uno dei tanti porti della costa pugliese - Taranto,
Otranto, Brindisi, Egnazia, Bari, Siponto -, continuava il suo viaggio
“via terra” verso l'interno, lungo l' Appia e la Traiana che
attraversavano la regione.
13
La presenza di numerose e attive comunità ebraiche contribuì alla
diffusione del nuovo Verbo, anche se va ridimensionato l'automatismo
per il quale, in ogni centro in cui era attestata una comunità ebraica,
per “una sorta di automatica gemmazione”, era prevista anche una
comunità cristiana
14
.
Tra il II secolo e gli inizi del III, cominciavano a costituirsi le
prime diocesi, dopo una fase iniziale caratterizzata da forme spontanee
ed embrionali di organizzazione gerarchica e che privilegiava i centri
più importanti
15
.
Alla fine del III secolo e alla prima metà del IV, risalgono le prime
diocesi pugliesi attestate dalle fonti : Aecae, Luceria, Salapia,
Brundisium e Canusium
16
.
Entro la fine del IV secolo - o al massimo entro i primi anni del V
per le diocesi del Salento -, la rete delle diocesi pugliesi si può dire
sostanzialmente completata (Siponto, Egnazia, Herdonia, Bari,
13
CAMPIONE-NUZZO 1999, p. 16.
14
OTRANTO 1991, p. 27.
15
Il rapporto tra civitas e diocesi è un rapporto strettissimo e si farà ancora più incisivo
nell’epoca medievale, allorché sarà considerata civitas solo la città di residenza di un
vescovo o di un conte.
16
Sono tutte città importanti già in epoca imperiale, ed è probabile che l'istituzione della
diocesi, in quei municipia, risalga almeno alla metà del III secolo.
6
Taranto, Otranto, Lecce e Gallipoli), anche se, per alcune di queste, le
fonti sono successive.
All'avanzato V secolo risalgono solamente le diocesi rurali di
Carmeianum e Turenum (Trani): è l'epoca in cui il cristianesimo
penetra definitivamente anche nelle campagne. Infatti, erano vici che
diventarono sede di diocesi grazie alla presenza del vescovo, chiamato
in quell'epoca a svolgere mansioni che esulavano anche dall'ambito
religioso per sopperire al “vuoto” lasciato dalle istituzioni in crisi
17
.
Le quindici diocesi pugliesi sono così distribuite: sette in Daunia
(Aecae, Luceria, Salapia, Sipontum, Herdonia, Carmeianum,
Canusium); tre nella Puglia centrale (Turenum, Barium, Egnathia);
cinque nel Salento (Brundisium, Tarentum, Lupiae, Hydruntum,
Callipolis). Esse si dispongono soprattutto sulla fascia costiera e lungo
le vie di comunicazione, in modo partitolare la Traiana e la Traiana-
Calabra. Non uguale fortuna ebbero i centri ubicati lungo la via Appia
e nelle regioni interne (Silvium, Botrum, Grumum) i quali, d'altra
parte, durante l'epoca tardo-imperiale versavano in una profonda
crisi.
18
La rete di insediamenti urbani appariva prima dell'avvento del
cristianesimo più fitta nella Puglia meridionale che in quella
settentrionale: per le circoscrizioni diocesane, invece, si registra il
fenomeno inverso. La diffusione del cristianesimo sembra avvenire,
almeno stando alle fonti pervenuteci, più precocemente al nord che al
sud della Puglia e conosce un’organizzazione, una vivacità, una
ricchezza di situazioni e di interessi ben più rilevanti in Daunia che nel
17
DUPRÉ THESEIDER 1959, p.37; OTRANTO 1991, p.149-150; CAMPIONE-NUZZO 1999,
pp.16-18. La presenza del vescovo assumerà, quindi, un “valore poleogenetico”
determinando il passaggio del vicus a diocesi e quindi a civitas.
18
OTRANTO 1991, p.156.
7
Salento. Probabilmente il tessuto urbano, le strutture politico-istitu-
zionali, le attività economiche, l'organizzazione produttiva e la vita
stessa si presentavano nella Puglia settentrionale come caratterizzati
da una maggiore compattezza e aggregazione sociale, grazie anche
alla presenza, di città che costituivano sicuri punti di riferimento:
Canosa, Lucera e Siponto, tra tarda antichità e altomedioevo,
divennero, l'una dopo l'altra, centri coordinatori di iniziative, forze,
attività e interessi di vaste aree circostanti.
La presenza di vescovi pugliesi ad alcuni concili di grande rilievo
per la vita della chiesa antica (Arles, Nicea, Sardica, Costantinopoli
del 536), i loro interventi nella discussione, i loro contatti con
personalità di rilievo, dimostrano una sicura presa di coscienza delle
problematiche e delle dispute che impegnavano i teologi e i padri della
chiesa, contribuendo nel complesso a delineare la fisionomia di un
cristianesimo impegnato e meno «periferico».
19
Per quanto concerne l'organizzazione territoriale e produttiva della
Regio II si verificò una ristrutturazione in coincidenza con la
riorganizzazione amministrativa di età dioclezianea (e sotto il suo
influsso). La più accentuata cantonalizzazione della realtà italiana,
frutto della provincializzazione della penisola, favorì il riemergere di
peculiarità locali che maggiormente differenziarono “a macchia di
leopardo” il complesso di entità territoriali fino a quel momento
tendenzialmente omogenee.
20
Numerosi elementi concorrono a
definire per l'età tardoantica un quadro estremamente articolato e
sostanzialmente positivo dell'organizzazione produttiva dell' Apulia,
19
OTRANTO 1991, p.157.
20
D’ANGELA-VOLPE 1994, pp. 315.
8
lontano dalla tradizionale immagine di crisi che a lungo si è
tramandata negli studi storici
21
.
Il territorio apulo tardoantico risultava popolato, specie in alcune
aree privilegiate come la valle dell'Ofanto, di ville e di fattorie, poste
nella maggior parte dei casi sullo stesso luogo di precedenti impianti
produttivi di età repubblicana e primo imperiale, ora sottoposti ad
ampie ristrutturazioni e generalmente ingranditi nelle loro dimensioni;
il numero complessivo degli impianti rurali si ridusse rispetto ai secoli
precedenti ma, in generale, le dimensioni delle singole strutture
abitative e produttive crebbero (riduzione degli insediamenti non vuol
dire “crisi” di un territorio): la redistribuzione del popolamento rurale
mostra di rispondere ad esigenze di “razionalizzazione” all'interno di
un processo di concentrazione della proprietà.
Riemerge un tipo di insediamento paganico-vicano aderente alle
caratteristiche geografiche della regione, maggiormente adeguato alla
soluzione del problema di un più razionale sfruttamento delle risorse
idriche e meglio rispondente al tipo prevalente della produzione
agraria consistente nella cerealicoltura. Tra la fine del IV e il V secolo,
infatti, ad una progressiva crisi del grande allevamento transumante
(crisi che si trasformò nella definitiva rottura di una prassi secolare
solo nella seconda metà del VI secolo) e delle attività artigianali e
manifatturiere imperiali e private ad esso collegate, fece riscontro una
straordinaria espansione delle colture cerealicole, anche sotto la spinta
delle esigenze annonarie.
21
RUGGINI 1961; DE ROBERTIS 1951. Il tema dell'analisi della transizione tra tardoantico
e altomedioevo in ambito rurale con particolare riferimento agli aspetti di “continuità-
discontinuità” costituisce infatti uno dei nuclei centrali dell'attuale dibattito storico-
archeologico soprattutto tra gli studiosi della tarda antichità e dell’altomedioevo.
9
In generale, la zona costiera e lagunare centro-settentrionale
adriatica mostra condizioni insediative migliori (cosa che peraltro
sembra contrastare con un presunto degrado della fascia lagunare con
conseguente sviluppo della malaria), come dimostra la persistenza di
Salpi oltre al sorgere di centri quali Lesina (nel VII secolo) e Varano
(castrum attestato nel IX secolo). Nel tratto di costa adriatica della
Puglia centrale (Barletta, Trani, Bari) l’evoluzione urbana dei centri
portuali, avviata in età tardoantica, proseguì e si sviluppò tra VII e IX
secolo, con esiti importanti nella piena età medievale
22
.I territori
pianeggianti del Tavoliere sembrano invece sostanzialmente
spopolati.
23
È certo comunque che nel territorio daunio la rete di vici, villae e
fattorie tardoantiche si disintegrò intorno alla metà del VI secolo: la
totalità degli impianti produttivi rurali (scavati o individuati nel corso
delle ricognizioni) mostra chiari segni di abbandono o di
rioccupazione impropria. Si formarono piccoli abitati, di cui restano,
oltre alle necropoli, solo labili tracce relative prevalentemente ad
edifici realizzati con strutture lignee o con muretti in cui furono
riutilizzati materiali recuperati dalle strutture delle ville romane; si
tratta di forme di rioccupazione “abusiva” da parte di piccole
comunità, a volte caratterizzate da forme di vita povera o poverissima,
che attestano una qualche forma di continuità insediativa con caratteri
però ormai molto degradati
24
.
22
GRELLE-VOLPE 1994.
23
Una tale situazione, ricostruibile al momento più sulla base dei documenti scritti che su
risultati di indagini archeologiche, potrebbe essere meglio precisata con il progresso delle
ricerche sul campo.
24
Ciò dimostra che la continuità insediativa non va confusa con la continuità di una stessa
forma di insediamento (unità di sito con identità di unità topografica): CARANDINI 1993 ,
p. 17.
10
Questa situazione di degrado trova conferme, con la sola
significativa esclusione di Otranto, in tutti quei territori sottoposti a
ricognizione sistematica nella Calabria: segni dell'abbandono delle
ville tardoantiche e dello spopolamento delle campagne in età
altomedievale sono stati individuati per esempio nel territorio di Oria,
dove gli insediamenti rurali tardoantichi, meno numerosi ma
generalmente di dimensioni maggiori rispetto al periodo precedente,
spariscono del tutto nel VI secolo, e in quelli di Valesio, Supersano e
Cutrofiano nel Salento.
25
Sfuggono al momento le forme della
produzione agraria e dell'articolazione del paesaggio altomedievale.
Certamente avranno avuto una certa continuità, sia pure a livelli
decisamente minori rispetto ai secoli precedenti, le colture cerealicole
e, in certa misura, anche quelle arboricole. Solo per il territorio di
Otranto sussistono chiari indizi di una produzione specializzata,
probabilmente vitivinicola.
Anche nel campo della circolazione delle merci ceramiche è
possibile individuare alcuni importanti elementi di rottura tra antichità
e altomedioevo. Tra IV e V secolo il panorama era stato dominato
dalle ceramiche, in particolare la sigillata D, e dalle derrate alimentari,
trasportate nelle anfore cilindriche e affusolate tarde, di produzione
africana, cui si affiancarono a partire dal V e nel corso del VI secolo le
ceramiche sigillate, in particolare la Late Roman C Ware e, in misura
minore, la sigillata cipriota, e le anfore del Mediterraneo orientale (in
particolare le LRA 1, 3, 4), che in alcuni siti risultano largamente
prevalenti rispetto ai prodotti africani
26
: un’ulteriore conferma degli
25
Un processo di rioccupazione diffusa e di ripopolamento delle campagne del Tavoliere
si avverte in maniera sensibile solo nell'XI secolo per iniziativa bizantina, soprattutto ad
opera del catapano Boioannes : MARTIN-NOYÉ 1991.
26
D’ANDRIA 1977; VOLPE 1992.
11
stretti legami tra Puglia e Oriente. In realtà si registrarono in età
tardoantica differenze significative nei vari settori della regione:
mentre i siti costieri adriatici furono interessati da importazioni
consistenti tra V e VI secolo di ceramiche orientali, nei siti dell'interno
accanto ai prodotti africani si andò affermando progressivamente un
tipo di ceramica comune con ingubbiatura rossa o rosso-bruna di
produzione locale (in particolare brocchette, spesso rinvenute in
contesti funerari)
27
.
Un momento di forte discontinuità fu rappresentato dalla guerra
greco-gotica e dalla successiva invasione longobarda. Tra la metà del
VI e il VII secolo la guerra greco-gotica aveva colpito le città pugliesi
e i relativi territori; a infierire maggiormente fu poi la mancata ripresa
economica del dopo-guerra, a svantaggio soprattutto dei centri urbani.
L'assetto delle circoscrizioni diocesane pugliesi venne mutando a
partire proprio dal VII secolo in seguito all'occupazione longobarda.
Conquistata Benevento nel 571-572, i Longobardi penetrarono
nella Puglia settentrionale e trovarono città ormai in abbandono, come
Herdonia, o urbanisticamente disgregate, come Canosa, Lucera,
Venosa. Senz'altro in condizioni migliori erano i centri costieri
28
. Non
sono chiari i modi e i tempi della conquista longobarda della Puglia
29
.
Le operazioni militari di più vasta portata cominciarono nei primi anni
del VII secolo con il duca Arichi I (592-641). Entro i primi decenni
del VII furono occupate Lucera, Aecae, Canosa; nel 642 anche
27
D’ANGELA 1988a ; LAGANARA FABIANO 1990.
28
Durante l'ultimo quarto del VI secolo i Longobardi si erano limitati nella Puglia
settentrionale a fare solo incursioni, come lascia intendere l'epistolario di papa Gregorio
Magno.
29
La penetrazione a sud di Benevento seguì una direttrice verso la Lucania (interessò
forse il territorio di Venosa), e verso la parte settentrionale dei Bruttii con incursioni
anche più a sud, comunque i centri costieri rimasero in mano bizantina.
12
Siponto cadde in mano longobarda, forse per breve tempo, ma dopo il
650 l'occupazione fu definitiva. Nella prima metà del VII secolo,
quindi, i Longobardi erano giunti poco più a sud dell'Ofanto.
L'ulteriore avanzata fino all' “istmo” Taranto-Brindisi si ebbe con
Romualdo I (663-687), dopo l'insuccesso militare dell'imperatore
Costante II e il suo assassinio a Siracusa (668). Un altro avvenimento
di notevole portata fu, in questo periodo, la completa conversione al
cristianesimo cattolico dei Longobardi meridionali e dello stesso
Romualdo sotto la spinta del vescovo di Benevento Barbato e della
duchessa Teoderada. Certamente dopo l'allontanamento del pericolo di
riconquista bizantina ebbero inizio i grandiosi lavori di
monumentalizzazione dell'accesso alla sacra grotta micaelica di Monte
Sant'Angelo, nei quali si dispiegò, a cominciare da Romualdo I, la
munifica committenza dei duchi beneventani.
30
Quindi, mentre la guerra greco-gotica (535-553), che interessò
solo marginalmente la regione, sembra nel complesso non aver colpito
la rete delle città, tanto che alla sua conclusione la vita riprese
regolarmente, l'occupazione longobarda, come hanno dimostrato
Martin e Noyé, ebbe effetti sicuramente negativi sull' habitat e portò
alla destrutturazione e/o alla sparizione di città e diocesi
31
. In realtà,
però, fu l'insieme dei fattori (devastazioni della guerra greco-gotica,
destrutturazione dell'organizzazione tardo imperiale, invasione ed
occupazione longobarda, ecc.) a determinare questa forte
discontinuità.
Nella seconda metà del VII secolo, quindi, la Puglia centro-
settentrionale, ormai longobarda, presentava un assetto politico
30
OTRANTO-CARLETTI 1990.
31
MARTIN-NOYÉ 1991, pp.7-46.
13
amministrativo ben definito, con insediamenti stabili nelle campagne e
nelle città.
Per l'epoca altomedievale, nulla sappiamo dei siti e della relativa
organizzazione ecclesiastica di Teanum Apulum, Aecae, Carmeianum,
Herdonia, Egnathia, Lupiae; altre città continuarono a vivere tra
alterne vicende e, in qualche caso, dopo secoli di silenzio, ritornarono
ad essere ricordate dopo il Mille accanto a centri di recente fondazione
(Troia, Civitate, Dragonara, Fiorentino). Siponto fu aggregata alla
longobarda diocesi di Benevento, in cui durante l'altomedioevo furono
inglobate molte altre chiese della Puglia centro-settentrionale, mentre
quelle della Puglia meridionale rimasero in linea generale, legate agli
ambienti bizantini
32
.
La geografia rurale del territorio si costellò di farae, tipici
insediamenti agricoli di questo periodo, spesso nell'area dei pagi e
delle ville rustiche romane abbandonate, ancora più numerose nel
secolo successivo a seguito degli stanziamenti benedettini
33
.
Infine, le aree cimiteriali (urbane, rurali, ipogee, rupestri) sono tra
le principali evidenze archeologiche della regione per quanto riguarda
la fase tardoantica e altomedievale; il rinvenimento e lo studio
dell’ubicazione delle sepolture si qualifica come elemento utile per
determinare i caratteri dell’insediamento e, talvolta, fondamentale per
ipotizzare l’esistenza stessa di un abitato
34
.
32
OTRANTO 1991, p.158.
33
D’ANGELA-VOLPE 1994.
34
Anzi fornendo generalmente i cimiteri, per le epoche più antiche, una maggiore
quantità di monumenti conservati rispetto a quelli degli spazi urbani, il loro studio può
contribuire notevolmente alla conoscenza della cristianizzazione delle città: FASOLA-
FIOCCHI NICOLAI 1986, p.1153.
14
II. Storia degli studi.
Anche se sono stati pubblicati studi generali di storia politica,
economica e sociale dell’Apulia,
35
il livello delle conoscenze acquisite
sul periodo preromano – sia per il mondo italiota sia per il mondo
indigeno (sulle civiltà daunia e messapica in particolare) – non è
assolutamente confrontabile con quello relativo alle fasi successive,
pur non mancando lavori d’insieme come il contributo di F.
D’Andria
36
dedicato alla Puglia romana in un volume di sintesi
storico-archeologica dal paleolitico al tardoantico o il lavoro di P.A.
Brunt
37
sulla situazione apula nel contesto italico tardo-repubblicano,
in particolare sulla produzione agraria.
Recentemente si sono avuti contributi specifici nell’analisi della
notevole massa di dati archeologici, per lo più inediti, e lavori
complessivi di ricostruzione storica con una prima sistemazione
sintetica di questa documentazione
38
.
Tra gli storici si deve a M. Pani
39
il primo tentativo di tracciare un
quadro di sintesi dell’economia e della società della Puglia in età
romana in cui accanto alla documentazione letteraria si utilizzano i
dati offerti dalle ricerche epigrafiche ed archeologiche.
Nonostante questi lavori di sintesi, recenti e aggiornati, si lamenta
un grave ritardo negli studi o nelle analisi puntuali, e in particolare
nella ricerca sul terreno, nella programmazione sistematica di scavi e
ricognizioni topografiche, in particolar modo per la Puglia centro-
35
TOYNBEE 1983; TIBILETTI 1955; FREDERIKSEN 1971; GABBA 1972, 1977; KEPPIE
1983.
36
D’ANDRIA 1979.
37
BRUNT 1971.
38
GRELLE-VOLPE 1994.
39
PANI 1979.
15
meridionale, che, rispetto alla Daunia, è meno nota non tanto perché
meno scavata ma piuttosto perché indagata meno sistematicamente.
Per gli studi sul Tavoliere, è da ricordare J. Bradford
40
, archeologo
e ufficiale della RAF, in Puglia negli anni 1944-45, che ha avuto il
merito di aver valorizzato ai fini archeologici la documentazione
aereofotografica, ora conservata nel Centro Aereofotografico di San
Severo, realizzata dalle squadriglie di Spitfire e Lightning per
documentare gli effetti dei bombardamenti provocati dalle Fortezze
Volanti, e che ha permesso di individuare numerosi insediamenti
preistorici, romani e medievali e le tracce del paesaggio rurale antico.
Sulla base della documentazione aereofotografica, G. Alvisi
41
ha
analizzato le tracce della viabilità romana, oltre a quella delle
centuriazioni, ricostruendo la fitta trama delle strade principali e
secondarie che attraversavano la regione e mettevano in collegamento
i vari centri dauni.
Gli insediamenti rurali di età romana della Daunia sono stati
catalogati da G. Volpe
42
, che sottolinea la lacunosità del materiale a
disposizione e l’arretratezza delle ricerche, con la conseguente
mancanza di omogeneità dei siti catalogati. Inoltre, insieme ad altri
numerosi contributi, G. Volpe
43
si è occupato anche dello studio
sull’archeologia dei paesaggi nell’età romana e tardoantica in Puglia.
Ancora la Daunia è stata oggetto di studi nella recente
pubblicazione di A. Campione e D.Nuzzo
44
, per lo studio sulle origini
40
BRADFORD 1949, 1950, 1957.
41
ALVISI 1970.
42
VOLPE 1990.
43
VOLPE 1996.
44
CAMPIONE-NUZZO 1999.
16
cristiane delle diocesi sia da un punto di vista storico-agiografico, sia
in base alle evidenze archeologiche.
Un contributo importante per la storia del cristianesimo in Puglia
e nell’Italia meridionale è fornito da G.Otranto
45
nel suo saggio storico
pubblicato nel 1991, che traccia un quadro completo sull’origine e lo
sviluppo delle diocesi.
Da tener presente anche i singoli contributi negli Atti del
Congresso internazionale e nazionale di archeologia cristiana, in quelli
delle Settimane di studio di Spoleto, e negli Atti del Convegno La
storia dell’Alto Medioevo italiano (VI-X secolo) alla luce
dell’archeologia, editi da R.Francovich e Gh.Noyé
46
, e in particolare
per la Daunia, negli Atti dei Convegni di studi di preistoria,
protostoria e storia della Daunia nei Profili della Daunia antica.
Tra gli Atti dei Convegni di Studi sulla Magna Grecia di Taranto,
invece, è da ricordare il XXXVIII Convegno di Studi sulla Magna
Grecia, che ha posto la sua attenzione sull’Italia meridionale in età
tardoantica, sulle forme d’ insediamento urbane, ma soprattutto rurali,
e in particolar modo sul concetto stesso di Meridione tardoantico, che
appare come un’area dotata di caratteri propri che la distinguono da
altre zone dell’impero.
45
OTRANTO 1991, ma anche OTRANTO 1989.
46
FRANCOVICH-NOYÉ 1994.