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Premessa
L’uomo ride da sempre, il riso, infatti, è una reazione innata in
lui. Spesso però, l’uomo è totalmente preso dalla quotidianità,
dagli impegni, dalle responsabilità, che dimentica l’aspetto, il
lato più divertente e giocoso della vita che lo ha accompagnato
fin dalla sua infanzia. Nonostante ciò, il riso in passato, non ha
goduto di una buona reputazione.
Inizialmente, infatti, si pensava che fosse un comportamento
sconveniente e quasi volgare, considerato segno di
superficialità e di stoltezza, soprattutto da parte delle donne.
Oggi, invece, è considerato oggetto di grande interesse e di
studio approfondito.
Esso, infatti, è diventato, progressivamente, un oggetto di
ricerca a tutti gli effetti con una sua associazione “ The
International Society for Humor Studies” ed una sua
pubblicazione“ TheInternational Journal of Humor
Research”,che hanno incrementato le ricerche delle scienze
sociali e comportamentali negli ultimi anni.
Attraverso l’umorismo, l’uomo riesce a scaricare le tensioni e
a relazionarsi meno drammaticamente con il mondo e ad avere
anche un rapporto migliore con se stesso.
L’umorismo, infatti, offre all’uomo la possibilità di sviluppare
l’autoironia.
Essa è segno di equilibrio, di maturità e saggezza.
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Se l’uomo riesce a ridere di se, allora si presenterà nel modo
migliore agli occhi degli altri e faciliterà le sue relazioni,
smussando i contrasti.
Una prova di tutto ciò è data dal fatto che chi è privo di
autoironia ed umorismo, ha più difficoltà ad istaurare dei rapporti
con il prossimo. Un esempio ci viene dallo studio con le persone
paranoidi che sono incapaci di ridere di loro stesse.
Per quanto riguarda gli studi italiani, uno fra tanti è quello
condotto dalla Francescato, su 160 uomini e 173 donne, con una
scolarità variante dalle elementari alla laurea, coniugati o non.
Il suo studio, le ha permesso di notare forti correlazioni tra l’uso
dell’umorismo e minori punteggi di ansia, depressione, minori
comportamenti ossessivo - compulsivi, minore ipersensibilità nei
rapporti interpersonali, minori tendenze paranoiche e minore
somatizzazione.
La Francescato ha ipotizzato, inoltre, che avere un buon senso
dell’umorismo porta ad affrontare meglio situazioni di vita
stressanti.
Quindi, è proprio grazie a tale studio che è nata la mia curiosità
verso questa disposizione dell’animo umano che ci permette di
affrontare situazioni difficili e conflittuali; ed è proprio in base a
questo studio che si articola in parte il mio lavoro di tesi.
Un noto proverbio recita “Il riso fa buon sangue”.
Ebbene, proprio questa affermazione smette di essere un detto
come un altro e diventa una frase che ha un suo fondamento
scientifico.
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Proprio a partire dagli anni ’70, nasce la Gelotologia, disciplina
che studia la relazione che c’è tra il riso e la salute.
In letteratura, infatti, emerge che di tutti i fattori emotivi che
possono contribuire a creare un buono stato di salute, la risata è il
più potente.
Ridere nono solo diverte, ma fa bene alla salute.
Per ridere, impieghiamo più di sessanta muscoli, modifichiamo
la nostra respirazione, carichiamo aria nei polmoni, la
digestione e la circolazione migliorano ed ancora più
importante ci distendiamo ed acquistiamo vitalità. Del resto,
per capire l’importanza della risata per il benessere fisico-
psicologico dell’individuo, è sufficiente osservare cosa accade
quando questa esperienza è inibita per trovarsi a contatto con
la triste realtà della depressione che compromette vari aspetti
della vita e spesso necessita di un intervento clinico.
Quindi il primo punto su cui si focalizza il mio discorso è
proprio quello relativo agli effetti salutari che una risata ha
sull’organismo. Sono stati, quindi, somministrati due
questionari sul senso dell’umorismo:
1. Situational Humor Response Questionnaire,
(Rod. A. Martin , Herbert. M.Lefcourt) composto da 21
item, per valutare quanto frequentemente e in che situazioni i
soggetti ridono di più.
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Infatti tale questionario è composto da 7 item che descrivono
situazioni piacevoli e da 11 item che descrivono, invece,
situazioni spiacevoli.
2. Multidimensional Sense of Humor Scale,
(Thorson e Powell, 1993) composto da 24 item che valutano
diversi aspetti dell’umorismo.
Infatti la scala contiene 4 fattori; il primo relativo alla produzione
ed all’uso dell’umorismo per ottenere approvazione sociale;
il secondo relativo all’uso dell’umorismo come meccanismo di
coping; il terzo relativo alla propensione verso persone con senso
dell’umorismo e relativo all’uso dell’umorismo ed il quarto
relativo all’apprezzamento dell’umorismo.
Quindi, con i punteggi ottenuti, è stato possibile misurare
inizialmente, il livello personale di senso dell’umorismo e cioè se
i soggetti possedevano un basso o un alto senso dell’umorismo.
Diversi autori riconoscono la potenza dell’umorismo nelle sue
funzioni e relazioni. Esso è qualcosa di innato, strettamente
connesso alla personalità che rende la vita meno pesante.
L’umorismo, quindi, secondo diversi studi, sembra differire in
base alla personalità del soggetto. Infatti, una ricerca condotta da
Thorson e Powell
1
, si è proposta di valutare quali caratteristiche
di personalità fossero tipiche di persone con un basso o un alto
senso dell’umorismo.
1
“Sense of Humor and dimension of Personality”. Journal of Clinical Psychology,
November 1993, Vol. 49, No. 6.
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Basandoci su questo studio, è stato somministrato nella
presente ricerca, il Labif, che rifacendosi al modello dei Big
Five, esplora le diverse caratteristiche di personalità.
Oltre a valutare la relazione dell’umorismo con le diverse
caratteristiche di personalità, è stato utilizzato l’ADP-IV, il quale
valuta sia la presenza del disturbo sia il grado di sofferenza che
determina. Ipotizzando, quindi, che persone con un buon senso
dell’umorismo, possono affrontare più serenamente le situazioni
stressanti e siano quindi, meno soggette anche a disturbi
psicosomatici, in quanto le cause nervose sono all’origine delle
malattie psicosomatiche, è stato opportuno somministrare, anche
per avere un quadro più completo della situazione psicofisica e
psicopatologica di ogni soggetto, una scala di autovalutazione, in
modo da trovare correlazioni tra l’uso o meno dell’umorismo e la
psicopatologia in generale.
La scala utilizzata è la Symptom Checklist-90 (SCL-90) per
l’autovalutazione della psicopatologia generale.
L’umorismo, inoltre, è conosciuto per essere un indicatore
della salute mentale.
Il fatto che gli individui si sentono meglio quando sorridono,
suggerisce che esso ha effetti terapeutici e ci sono evidenze che
dimostrano il valore terapeutico dell’umorismo come difesa
contro la depressione.
Infatti durante la risata si verificano determinate attivazioni che
non sono compatibili con i sintomi della depressione, quali
attivazione generale, benessere ed euforia.
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Le correlazioni notate tra depressione, in particolare, e
mancanza e/o basso senso dell’umorismo mi hanno portato a
riflettere sul costrutto della depressione e sulle sue
caratteristiche principali.
Ai soggetti, quindi, è stata somministrata la Beck Depression
Inventory (BDI).
Essa è una scala di autovalutazione composta da 21 item , i
quali misurano le caratteristiche ed i sintomi della depressione.
In particolare la mia attenzione si è focalizzata sul fatto che
soggetti con umore depresso enfatizzano lamentele somatiche
piuttosto che riferire sentimenti di tristezza e quindi sarebbero
incapaci di esprimere i propri sentimenti ed emozioni.
Tutto questo mi ha fatto pensare al costrutto dell’alessitimia.
Infatti, ad oggi, l’alessitimia è considerata come uno dei
possibili fattori di rischio per svariati disturbi somatici e
psichiatrici.
L’incapacità di elaborare le emozioni sembra essere un fattore
di predisposizione generale alla malattia psicosomatica.
Nella popolazione generale, l’alessitimia sembra fortemente
associata con la depressione, con abitudini nutrizionali scorrette e
con elevati livelli di ansia e di stress.
2
In base a tutto ciò, l’obiettivo è verificare non solo una
possibile correlazione tra depressione ed alessitimia, ma,
avendo ipotizzato che persone le quali non usano l’umorismo
2
“Alexithymia in Somatoform and Depressive Disorder”.Journal of Psychosomatic
Research. Volume 54, Issue 5, maggio 2003.
“Depression is strongly associated with Alexithymia in the general population”. Journal of
Psychosomatic Research 48 (2000) 99-104.
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per adattarsi ed affrontare quelle che possono essere
considerate situazioni stressanti, sviluppano una serie di
“noie”alla salute che hanno la propria origine in cause nevose,
propriamente dette malattie psicosomatiche, mi sono chiesta se
l’umorismo abbia o meno qualche effetto sul costrutto
dell’alessitimia.
Infatti, tramite il senso dell’umorismo diventa possibile attuare
una costante rielaborazione degli accadimenti rivalutandone
parallelamente le relative emozioni.
Per misurare il costrutto dell’alessitimia è stata utilizzata la
Toronto Alexithymia Scale (Tas-20), un questionario di
autovalutazione composto da 20 item che va a valutare il
rapporto che ognuno di noi ha con le proprie emozioni.
Il presente studio è costituito da un primo capitolo in cui è
esposta la parte teorica e gli obiettivi della ricerca; un secondo
capitolo in cui sono riportati gli strumenti utilizzati e cioè i
questionari somministrati ai 200 soggetti che hanno partecipato
alla ricerca dando il loro consenso alla somministrazione del test,
da un terzo capitolo nel quale vengono esposte le analisi
statistiche utilizzate ed i risultati della ricerca, ed infine da un
quarto capitolo contenente le conclusioni
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Capitolo Primo
L’umorismo: un costrutto multidimensionale
1.1 . Definizione di Umorismo.
L’umorismo non si presta ad una facile definizione poiché
appare composto da vari aspetti.
Nei vari contesti, infatti, possiamo parlare di senso
dell’umorismo, di apprezzamento dell’umorismo o di
generazione dello stesso.
Senza humor, la vita sarebbe insopportabile e da ciò deriva
l’attrattiva esercitata da esso su scrittori di orientamento
filosofico, letterario e psicologico.
Essi concordano nel ritenere che uno stato d’animo sereno,
giocoso ed ilare abbia un gran peso nella vita di tutti i giorni,
rappresentando per l’uomo, una risorsa sia fisica che mentale.
Tutti, quindi, hanno contribuito a dare una loro definizione di
umorismo, aumentando così la difficoltà di trovarne una
definizione univoca, adeguata, che andasse bene per tutti.
Anche Campanile affermava che l’umorismo avesse centomila
definizioni. Egli stesso ci ha regalato la centomillesima prima
definizione: “Umorismo sono le vendette di persone di spirito,
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che come il coraggio, chi non c’è l’ ha non se lo può dare.”
Secondo Berlyne, tutti riconosciamo lo humor quando lo
vediamo ma è difficile specificare a priori cosa sia. Non esiste,
quindi, una sola definizione dello humor che sia accettabile per
tutti coloro che investigano in quest’area.
Spesso questo termine viene usato con un alto grado di
approssimatività, ma non c’è dubbio che le definizioni date sono
tante quante sono le teorie stesse. Le prospettive teoriche sullo
humor, infatti, variano da quella fisiologica, a quella sociologica,
a quella antropologica, ed è proprio questa molteplicità di teorie
che ci rende ancora incerti sulla completa dimensione del
costrutto. A complicare la questione vi è una miriade di concetti
che spesso vengono collegati al termine umorismo quali:
ridicolo, buffo, ilare, comico, satirico, giocoso, fantastico,
allegro. In effetti l’umorismo è da considerare come la capacità
di intendere, apprezzare ed esprimere il comico; è importante,
però, distinguerlo dal comico, perché come afferma Umberto
Eco, il comico non viola la regola ma gioca a violarla, invece
l’umorismo non è vittima delle regole che lo presuppongono ma
ne rappresenta la critica conscia ed esplicita.
L’umorismo rappresenta una parte fondamentale dell’essenza
umana, un aspetto che si evidenzia sin dalla prima infanzia.
Esso viene visto come la facoltà di percepire e rappresentare
ciò che suscita il riso e il sorriso, non solo per divertire e
neanche solo per gioco o piacere dell’intelletto ma superando
l’arguzia, la satira e la comicità con una più profonda, penosa
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comprensione umana. Secondo il famoso musicista polacco
Fryderyck Chopin“Chi non ride mai non è una persona
seria”; questo a dimostrazione del fatto che l’umorismo è un
modo intelligente, sottile ed ingegnoso di vedere la realtà,
ponendone in risalto gli aspetti bizzarri e divertenti. Anche
Freud parlò di una teoria dell’umorismo e lo fece nella sua
opera “ Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio”.
Partendo dalla constatazione che lo sprigionamento di stati
penosi costituisce il maggiore ostacolo per l’effetto comico,
Freud giunse a considerare l’umorismo come un trionfo
dell’IO e del principio del piacere, capace di affermarsi e di
imporsi contro le avversità delle circostanze reali.
Secondo Freud, l’umorismo denota spirito di ribellione, difesa
contro il dispiacere e gli effetti penosi, negazione della
rassegnazione. L’umorismo rientra nei processi di difesa,
correlativi nella psiche al riflesso di fuga, avente lo scopo di
impedire l’insorgere del dispiacere. A differenza della rimozione
che determina psiconevrosi, l’umorismo è un atto di difesa
sottoposto al dominio del pensiero cosciente e nella sua
estrinsecazione va distinto dalla comicità e dall’arguzia,
trattandosi di un atto personale che non ha bisogno di essere
comunicato. Secondo Freud il processo psichico che ci spinge
alla risata riflette alcuni lati della nostra personalità e in
particolare riflette alcune nostre inibizioni interne.
“Nulla rivela meglio il carattere degli uomini di ciò che essi
trovano ridicolo”, così aveva affermato Wolfang Goethe, e ridere
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per una battuta può essere molto rivelatore così come rispondere
ad un test. Con la risata, quindi, le inibizioni interne vengono
spazzate via; gli impulsi, non più ostacolati, sono soddisfatti con
un mezzo che è piacevole per se ed è accettato dagli altri. Questi
impulsi inibiti sono quelli sessuali e aggressivi.
Freud, ci spiega, che fin dalla nostra infanzia, gli impulsi ostili
sono stati inibiti così come quelli sessuali e quindi la società non
ha fatto altro che reprimere le vie originarie di sfogo e di
appagamento. È chiaro, quindi, che un’importante funzione della
risata è di alleggerire i pesi della vita e che il piacere dipende
dalla soddisfazione che ne deriva.
Tutto ciò significa che l’umorismo segue il principio del
piacere e non quello della realtà. L’umorismo ha sempre un
qualcosa di infantile e tutto ciò ci dice che nell’ uomo si assiste
ad una regressione momentanea ad una fase dello sviluppo
psichico, che invece nella vita di ogni giorno è completamente
superata.
Come ha scritto James C. Flugel, psicologo alla London
University, l’IO si concede una vacanza dagli impegni della
realtà. Ed è proprio per questo che la risata diventa qualcosa di
normale e soprattutto di salutare; conclusione, questa,
sottolineata da molti psicoanalisti e in accordo con i risultati di
esperimenti, secondo i quali chi ha senso dell’umorismo non
ha sintomi nevrotici.