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Non bisogna credere che la questione della complessità si ponga solo sulla
spinta di nuovi sviluppi scientifici ma occorre vederla anche nella realtà
quotidiana. Nella vita di tutti i giorni, ogni persona ha una molteplicità di
identità, una molteplicità di personalità dentro di sé, un mondo di fantasmi e
di sogni che accompagnano la sua vita. Non è soltanto la società ad essere
complessa, ma ogni atomo del mondo umano. (Morin, 1990)
Un primissimo passo per illustrare il concetto di complessità è senz'altro il
riferimento alla varietà di eventi, fenomeni, possibilità che il mondo offre.
A conferma di questa affermazione, già Lippman, più di ottanta anni fa,
aveva intuito questa "presenza".
L'ambiente reale è troppo grande, troppo complesso e troppo fuggevole per
consentire una conoscenza diretta. Non siamo attrezzati per affrontare tante
sottigliezze, tante varietà, tante mutazioni e combinazioni. E pur dovendo
operare in questo ambiente, siamo costretti a costruirlo su un modello più
semplice per poterne venire a capo. La vita moderna è talmente affannosa e
multiforme da costringerci ad amplificare al massimo il nostro bisogno di
modelli semplificati. (Lippman, 1922) (Grassi, 2002)
Il mondo della vita quotidiana è una struttura estremamente complessa di
quadri interpretativi che gli individui adottano e abbandonano a seconda delle
situazioni e dei contesti in cui si trovano. L'apparizione di un nuovo contesto
determina la ristrutturazione cognitiva del rapporto tra campo tematico e
orizzonte non problematico per cui alcuni elementi dell'ambiente che
sarebbero passati inavvertiti vengono posti al centro dell'attenzione. (Schutz,
1951) (Grassi, 2002)
La complessità è, ad ogni modo, un termine da specificare.
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Essa appare come una sorta di confusione e difficoltà. Ci sono complessità
legate al disordine, altre complessità che sono legate soprattutto a
contraddizioni logiche. Ciò che è complesso partecipa, da una parte, nel
mondo empirico, nell'incertezza, nell'incapacità di essere certi di tutto, di
formulare una legge, di concepire un ordine assoluto; dall'altra parte,
partecipa a qualcosa di logico, ossia nell'incapacità di evitare contraddizioni.
Nella visione complessa, quando si giunge attraverso vie empirico-razionali a
delle contraddizioni, ciò non significa un errore ma il raggiungimento di una
parte profonda della realtà che non può essere tradotta nella nostra logica. In
ciò la complessità si diversifica dalla completezza. Se si possiede il senso
della complessità, si ha il senso della correlazione e del carattere
conseguentemente multidimensionale di ogni realtà. La visione non
complessa delle scienze umane, delle scienze sociali, consiste nel pensare
che esista una realtà economica da un lato, una realtà psicologica dall'altro,
una realtà demografica e così via, ma nessuna di queste può essere
compresa in maniera unidimensionale. (Morin, 1990)
La coscienza della multidimensionalità porta all'idea che ogni prospettiva
unidimensionale, ogni visione specialistica e parcellare sia povera, dato che
deve essere necessariamente collegata ad altre dimensioni. L'aspirazione
alla complessità comporta l'aspirazione alla completezza ma, in un altro
senso, la coscienza della complessità fa capire che non si potrebbe mai
sfuggire all'incertezza e che non si potrebbe mai possedere un sapere totale.
(Morin, 1990)
<<Siamo condannati al pensiero incerto, a un pensiero che non ha alcun
fondamento assoluto di certezza. Ma siamo capaci di pensare in queste
drammatiche condizioni. Analogamente non bisogna confondere complessità
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e complicatezza. La complicatezza è uno degli aspetti estremi della
complessità.>> (Morin, 1990, 69)
Per trattare esaustivamente la complessità quale argomento ricco di
interesse ed importanza, ci si riferisce principalmente ad una teoria dei
sistemi.
<<Oggi il concetto di teoria dei sistemi è assai ampio e presenta diversissimi
significati e piani di analisi; la parola non comunica un senso univoco.>>
(Luhmann, 1984, 65)
La parola chiave è innanzitutto il sistema. Questo termine non può definirsi
universale, né essere applicato in molteplici ambiti del sapere.
Vi sono vari livelli di sistemi ma bisogna distinguerli per stabilire criteri utili
per la comparazione. La descrizione di eventuali identità può essere
collocata al livello successivo: ad esempio i sistemi sociali e quelli psichici
sono uguali nel senso che entrambi sono sistemi. Le loro analogie possono
essere evidenziate ad alcuni aspetti parziali di un preciso livello di
comparazione. (Luhmann, 1984)
La teoria sistemica rivela la sua chiara efficacia nel presupporre un continuo
e incessante miglioramento per se stessa.
Essa, per quanto discussa, possiede innegabilmente una certa maturazione.
I suoi concetti preesistenti non vengono semplicemente falsificati ma sono
ampliati con opportuni interventi, quindi superati da una nuova teoria più
ricca di contenuti, più complessa e a maggior ragione più adatta a trattare la
realtà sociale. (Luhmann, 1984)
Indubbiamente il termine sistema ha cambiato connotazione nel corso del
tempo, illustrando oggi ulteriori significati.
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La vecchia concezione di sistema indicava una totalità consistente in delle
parti. Il problema di fondo, però, era che la stessa totalità veniva concepita
due volte: sia come unità totale che come insieme delle parti. Con il
passaggio alla società moderna, i fondamenti epistemologici di questo
concetto si sono profondamente trasformati. Il primo passo per la liberazione
della teoria dei sistemi dal paradigma del tutto e delle parti consiste nel
sostituire la differenza tradizionale e storica tutto/parti con la nuova differenza
sistema/ambiente. (Luhmann, 1984)
Affiora una differenza anche tra sistemi aperti e sistemi chiusi. Questi ultimi
sono definiti come un caso limite, come cioè dei sistemi per i quali l'ambiente
è privo di significato o assume significato solo attraverso dei canali precisi.
La teoria si occupa soprattutto dei sistemi aperti. (Luhmann, 1984)
Ogni sistema globale, al suo interno, dimostra di possedere altre differenze.
E' una specie di marchio che rende il sistema unico e quindi differente
rispetto ad altri sistemi.
Questa differenziazione dei sistemi rispecchia la replica della differenza tra
sistema e ambiente all'interno del sistema stesso. In pratica il sistema
globale usa se stesso come ambiente per formare i propri sotto-sistemi; di
conseguenza, un sistema differenziato non è composto solamente da un
numero di parti e di relazioni tra parti ma da un numero di differenze tra
sistema e ambiente che ricostruiscono il sistema globale. (Luhmann, 1984)
Negli ultimi anni è stato compiuto un radicale passo in avanti nella teoria in
questione con il concetto di sistema autoreferenziale. Questo concetto
afferma che uno sviluppo di sistemi mediante differenziazione viene creato
mediante autoriferimento, cioè per il fatto che i sistemi fanno riferimento a
loro stessi (a loro elementi o a loro operazioni). Questa chiusura
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autoreferenziale è possibile soltanto all'interno di un ambiente e in condizioni
ecologiche determinate. (Luhmann, 1984)
Questo approccio all'autoreferenzialità dei sistemi sociali si collega peraltro al
concetto di auto-organizzazione attraverso il quale l'uomo dimostra
generalmente la sua esistenza.
La parola soggetto è uno dei termini più difficili e fraintesi che possano
esistere: nell'ottica tradizionale della scienza, in cui tutto è determinismo, non
esiste soggetto, né coscienza, né autonomia. Se ci si stacca da un rigido
determinismo per concepire un universo che crea secondo processi di auto-
organizzazione, ovvero in processi in cui ogni sistema crea le proprie
determinazioni e le proprie finalità, si può capire cosa vuol dire essere
soggetto. Essere soggetto significa mettersi al centro del proprio mondo, di
occupare un luogo e una posizione per poter operare sul mondo e su se
stessi. L'egocentrismo può trovarsi inglobato in una soggettività comunitaria
più ampia e quindi la concezione del soggetto risulta più complessa del
previsto. Essere soggetti, dunque, significa essere autonomi e
contemporaneamente dipendenti. (Morin, 1990)
La teoria dei sistemi autoreferenziali considera inoltre la causalità come
un'organizzazione dell'autoriferimento e spiega la differenza tra sistema e
ambiente in quanto soltanto sistemi autoreferenziali riescono ad ordinare
causalità distribuendole tra sistema e ambiente. E' necessaria in proposito
una nuova differenza-guida e quindi un nuovo paradigma ossia la distinzione
esistente tra identità e differenza. Nei sistemi autoreferenziali, la riproduzione
è la trattazione di questa differenza. (Luhmann, 1984)
Un sistema può essere definito come autoreferenziale se costituisce in
proprio gli elementi di cui è composto. Essi operano dunque a contatto con
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se stessi. I sistemi di questo tipo sono da considerarsi chiusi, giacchè non
ammettono nella propria autodefinizione altri tipi di procedimento. Così, ad
esempio, il processo di riproduzione può essere impiegato in questo caso
soltanto internamente, senza lo scopo di collegare sistema e ambiente.
(Luhmann, 1984)
Nel caso dei sistemi sociali questa realtà si configura in modo diverso in due
sensi: da un lato non sussiste, al di fuori della società come sistema di
comunicazione, alcuna comunicazione (esso è chiuso per necessità); d'altro
lato, ciò non è vero per altri sistemi sociali che devono determinare la propria
identità per individuare delle unità di senso che vanno riprodotte
continuamente all'interno. (Luhmann, 1984)
Una delle conseguenze rilevanti di questo concetto tocca l'ambito della teoria
della conoscenza. Se gli elementi stessi dei quali è composto il sistema
vengono costituiti dal sistema stesso, viene meno qualsiasi comunanza tra
sistemi e quindi la conoscenza ne risente, dato che la stessa conoscenza
presuppone delle basi in comune.
Un'altra conseguenza fondamentale che risulta da una configurazione
autoreferenziale è la rinuncia alla possibilità di controlli unilaterali, in quanto
nessuna parte del sistema potrà controllare altre parti senza subire a sua
volta il controllo. (Luhmann, 1984)
Questa teoria dei sistemi non è comunque totalmente slegata dalle attenzioni
epistemologiche della sociologia.
<<La teoria generale dei sistemi va confermata attraverso il confronto con
materiali sociologici.>> (Luhmann, 1984, 75)
<<Occorre dunque elaborare innanzitutto una teoria sistemica riferita
direttamente alla realtà.>> (Luhmann, 1984, 81)
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In questo modo, la stessa teoria acquista una maggiore concretezza, nel
tentativo di spiegare, interpretare e conoscere la realtà sociale in cui viviamo.
Nell'ambito della sociologia, si verifica spesso che i sistemi sviluppino forme
di accesso alla complessità che non sono accessibili all'analisi ed alla
simulazione scientifica. La teoria sistemica può essere riferita a sistemi molto
diversi. Inoltre, essa avanza la pretesa di comprendere l'insieme degli oggetti
della sociologia e di essere perciò una teoria sociologica universale. La
caratteristica dell'universalità non significa però ambire alla correttezza o
validità esclusiva né al carattere necessario del proprio approccio. (Luhmann,
1984)
Concentrando l'attenzione sul funzionamento interno di un sistema, emerge il
problema del rapporto tra sistema e ambiente circostante.
In particolare, la differenza tra sistema e ambiente è da intendersi nel senso
che i sistemi si orientano rispetto al loro ambiente ad un livello strutturale; un
sistema non potrebbe sussistere senza l'ambiente. Questa differenza è
regolata utilizzando i confini del sistema; dunque la conservazione del
confine coincide con la conservazione del sistema. (Luhmann, 1984)
Esiste inoltre una ulteriore integrazione nell'illustrazione del preciso compito
che svolgono i confini.
Innanzitutto i sistemi, in quanto tali, presuppongono la realtà dell'oltre-confine
e la possibilità di oltrepassare il confine. I confini svolgono la duplice funzione
di separare e collegare fra loro il sistema e l'ambiente. Il confine del resto
separa gli elementi ma lascia passare necessariamente le relazioni: separa
gli eventi ma non anche gli effetti causali. Per svolgere questa speciale
funzione, i confini possono essere differenziati fino a costituire istituzioni
specifiche, attraverso altrettanto specifiche prestazioni selettive. Ciò
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comporta che i sistemi diventino indefinibili gli uni per gli altri e che sorgano
nuovi sistemi (i sistemi di comunicazione) preposti alla regolazione di questa
indefinibilità. E' possibile attribuire agli stessi confini la funzione di
stabilizzare il dislivello di complessità. Nell'ottica sistemica, questi confini
sono come muri e porte, punti di contatto e membrane. (Luhmann, 1984)
I confini del sistema, oltre a svolgere le funzioni preposte, sono protagonisti
in altri diversi scenari.
Le prestazioni svolte dai confini subiscono una pressione e i confini stessi
delimitano sempre il sistema rispetto ad un ambiente. I requisiti dei confini
variano però nel caso in cui il sistema sia obbligato a distinguere nel proprio
ambiente dei diversi altri sistemi (con i loro rispettivi ambienti). In quest'ultimo
caso, i confini dovranno essere disposti tenendo conto di tale distinzione fatta
dal sistema globale. (Luhmann, 1984)
Un altro aspetto importante da illustrare è che vi sono ambienti particolari e
sistemi altrettanto particolari.
L'ambiente è diverso per ogni sistema poichè ogni sistema isola solo se
stesso dal proprio ambiente. Il riferimento all'ambiente costituisce una
strategia del sistema. I sistemi entro l'ambiente del sistema globale (dunque i
sotto-sistemi) sono orientati a loro volta verso i propri ambienti. Ad ogni
sistema appartiene comunque il proprio ambiente, come un'unità
caratterizzata da una sconcertante complessità. (Luhmann, 1984)
Il sistema complessivo acquisisce la funzione specifica di "ambiente interno"
per i suoi sotto-sistemi. Dunque la differenziazione sistemica costituisce un
procedimento che aumenta la complessità, con delle conseguenze notevoli.
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L'unità del sistema può essere colta a partire dal principio costruttivo che
caratterizza la sua differenziazione. Grazie a quest'ultima, il sistema
acquisisce così la sua identità.
I sistemi non sono illimitati spazialmente; anche essi, in ottica astratta prima
di tutto, sono delimitati da un confine particolare.
Il confine che separa il sistema dal suo ambiente può essere concepito come
divisione che passa all'interno dei nessi causali. Alcune cause, necessarie
per l'ottenimento di determinati effetti, possono essere impiegate in modo
controllato da un sistema. Grazie alla sua evoluzione (e anche tramite la
programmazione) è quindi possibile che si verifichi un complesso di cause
produttive concomitanti che sono in grado di aggregare attorno a sé le
appropriate cause ambientali. (Luhmann, 1984)
A questo punto, bisogna evidenziare come il sistema abbia bisogno per
sopravvivere degli elementi che consentano le relazioni.
La differenza tra sistema e ambiente deve essere però distinta da quella fra
elemento e relazione. Non vi sono elementi privi di un nesso relazionale o
relazioni senza elementi. Vi sono quindi due diverse possibilità di considerare
il modo in cui si scompone un sistema: la prima possibilità mira alla
creazione di sotto-sistemi entro il sistema; la seconda scompone il sistema in
elementi e relazioni. (Luhmann, 1984)
<<Il primo tipo di scomposizione è perseguito nell'ambito di una teoria della
differenziazione sistemica. L'altro tipo approda ad una teoria della
complessità sistemica.>> (Luhmann, 1984, 91)
Questo costrutto teorico spiega i termini organizzativi di una complessità
come caratteristica intrinseca, peculiare e inevitabile del sistema.
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Ponendo gli elementi in relazione tra loro, essi acquisiscono una qualità. Ciò
può avvenire in sistemi reali solo in modo selettivo, ossia ignorando altre
relazioni pensabili. La qualità risulta possibile soltanto attraverso una
selezione, che a sua volta è resa necessaria dalla complessità del sistema.
(Luhmann, 1984)
In particolare, l'elemento è il minuscolo germoglio della pianta di un sistema.
E' ciò che funge da unità non ulteriormente scomponibile per un sistema
(nonostante esso sia un'entità altamente complessa). Un sistema può
modificarsi e costituirsi soltanto attraverso la creazione di relazioni tra i suoi
elementi, utilizzati appunto come unità. (Luhmann, 1984)
Bisogna utilizzare anche il termine condizionamento, in un'accezione
funzionale al gioco che si crea tra i singoli e unitari elementi.
Il concetto di condizionamento si riferisce alla relazione fra elementi. Un
sistema non è semplicemente composto da relazioni fra elementi; ciò che
deve essere regolato è il rapporto fra le relazioni. Una certa relazione tra
elementi si realizza a condizione che si verifichi o meno qualcos'altro. Inoltre
le relazioni tra elementi possono condizionarsi reciprocamente. Un caso
minimo di sistema è dato da un semplice insieme di relazioni fra elementi.
(Luhmann, 1984)
Chiarite queste premesse, il riferimento alla complessità risulta
maggiormente utile.
Il concetto di complessità è applicabile anche a ciò che non è un sistema e si
definisce sulla base di elementi e relazioni. Ad ogni modo una particolare
complessità organizzata può nascere soltanto dalla formazione di un
sistema. L'aumento del numero di elementi che devono essere tenuti insieme
entro un sistema o per un sistema provoca una soglia oltre la quale non è più
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possibile mettere ogni elemento in relazione con ognuno degli altri. Dunque
un insieme complesso è un insieme di elementi fra loro connessi ma con
l'impossibilità di collegare ogni elemento in qualsiasi momento con ognuno
degli altri. Questa complessità si riproduce come circostanza ineluttabile a
qualunque livello elevato di formazione del sistema. (Luhmann, 1984)
La complessità vuol dire anche necessità di selezione che produce
contingenza e che presuppone il rischio. Ogni realtà complessa è basata su
una selezione delle relazioni tra i suoi elementi. La necessità di selezione e il
suo condizionamento possono spiegare come è possibile creare sistemi
molto diversi tra loro. (Luhmann, 1984)
La complessità coinvolge soprattutto l'autonomia e la libertà dell'uomo quale
essenziale elemento di un sistema.
<<La nozione di autonomia umana è complessa poichè dipende da
condizioni culturali e sociali. Per essere noi stessi, dobbiamo infatti imparare
un linguaggio, una cultura, un sapere, e bisogna che questa stessa cultura
sia abbastanza varia da permetterci di fare da soli la scelta nello stock delle
idee esistenti e di riflettere in modo autonomo. Dunque questa autonomia si
nutre di dipendenza: noi dipendiamo da un'educazione, da un linguaggio, da
una cultura, da una società, naturalmente dipendiamo da un cervello e
dipendiamo anche dai nostri geni.>> (Morin, 1990, 65-66)
<<Siamo una miscela di autonomia, di libertà, di eteronomia e direi anche di
possessione da parte di forze occulte: ecco una delle complessità
propriamente umane.>> (Morin, 1990, 67)
Il concetto di complessità serve inoltre a spiegare la differenza che passa tra
sistema ed ambiente, poichè l'ambiente di ogni sistema è più complesso del
sistema stesso. Un sistema riesce ad essere complesso soltanto attraverso
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la selezione di un ordine.
Dal punto di vista strettamente biologico, oltre che fisico, l'ordine fonda la sua
esistenza sull'azione del disordine che risulta perciò indispensabile.
L'organizzazione fisica tende alla degradazione ma l'organizzazione vivente,
fondata su una materia specifica, tende allo sviluppo. L'evoluzione biologica
si paga però attraverso la morte di innumerevoli specie: infatti sono molto più
numerose le specie scomparse all'origine della vita sul pianeta di quelle
tutt'ora esistenti. La vita stessa è un progresso continuo che si paga
attraverso la morte degli individui. Dunque la degradazione e il disordine
contrassegnano la vita e l'ordine. C'è da specificare che il disordine e
l'ordine, pur essendo nemici, cooperano in un certo modo per organizzare
l'universo. Un ordine organizzativo (inteso metaforicamente come vortice)
può nascere a partire da un processo che produce disordine (inteso come
turbolenza). Il mondo stesso si organizza disintegrandosi. Si devono perciò
unire due nozioni che, logicamente, sembrano escludersi: ordine e disordine.
Inoltre si può pensare che la complessità di questa idea sia ancora più
essenziale. La complessità della relazione ordine/disordine/organizzazione
emerge quando si constata empiricamente che in determinate situazioni dei
fenomeni disordinati sono necessari alla produzione di fenomeni organizzati,
i quali poi contribuiscono all'incremento dell'ordine. L'ordine biologico è un
ordine più sviluppato dell'ordine fisico; contemporaneamente la vita tollera
una quantità maggiore di disordini del mondo della fisica. Infatti, nel corso
della vita, varie volte gran parte delle cellule sono rinnovate: vivere è un
continuo morire e ringiovanire. L'uomo vive della morte delle sue cellule, in
questo senso, come una società vive della morte dei suoi individui, cosa che
le permette di ringiovanire. La complessità si trova proprio là dove non è
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possibile dominare una contraddizione o addirittura una tragedia. Dunque
accettare la complessità significa accettare la contraddizione, con l'idea che
non si possano mascherare con una visione euforica del mondo.
Naturalmente il nostro mondo prevede l'armonia, ma tale armonia è legata
alla disarmonia. (Morin, 1990)
Il sistema, inteso metaforicamente come organismo principale, prevede
comunque delle scorciatoie per uscire dal labirinto della complessità.
Si ottiene la riduzione della complessità ogni volta che la struttura relazionale
di un fenomeno complesso viene ricostruito da un secondo fenomeno
caratterizzato da un minor numero di relazioni. La stessa complessità,
dunque, è in grado di ridurre la complessità: ciò può verificarsi nel rapporto
con l'esterno ma anche nel rapporto interno che il sistema ha con se stesso.
La perdita di complessità deve allora essere compensata da una migliore
organizzazione della selettività. Bisogna specificare a questo punto che la
complessità strutturata va distinta dalla inimmaginabile complessità del
sistema che nascerebbe se tutto venisse collegato con tutto, così come
occorre distinguere tra complessità ambientale e complessità sistemica.
(Luhmann, 1984)
L'enorme potenziale della complessità deve essere anche e soprattutto
compreso.
Gli strumenti che consentono di conoscere l'universo complesso sono di
natura razionale; la ragione corrisponde ad una visione coerente dei
fenomeni, delle cose e dell'universo e ha un aspetto incontestabilmente
logico. Si può distinguere tra razionalità e razionalizzazione.
La razionalità è il dialogo continuo tra la mente umana che crea strutture
logiche; quando il mondo non è in accordo con il sistema logico, allora
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bisogna ammettere che il sistema logico creato è insufficiente perchè
incontra solo una parte della realtà.
La razionalizzazione consiste invece nel voler rinchiudere la realtà in un
sistema coerente. Tutto ciò che nella realtà contraddice quel sistema
coerente viene scartato e giudicato illusorio. Razionalità e razionalizzazione
hanno dunque esattamente la stessa origine ma diventano nemiche
sviluppandosi. E' necessario, inoltre, che la ragione diventi autocritica e c'è
bisogno di una razionalità che eserciti uno scambio ininterrotto con il mondo
empirico. (Morin, 1990)
In particolare, gli strumenti essenziali che aiutano l'uomo a far fronte alla
complessità sono dei principi, alla stregua di preziosi consigli da applicare nel
pensiero come nell'azione. Sono dunque tre i principi che possono aiutare a
comprendere la complessità.
Il primo è il principio dialogico, in base al quale due elementi sono necessari
reciprocamente, diventano cioè complementari pur essendo anche
antagonisti; ad esempio, l'ordine e il disordine sono nemici poichè l'uno
sopprime l'altro ma, in certi casi, essi collaborano e producono
organizzazione e complessità. Il principio dialogico dunque permette di
mantenere la dualità in seno all'unità. Il secondo principio è quello di ricorso
all'organizzazione: considerando l'uomo, la sua specie e la riproduzione,
l'individuo stesso è un prodotto di un processo di riproduzione anteriore; una
volta prodotto, egli diverrà produttore del processo che quindi continuerà.
Questa idea vale anche nella sociologia: la società è prodotta dalle
interazioni tra gli individui, ma, una volta prodotta, essa retroagisce sugli
individui e li produce. Gli individui così producono la società che produce a
sua volta gli individui. Gli uomini sono dunque prodotti e produttori allo stesso