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di Sportelli unici. Lo scopo del presente lavoro Ł quello di capire
quanto nel nostro Paese l attivit svolta dallo Spo rtello Unico per le
Attivit Produttive (SUAP) ha inciso sulla riduzion e delle procedure
amministrative, sui tempi di gestione delle pratiche e sulla rapidit di
concessione di autorizzazioni e licenze, sia alle nuove imprese che a
quelle gi esistenti, senza dimenticare l importanz a delle risorse on
line, come la possibilit di scaricare e compilare direttamente sul sito
dello Sportello Unico una parte di modulistica, evitando inutili file e
attese presso gli uffici comunali. La verifica del livello di
cambiamento percepito da imprese e imprenditori sul territorio Ł
infatti fondamentale per comprendere quanto si possa e si debba
ancora fare per snellire il carico amministrativo delle nostre realt
aziendali.
La semplificazione e l aiuto fornito alle imprese in ottica di riduzione
delle barriere burocratiche, sia in fase di start-up che di crescita,
rappresenta una tappa fondamentale per lo sviluppo economico.
6
CAPITOLO I
Imprenditore e imprenditorialit : lo sviluppo del
fenomeno imprenditoriale
1) La letteratura degli ultimi decenni in tema di imprenditorialit
A partire dagli anni Settanta, l economia mondiale ha subito una
serie di profondi cambiamenti che hanno portato in primo piano il
tema dell imprenditorialit e, di conseguenza, tut ti i problemi
connessi alla formazione ed allo sviluppo della funzione
imprenditoriale1. Negli ultimi decenni la crescente attenzione da
parte di governi, universit e mondo industriale ve rso
l imprenditorialit Ł legata ad una molteplicit di fattori. Ricordiamo
tra questi l accresciuta importanza dell innovazione nelle strategie
aziendali, la riscoperta e conseguente rivalutazione delle capacit
competitive delle piccole e medie imprese in contesti ambientali
turbolenti, l esigenza di combattere la disoccupazione attraverso la
nascita di nuove imprese2. L attenzione verso l imprenditorialit Ł
cresciuta di pari passo alla diffusione e all importanza del ruolo
dell innovazione come fattore cruciale di successo competitivo, in un
contesto sempre piø caratterizzato da mutamenti tecnologici e
dinamici in continua evoluzione3 e dove la globalizzazione diventa
fenomeno di cambiamento radicale del modo di agire delle imprese,
influenzandone strategie e modi di pensare. La figura
dell imprenditore ha cos assunto un ruolo centrale, sia all interno di
imprese di nuova creazione, sia in imprese gi esis tenti e
1Si ricordi a tal proposito la crisi petrolifera del 1973 che ha portato profondi cambiamenti nel
sistema economico europeo e mondiale.
2Zanni L. [1995], Imprenditorialit e territorio, CEDAM: Firenze
3Salsano A. [1993], L imprenditore e la storia dell impresa . Bollati Boringhieri: Torino.
7
consolidate, anche di grandi dimensioni e, in generale, in ogni tipo di
organizzazione produttiva e non-produttiva4. Un errore comune Ł
infatti quello di associare il tema dell imprenditorialit solo e soltanto
alla nascita di nuove imprese, dimenticando per ch e esiste, ed Ł
anzi Ł molto forte, la necessit di un processo di sviluppo e di
diffusione di valori imprenditoriali nella totalit delle imprese e
organizzazioni esistenti, anche di dimensione maggiori5. Con l opera
di Fazzi, il tema imprenditoriale acquista forza e piena autonomia.
Egli distingue tra imprenditore tradizionale e di nuovo tipo 6. In
base a questa definizione, Fazzi attribuisce all imprenditore
tradizionale tre requisiti basilari: la titolarit del capitale di rischio,
l esercizio dell attivit combinatoria dei fattori produttivi e la guida del
sistema aziendale7. Oggi l imprenditorialit sembra quindi aver
finalmente trovato una sua collocazione autonoma rispetto agli start-
up e pu essere considerata un elemento presente an che in una
struttura economica preesistente. E questo il caso di un impresa che
gi opera sul mercato e nella quale, sotto la spin ta di cambiamenti
organizzativi e culturali, si sviluppano nuovi modelli di pensiero
imprenditoriale. Parliamo di quella che Ł stata definita in letteratura
la funzione d imprenditorialit . Un altra visione Ł quella che
considera l imprenditorialit come motore e spinta creatrice effettiva
alla nascita di nuove imprese e quindi, oltre all idea, si sottolinea
anche la sua concreta realizzazione. Ci troviamo di fronte a quella
che Ł stata chiamata la genesi d imprenditorialit . In letteratura si
4La funzione di imprenditorialit pu cos essere in dividuata sia come fenomeno interno ad una
forma-impresa gi esistente ed operante sia essere riferita alla nascita di una nuova impresa
solitamente di dimensioni minori. Il manifestarsi di una o di entrambe queste forme di
imprenditorialit Ł strettamente legato al contesto sia economico sia istituzionale in cui ci si trova,
con particolare riferimento alle situazioni dinamiche caratterizzanti i diversi processi di sviluppo.
Mussati G. [1990], Alle origini dell imprenditorialit ; la nascita di nuove imprese: analisi teorica
e verifiche empiriche. ETAS libri: Milano.
5Vallini C. [2004], Creare l impresa. Universit di Firenze: Firenze
6Fazzi R.[1982], Il governo d impresa . GiuffrŁ: Milano
7Con lo sviluppo dell impresa il ruolo dell imprendi tore cambia ed egli deve affrontare una
difficile scelta personale, rinunciare cioŁ allo sviluppo o elaborare nuove strategie competitive e
nuovi obiettivi. In quest ultimo caso, dovr allor a rivolgersi al capitale societario e adottare
modelli con piø elevato grado di decentramento decisionale
8
fa spesso cenno anche a casi intermedi, dove la funzione
imprenditoriale nasce all interno di un sistema-impresa e crea i
presupposti per la potenziale nascita di nuove imprese. Questo
momento pu essere definito come processo di forma zione
all imprenditorialit all interno di un impresa gi esistente 8. Altri
lavori, come quelli di Invernizzi9 e Casson10, hanno cercato, da un
punto di vista strategico-organizzativo e funzionale, di affrontare il
tema dell imprenditorialit come fenomeno autonomo e
indipendente, aprendo cos la strada ai piø recenti studi in materia
imprenditoriale11. Uno dei lavori a riguardo Ł quello proposto da
Cole12. Egli distingue tre categorie imprenditoriali, una empirica ,
una razionale ed una cognitiva , in base al tipo , qualit e quantit
di informazioni usate dall imprenditore. Nella forma empirica, la
8Mussati G. [1990], Op.cit.
9
Invernizzi G. [1990], Management imprenditoriale: la managerialit a sos tegno delle
imprenditorialit nella grande impresa . Franco Angeli:Milano pp 36 e seguenti.
10Casson M.C. [1990], Entrepreneurship. Elgar Reference Collection, Aldershot. Casson M.
[1982] The entrepreneur: an economic theory. Oxford
11
In particolare Invernizzi individua quattro principali matrici d approfondimento sul tema
dell imprenditorialit divise a loro volta in piø f iloni di studio:
• Strategico: comprendente studi di tipo storico, harvardiano, analitico-razionale e
competitivo
• Organizzativo: dove distingue tra scritti classici, studi sui processi di cambiamento e
sviluppo organizzativo, psico-organizzativi, studi di extra-organizzazione (ad es.
sviluppo interno/esterno).
• Funzionale: di taglio piø specialistico, che osserva il problema imprenditoriale dal lato
della Ricerca e Sviluppo, del marketing e della finanza.
• Istitizionalistico-aziendale: divisi a loro volta in studi di imprenditorialit esterna, nel
filone delle imprese eccellenti e nel filone di economia aziendale. Zanni L. [1995],
Op.cit.
Casson invece distingue quattro aree di ricerca di imprenditorialit :
• Economic Theory.: centrata solo sull imprenditore e divisa a sua volta in quattro
principali filoni di studio funzionali.
• Empirical Evidence on Firm and Industry: volta ad approfondire aspetti di natalit e
sviluppo imprenditoriale.
• Culture and Economic Development: dove si analizzano con taglio sociologico i tratti
personali e culturali dell imprenditorialit .
• Government Policy: area di ricerca ritenuta cruciale dall autore anche se non approfondita
per le numerose variabili in gioco. Zanni L. [1995], Op.cit.
Dall analisi di questi lavori risulta evidente una certa separazione tra la definizione
dell imprenditore e le indagini sul campo dell imp renditorialit ma emerge anche la difficolt di
trovare un unica definizione ed una semplificazione esaustiva su questo tema. Certamente il
contributo di Casson rappresenta in assoluto uno dei tentativi piø organici e completi di analisi
teorica delle funzioni e del ruolo svolto dall attivit imprenditoriale. In particolar modo l autore
sottolinea l importanza dell attivit coordinatrice ed innovatrice dell imprenditore, prendendo
certamente spunto dalla visione shumpeteriana.
12Mussati G. [1990], Op.cit.
9
funzione direzionale si basa sulle conoscenze ricavate
prevalentemente dall esperienza concreta. Nella seconda categoria,
cerca invece di prevedere in anticipo le situazioni future basandosi
sulla considerazione di tutte le alternative possibili e quindi su una
conoscenza piø ampia. La forma cognitiva, infine, sottolinea un
allargamento del campo dell informazione ed una maggiore
complessit delle fonti di apprendimento che incido no sul processo
decisionale. Successivamente Ł Leibenstein13 che riprende e
affronta il tema imprenditoriale, effettuando una distinzione che si
basa prevalentemente sul diverso grado di conoscenza del mercato.
In questo senso egli individua due tipologie distinte ed indipendenti
di imprenditorialit , una di routine ed una di n uovo tipo . Per
entrambi i casi comunque, l autore riconosce l esercizio e
l importanza della funzione di coordinamento, tema certamente non
nuovo ma ancora poco valorizzato e che in futuro sar la base di
altre importanti teorie14. Con l aumentare della complessit e della
concorrenza del mercato e con l introduzione di nuove tecnologie in
molti settori, alcuni autori, tra i quali Maidique15, hanno individuato
piø ruoli interni e funzioni chiave nel processo innovativo. Questi
studi risultano di particolare importanza, anche perchØ molti dei
concetti espressi dal pensiero di Maidique sono la base di alcuni
lavori italiani che hanno tentato di descrivere i diversi ruoli
imprenditoriali legati allo sviluppo di un nuovo business, soprattutto
all interno di imprese medio-grandi16. Dalla seconda met degli anni
Ottanta in poi, si sono diffuse nuove teorie tra cui quella
sull imprenditorialit abituale e quella sull imp renditore generale 17.
Questi modelli sono stati utilizzati per osservare particolari forme di
13Zanni L. [1995], Op.cit.
14Lo stesso Fazzi R. teorizza una netta separazione tra i compiti della propriet e quelli dell assetto
imprenditoriale e definir una funzione di coordin azione e coordinamento dei centri direzionali e
decisionali per la guida dei processi strategici.
15Zanni L. [1995], Op.cit.
16Si pensi ad esempio ai lavori di Amaduzzi e Onida.
17Brugnoli C. [1990], L imprenditorialit per lo sviluppo di nuove aziend e. Egea: Milano
10
agire imprenditoriale, come quelle delle imprese guida e delle
organizzazioni a rete 18. Gli studi piø recenti sono da attribuirsi a
Coda, che concentra l attenzione sulla figura dell imprenditore di
successo o eccellente 19 e a Vallini20, che distingue piø modelli di
imprenditorialit in base al diverso grado di titol arit del capitale di
rischio, al differente ricorso alla delega e al livello di cultura
aziendale. Come si pu ben capire anche da una rass egna cos
breve di studi e teorie, quando si parla di imprenditorialit siamo in
presenza di una pluralit di visioni e sembra oppor tuno definire,
anche se molto brevemente, le principali propriet distintive ed
essenziali dell imprenditorialit stessa, nell inte nto di individuare gli
elementi di maggiore rilevanza che interessano ai fini della nostra
analisi. Questo anche per cercare di mettere un certo ordine e per
mettere in risalto certi aspetti fondamentali che caratterizzano il
fenomeno. Tre caratteristiche sono a nostro avviso quelle che
definiscono l imprenditorialit :
• Il compimento di un attivit innovativa
• La capacit di gestire l incertezza
• L agire razionalmente rispetto allo scopo prefissato (attraverso
anche il calcolo dei vantaggi e dei costi rispettivi delle varie
alternative disponibili)
Un ruolo chiave per l imprenditore Ł quello dell innovazione e questo
vale in tutti i tipi di organizzazione. Egli, seguendo anche quella che
18Sono di Lorenzoni le prime indagini sui processi di sviluppo aziendale nei ditretti e
l individuazione di forme di organizzazione a rete insieme a forme di imprenditorialit limitata ma
diffusa. L imprenditore generale secondo questo m odello Ł utilizzato per descrivere il vertice
delle imprese guida di queste organizzazioni. Zanni L. [1995], Op.cit.
19Coda V. [1989], La formula imprenditoriale e La strategia e l orientamento strategico . In
Airoldi G. Brunetti G. Coda V. Lezioni di economia aziendale, capitolo XIII e XIV. Il Mulino:
Bologna. Coda, come altri autori, individua alcune condizioni di successo imprenditoriale tra cui
vanno ricordate le competenze, la flessibilit e la capacit di apprendimento che poi si traducono
nell adozione di meccanismi di delega imprenditoriali.
20Vallini C. [1993], Corso di tecnica industriale e commerciale. Facolt di economia e commercio
di Firenze: Firenze
11
Ł la visione shumpeteriana, deve essere capace, in una data
situazione storico-istituzionale, di trasformare in realt concreta
quella che precedentemente era una mera potenzialit chiusa nelle
opportunit tecnologiche od organizzative disponibi li. Quello che
manca in alcuni contributi21 sull imprenditorialit , anche se non in
quello di Schumpeter22, Ł la percezione del ruolo attivo
dell imprenditore come attore in grado di modificare, ed alterare, una
situazione di equilibrio di mercato attraverso l innovazione, un ruolo
mediato dalla sua diversa attitudine ad utilizzare le informazioni
esistenti grazie alle sue capacit di percezione e di rielaborazione.
Per quanto riguarda la propensione al rischio, Ł importante
sottolineare che ciascun individuo ha una diversa capacit di gestire
l incertezza23, dovuta alla formazione, all esperienza professionale24
precedente ed ai relativi processi di apprendimento che
caratterizzano i vari operatori economici. In altre parole, Ł l abilit di
affrontare efficacemente eventi di cui non sono noti a priori gli esiti
che costituisce un fattore cruciale di successo, in qualunque attivit
e ancor piø nell ambito dell agire imprenditoriale. Per comprendere
meglio quest ultimo aspetto, Ł importante capire in quali situazioni, e
perchØ, la gestione dell incertezza resta concentrata su una sola
persona o Ł distribuita tra piø soggetti. Per rispondere a questo tipo
di interrogativi dobbiamo tener presente che l imprenditorialit Ł un
concetto applicabile alle piccole imprese cos come a quelle di media
e grande dimensione. Quest ultime infatti hanno esercitato una
funzione basilare nello sviluppo economico, anche per quanto
concerne l introduzione di forme di innovazione significative. Negli
21Ad esempio in una impostazione neoclassica o neo-austriaca. Per neoclassico si intende di
solito quell approccio teso a recuperare la validit della teoria della funzione di produzione, dopo
le critiche avanzate nei suoi confronti dalla scuola manageriale e da quella comportamentistica.
22Barbieri L. [1983] La funzione dell imprenditore: dall impostazione schumpeteriana alla grande
impresa. Cacucci: Bari
23Drucker P. [1986], Innovazione e imprenditorialit . ETAS libri: Milano
24Per il ruolo che le esperienze professionali possono avere sull atteggiamento degli individui
verso l incertezza e, di conseguenza, sulle scelte tra consumo e risparmio.
12
ultimi decenni invece, l impresa di maggiore dimensione ha
registrato un certo declino, soprattutto nel caso italiano. Il dibattito
sulle piccole imprese, che costituiscono in Italia il 95% del tessuto
economico, inizia gi a met degli anni Settanta su ll onda dei
processi di ristrutturazione produttiva innescati dalle varie crisi
petrolifere e dal declino della grande industria. Il filone dello small
business, gi nel corso degli anni 80, aveva raggi unto un certo
grado di spessore e di importanza. In molti ritengono infatti che il
tema dell imprenditorialit si sia sviluppato in co nseguenza della
notevole attenzione che governi e studiosi hanno dato alle imprese
minori25. Dalla met degli anni ottanta in poi, l interesse per le
piccole imprese non accenna a diminuire, nonostante una certa
ripresa di competitivit e di redditivit delle imp rese maggiori. Basti
ricordare, ad esempio, l importanza dei processi di decentramento
produttivo, la capacit delle imprese minori di cre are occupazione,
l elevata capacit imprenditoriale delle piccole im prese ad alta
tecnologia inserite in determinare aree locali incubatrici
d imprenditorialit 26, il ruolo critico nei processi di
internazionalizzazione, la tendenza alla creazione di capacit
competitive e manageriali. Nei primi anni 90 e fino ai giorni nostri, il
tema delle dinamiche dell imprenditorialit nelle p iccole imprese ha
raggiunto una sua totale autonomia, con la conseguente creazione
di modelli condivisi e sufficientemente unificati anche nel caso
dell Italia, dove l argomento Ł ancora oggi molto dibattuto. Per
quanto riguarda il filone dell imprenditorialit ne lle medie e grandi
imprese, tale approccio si riconduce all importanza e alla necessit
di creazione, mantenimento e sviluppo di una cultura imprenditoriale
anche nelle imprese gi avviate e di una certa dime nsione. In questo
25Mussati G. [1990], Op.cit.
26Zanni L. [1995], Op.cit.
13
senso troviamo studi27 che analizzano piø in particolare i casi delle
imprese di maggior successo, l organizzazione delle imprese
(soprattutto nelle strutture piø flessibili e innovative), studi di taglio
funzionale, che partendo dall analisi dell attivit di R&S abbracciano
l intero processo innovativo, studi specifici di corporate venturing28
collegati allo sviluppo di nuove attivit destinate ad accrescere
l articolazione del portafoglio dei business aziendali, studi sulle
caratteristiche personali e sulle matrici culturali degli imprenditori
interni. In Italia, questo tipo di approccio si avvicina, in un certo
senso, a quello di Coda che interpreta l imprenditorialit come la
capacit di elaborare e realizzare un idonea formu la imprenditoriale
in rapporto ad un preciso orientamento strategico 29. La formula
imprenditoriale di Coda esprime una sintesi innovativa tra mercato
dell azienda, sistema prodotto/servizio offerto, assetto strutturale e
gestionale dell impresa30 e per descrivere lo sviluppo viene introdotto
il concetto di un orientamento strategico di fondo, che riguarda il
dove , come e perchØ fare impresa. Un modello che prende una
certa ispirazione da quello proposto da Normann31. Egli infatti inizia
a parlare, gi dalla seconda met degli anni Settan ta, di governo
dello sviluppo , focalizzandosi sulla gestione dei rapporti interni
all impresa. L attenzione viene spostata sull attivit politica
dell imprenditore, cioŁ sulla sua capacit di armon izzazione del
potere interno. Un ulteriore aspetto che deve essere tenuto in
27Questa classificazione Ł stata data da Coda-Invernizzi-Molteni. Studi ed esperienze di
imprenditorialit interna , Economia e Management 1992
28Relazione diretta e formalizzata, solitamente stabilita tra una grande impresa ed una piccola
impresa (da questa indipendente) all interno della quale, entrambe contribuiscono in termini
finanziari, tecnici e di management, condividendo i rischi ed i benefici per una crescita reciproca;
una sorta di partnership aziendale all interno della quale una investe nell altra in cambio di
dividendi sui futuri proventi.
29Coda V. [1989], Op.cit.
30Coda V. [1990], L orientamento strategico dell impresa . Utet: Torino
31Normann nel 1977 definisce il concetto di strategia come un qualcosa di vivente, un costante
atteggiamento esplorativo e creativo che si mantiene sempre ad alto livello, proiettata verso il
futuro, la tensione tra pensiero e azione. Nessuna strategia pu essere realizzata senza una
organizzazione capace di apprendere. Nessuna organizzazione Ł capace di apprendere senza una
strategia. Normann R. [1977] Le condizioni di sviluppo dell impresa . ETAS libri: Milano
14
considerazione quando si parla di medie e grandi imprese Ł quello
che riguarda il rapporto tra imprenditorialit e ma nagerialit 32. A
riguardo Invernizzi definisce imprenditorialit l a capacit di uno o
piø attori di elaborare e realizzare una sintesi economicamente
valida tra un bisogno individuato e le risorse atte a soddisfarlo,
sintesi dotata di caratteristiche innovative. Definisce altres
managerialit come il grado di diffusione della p rofessione di
direzione delle aziende. Una parte della letteratura tende quindi a
distinguere le due funzioni sottolineando nel primo caso il carattere
di innovazione volto ad accrescere l efficacia dell impresa e le
capacit gestionali volte al miglioramento dell eff icienza nel secondo.
Soltanto per attraverso un confronto attento e un interazione
costante tra i due aspetti pu nascere un sistema i mpresa duraturo e
solido nel tempo. Gli studi fin qui analizzati, e riguardanti le imprese
di maggiore dimensione, appartengono a quello che in letteratura
viene solitamente chiamato il filone dell imprenditorialit interna 33,
che negli ultimi anni Ł stato spesso applicato anche alle imprese
minori, in un tentativo di analisi di sviluppo di particolari contesti
territoriali come ad esempio i distretti industriali. All imprenditorialit
interna si contrappone quella esterna e cioŁ quella di imprenditori-
proprietari che diventano i protagonisti del processo di nascita e
sviluppo di nuove imprese. Il tentativo Ł quello di capire quali
soggetti e quali fattori psico-sociologici, ma anche ambientali e
culturali, devono essere tenuti in considerazione in una prima fase di
avvio di impresa cos come nel momento in cui un impresa esistente
vuole tentare un processo di sviluppo. Non basta infatti capire solo
quali siano le condizioni e i fattori che incidono sul processo di avvio
o sviluppo di un impresa, ma bisogna tener presente, in una visione
32
Invernizzi G.[1990], Management imprenditoriale: la managerialit a sos tegno delle
imprenditorialit nella grande impresa. Franco Angeli: Milano
33Coda V., Invernizzi G. Molteni M. [1992], Studi ed esperienze di imprenditorialit interna .
Economia e Management, numero 6.