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0. AGÆTIS BYRJUN
Questa tesi sarà rivolta all‟analisi delle teorie musicali di Pierre Boulez
come forma di critica semiotica alle ideologie. Proveremo a dimostrare che
nonostante la saggistica di Boulez non rientri all‟interno del pensiero semiotico
tuttavia utilizzi strumenti di analisi che hanno molta familiarità e punti di
intersezione con lo strutturalismo e la semiotica interpretativa.
L‟argomentazione di base si fonderà sulla compenetrazione che si attua tra
avanguardie artistiche, intese come movimento di ristrutturazione dei linguaggi, e
critica ideologica. Questa identità è maggiore ogni qualvolta le avanguardie
attraversano i linguaggi come concrezioni temporanee e rispondenti a una ragione
che risiede nei linguaggi stessi e non al di fuori di essi.
Il lavoro di Boulez, in termini saggistici e non di produzione musicale,
sarà inserito nel più ampio campo di analisi che sono le teorie di Umberto Eco
sulla produzione di codici e gli studi di Ronald Barthes sul mito.
Riprendendo gli studi sull‟ideologia e sul mito, mostreremo come quest‟ultimi
formino meccanismi semiotici di rimozione e occultamento di determinati spazi
della significazione. E come la semiotica nel suo farsi teoria e analisi, qualunque
sia il campo specifico di applicazione, rimetta in campo aspetti che le ideologie
avevano reso inattingibili al fine di scongiurare contraddizioni e contingenze
delegittimanti.
Nel primo e secondo capitolo daremo una visione d‟insieme della fisica
del suono e delle condizioni storiche di sviluppo del linguaggio musicale
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dall‟inizio del novecento alla formalizzazione del serialismo. Nello stesso capitolo
ci occuperemo di definire alcune nozioni di base musicali che utilizzeremo in
seguito per sviluppare il nostro discorso.
Per trattare il serialismo integrale come un‟analisi del linguaggio musicale
coerente con un‟impostazione semiotica, dovremo prima vedere se negli scritti di
Pierre Boulez sia possibile individuare strumenti metodologici riconducibili alla
semiotica strutturale e interpretativa.
Il terzo capitolo affronterà la questione strutturale: le composizioni di
Boulez sono state indicate come strutturali, noi cercheremo di capire se il termine
sia appropriato a indicare la metodologia strutturalista di stampo semiotico, e se
sia possibile indicare in Boulez, più che un‟arte strutturale, una teoria musicale
strutturalista.
Nella quarta parte svilupperemo, seguendo Umberto Eco, il concetto di
manipolazione del continnum, operazione semiotica fondante nella produzione dei
testi estetici. Questo capitolo sarà importante per l‟obiettivo che questa tesi si
pone: la manipolazione del continuum, infatti, è uno dei meccanismi di mutazione
dei codici e il cambiamento di quest‟ultimi è condizione di modificazione delle
ideologie che quei codici utilizzano.
Nel capitolo cinque esporremo la teoria sull‟ideologia di Eco. Tratteremo
della stretta relazione tra ideologia e codici e del mutamento di questi come messa
in discussione delle ideologie correnti. Diremo, infine, quali ideologie il
serialismo mette in crisi attraverso una diversa visione dell‟universo musicale.
Nel sesto capitolo parleremo del mito come è stato teorizzato da Ronald
Barthes. In particolare ci interesserà il concetto di mitologia, come pratica
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semiotica di analisi e svelamento del meccanismo mitico. La mitologia sarà una
parte della più ampia critica semiotica delle ideologie.
In questa parte proveremo a dimostrare che le teorizzazioni di Pierre
Boulez possono essere considerate una critica sociale orientata allo svelamento
della semioticità degli oggetti culturali che erano stati trattati, da ideologie e miti,
come fatti naturali.
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1. IL SUONO: IL CONTINUUM MATERIALE
Il novecento è stato un secolo in cui le ricerche sul suono sono state
argomenti di sviluppo delle estetiche musicali. Per questo la fisica del suono è il
capitolo da cui cominceremo il nostro percorso verso la semiotica del serialismo
integrale e la critica ideologica.
Gli studi fisici sul suono, infatti, saranno direttamente legati alla
manipolazione del continuum materiale che produrrà il mutamento dei codici
musicali. Eco, in riferimento ai testi estetici, dirà che i livelli inferiori del piano
espressivo sono semioticamente rivelanti nell‟analisi dell‟arte.
1.1 ACUSTICA
Il suono è il prodotto della vibrazione di un corpo elastico o rigido, ma
legato da vincoli elastici. La vibrazione del corpo produce un perturbamento nel
medium: l‟aria a contatto con il corpo avrà a sua volta un moto corrispondente che
permetterà alla vibrazione di diffondersi nello spazio con una velocità di circa 335
metri al secondo.
Una delle prime distinzioni che il concetto di vibrazione ci permette di
fare è quella tra rumore e suono musicale. La differenza percettiva è determinata
dalla regolarità o meno della vibrazione.
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Nella musica del novecento questa separazione verrà attenuata; le
vibrazioni irregolari saranno materia per la costituzione di una discorsività
musicale. Musica concreta ed elettronica sono un esempio di questo nuovo
approccio (in particolare, vanno ricordati gli studi e le composizioni di
Stockhausen).
Nel suono vanno individuati tre proprietà caratteristiche:
1. altezza;
2. intensità;
3. timbro.
L‟altezza è ciò che ci fa percepire un suono come alto o basso: questo effetto è
determinato dalla velocità di frequenza. Maggiore è il numero di vibrazioni al
secondo, più alto è il suono; minore è la frequenza, più basso è il suono. Il sistema
percettivo umano, però, ha dei limiti: il campo di frequenze che possono essere
udite è circoscritto. Il range di udibilità varia da un minimo compreso tra le 16 e le
20 vibrazioni al secondo e un massimo individuabile tra le 20 000 e le 25 000.
L‟intensità invece è legata all‟ampiezza della vibrazione. Più ampia sarà
l‟onda prodotta dalla vibrazione, maggiore sarà l‟intensità o forza del suono.
L‟ultimo parametro è il timbro. Esso definirà il «colore» di un suono; questa
terminologia viene utilizzata nella descrizione degli arrangiamenti compositivi. La
timbrica è ciò che distingue, ad esempio, il suono di un clavicembalo da quello di
una chitarra. Questa differenza è determinata dai cosiddetti armonici o ipertoni.
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Quando percepiamo un suono sentiamo una frequenza che è quella con intensità
maggiore e altre meno udibili: quelle a intensità minore costituiscono gli
armonici. La differenza d‟intensità degli armonici determina il timbro.
Prima di passare alla descrizione dei linguaggi musicali dobbiamo precisare
che il sistema delle frequenze musicali è stato definito nel 1939 alla fine di un
lungo processo storico. È stato infatti concordato che 440 vibrazioni al secondo è
l‟altezza convenzionale a cui far corrispondere il La: la nota di accordatura del
diapason.
1.2 DISSONANZE
I concetti di dissonanza e consonanza sono legati a uno stesso principio: la
corrispondenza di armonici tra due o più suoni.
Nella dissonanza abbiamo intervalli che non hanno in comune armonici.
L‟effetto da essa prodotto di solito è riferito come un elemento di tensione
percettiva. Nelle grammatiche musicali è stato utilizzato, sempre con maggiore
ampiezza nel trascorrere dei secoli, come transizione alla consonanza. La settima,
ad esempio, è in parte dissonante rispetto alla tonalità di riferimento ma è
funzionale stilisticamente alla risoluzione di un periodo musicale.
La consonanza, al contrario, risulta dalla sovrapposizioni del maggior
numero di armonici all‟interno di un gruppo di suoni sia dal punto di vista
verticale che orizzontale.
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La sempre maggiore presenza di intervalli dissonanti (il cosiddetto
“cromatismo”) nelle composizioni del secondo Ottocento e inizio novecento
(Richard Wagner, Gustav Mahler etc.) sarà il ponte che genererà la crisi del
sistema tonale.
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2. DAL TONALE AL SERIALE
La musica seriale si contrappone, dal punto di vista dei principi formali, a
quella tonale; per cui l‟esposizione della teoria seriale dovrà necessariamente
essere preceduta da quella del sistema tonale.
L‟incrinatura, nel mondo musicale classico, prodotta agli inizi del
novecento dalla diffusione dell‟atonalità troverà nella dodecafonia e nel
serialismo integrale gli strumenti teorici per trasformarsi da elemento di
negazione del passato in quello di fondazione di un nuovo linguaggio musicale.
[…] questa tecnica, grosso modo, è stata finora soprattutto un
oggetto per distruggere – e, per questo, legata a quel che voleva
distruggere –, non resta che darle la sua autonomia (BOULEZ
1968:201).
2.1 IL SISTEMA TONALE
La parola “tonalità” si riferisce precisamente alla tonica del brano, attorno
alla quale gravitano tutte le altre note. Quando diciamo che un pezzo musicale è in
Mi minore o in Sol maggiore, e così via, vogliamo dire che il Mi e il Sol sono il
centro tonale del pezzo. “Per cui musica tonale è musica scritta all‟interno del
sistema tonale, musica che ha un centro tonale” (KÀROLYI 1969:64).
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Ma cos‟è una tonica? Bisogna dire che il sistema musicale che noi tutti
conosciamo è costruito sulle cosiddette scale. La scala su cui si basa il sistema
musicale europeo è la scala diatonica, composta da sette gradi o note e divisa in
toni e semitoni all‟interno di un intervallo di ottava.
L‟ottava è un intervallo frequenziale formato raddoppiando la frequenza di
partenza: il La degli accordatori ha una frequenza di 440 Hz, moltiplicando per
due avremo il La dell‟ottava successiva con una frequenza di 880 Hz. I semitoni si
formano dividendo in dodici parti uguali l‟ottava; i toni, invece, raddoppiando il
valore frequenziale di differenza tra un semitono e quello successivo.
I gradi che formano la scala, invece, sono le note che formano una scala. I
rapporti intervallari diversamente codificati tra i gradi della scala producono i
modi maggiore o minore.
Ogni grado della scala diatonica è indicato da un numero romano; il primo
grado è la tonica (la nota che definisce la tonalità), ed è la più importante della
scala. La tonica insieme alla mediante, che è la terza nota della scala, e alla
dominante che è la quinta, forma un accordo. All‟interno di una scala ogni grado
ha una sua importanza in relazione alla tonica.
La musica classica da Bach fino a Webern farà riferimento a questo
sistema tonale. Per cui si può leggere un brano, ad esempio, di Debussy a partire
da quelle regole che sono appunto quelle del sistema tonale, e che formano la
struttura stessa del brano (per questo possiamo dire che qui abbiamo una
progressione di terze o un passaggio alla quinta etc.).
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2.1.2 ARMONIA
L‟armonia ha una struttura verticale, essa è la “combinazione simultanea
di più suoni” (KÁROLYI 1969:79).
Il sistema tonale si è definito nel tempo col passaggio dalla polifonia, che
è una sovrapposizione di voci, all‟armonia che fa di questo sovrapporsi di voci
l‟ossatura stessa della costruzione delle opere, da qui gli accordi e la tonalità.
Mentre in una polifonia cinquecentesca l‟organizzazione
melodica era predominante nel senso che il sovrapporsi delle
varie melodie doveva semplicemente aver cura che le armonie
derivate fossero formate di accordi «legittimi» (cioè
fondamentalmente di intervalli consonanti), nella nuova
organizzazione tonale le sequenze di giri armonici hanno invece
una importanza strutturale primaria e la melodia ne deve tener
conto e deve adattarsi ad esse.
In altri termini le melodie tonali devono rispettare le funzioni
armoniche dei gradi della scala e devono essere compatibili con
quelle (BARONI – FUBINI – PETAZZI – SANTI – VINAY 1999:149).
La costruzione armonica si trova in origine già nella costruzione
frequenziale di ogni singolo suono strumentale; quando, infatti, pigiamo il tasto di
un pianoforte o pizzichiamo la corda di un liuto oltre al suono fondamentale
troviamo una serie di armonici, cioè suoni con intensità più debole, a distanza