II
remote banking: phone banking, home/corporate banking, internet banking e televisione
interattiva (I-TV).
Il rapporto banca - cliente nel tempo si è evoluto passando da un rapporto distaccato ed
incentrato sull’offerta di prodotti e servizi standard ad un rapporto che vede il cliente
come “attore” centrale con il quale interagire nella ricerca di un dialogo privilegiato. E’
questo l’approccio da cui parte la banca orientata al mercato nella quale il cliente è
all’origine e al centro di ogni decisione aziendale. Con la gestione market oriented si
deve cercare di conciliare al meglio la necessità di fornire servizi dalle caratteristiche
quali-quantitative tali da recepire il più possibile i bisogni e le preferenze del pubblico
(più in generale, le tendenze evolutive della situazione di mercato), con la necessità di
massimizzare i propri obiettivi di gestione.
Per ciò che attiene al ruolo dell’innovazione tecnologica in relazione all’evoluzione del
rapporto banca - cliente, se da un lato essa contribuisce in modo incisivo al
miglioramento del servizio, andando ad accrescere quella che è la qualità percepita dal
cliente, dall’altro lato presenta lo svantaggio di rendere ancora più impersonare il
rapporto con la clientela: si sacrificano i benefici prodotti dal contatto diretto tra cliente
e personale di vendita. Da qui la necessità di recuperare un contatto diretto più
qualificato e personalizzato, destinando risorse umane a canali che permettano una
comunicazione interattiva con il cliente. Il rapporto tra cliente e banca si evolve e perde
il carattere di unidirezionalità: non sarà più solo il cliente a rivolgersi alla banca ma
anche quest'ultima potrà, e dovrà, proporre un'offerta su misura per ogni cliente, sarà la
banca che dovrà raggiungere il cliente. Questo consentirà all’azienda di credito di
conseguire un efficace posizionamento.
Nella nuova realtà di mercato la banca deve assumere come target non il cliente
generico bensì il cliente specifico di cui conosce perfettamente abitudini, modo di
pensare, motivazioni e fabbisogni: emerge qui l’importanza del marketing che, solo di
recente, è entrato nell’ambito bancario come filosofia di gestione.
Il marketing bancario ha subito una profonda evoluzione a partire dagli anni cinquanta,
da quando cioè per la prima volta le banche hanno compreso che, grazie all’utilizzo di
una serie di tecniche (prime in ordine di apparizione le tecniche pubblicitarie e
promozionali), era possibile “gestire” la domanda. Col tempo, gestire la domanda e
cercare di influenzarne le scelte è divenuta pratica (e preoccupazione) quotidiana delle
banche e il modo di intendere il marketing è progressivamente mutato.
III
A partire dall’ultimo decennio, per rispondere all’evoluzione dei modelli
comportamentali dei consumatori e per sfruttare le opportunità offerte dalle nuove
tecnologie, si è sviluppato il concetto di “marketing relazionale” che ha rivoluzionato il
modo di intendere il rapporto banca - cliente. Fondandosi sull’utilizzo di tecniche di
direct marketing, il marketing relazionale ha ricevuto grande impulso dallo sviluppo
della Rete. Internet, infatti, quale mezzo di comunicazione interattivo, sembra essere lo
strumento ideale per il pieno dispiegarsi delle logiche sottostanti l’approccio
relazionale.
Il banchiere che intenda adottare un approccio market oriented nella gestione della sua
azienda si scontra immediatamente con il problema della segmentazione della domanda
intesa come suddivisione del mercato in gruppi (segmenti) omogenei, sulla base di
opportune variabili (geografiche, psico-socio-economiche, psicografiche,
comportamentali) che costituiscono la cosiddetta base di segmentazione.
In linea generale è possibile distinguere fra sei principali categorie di segmentazione a
cui fanno riferimento gli istituti di credito: la segmentazione demo-socio-economica,
psicografica, geodemografica, comportamentale, per problemi ravvisati, per benefici
ricercati che, tuttavia, non completano il quadro delle diverse tipologie di
segmentazione che possono essere intraprese (tra cui ricordiamo la segmentazione in
base agli scenari di vita).
Tra queste, la segmentazione comportamentale sembra essere la tecnica di analisi più
utile ed innovativa per le banche. La segmentazione in parola si basa su un “approccio
bancario” ancora relativamente innovativo che enfatizza la centralità del cliente e la
relazione evolutiva di lungo periodo che lo stesso intrattiene con la banca; utilizza
informazioni oggettive e dati esistenti nel patrimonio informativo aziendale, ed è
"tailor-made" cioè disegnata su misura in funzione della realtà dell'Istituto.
Contrariamente ad altri tipi di segmentazione, è sempre possibile costruire una
segmentazione comportamentale della clientela bancaria, perché richiede solo
informazioni di gestione amministrativa, sistematicamente presenti negli archivi della
banca e tenute aggiornate per ordinarie necessità contabili.
E’ proprio sulla base della suddetta segmentazione che si stanno sviluppando nuove
tecniche, come la chronographic segmentation, e nuove interessanti applicazioni. Ma
quale sarà il futuro della segmentazione nel mercato bancario in virtù dell’accentuarsi
della trasversalità, della diminuzione dell’omogeneità dei segmenti e di una clientela
che sembra sempre meno segmentabile?
IV
Il miglioramento della relazione con il cliente passa attraverso il miglioramento della
qualità che, oggi, si identifica con la capacità di soddisfare i bisogni, i desideri e le
aspettative del cliente; la qualità non è più un concetto interno che la banca può stabilire
e valutare autonomamente, come succedeva in passato, ma diventa un riconoscimento
che viene dall’esterno, ossia dal mercato (qualità esterna): è essenzialmente un concetto
di “qualità percepita” prevalentemente in fase di acquisto, che può risultare più o meno
conforme al livello di “qualità attesa” dal cliente.
Per il conseguimento della qualità risulta indispensabile la partecipazione alla sua
creazione da parte di tutti i componenti dell'azienda di credito: la qualità del
prodotto/servizio bancario risulta essere il prodotto di un elevatissimo numero di singole
qualità realizzate in ogni specifica attività interna alla banca. Questa è l’essenza della
qualità totale.
Per ogni impresa oggi risulta di primaria importanza acquisire e tener legati i migliori
clienti meglio dei concorrenti. La fidelizzazione della clientela non è un semplice
strumento operativo di marketing ma costituisce una vera e propria strategia aziendale
che, nelle aziende di credito, viene preferita alla strategia di acquisizione di nuovi
clienti: la fidelizzazione del cliente, in effetti, consente alla banca di creare il circolo
virtuoso sviluppo dei margini/maggiori investimenti/elevata soddisfazione/fedeltà.
La Customer Loyalty costituisce la cerniera fra gli obiettivi della Customer Satisfaction
e della massimizzazione dei margini di redditività della banca. Un rapporto lungo e
consolidato è infatti la base su cui è possibile costruire un progetto di ottimizzazione del
rapporto banca-cliente finalizzato al reciproco vantaggio.
La fidelizzazione del cliente è uno dei principali presupposti della strategia relazionale
che va sotto il nome di CRM. L’approccio Customer Relationship Management si fonda
su una gestione unitaria dell’interazione con la clientela e richiede quindi
un’integrazione sia dei processi connessi a tale interazione (vendite, marketing,
customer care), sia dei diversi canali di comunicazione.
Per vedere come in una realtà bancaria italiana si affrontino concretamente i temi che
costituiscono l’oggetto di questo lavoro, verrà analizzato il caso del Gruppo MPS; si
vedrà come i concetti di centralità del cliente, utilizzo della tecnologia, multicanalità,
segmentazione, soddisfazione e fidelizzazione della clientela, trovano applicazione
all’interno di uno dei principali gruppi bancari nazionali.
1
CAPITOLO 1
IL CONTESTO DI RIFERIMENTO
1. I mutamenti della gestione caratteristica della banca alla luce dei cambiamenti
intervenuti nel sistema bancario: il margine d’interesse ed i ricavi da servizi.
I numerosi e rilevanti cambiamenti che da diversi lustri caratterizzano i sistemi
finanziari dei principali Paesi industrializzati hanno determinato, all’interno di questi e,
nello specifico, all’interno del sistema bancario italiano, una profonda e veloce
trasformazione dominata da una competizione che supera i confini geografici e di
settore, che sgretola i vecchi paradigmi economici e fa soccombere quelle banche che
non sono in grado di adeguare i propri approcci strategici, organizzativi e gestionali,
all’evoluzione dei mercati e della società.
Gli effetti più evidenti, che hanno contribuito a modificare molti degli aspetti peculiari
del modo di “fare banca”, si riferiscono alla caduta delle barriere normative, alla
conseguente accentuazione della dinamica competitiva (altri intermediari non
tipicamente bancari sono entrati nel settore del credito, esercitando una competizione
aggressiva nei confronti dei più tradizionali e affermati gruppi bancari
1
) ed alla
scomparsa delle distanze geografiche.
Le istituzioni finanziarie stanno rispondendo a questa situazione adottando strategie di
innovazione di prodotto e allargamento dei confini del business tradizionale, nel
perseguimento aggressivo delle nuove opportunità offerte dalla globalizzazione dei
mercati monetari e dell’economia reale.
La definizione delle migliori strategie per le banche deve comunque derivare da
un’attenta considerazione delle conseguenze potenziali dovute ai seguenti fattori di
cambiamento:
1. modifiche strutturali ed operative come risposta ai cambiamenti
normativi/istituzionali;
1
Nuove banche nate da iniziative imprenditoriali di matrice non bancaria controllavano, già nel 2000,
circa il 2 per cento del mercato del risparmio gestito ed una quota ancora maggiore del mercato del
trading on line, come faceva notare il Presidente dell’ABI nella sua relazione all’Assemblea del 23
giugno 2000.
2
2. l’informazione come nuovo fattore di successo e la riscoperta delle leve
tecnologiche;
3. cambiamento in atto nel comportamento della domanda.
Vediamo, brevemente, questi tre importanti agenti di cambiamento:
I mutamenti a livello normativo/istituzionale hanno determinato un assetto normativo
caratterizzato in primo luogo dalla liberalizzazione degli sportelli bancari (vista come
occasione di maggiore efficienza per l’intero sistema) e dalla liberalizzazione valutaria
conseguente l’unificazione europea. Inoltre, al fine di agevolare la concorrenza, è nata
una legislazione antitrust e si è assistito a una progressiva despecializzazione del
sistema bancario accompagnata da una crescente apertura nell’ambito dei servizi
finanziari (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia, T.U. della finanza).
Il mercato creditizio italiano risulta quindi caratterizzato da molteplici fattori quali:
processi di privatizzazione e cambiamento nella struttura proprietaria, riduzione dei
tassi di interesse nominali e reali, tendenza alla concentrazione, crescente presenza di
banche estere sul territorio nazionale
2
.
Altro aspetto significativo del cambiamento è rappresentato dalla informatizzazione dei
processi organizzativi, gestionali e distributivi in linea con l’evoluzione delle
tecnologie. Esso è caratterizzato da tre passaggi fortemente innovativi.
- Automazione del back-office che ha comportato la graduale automatizzazione del
lavoro amministrativo relativo alle operazioni effettuate con la clientela. Questa
prima fase risale agli anni ’60, anni in cui si parlava di automazione dei grandi
processi amministrativi (schedario dei conti correnti, dei clienti eccetera). I primi
elaboratori elettronici vennero infatti introdotti per la gestione della contabilità con
l'obiettivo di ottimizzare il rendimento del centro di calcolo e di risparmiare risorse
umane. Così facendo si ridussero i costi relativi alle diverse procedure
amministrative, ma si pose il problema di dover riconvertire quantità enormi di
personale da mansioni più ripetitive a mansioni ad elevato valore aggiunto.
2
Si veda DI FELICE S. Intervento al seminario Le banche Italiane: dall’orientamento al prodotto
all’orientamento al cliente, Ancona, Dicembre 1999.
3
- Automazione del front-office, mediante l'introduzione, negli anni ’70, di grandi reti
di terminali che hanno permesso l'automatizzazione delle operazioni di sportello; le
banche iniziarono ad offrire ai clienti servizi più veloci e qualitativamente migliori
3
;
la tecnologia, da strumento di supporto alla gestione interna diventò uno strumento
di marketing per diffondere l'immagine di una azienda più efficiente e moderna.
- Automazione dell'interfaccia banca-cliente, negli anni ’80, attraverso lo sviluppo di
servizi sempre più automatizzati, fruibili direttamente dal cliente in ogni momento
della giornata, all'interno o all'esterno degli istituti di credito. Si diffondono cioè gli
ATMs (Automatic Teller Machines) prima come cash dispenser
4
poi come
strumenti con i quali effettuare prelevamenti, versamenti, disposizioni di bonifici,
pagamento di utenze ecc. Le banche offrono quindi servizi non più vincolati nello
spazio e nel tempo dalle banche medesime e rendono i clienti liberi dal vincolo di
poter operare solamente durante l'orario di apertura degli sportelli.
L'evoluzione delle applicazioni informatiche continua inducendo le banche
all'attivazione di canali di distribuzione tecnologicamente sempre più sofisticati.
Con questi si consente all'utente di fruire del servizio bancario o presso gli esercizi
commerciali mediante EFT/POS, o presso la sede dei clienti (privati e imprese)
attraverso supporti o collegamenti elettronici atti a mettere in collegamento
l'apparecchiatura dell'utente con il sistema informativo della banca (Home Banking
e Corporate Banking)
5
.
A questi tre passaggi è possibile aggiungerne un quarto, che si riferisce agli anni a noi
più vicini, caratterizzato da Internet che presenta livelli di diffusione, facilità di
collegamento ed economicità mai visti prima. Secondo l'interpretazione dell'acronimo
WWW con Whoever, Wherever, Whenever, le banche si avvicinano ancora di più ai
clienti ed anzi, vista la diffusione dei PC portatili e dei telefoni cellulari, praticamente
sono sempre al loro fianco
6
7
.
3
Cfr. CAPPIELLO A., Evoluzione dei canali distributivi bancari, Giuffré, Milano, 1993, pag. 107.
4
I cash dispenser erano in grado di erogare piccole quantità di moneta, con relativo addebito in conto
corrente, e di dare alcune formazioni sul conto (ad esempio il saldo del conto).
5
L'Home Banking è riferito ai servizi erogati per via telematica ai clienti privati, il Corporate Banking è
invece riferito ai servizi erogati per via telematica alle imprese.
6
Cfr. MARTINI M., L'impatto delle tecnologie informatiche sull'industria bancaria e sui mercati
finanziari, in Economia Italiana, fascicolo 2, 1999, pag. 353.
7
La storia dell’evoluzione nell’uso delle tecnologie informatiche nelle banche, che affonda le sue radici
negli anni cinquanta del secolo scorso fino ad arrivare ai giorni nostri con l’Internet Banking, si
caratterizza per il progressivo trasferimento dell’innovazione tecnologica da supporto produttivo nei
back-office amministrativi a sistemi operativi e informativi di marketing collocati nella prima linea di
contatto commerciale che con Internet si situa direttamente a casa del cliente. Cfr. CROFF D.,
L’innovazione tecnologica e organizzativa delle banche italiane, relazione presentata al congresso
4
Un ulteriore ordine di mutamento verificatosi negli ultimi anni riguarda sostanzialmente
il lato della domanda di prodotti/servizi bancari. Più precisamente, i fabbisogni
finanziari delle imprese e dei privati si sono man mano affinati ed hanno raggiunto un
maggior grado di sofisticazione.
Dal lato delle imprese, la loro progressiva crescita interna ed esterna, l’obiettivo di
presidiare sempre di più i mercati di esportazione e le strategie di delocalizzazione dei
processi produttivi hanno richiesto maggiore consulenza ed assistenza nelle attività con
l’estero e nuovi strumenti quali venture capital e merchant banking
8
.
Per ciò che attiene i privati bisogna, in primo luogo, riconoscere che le abitudini di
risparmio, il modo di gestire lo stesso e in generale la cultura finanziaria delle famiglie è
profondamente mutata. Si assiste così ad una crescente richiesta di strumenti finanziari
che hanno componenti assicurativi e previdenziali ed aumenta notevolmente il ricorso al
credito.
Ne è conseguita, da parte della banca, la necessità di attuare una gestione integrata
dell’intermediazione. Ciò comporta implicazioni in termini di complessità strategiche
ed organizzative: la banca moderna deve chiedersi quali sono i prodotti e servizi da
proporre al mercato, come rinnovare la propria gamma di offerta, quali politiche
distributive adottare e, soprattutto, quale posizionamento scegliere nel mercato sempre
più globale.
I cambiamenti intervenuti sul mercato finanziario hanno mutato profondamente la
redditività lorda delle aziende di credito.
Essa si compone di due “margini parziali di profitto”. Il primo è il risultato lordo
proveniente dalla differenza tra interessi attivi e passivi ed esprime il reddito della
gestione relativa all’intermediazione creditizia “pura” o “primaria” del denaro. Detto
margine si riallaccia alle strategie realizzate nella politica di raccolta e nella politica
CERMEF-IRSA su “New economy e riflessi sui sistemi finanziari e assicurativi” Luiss Guido Carli,
Roma, scaricabile dal sito www.luiss.it/documenti/centri/ cermef/20010110/Croff.pdf
8
Il termine venture capital definisce l’insieme dei mezzi finanziari impiegati per acquisire partecipazioni,
di solito di tipo azionario, in combinazioni aziendali in genere di piccole dimensioni, con forti prospettive
di sviluppo spesso correlate anche ad un alto grado di rischio. L’attività di venture capital differisce
dall’attività di merchant banking (che consiste nell’assumere partecipazioni di minoranza in imprese con
buone prospettive di sviluppo, partecipazioni da mantenere in portafoglio sino allo smobilizzo
conseguente alla quotazione di borsa dell’impresa stessa) per il fatto che la merchant bank non interviene
direttamente nella gestione dell’impresa, come invece accade per il venture capital. Si veda CARLESI A.,
Il problema finanziario nell’economia della nuova impresa, Torino, Giappichelli, 1990, pag. 92 e ss. e
pag. 131 e ss.
5
degli impieghi effettuata, prevalentemente, mediante la concessione di prestiti. Questo
risultato lordo contribuisce alla formazione di quello che viene definito “margine di
intermediazione primaria” o “margine di interesse”
9
. A tale margine si aggiunge il
risultato scaturente dall’attività di intermediazione finanziaria definito “margine di
intermediazione secondaria”.
Sommando i due margini si ottiene il cosiddetto “margine complessivo
d’intermediazione” che costituisce un risultato lordo dal momento che deve essere
epurato degli elementi negativi di reddito per mettere in evidenza il risultato netto di
gestione.
10
Vediamo brevemente l’andamento di questi due margini dal 1990 ad oggi:
- Evoluzione del margine di intermediazione primaria
A partire dai primi anni novanta, si è registrata una progressiva e generalizzata
contrazione del margine di interesse per ogni dimensione e tipologia di banca, che ha
inciso considerevolmente sul livello di redditività del sistema creditizio.
La riduzione del margine di intermediazione primaria, proseguita sino alla fine del
1999, è attribuibile, innanzitutto, alla contrazione dei margini unitari verificatasi nel
nostro sistema a cominciare dai primi anni dello scorso decennio, cui si è aggiunta la
sfavorevole dinamica dei volumi intermediati.
L’effetto relativo ai margini è stato, in gran parte, determinato dalla flessione del livello
dei tassi nominali e dal correlato assottigliamento del differenziale tra interessi medi
attivi e passivi negoziati.
11
Nel corso degli anni novanta, infatti, il gap tra il rendimento
medio dei prestiti ed il costo medio della raccolta si è ridotto da 7,0 a 3,9 punti
percentuali.
12
Tra le cause alla base di tali fenomeni le principali sono il forte calo del tasso
d’inflazione, l’aumento della concorrenza nel mercato creditizio, originato
9
Nelle elaborazioni della Banca d’Italia questo aggregato è dato dalla differenza tra interessi attivi e
passivi e, dal 1993, dal saldo dei proventi ed oneri relativi ai contratti derivati di copertura,
precedentemente incluso tra gli altri ricavi netti. Si veda Banca d’Italia, Relazione annuale, anno 1999,
Appendice, pag. 276.
10
Cfr. CENDERELLI E., L’attività bancaria. Aspetti gestionali, Vol. II, Giappichelli, Torino, 1996, pag.
221 – 222.
11
Cfr. CAPPIELLO A., FERRETTI P., I ricavi da servizi nel rinnovato quadro operativo dell’equilibrio
bancario, in “Banche e Banchieri”, n. 6, 1999, pag. 515.
12
Si veda Banca d’Italia, Bollettino economico n. 35, ottobre 2000, pag. 75.
6
dall’evoluzione della domanda e dell’offerta di strumenti finanziari, e la creazione del
mercato unico europeo.
L’incremento della concorrenza, in particolare, manifesta il suo effetto negativo sullo
spread oggetto di analisi influenzando sia il tasso medio attivo, che registra riduzioni
percentuali superiori di quelle del tasso ufficiale di sconto, sia il tasso medio passivo, la
cui dinamica discendente viene ad essere limitata da fenomeni di vischiosità. Anche le
strategie di diversificazione ed innovazione attuate nel comparto degli strumenti
finanziari, determinando una maggiore attenzione del pubblico dei risparmiatori circa
l’aspetto economico delle diverse forme d’impiego, comportano una ricomposizione del
passivo verso forme tecniche più onerose che incrementano il costo della raccolta e
provocano, dunque, la riduzione del margine di interesse attraverso la contrazione del
mark-down
13
relativo ai depositi. Infine, un ulteriore fattore che ha avuto un impatto
sfavorevole sui margini unitari è rappresentato dal minore contributo della pratica
contabile dei “giorni valuta”
14
, su cui ha avuto una influenza negativa la diminuzione
dei tempi tecnici occorrenti per il trasferimento dei fondi, a seguito del sempre
maggiore “contenuto tecnologico degli strumenti di pagamento”.
Per ciò che attiene l’effetto esercitato dalla dinamica dei volumi intermediati si deve
rilevare come essa fino al 1993 è riuscita a bilanciare, almeno parzialmente,
l’andamento sfavorevole dei margini unitari riducendo l’impatto di quest’ultimo sul
margine di interesse e contenendo la contrazione complessiva del margine stesso.
Peraltro, a partire dall’anno successivo, i volumi intermediati facendo registrare un
incremento contenuto, se non persino una contrazione, hanno contribuito all’ulteriore
pesante riduzione del margine di interesse, cui ha concorso anche la diminuzione della
quota di capitale libero utilizzabile nell’attività di intermediazione tradizionale.
15
13
Per mark-down si intende il contributo fornito dai depositi alla formazione del reddito delle banche.
14
L’effetto valuta, ottenuto sia rinviando, rispetto al giorno del perfezionamento dell’operazione di
incasso, il momento dell’accreditamento in conto corrente delle somme movimentate sia, nel caso degli
addebitamenti, attribuendo all’operazione di pagamento una valuta antecedente al giorno della
contabilizzazione, genera per la banca una riduzione dei costi per interessi passivi spettanti alla clientela
depositaria, un incremento dei ricavi per interessi attivi ricevuti dalla clientela affidataria ed un aumento
dei proventi finanziari dato dalle “operazioni di impiego delle risorse liberate dalla pratica dei giorni
valuta” che influenzano positivamente il margine di interesse. Si veda RICCIARDI A., Il contributo dei
servizi di pagamento nell’economia e nel bilancio delle banche, in Rivista Italiana di Ragioneria e di
Economia Aziendale n. 516, 2000, pag. 272 – 273.
15
Cfr. CAPPIELLO A., FERRETTI P., I ricavi da servizi nel rinnovato quadro operativo dell’equilibrio
bancario, art. cit., pag. 515 ss.
7
L’andamento dei volumi intermediati, in particolare, ha negativamente risentito dei
processi di disintermediazione del passivo e dell’attivo bancario
16
verificatisi nel nostro
sistema.
Nel 1999, nonostante i risultati economici abbiano confermato il recupero di redditività
registratosi nell’anno precedente, grazie anche al contributo di proventi di carattere
straordinario, il margine di interesse, a livello complessivo di sistema, ha subito una
contrazione pari a 3.606 miliardi di lire rispetto al livello del 1998 attestandosi a 61.806
miliardi, toccando, così, il valore più basso dal 1991 (tavola. 1).
Anche la sostenuta crescita degli impieghi realizzatasi nel ’99 non è stata sufficiente a
compensare l’assottigliamento del divario tra tassi di interesse attivi e passivi.
17
18
Nel corso del 2000 la redditività del sistema creditizio è aumentata ancora e, questa
volta, il miglioramento è attribuibile sia alla ripresa dell’attività di intermediazione
tradizionale sia all’ulteriore espansione della attività di intermediazione mobiliare che
sta assumendo, sempre più, un ruolo di primo piano nelle nuove tendenze
strategiche delle aziende di credito.
Nel 2000, per la prima volta dal 1995, il margine di interesse è salito del 7,6%, a fronte
di un calo del 6,4% nell’anno precedente, per un importo pari a 2,4 miliardi di euro.
L’aumento è stato determinato soprattutto dalla forte espansione del volume dei prestiti,
in presenza di una crescita contenuta di ricavi unitari.
19
20
16
La disintermediazione dal lato del passivo è attribuibile a molteplici fattori, tra cui i più importanti sono
il limitato incremento del risparmio nazionale disponibile, la progressiva crescita della propensione al
consumo della collettività e la nascita di nuove figure di operatori finanziari, accelerata sia
dall’evoluzione normativa sia dallo sviluppo tecnologico, che ha significativamente contribuito a
ridimensionare il ruolo di centralità delle aziende di credito nella raccolta del risparmio. Tra le cause
determinanti il processo di disintermediazione dal lato dell’attivo, un ruolo di primo piano spetta alla
securitization, intesa nel significato di incremento dei valori mobiliari rispetto alla totalità delle attività
finanziarie detenute dal sistema economico. Difatti, anche se il sistema bancario rappresenta ancora la
fonte primaria dei finanziamenti concessi alle aziende, l’evoluzione avvenuta in campo legislativo (si
pensi, ad esempio, alla regolamentazione delle cambiali finanziarie) ha favorito l’espansione di forme di
reperimento di mezzi finanziari alternative al tradizionale credito bancario stimolando, in tal modo, il
processo di securitization nel passivo delle imprese italiane, specie di medio-grandi dimensioni. Si veda
BIRINDELLI G., Il calo della redditività bancaria: fattori determinanti e possibili interventi di recupero,
in Rivista Bancaria – Minerva Bancaria n. 3, 1998, pag. 60 – 61.
17
Si veda Banca d’Italia, Relazione annuale, anno 1999, pag. 246.
18
Si veda Banca d’Italia, Considerazioni finali del Governatore, anno 1999, pag. 19.
19
Si veda Banca d’Italia, Bollettino economico n. 36, marzo 2001, pag. 68 ss.
20
Si veda Banca d’Italia, Relazione annuale, anno 2000, pag. 227 ss.
8
Tavola 1 - Margine di interesse (miliardi di lire)
Anni
1996 1997 1998 1999 2000 2001
4.700 4.722 3.582 1.063 1.497 1743
Depositi
c/o BI-UIC
Tesoro
Prestiti
135.657 120.154 108.372 90.390 107.060 121.492
Titoli
40.738
33.193
26.550
18.460
18.852
17.594
Interessi
Rapporti
Intercreditizi
14.982 13.443 13.453 8.256 13.778 16.801
16.847 17.504 15.475 12.884 15.450 14.279
Attività con
non residenti
Depositi
77.490 57.333 37.622 19.916 24.779 27.371
Finanz.
Da
BI-UIC
1.154 1.610 1.001 708 1.921 1.162
15.751 14.018 13.232 9.111 14.129 17.092
Interessi
Rapporti
Intercreditizi
24.826 27.486 28.391 23.990 27.629 29.794
Obbligazioni
e prestiti
Subordinati
21.871 21.662 21.905 17.252 22.530 24.024
Passività con
non residenti
Saldo contratti
derivati di copertura
- 2.415 - 987 130 1.730 980 -1996
Margine
di interesse
69.417 65.921 65.412 61.806 66.611 70.471
Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale, anni 2000 2001
9
Il brusco mutamento dello scenario cui si è assistito nel corso del 2001 e le note vicende
internazionali
21
(e domestiche) hanno fortemente impattato sui conti delle banche che
hanno così interrotto il trend di crescita della redditività e dell’efficienza consolidatosi
nel medio periodo
22
.
Nel 2001 l’incremento del volume intermediato, anche per l’acquisizione di
intermediari in paesi nei quali più rilevante è il contributo dell’attività bancaria
tradizionale, ha determinato un aumento del margine di interesse a 39.200 milioni di
euro
23
. Il margine di intermediazione quindi, anche se con un brusco rallentamento
rispetto al 2000, continua a crescere.
Il margine di interesse, dunque, torna a contribuire positivamente alla dinamica
reddituale delle aziende di credito.
Ciò permette di evidenziare che l’intermediazione creditizia, anche se è un’attività che
presenta caratteri tipici dei settori maturi, non è destinata a sparire o a subire un drastico
ridimensionamento nei prossimi anni, in quanto, le moderne economie, malgrado i
progressi dei mercati mobiliari e le possibilità che si prospettano grazie a Internet,
necessitano ancora “di un intenso trasferimento di risorse con relativa trasformazione
qualitativa, esigenza a cui tipicamente rispondono proprio gli intermediari creditizi”.
Tale settore, perciò, non va trascurato, considerata la sua capacità di generare, già oggi,
i flussi di cassa necessari per finanziare lo sviluppo del comparto della finanza
mobiliare e gli investimenti relativi alle “strutture della futura banca virtuale” e di
produrre margini ancora per un lungo periodo.
In definitiva, l’attività di intermediazione tradizionale, nonostante l’importanza
crescente di altre fonti di ricavo, resta una componente essenziale della redditività delle
aziende di credito che deve essere difesa, privilegiando, soprattutto, i ricavi che offrono
un migliore rapporto rischio/rendimento.
24
21
Tra cui ricordiamo gli attacchi terroristici dell’11 settembre e le situazioni di instabilità finanziaria
verificatesi in America latina.
22
Il Roe medio delle banche è passato dal 9.6% del 2000 al 9.1% del 2001. Secondo informazioni
preliminari la contrazione dei flussi di reddito è proseguita nel primo trimestre del 2002. Si veda
Relazione del Governatore della Banca d’Italia anno 2001 pg. 340-342.
23
Oltre che dell’aumento dei volumi intermediati, il margine ha beneficiato di una ricomposizione degli
attivi a favore dei prestiti e a scapito dei titoli. Si veda Considerazioni finali discorso del Governatore
della Banca d’Italia anno 2001, pag 27.
24
Cfr. SALVATORI C., La questione bancaria oggi in Italia, in Rivista Bancaria – Minerva Bancaria n.
3, 1998, pag. 59.
10
- Dinamica evolutiva del margine di intermediazione secondario
Il margine di intermediazione secondario esprime risultati economici netti derivanti da
attività diverse da quella di intermediazione creditizia.
Questa seconda componente del margine di intermediazione complessivo può essere
identificata con l’aggregato “altri ricavi netti” utilizzato dalla Banca d’Italia nelle
proprie elaborazioni. Tale aggregato è costituito dai risultati di tre diverse macro aree di
attività:
- attività di negoziazione in titoli, in valuta e in contratti derivati non aventi finalità di
copertura
25
;
- attività di prestazione di servizi alla clientela
26
;
- altre attività di natura finanziaria
27
.
Fino a pochi anni fa, i servizi erano definiti “accessori”, facendo così capire non solo
che l’intermediazione tradizionale fosse il “core business” delle imprese bancarie, ma
anche che lo scopo dei servizi doveva essere quello di far diventare più desiderabili e
fruibili i classici prodotti di impiego e di raccolta.
Negli anni più recenti, a seguito della contrazione del margine di interesse, invece, lo
sviluppo dei servizi bancari ad elevato valore aggiunto è divenuto il punto centrale delle
strategie aziendali elaborate dalle banche italiane per recuperare redditività ed efficienza
e ridurre il peso del margine di interesse sul margine di intermediazione complessivo.
28
29
Quanto affermato viene suffragato dai dati quantitativi che possono essere desunti dalla
tavola 2.
Tali dati, infatti, mostrano come fin quasi alla fine dello scorso decennio il margine di
intermediazione complessivo sia stato, in larga parte, ottenuto attraverso i risultati
25
Il risultato netto di tale attività scaturisce dalla differenza tra i prezzi di vendita e di acquisto negoziati
sui mercati e, in parte, dalla differenza tra i prezzi ai quali i portafogli titoli, valute e derivati sono valutati
a fine esercizio e i relativi prezzi di carico.
26
I ricavi netti sui servizi alla clientela sono dati dal “saldo tra commissioni e provvigioni attive e
passive” ottenute nelle attività di intermediazione (collocamento, custodia e amministrazione titoli), di
investimento (gestioni patrimoniali) e di pagamento (operazioni di incasso e pagamento).
27
I ricavi netti da altre operazioni di natura finanziaria sono costituiti, tra l’altro, dagli “interessi,
dividendi e gli altri proventi sulle azioni e sulle partecipazioni, le commissioni su crediti di firma e il
risultato dell’attività di merchant banking”. Si veda Banca d’Italia, Relazione annuale, cit., Appendice,
pag. 276
28
Cfr. RESTI A., (a cura di), La sfida della redditività bancaria, Il Mulino, Bologna, 1997, pag. 79.
29
Si veda Banca d’Italia, Considerazioni finali del Governatore, anno ‘99, pag. 15.
11
provenienti dalla gestione denaro e come, viceversa, l’aggregato “altri ricavi netti”
abbia contribuito in modo molto limitato alla redditività lorda.
Tavola 2 - Composizione percentuale del margine di intermediazione complessivo
(1981-2001)
Anno MI(% Mint) RN(% Mint) TOT Mint (mld) Mint (mil.Euro)
1981 74,19% 25,81% 100% 21.064 -
1982 73,21% 26,79% 100% 24.088 -
1983 73,88% 26,12% 100% 26.995 -
1984 72,91% 27,09% 100% 31.274 -
1985 70,74% 29,26% 100% 35.626 -
1986 71,55% 28,45% 100% 41.570 -
1987 73,52% 26,48% 100% 41.824 -
1988 73,48% 26,52% 100% 47.121 -
1989 75,19% 24,81% 100% 50.941 -
1990 75,17% 24,83% 100% 58.620 -
1991 76,46% 23,54% 100% 71.918 -
1992 82,04% 17,96% 100% 79.331 -
1993 71,62% 28,38% 100% 91.074 -
1994 74,07% 25,93% 100% 81.217 -
1995 75,73% 24,27% 100% 85.932 -
1996 71,61% 28,39% 100% 96.932 -
1997 68,04% 31,96% 100% 96.880 -
1998 60,55% 39,45% 100% 108.027 -
1999 55,03% 44.97% 100% 112.311 58.004
2000 52,25% 47,75% 100% 127.477 65.836
2001 52.30% 47.70% 100% 134.733 69.584
MI = Margine di interesse
RN = Altri ricavi netti
Mint = Margine di intermediazione complessivo
Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale, anni vari.
A partire dalla seconda metà degli anni 90 il contributo di quest’ultimo aggregato è
divenuto via via sempre più importante, con una dinamica che ha rivelato un trend
crescente della componente dei servizi stricto sensu (soprattutto operazioni di incasso e
12
pagamento, servizi di risparmio gestito e collocamento dei fondi comuni di
investimento) e una sostanziale volatilità di quella costituita dai ricavi netti provenienti
dall’attività di negoziazione (tavola 3).
30
Tavola 3 - Dinamica dell’aggregato “altri ricavi netti” (in miliardi di lire)
Anno 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001
Altri ricavi netti
20.796 27.515 30.959 42.615 50.505 60.866 64.262
di cui: negoziazione
6.081 10.207 8.584 9.778 5.739 4.960 4724
di cui: servizi
6.596 7.603 11.682 18.853 23.179 28.131 24.706
Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale, anno vari.
Nel corso del 1999 la riduzione del margine di interesse e quella dei proventi derivanti
dall’attività di negoziazione, determinata dalla flessione dei corsi obbligazionari
registratasi nella seconda metà dell’anno, è stata compensata dall’incremento dei ricavi
da servizi e da operazioni finanziarie.
In particolare, la crescita dei ricavi netti da servizi è stata messa a segno grazie al
rilevante contributo delle attività connesse con la gestione professionale del risparmio.
31
Nel 2000, alla ripresa del margine di interesse, si è affiancata un’ulteriore forte crescita
degli altri ricavi saliti del 20,4%, beneficiando anche della rilevante espansione dei
proventi derivanti dalle altre attività finanziarie
32
33
.
30
Cfr. CAPPIELLO A., FERRETTI P., I ricavi da servizi nel rinnovato quadro operativo dell’equilibrio
bancario, art. cit., pag. 520-521.
31
I ricavi provenienti dalle gestioni patrimoniali sono cresciuti del 36,2%, toccando i 2.500 miliardi; le
commissioni ottenute per il collocamento e la distribuzione di valori mobiliari, tra cui le quote dei fondi
comuni di investimento, sono aumentate del 32%, a 8.500 miliardi; le provvigioni provenienti dall’attività
di custodia e amministrazione di titoli hanno fatto registrare un incremento del 46,2%, attestandosi a
quota 1.500 miliardi; le commissioni da negoziazione di titoli e da raccolta ordini, invece, pari a 2.600
miliardi, riconducibili, almeno parzialmente, a operazioni con società di gestione, hanno subito una
contrazione del 16,5%. Anche i proventi provenienti da operazioni finanziarie sono cresciuti
considerevolmente. Vi hanno concorso i dividendi percepiti su partecipazioni bancarie, saliti da 1.700 a
4.500 miliardi di lire. Si veda Banca d’Italia, Relazione annuale, anno 99, pag. 246.
32
Esse hanno generato ricavi netti per 18.000 miliardi di lire (9,3 miliardi di euro), il 34,7% in più
rispetto al 1999. L’incremento è attribuibile, principalmente, all’aumento dei dividendi su azioni e
partecipazioni, cresciuti del 42,6%, a circa 16.450 miliardi (8,5 miliardi di euro). I dividendi derivano per
metà dalle partecipazioni in altre banche.
33
I proventi netti rinvenienti dall’attività di negoziazione di titoli e valute hanno subito una contrazione
del 14,7% rispetto all’anno precedente. I ricavi da servizi, derivanti in gran parte dall’attività di gestione
del risparmio, sono cresciuti del 21,4%, in leggera flessione rispetto al 1999. La turbolenza dei mercati
azionari, nel 2000, e la riduzione della raccolta dei fondi comuni hanno avuto effetti limitati, nel
complesso dell’anno, sui proventi derivanti dall’attività di collocamento e di gestione di titoli per conto
terzi. Le commissioni relative al collocamento di valori mobiliari hanno raggiunto gli 11.600 di lire (6
miliardi di euro), con un incremento del 9,9% tra il primo e il secondo semestre dell’anno. I ricavi delle