Karina Picone Scuola ed immigrazione
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Karina Picone Scuola ed immigrazione
Introduzione
Possiamo dire che in Italia è stato raggiunto un discreto livello di conoscenza in
generale del fenomeno, a patire degli anni Settanta (anni in cui incominciano ad
arrivare i primi immigrati), quando si incomincia a parlare d'immigrazione e ad
interrogarsi anche se in maniera sporadica, sui problemi degli immigrati.
Nel passato, l'accoglienza di queste persone è stata avviata in un'ottica
meramente emergenziale, portando avanti solo interventi segreganti verso i più
deboli, interventi incapaci di favorire l'emancipazione. Questa attenzione ai soli
bisogni elementari di sopravvivenza è stata praticata specialmente attraverso dei
centri per la prima accoglienza, senza farsi carico della seconda accoglienza e dei
percorsi di inserimento duraturo; non si è trattato solo di politiche inadeguate ma
anche di una mentalità diffusa caratterizzata del rifiuto della solidarietà, la quale ha
portato a ridimensionare gli aspetti e gli interventi assistenziali.
Negli ultimi anni l'immigrazione si è caratterizzata per un processo di
sedentarizzazione che esige delle risposte ai problemi sorti attraverso la necessità
crescente di servizi socio-educativi e al contempo della necessità di supporti
culturali e relazionali.
Più l'immigrazione è diventata stabile più si è evidenziata l'urgenza di rispondere a
problemi abitativi, alla richiesta di servizi sociali, sanitari ed educativi, al bisogno
diffuso di luoghi di aggregazione, cultura e tempo libero.
Specialmente per quanto riguarda i figli degli immigrati, non basta, non basta
accogliere i nuovi ragazzi come allievi in classe se poi restano stranieri in città.
Quando nel dossier statistico di Caritas -Migrantes (edizione 2006), si legge:
”L'immigrazione è un fenomeno di cui tutti devono farsi carico”, oppure nel testo di
Fernando Rotondo intitolato Percorsi Interculturali: “Aspettavamo, chiedevamo
braccia e sono arrivati uomini e donne”, forse è il caso di pensare che non è
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soltanto doveroso ma anche possibile, liberarsi dell'attuale modello culturale
individualista ed egocentrico e tentare di recuperare i valori fondanti di qualunque
società, valori come quello della solidarietà e contemporaneamente incominciare
ad avere sempre più una presa di coscienza collettiva.
Infatti è solo rendendosi consapevolmente partecipi di questa situazione che si
comprende l'importanza di come la difesa della dignità della persona è un obiettivo
che ci accomuna, a prescindere dalle singole idealità e dai livelli di responsabilità
occupati da ciascuno di noi.
Allora prepariamoci, prepariamo i bambini, educhiamoli a questa nuova società.
Prepariamoci all'arrivo di lavoratori, di colf, di badanti, operai, di ragazzi, ma anche
di affetti, storie, lingue, emozioni nuove.
Tra giovani di diverso colore e cultura nasce un immaginario sociale comune fatto
di sport, di musica, di cinema, una “koinè “ di parole, gesti, costumi , gusti e
comportamenti.
Significative, a questo proposito, sono le parole di Bertin:
“Non lasciarti soffocare dalle cose e dagli eventi, non lasciarti sommergere dal
gioco della casualità, dalle pressioni esterne e neppure da te stesso, da te
bisognoso, da te desiderante; non subire la tua vita, ma rendila oggetto di un
processo di costruzione e pertanto progettata, nell'ambito del rapporto dialettico
collettività-individualità, rifiutando di adattarti più o meno rassegnatamente alla
necessità che ti vincola da ogni parte. Hai a tua disposizione risorse che puoi
affinare e potenziare: sensibilità, immaginazione, intelligenza. Utilizzale
creativamente (costruttivamente): col loro concorso puoi avventurarti non
illusoriamente né velleitariamente nelle strade del possibile. (G. M. Bertin, dalla
relazione al 15° Congresso Nazionale dell'Associazione Pedagogica Italiana,
Siena, 1981, sul tema : Creatività ed educazione)”.
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PARTE I
QUESTIONI GENERALI
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CAPITOLO 1
Il fenomeno migratorio. Linee Generali
1.1 La storia dell’uomo: una storia di migrazioni
e migrazioni sono un fenomeno antico come l’umanità, tanto che si può
affermare che, gli uomini sono una specie migratoria. ( Massey 1998, 3) .L
Osserva, Antonio Golini: ”Le migrazioni hanno assicurato all’umanità una delle
caratteristiche che la rendono unica o quasi fra le specie viventi, è cioè di essersi
diffusa su tutta la terra e di sopravvivere da così lungo tempo. Aggiunge l’autore:
se gli esseri umani non si fossero spostati e mescolati fra di loro, probabilmente si
sarebbero evoluti in specie diverse”.
Fin dai primi tempi, la storia dell’uomo è stata dunque una storia di migrazioni.
Prima di divenire relativamente sedentaria, l’umanità è stata nomade, impegnata
in incessanti spostamenti dovuti alla necessità di trovare nuove risorse e nuovi
spazi per vivere; fin dall’antichità, così come ai giorni nostri, flussi di rifugiati (talora
veri e propri esodi), sono la frequente conseguenza di guerre, scontri etnici, fughe
da regimi non democratici, oltre che da carestie e/o gravi disastri naturali.
In epoca contemporanea, spesso, questi enormi flussi, a causa di contiguità
geografica, si dirigono in paesi altrettanto poveri del mondo, aggravando
condizioni economiche già miserevoli. Per citare un esempio: il caso degli scontri
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etnici in Ruanda e in Kosovo. Solo in casi circoscritti e in misura ridotta, i flussi
migratori di rifugiati si dirigono verso i paesi ricchi del Nord del mondo.
Nonostante l’insorgenza di rilevanti flussi di rifugiati per cause belliche o politiche,
come pure di migranti per ragione di ricongiungimento familiare, la figura centrale
dei fenomeni migratori è stata storicamente, e rimane ancora, quella del lavoratore
che attraversa le frontiere per cercare un'occupazione all’estero .
Gli esempi storici ci mostrano che se i trasferimenti da un territorio all’altro di
singoli individui, di gruppi, di intere popolazioni sono fenomeni ricorrenti nella
storia dell’uomo, non è agevole definire con precisione chi siano gli immigrati. La
definizione di immigrato varia a seconda dei sistemi giuridici, delle vicende
storiche, delle contingenze politiche. Fenomeni come la dissoluzione degli imperi
coloniali, l’immigrazione di ritorno dei discendenti di antichi emigranti, gli
spostamenti di rifugiati e perseguitati, la nascita di seconde e terze generazioni, i
matrimoni misti, impongono continue ridefinizioni dei confini tra cittadini nazionali e
immigranti stranieri, dando luogo, tra l’altro, a soluzioni giuridiche differenti tra un
paese e l’altro.
Migrante è tanto colui che si sposta all’estero, quanto quello che si muove
all’interno del proprio paese, e anzi le migrazioni interne spostano ingentissime
masse di persone. Per fare due esempi rappresentativi: 100 milioni di cinesi si
sono trasferiti dall’interno del paese verso le regioni costiere, dove si evidenzia un
netto Boom economico, e in Italia, dal 1951 al 1971, due milioni di persone si sono
trasferiti dal sud verso il centro-nord del paese.
Le migrazioni vanno inquadrate anche come processi, in quanto dotate di una
dinamica evolutiva che comporta una serie di adattamenti e di modificazioni nel
tempo, e come sistemi di relazioni che riguardano le aree di partenza e quelle di
destinazione, coinvolgendo una pluralità di attori e di istituzioni (le autorità del
paese di origine e di destinazione, quelle dei paesi attraversati, i sistemi normativi
che regolamentano gli spostamenti, ecc).
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Già nella metà dell’Ottocento, grandi scambi di popolazioni, legati allo sviluppo
della industrializzazione, avvenivano in Europa, fra le regioni più depresse e quelle
come Francia e Germania, in cui il processo di industrializzazione era partito prima
e si era già rafforzato. Sempre tra il 1840 e il 1910 erano cominciate le migrazioni
dall’Europa e da alcuni paesi dell’Asia, come la Cina, verso le Americhe.
Ad esempio, oltre 14 milioni di italiani, in media 360.000 all'anno, sono emigrati
verso le Americhe e l’Europa del Nord. Le migrazioni in quel periodo erano in
grado di offrire un contributo decisivo al ristabilimento degli equilibri demografico-
economici, riuscendo a scaricare dall’Europa fino al 20% del surplus demografico
annuale.
Se guardiamo il fenomeno migratorio nel suo insieme, possiamo segnalare i
principali eventi politici o storici che hanno influenzato in modo significativo i flussi
migratori, nelle seguenti fasi o periodi:
- Periodo dello sviluppo industriale e della grande emigrazione: che si estende dal
1830 per i paesi anglosassoni e nordeuropei e per l’Italia dal 1880 circa, fino alla
prima guerra mondiale.
Periodo tra le due guerre: in cui espulsioni, esodo di profughi si accompagnano a
nuove richieste di manodopera per compensare i vuoti lasciati dalle perdite
belliche. A partire degli anni Venti, la costituzione dell’Ufficio Internazionale del
lavoro permise la regolamentazione delle migrazioni attraverso i trattati
internazionali, permettendo un primo riconoscimento dei diritti dei migranti nella
legislazione internazionale del lavoro. Dagli anni ’20 fino alla crisi degli anni
Trenta, ci fu una forte diminuzione dei movimenti migratori. In Italia le migrazioni
vennero bloccate dal fascismo.
- Periodo della ricostruzione: dal 1945 ai primi anni Cinquanta, si vede il rilancio
dei movimenti migratori dopo gli sconvolgimenti bellici.. Masse di lavoratori italiani
si spostano verso la Francia e la Svizzera.
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