Premessa Promuovere competenze collaborative, legami cooperativi, senso d’appartenenza ad
una comunità (il gruppo classe, la scuola, il paese...) sono obiettivi formativi a mio avviso
di grande importanza soprattutto in un’epoca in cui le possibilità per i bambini e i ragazzi di
costruire legami personali e sociali significativi in contesti non strutturati sono state
drasticamente ridotte per diverse ragioni reciprocamente correlate: il tempo lavorativo dei
genitori, la marcata urbanizzazione del territorio, la crescente diffidenza verso gli altri e la
disponibilità di strumenti quali TV, computer, playstation... hanno contribuito a costruire
uno scenario di quotidiano isolamento, di difficoltà relazionale, di personalità spesso
fortemente autocentrate.
Chi, come me, insegna da più di quindici anni ha potuto notare un progressivo
indebolimento delle cosiddette social skills con conseguenze significative anche sul piano
generale degli apprendimenti.
La sfida che sta alla base di alcuni progetti avviati nel nostro circolo didattico è quella di
creare dei contesti motivanti utilizzando alcuni strumenti messi a disposizione dalla
tecnologia e dal web 2.0 per rilanciare l’importanza di un pensare/agire/sentire condiviso.
Nello specifico gli obiettivi formativi che ci siamo proposti possono essere declinati
come segue:
Promuovere identità:
• dialogiche, disponibili al confronto, alla conoscenza, all'attenzione, all’ascolto
• capaci di mettere a disposizione degli altri conoscenze, competenze socio-affettive
nel lavorare insieme rispettando le regole
• orientate a sviluppare atteggiamenti collaborativi e progettualità condivise
• in grado di conoscere ed esprimere sentimenti, emozioni e il proprio stato d’animo
• sempre più autonome e capaci di affrontare in maniera critica e responsabile le
proprie scelte
Nella consapevolezza che a sostegno delle nostre proposte deve necessariamente
esserci anche il coinvolgimento del mondo adulto (genitori ed insegnanti) ulteriori obiettivi
vengono ad essere:
• rafforzare le dinamiche relazionali tra gli alunni e tutti gli insegnanti per quanto riguarda
gli insegnanti, promuovere una più stretta collaborazione al di fuori della propria equipe
• coinvolgere le famiglie nell’interazione con il mondo scolastico vissuto dai propri figli 2
• sviluppare nei genitori e nella comunità un senso di appartenenza alla scuola e
viceversa
• promuovere negli alunni e negli insegnanti il senso di appartenenza alla comunità
attraverso la condivisione di alcuni momenti Nelle pagine seguenti, dopo una riflessione sintetica sulle sfide che la modernità lancia
alla scuola e una breve analisi in chiave pedagogica dell'universo denominato WEB 2.0
verranno presentate alcune esperienze realizzate nel Circolo Didattico dove insegno.
Consapevole che, co me scriveva McLuhan (1999), il medium è il messaggio 1
, cerch erò di
esplicitare le ragioni delle scelte effettuate sia dal punto di vista pedagogico che didattico,
senza peraltro tralasciare alcuni aspetti organizzativi che talvolta hanno inciso nelle
decisioni prese. Per ogni esperienza riportata cercherò inoltre di valutare la coerenza tra
obiettivi formativi e risultati ottenuti.
A conclusione di quanto precedentemente es posto proverò a tracciare il senso che
potrebbe assumere l'educazione mediale all'interno dei processi di
insegnamento/apprendimento qualora vi fosse una sinergia di investimenti in grado di far
mutare la vision che il sistema scolastico ha nella formazione delle future generazioni.
1 E' quindi introduzione di mutamenti negli schemi, nei ritmi, nelle percezioni con cui affrontiamo e interpretiamo il
nostro rapporto con il mondo. Credere nella neutralità della tecnologia significa esserne dominati.
3
1. Le tecnologie nella prassi didattica 1.1 Scuola e ITC, un rapporto difficile eppure necessario Proprio le tecnologie digitali sono le principali accusate di aver “sedentarizzato” e isolato
i ragazzi e i bambini, di averli catturati in un mondo virtuale distante ed estraneo al mondo
reale, dove esistono magari grandi sfide da giocarsi però da soli, dove predominano la
velocità e la competizione. Anche se è semplicistico riassumere in questi termini l’universo
digitale a disposizione nella maggioranza delle famiglie, è pur vero che spesso i bambini e
i ragazzini a questa realtà fanno riferimento in quanto i giochi più commercializzati, più
famosi, più utilizzati dagli adulti rispondono ancora a queste caratteristiche.
Perché allora anche la scuola dovrebbe incentivare l’utilizzo delle tecnologie digitali?
La risposta più semplice sarebbe che abbiamo, come insegnanti, anche il dovere di
promuovere competenze in questo campo, dato che sempre più saranno indispensabili
per il futuro professionale e personale, ma oltre ad essere banale è una risposta che a mio
parere non tocca il cuore del problema.
Le tecnologie digitali sono uno strumento, uno strumento potente per certi versi 2
, e
come tale sempre più offrono alternative all’utilizzo passivo che di solito ha caratterizzato il
rapporto con i media da parte delle generazioni precedenti, cresciute all'interno di una
sorta di “dipendenza televisiva” e che ne influenza tuttora la loro interpretazione. Utilizzo
passivo che, sommato ad altri tratti peculiari della nostra società 3
sembra contribuire fin
dalla prima infanzia a crescere dei bambini perfettamente in grado di partecipare al gioco
del consumo così come lo descrive Bauman (2007, p.93): “Lo scopo del gioco del
consumo non è tanto la voglia di acquisire e di possedere, né di accumulare ricchezze in
senso materiale, tangibile, quanto l'eccitazione per sensazioni nuove, mai sperimentate
prima. I consumatori sono prima di tutto raccoglitori di sensazioni: sono collezionisti di
cose solo in un senso secondario e derivato”. Anche come insegnanti ci stiamo
accorgendo prepotentemente di questo esperire effimero, transitorio, che accorcia i tempi
di attenzione, che ci costringe talvolta a diventare showman nella speranza di riuscire a
coinvolgere gli alunni durante una lezione. Utilizzare le nuove tecnologie per portare novità
2 Forse sarebbe più corretto utilizzare il termine artefatto come suggerirebbe la psicologia culturale, ma ciò
comporterebbe aprire un ulteriore spazio di approfondimento.
3 Sarebbe interessante aprire una parentesi per riflettere sulla qualità del tempo, ad esempio, che sempre più è un
tempo veloce, dell'attenzione superficiale, spesso scandito, strutturato, finalizzato mentre il tempo dell'ascolto, della
comprensione, dell'incontro, del sapersi meravigliare (e non solo stupire) sono tempi residuali, apparentemente in
disuso.
4
all'interno delle routine scolastiche è indubbiamente una scelta motivante per gli alunni,
ma la loro introduzione assume diverse sfaccettature e connotazioni a seconda di come
esse entrano a far parte della vision complessiva dell'educatore.
Se focalizziamo l'attenzione all'ambito ristretto dell'utilizzo delle nuove tecnologie nella
prassi didattica mi pare possano essere rintracciati tre approcci principali :
• come una tantum, diversivo, premio speciale. Questa modalità di introdurre le tecnologie
a mio avviso rispecchia una logica “vecchia”, che dimostra l'estraneità dell'adulto dalla
comprensione delle trasformazioni socioculturali avvenute nell'arco di pochi anni. Il loro
utilizzo è una concessione e il giudizio di fondo resta negativo; potremmo dire che le
nuove tecnologie vengono vissute come veicoli di valori antitetici a quelli della scuola e
che dunque debbano essere usate con parsimonia e diffidenza. Non a caso infatti
spesso le “concessioni” si limitano alla visione di qualche video e, se va bene, all'utilizzo
di computer in compiti di videoscrittura, due proposte che riflettono abbastanza
chiaramente la condizione di immigrati digitali (Prensky, 2001) di molti docenti;
• come strumenti ai quali si riconosce un potere catturante ma senza indagare troppo sui
motivi di questo potere o forse semplicemente attribuendolo alla progressiva
tecnologizzazione della società: i bambini/ragazzini ne sono attratti perché il mondo che
li circonda ne fa un uso massiccio. In questa prospettiva il loro utilizzo da parte dei
docenti appare più un mero adeguarsi ai tempi che non una scelta consapevole. Si
intuisce che il loro linguaggio è in qualche modo più adeguato alle nuove generazioni,
ma si tende ad interpretare questa affinità all'interno di un paradigma che vede ancora
l'uomo separato dalla tecnologia;
• come medium intrinsecamente dotati di caratteristiche davvero peculiari in quanto
consentono esperienze multisensoriali e multimodali che offrono possibilità di
“comunicazione innovativa, esplorativa e creativa” (Morcellini e Cortoni, 2007, p.64); c'è
in questa prospettiva la consapevolezza che proprio il fatto di “consentire esperienze”
colloca le attività ad essi legate nell'ambito di una conoscenza piacevole, attiva,
autentica, situata. Aspetti questi sottolineati come fondamentali in tutte le teorie
pedagogiche che contribuiscono a costituire la cornice dei documenti di indirizzo 4
a cui
la scuola dovrebbe far riferimento nella progettazione delle proprie strategie educative e
pratiche didattiche.
4 A partire dai Nuovi Programmi per la scuola elementare (D.P.R. Del 1985) fino ad arrivare alle Indicazioni per il
curricolo del 2007.
5
Quest'ultima chiave di lettura del rapporto educazione/didattica/tecnologie oltre a fornire
alcune ragioni del loro potere coinvolgente e mettere in discussione l'assunto
“tecnologie=passività”, apre anche la strada per un loro utilizzo ragionato, insieme critico e
creativo. Sollecita altresì una riflessione più ampia che ha alla base la seguente
considerazione: se l'esperienza viene considerata come il motore principale
dell'apprendimento 5
(e apprendere significa anche acquisire nuovi strumenti e modalità per
indagare, interpretare, rappresentare la realtà) e le nuove tecnologie sono “campi
esperenziali” in cui i ragazzini sono immersi fin dalla nascita, allora probabilmente i loro
stili di apprendimento ne sono stati influenzati. Accettare e cercare di indagare i motivi del
fascino delle nuove tecnologie sulle ultime generazioni di giovani è quindi un interrogarsi
su quanto le trasformazioni tecnologiche abbiano condizionato i processi di costruzione e
rappresentazione simbolica della realtà 6
per capire “in che modo il linguaggio mediale può
contribuire a rendere i ragazzi più competenti all'azione” 7
.
Nell'analisi dei trend ricavati dai rapporti ISTAT e CENSIS 2005 tra giovani e media,
Marcellini e Cortoni 8
rilevano come la televisione non abbia più lo stesso fascino sui
giovani di oggi come lo aveva sulla generazione precedente e ipotizzano che questo sia
dovuto al fatto che la TV sia ormai simbolo della tradizione: i giovani di oggi tendono a
privilegiare strumenti differenti, più interattivi e in grado di portarli su territori maggiormente
in grado di rispondere alle loro istanze identitarie, esplorative, di socializzazione, di
partecipazione, di appartenenza. Questo forse non è immediatamente evidente nei
bambini che frequentano la scuola primaria, ma lo è non appena volgiamo la nostra
attenzione ai ragazzini appena un po' più grandi: cellulari, iPod e strumenti del social
network sono parte integrante del loro sistema mentale come, per riprendere un esempio
di Bateson (1987, p.477), un bastone lo è per una persona cieca quando è in cammino 9
. E
la ricerca nell'ambito di quel contesto definito come AmI, ovvero Ambient Intelligence, che
ha come intento proprio quello di rendere i confini tra uomo e tecnologia sempre meno
percepibili 10
, ci conferma che questa è la direzione in cui dobbiamo guardare se vogliamo
5 Da Dewey in poi tutte le teorie pedagogiche, pur con diversi accenti, hanno dato importanza centrale al ruolo attivo
del soggetto nei processi di apprendimento.
6 Si veda a proposito Morcellini e Cortoni, 2007, capitolo 3
7 Ivi , p.64
8 Ivi , p.75
9 L'esempio si inserisce nel contesto di un ragionamento che porta Bateson ad indagare i possibili confini della mente
individuale e alla conclusione che essa, interpretata secondo l'epistemologia cibernetica, “è immanente non solo nel
corpo, ma anche in tutti i canali e messaggi esterni al corpo”. (Ivi, p.479)
10 “The vision of Ambient Intelligence (AmI) is a society based on unobtrusive, often invisible interactions amongst
people and computer-based services in a global computing environment. Services in AmI will be ubiquitous in that
there will be no specific bearer or provider but, instead, they will be associated with a variety of objects and devices
in the environment, which will not bear any resemblance to computers. People will interact with these services
6