PREMESSA
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E’ stata infine eseguita un’analisi micrografica e frattografica dei campioni testati per
rivelare le forme di danneggiamento intervenute.
Infine i principali risultati del lavoro svolto sono riassunti nel capitolo 6 con relative
conclusioni al capitolo seguente.
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Capitolo 1
SCORRIMENTO VISCOSO NEI METALLI
1.1: INTRODUZIONE
Questo fenomeno, di particolare interesse nell’impiego di materiali metallici alle alte
temperature, é diventato sempre più studiato con l’aumento delle temperature di
esercizio negli impieghi presenti nell’industria chimica, petrolchimica, aeronautica...
L’industrializzazione e l’introduzione dei generatori di vapore, destinati ad operare per
lungo tempo in condizioni di temperatura medio-alta, hanno messo in luce come nelle
leghe metalliche è possibile avere deformazione plastica continuata sotto l’effetto
combinato di elevata temperatura e sollecitazione, che può condurre i componenti a
rottura in tempi finiti.
Questo fenomeno, che viene generalmente chiamato scorrimento viscoso a caldo, o
creep, ed assume importanza ingegneristica a temperature superiori a 0.4 volte quella
assoluta di fusione della massa metallica, caratterizza la scelta dei materiali ed i criteri
di progettazione dei componenti operanti in tali condizioni.
Ad elevata temperatura il materiale può contemporaneamente essere soggetto anche ad
altri fenomeni, sia di tipo meccanico (cioè legati ad uno stato di sollecitazione, come
ad esempio la fatica), che chimico (ad esempio l’ossidazione) o microstrutturale
(meccanismi di precipitazione, solubilizzazione di particelle presenti nella matrice).
In generale la compresenza di tali fenomeni anticipa il cedimento finale dei
componenti in esercizio.
L’analisi dell’interazione tra scorrimento viscoso e fatica o corrosione non verrà presa
in considerazione nel corso del presente lavoro; concentrandosi dunque sul solo
scorrimento viscoso, ne verranno esaminati in seguito i principali aspetti fondamentali,
considerando inoltre il possibile effetto di modificazioni microstrutturali
SCORRIMENTO VISCOSO NEI METALLI
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1.2: DEFINIZIONE DI CREEP
Lo scorrimento viscoso, con terminologia anglosassone CREEP, é un fenomeno che
porta alla lenta deformazione di un materiale sottoposto ad uno stato di sforzo
(uniassiale o multiassiale, variabile o costante) che si verifica per temperature superiori
a 0.3-0.4 T
f
(temperatura di fusione del materiale espressa in K ). La deformazione
dipende dal tempo t oltre che dalla temperatura Τ e dalla sollecitazione applicata ς. Si
può dunque scrivere Η= Η( ς, Τ,t).
Le prove a scorrimento viscoso si conducono generalmente mantenendo temperatura Τ
e carico monoassiale o sforzo monoassiale ς costanti. In queste condizioni Η= Η(t) ς, Τ.
Le caratteristiche di scorrimento viscoso di un materiale vengono indicate mediante un
grafico del tipo di quello illustrato in figura 1.1, nel quale la deformazione Η viene
espressa in funzione del tempo di prova t.
SCORRIMENTO VISCOSO NEI METALLI
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Figura 1.1 : Schematizzazione di una curva di scorrimento viscoso e corrispondente
andamento temporale della velocità di deformazione.
Tali diagrammi evidenziano generalmente tre fasi che seguono la deformazione
istantanea Η
0
(somma di una parte elastica Η
0e
e di una plastica Η
0p
):
Una fase primaria (I), detta creep primario, caratterizzata da una velocità di
deformazione decrescente; nel tempo il materiale si deforma con velocità che
diminuisce col tempo fino ad un valore costante che caratterizza la fase successiva.
Una fase secondaria (II), detta creep secondario, caratterizzata da un valore di
velocità di deformazione (d Η/dt) minima e costante, dando generalmente luogo ad
una considerevole deformazione del materiale. Al termine di tale stadio la velocità
di deformazione tende nuovamente ad aumentare.
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Una fase terziaria (III), detta creep terziario, con deformazioni molto rapide
(l’allungamento percentuale cresce sempre più rapidamente nel tempo) fino a
portare a rottura il provino. Questo periodo può essere ricollegabile sia ad una
riduzione della sezione resistente (a livello macroscopico o microscopico) che a
fenomeni di addolcimento.
In una fissata condizione di prova, con sollecitazione iniziale ς
0
e temperatura T, le
caratteristiche a creep di un materiale vengono spesso riassunte attraverso il tempo a
rottura t
r
, la deformazione
Η
r
ad esso corrispondente e la velocità di deformazione
nella fase secondaria, indicata anche come resistenza creep.
La minima velocità di creep corrisponde alla velocità di creep dello stadio stazionario:
se questo manca, ciò può verificarsi ad esempio ad alti livelli di sollecitazione, oppure
in particolari materiali l’analisi dei dati della minima velocità di creep non aiuta
nell’identificazione del meccanismo di creep.
L’osservazione di un ben definito stadio di creep stazionario dipende dall’inizio del
terzo stadio. Per esempio, se il terzo stadio parte prima della fine del primo stadio, la
minima velocità di creep risulta essere la somma algebrica delle velocità del primo e
terzo stadio.
Aumentando lo sforzo, l’ampiezza delle tre fasi diminuisce (figura 1.2). Dalla figura si
osserva inoltre una deformazione istantanea iniziale Η
0
, che, pur non potendosi
considerare un vero e proprio scorrimento, é importante in quanto può costituire una
considerevole frazione della deformazione totale ammissibile. Questa deformazione
iniziale può essere o totalmente elastica e cioè recuperabile con la rimozione del
carico, oppure in parte elastica ed in parte plastica, e quindi non recuperabile.
A temperature intermedie e per sforzi elevati si hanno ancora le tre fasi (figura 1.3),
mentre per piccoli valori di sforzo scompare la terza fase e la deformazione, dopo il
creep primario (che può essere molto lungo), aumenta linearmente nel tempo.
Infine la terza fase è quasi sempre assente, alle basse temperature (figura 1.4).
La “bassa temperatura” dipende dal materiale considerato ed è legata alla temperatura
assoluta di fusione del materiale. Alle basse temperature il creep é caratterizzato da
una sempre più lenta velocità di deformazione. Sia ad elevate che a basse temperature,
ad un aumento dello sforzo corrisponde una maggiore deformazione elastica iniziale.
SCORRIMENTO VISCOSO NEI METALLI
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Figura 1.2 : Andamento della deformazione in funzione del tempo per temperature
elevate.
Figura 1.3 : Andamento della deformazione in funzione del tempo per temperature
medie.
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Figura 1.4 : Andamento della deformazione in funzione del tempo per temperature
basse.
1.3: ASPETTI MACROSCOPICI E MICROSCOPICI DELLO
SCORRIMENTO VISCOSO
Da un punto di vista microscopico la deformazione che avviene durante lo scorrimento
viscoso a caldo è stata collegata ai fenomeni di movimento di dislocazioni e/o
diffusione di vacanze reticolari, i quali hanno luogo secondo diverse modalità.
Il contributo dei diversi meccanismi é funzione infatti sia della temperatura che del
tipo di sollecitazione. Di conseguenza, i materiali che meglio potranno resistere allo
scorrimento viscoso sono quelli nei quali tali fenomeni sono rallentati o impediti.
Il comportamento alle elevate temperature e quindi lo scorrimento viscoso, é
influenzato dalla composizione chimica del materiale e la resistenza ad esso aumenta
con l’aggiunta di particolari elementi (Cr, Mo, Ni...).
Inoltre si é studiato che la dispersione di fini particelle nella matrice metallica,
controllabili nel numero e nelle dimensioni, produce una maggiore resistenza allo
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scorrimento con, in abbinamento, un miglioramento del limite di sollecitazione a
rottura a temperature elevate.
Un altro fattore che influenza lo scorrimento viscoso é la dimensione del grano: la
resistenza é maggiore per materiali a grano cristallino grosso.
Si utilizzano quindi leghe per le quali la temperatura di esercizio è bassa rispetto a
quella di fusione, rafforzandole mediante uno o più dei seguenti meccanismi
microstrutturali: formazione di soluzione solide, presenza di carburi o altri precipitati,
di ossidi refrattari o altre particelle insolubili.
E’ necessario inoltre porre una particolare attenzione alla stabilità strutturale del
materiale al fine di controllare le variazioni deleterie per la sua resistenza.
A tale proposito sono state ricavate equazioni costitutive che esprimono legami tra
sollecitazione, deformazione, temperatura, velocità di deformazione per i vari
meccanismi di deformazione al creep, e questo ha portato ad un notevole sviluppo
nello studio del fenomeno e nella ricerca di nuovi materiali.
La scelta di un materiale, adatto al progetto che viene richiesto, costituisce un
problema di complessa soluzione e pretende la conoscenza di svariati fattori, quali le
condizioni operative e le proprietà dei diversi materiali.
Tra le proprietà richieste ai materiali per impieghi alle alte temperature non si trova
solo l’elevata resistenza al creep alle temperature di esercizio, ma sono da tenere
presenti anche:
ξ elevata resistenza alla fatica termica e meccanica;
ξ elevata resistenza agli shock termici;
ξ elevata stabilità strutturale (buone proprietà a rottura a lungo termine);
ξ resistenza alla cavitazione e all’erosione;
ξ resistenza alla corrosione a caldo e all’ossidazione;
ξ facilità di produzione e saldabilità;
ξ resistenza alla rottura a breve termine;
ξ resistenza alle deformazioni;
Per quanto riguarda le condizioni operative, bisogna tenere presente:
ξ ciclo di temperatura in esercizio (variazione di T);
ξ il carico di esercizio;
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ξ tipo di atmosfera e di condizioni corrosive;
ξ dimensione e forma del pezzo;
ξ ulteriori lavorazioni (meccaniche, saldatura...) sul pezzo;
ξ condizioni di usura.
La combinazione ottimale di tutte le proprietà non può essere ottenuta con una singola
lega, perciò si deve giungere ad un compromesso fra la composizione della lega e i
trattamenti termomeccanici. Si giunge alla fine ad un compromesso tra economicità e
facilità di approvvigionamento del materiale e aspetti tecnico-scientifici per la scelta
del materiale idoneo a quel tipo di impiego.
Si ottengono, per uno stesso materiale in colate differenti o in differenti pezzi di una
stessa colata, risultati diversi a causa dell’influenza della composizione chimica, della
tecnica di colata, dei tipi di lavorazione, della stessa forma dei pezzi e dunque della
differente velocità di raffreddamento.
1.4: ASPETTI MICROSTRUTTURALI DELLA DEFORMAZIONE PER
SCORRIMENTO VISCOSO
Le tre fasi, nelle quali il fenomeno di creep può essere suddiviso, sono legate, su scala
microscopica, a particolari modificazioni microstrutturali che nonostante partano dalla
deformazione di microstrutture stabili e dinamicamente equilibrate, in seguito
giungono a situazioni di degradazione che sono la causa del cedimento finale.
Di seguito si esaminerà le modalità secondo le quali avviene la deformazione di un
materiale e le alterazioni microstrutturali che essa comporta, riferendosi al caso di un
metallo puro policristallino, al comportamento di soluzioni solide e a materiali
metallici che presentano seconde fasi.
SCORRIMENTO VISCOSO NEI METALLI
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1.4.1: Meccanismi di deformazione in metalli puri policristallini
Le deformazioni del materiale sono conseguenze di complessi meccanismi che
avvengono a livello microstrutturale, quali per esempio movimenti di difetti reticolari.
Questi sono originati sia da variabili esterne quali temperatura e sollecitazioni, sia
dalle caratteristiche proprie del reticolo.
La fase di creep secondario ha una grossa importanza perché in essa si individua la
velocità di deformazione έ
s
(detta talvolta anche resistenza a creep del materiale), la
quale é indipendente dal tempo (in quanto si mantiene costante) e funzione solo delle
condizioni esterne ed interne ( Τ, ς).
I meccanismi di deformazione che si manifestano a temperature elevate sono:
ι plasticità ad elevata temperatura, con scorrimento (“dislocation glide”) o
scorrimento e salita di dislocazioni (“dislocation glide + dislocation climb”)
ι deformazione per diffusione di vacanze, sia a bordo grano che all’interno del
reticolo cristallino
E’ necessario ora due importanti osservazioni:
ξ per molti meccanismi la dipendenza della velocità di creep secondario ( d Η/dt= έ
s
sulla sollecitazione, ad una data temperatura, é espressa dalla relazione (detta
“Legge di Norton”) έ
s
% ς
n
dove B ed n sono delle costanti che dipendono dal
materiale e dalla temperatura. Per metalli puri ‘n’ varia da 4 a 5 e per le leghe in
soluzione solida ‘n’ ha un valore pari circa a 3. Nei materiali compositi, come si
vedrà più avanti, i valori di ‘n’ possono essere molto più elevati. I valori di ‘n’ sono
correlati con il meccanismo di deformazione: n=1 indica generalmente meccanismi
di tipo diffusivo, n=3-7 meccanismi di tipo dislocazionale. I vari meccanismi si
differenziano per la costante B e l’esponente n della potenza.
ξ nel caso operino più meccanismi contemporaneamente, la velocità di deformazione
totale può essere considerata come la somma di quelle dovute ai singoli
meccanismi. La massima di queste velocità può essere quella che caratterizza il
comportamento del materiale (se i meccanismi agiscono in maniera indipendente).
Il meccanismo che controlla il processo è invece il più lento e la sua velocità di
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deformazione è praticamente corrispondente a quella totale quando si tratta di
meccanismi che operano “in sequenza”.
¾ Meccanismi di tipo dislocazionale
Sono di due tipi, scorrimento e salita di dislocazioni e danno luogo al cosiddetto
dislocation creep.
Scorrimento di dislocazioni (dislocation glide): il materiale é soggetto ad una
sollecitazione molto inferiore a quella che provoca il collasso della struttura cristallina.
Il conseguente moto delle dislocazioni, che può essere impedito da ostacoli quali bordi
di grano o altre dislocazioni, porta ad una deformazione permanente.
Lo scorrimento di dislocazioni si manifesta generalmente a temperature inferiori a
0.5T
f
e a sollecitazioni superiori a quelle di snervamento.
La velocità di scorrimento è proporzionale alla forza per unità di lunghezza che agisce
sulla linea di dislocazione secondo un coefficiente detto mobilità delle dislocazioni, a
sua volta funzione della temperatura. Ne consegue la dipendenza della velocità di
deformazione dalla terza potenza della sollecitazione applicata.
Salita di dislocazioni (dislocation climb): questo movimento delle dislocazioni avviene
a temperature più elevate rispetto a quelle che determinavano la “dislocation glide” e
mediante la diffusione di vacanze verso il nucleo delle dislocazioni a spigolo, zona di
massima sollecitazione.
Come conseguenza gli atomi si spostano verso zone meno sollecitate ed il nucleo della
dislocazione si “sposta” nel reticolo cristallino.
La diffusione atomica, essenziale in questo meccanismo, può avere luogo sia
all’interno del reticolo cristallino, sia lungo il nucleo delle dislocazioni originando così
due diversi sotto-meccanismi. Questi due meccanismi di diffusione atomica, sono detti
rispettivamente “high temperature climb” (salita ad alta temperatura) e “low
temperature climb” (salita a bassa temperatura). Il primo avviene a temperature elevate
>0.6T
f
e a basse sollecitazioni: sperimentalmente si é ottenuto un esponente ‘n’ della
legge di potenza pari a 3 circa e la deformazione é controllata dalla diffusione nel
reticolo (lattice diffusion controlled).