2
guasto Ł tanto maggiore quanto piø alto Ł il livello all interno della gerarchia
dell entit danneggiata.
Sono stati fatti dei tentativi per lo sviluppo di architetture distribuite che
potessero condurre verso il raggiungimento di tali obiettivi.
I sistemi distribuiti offrono un architettura in cui decresce la centralizzazione e
la rigidit facendo cos accrescere la flessibilit dell impianto. Essi
supportano i sistemi produttivi decentralizzati anzichØ quelli centralizzati e
concorrenti piuttosto che sequenziali. La tecnologia degli agenti fornisce una
valida possibilit come architettura di controllo per affrontare tali problemi.
Una struttura multiagente rimpiazza i database centralizzati ed il sistema di
controllo con una rete di agenti con database locali e capacit di
comunicazione avanzate. Le performance del sistema si sviluppano
attraverso l interazione dinamica tra gli agenti.
Negli ultimi anni vi sono state numerose proposte per la progettazione di
nuovi sistemi di gestione della produzione di breve termine basati sul
paradigma degli agenti autonomi. I sistemi multiagente prevedono la
presenza di piø unit decisionali autonome, distribuite all interno dell impresa,
interagenti e cooperanti tra loro per garantire il raggiungimento dell obiettivo
globale del sistema.
Nelle condizioni di incertezza e complessit dei sistemi manifatturieri gli
interventi usuali sono sulla struttura organizzativa e sul sistema di controllo.
Le ricerche nell ambito dei sistemi di controllo sono state dirette verso i
sistemi distribuiti che riducono la gerarchia e la rigidit , e, l idea di
un architettura basata sull intelligenza artificiale distribuita sembra essere
attualmente la risposta piø appropriata per lo scheduling dinamico di task
industriali.
Sulla base di queste caratteristiche dell ambiente manifatturiero, nel capitolo
1 viene presentata una panoramica delle propriet delle varie architetture di
controllo, da quelle tradizionali (gerarchica e centralizzata) fino a quelle di
ultima generazione (agent-oriented) mettendo in risalto le capacit ed i limiti
di ognuna di esse in un ambiente turbolento.
Il capitolo 2 del presente lavoro tratta le caratteristiche dei sistemi
multiagente e, in particolare, una breve tassonomia per i sistemi di controllo
distribuito in termini di agente, comunicazione e cooperazione. E inoltre
posta in evidenza l importanza dell autonomia di un agente che Ł un concetto
relativo all ambiente applicativo in considerazione. Al termine del capitolo 2
viene introdotta l architettura eterarchica a mercato, che Ł stata
implementata, basata sul modello proposto da Lin e Solberg.
L assenza di una metodologia di progettazione concettuale standard ed
efficaci tecniche di modellazione per applicazioni su larga scala del
3
paradigma multiagente, nel capitolo 3 viene presentata la metodologia
adottata in questo lavoro di tesi. In questa metodologia sono rappresentate le
informazioni possedute dagli agenti, gli obiettivi che i singoli agenti cercano
di perseguire, le interazioni tra gli agenti (la cooperazione) e con l ambiente
circostante ed infine le azioni svolte dagli agenti ed il loro effetto in termini di
cambiamento di stato.
Nel capitolo 4 Ł presentato il problema aziendale su cui Ł stato applicato il
modello distribuito implementato. Nella parte iniziale di questo capitolo viene
presentata l azienda, la ACME 1, un produttore di calze sportive a
commessa, punto di riferimento del mercato nazionale ed estero della
calzetteria. Inoltre, oltre alla realt aziendale in cui la ACME 1 opera,
vengono presentate le varie fasi del processo produttivo mettendo in luce, in
particolare, la procedura di tessitura della calza. La seconda parte di questo
capitolo, tratta gli obiettivi che il lavoro di tesi cerca di raggiungere tramite
l applicazione di un architettura di controllo basata sugli agenti autonomi:
minimizzazione dei tempi di attrezzaggio delle macchine per la produzione
dei differenti articoli delle commesse da produrre.
Il capitolo 5 tratta l applicazione della metodologia (descritta nel capitolo 3)
all architettura eterarchica a mercato. In questo capitolo sono descritte tutte
le propriet , funzioni ed obiettivi di ciascun agente autonomo presente nel
sistema. Questo capitolo Ł proprio il progetto dell architettura, in quanto
vengono descritte le modalit di cooperazione ed interazione tra i differenti
agenti del sistema, gli obiettivi di ognuno di essi ed i cambiamenti di stato del
sistema come conseguenza delle loro azioni.
Nel capitolo 6 sono presentati i risultati del modello implementato. Svolte le
simulazioni necessarie con i dati sperimentali forniti dall azienda, l output del
sistema, che rappresenta una soluzione ottimale, Ł confrontato con il piano di
produzione dell azienda stessa, mettendo in evidenza il comportamento
dell architettura in funzione dei cambiamenti di stato del parco macchine.
Successivamente, viene presentato un caso di studio ricavato sempre
dall azienda ACME1, relativo ad un parco macchine di costituito da 23 unit
su un orizzonte temporale di pianificazione di 9 settimane. In questo seconda
caso di studio di dimensioni piø piccole rispetto al caso generale dell azienda
ACME 1, l output del sistema viene confrontato con i risultati di un modello
matematico che rappresenta la soluzione ottima di riferimento.
Il modello matematico utilizzato, essendo un modello di PLI, Ł in grado di
fornire la soluzione ottima in tempi accettabili solo nel caso di una
pianificazione della produzione in cui il numero di tipi di prodotti trattati non
sia superiore a 7. Pertanto i risultati della fase sperimentale hanno permesso
di individuare le regioni di applicabilit rispettivamente del modello
4
matematico e del modello euristico proposto. Si Ł evidenziato che a parit di
macchine utilizzate, se il numero di tipi di prodotto Ł superiore a 7, il modello
euristico Agent based proposto fornisce una soluzione ottimale peggiore solo
del 27% rispetto al valore ottimo della funzione obiettivo ma con un tempo di
calcolo dell ordine dei 50 minuti. Pertanto si pu concludere che il modello
proposto fornisce nei casi di inapplicabilit del modello matematico un valido
trade off tra tempo di calcolo e qualit della soluzione.
5
Capitolo 1
Classificazione delle Architetture di Controllo
1.1 Introduzione
I sistemi manifatturieri e la tecnologia associata si sono continuamente
evoluti negli ultimi anni. La rapida evoluzione tecnologica ed i cambiamenti
dell ambiente competitivo hanno considerevolmente mutato i sistemi
manifatturieri (vedi figura 1-1). Gli impianti delle industrie erano
prevalentemente manuali fino alla fine degli anni 60, quando furono introdotte
le macchine a controllo numerico, dove gli operatori umani seguivano
semplicemente delle regole di distribuzione con priorit per lo scheduling ed
il controllo della produzione. Il settore industriale era spinto principalmente
dalla massimizzazione della produzione, con conseguenti costi e capacit
determinati dalla disponibilit di capitale ed infrastrutture, che costituivano i
fattori competitivi del periodo del secondo dopo guerra.
1950 1960 1970 1980 1990 2000
&RPSHWLWLRQ
&RQWURO
$UFKLWHFWXUHV
6FKHGXOLQJ
H &RQWURO
&RQWURO
7HFKQRORJL\
6RIWZDUH
Centralized
IMSFMSRoboticsNCNNCManual
Capacity
Manual
Hierarchical Heterarchical
Cost
MRP MRP II
Automated
Scheduling
Integrated
Scheduling
e Control
Variety Quality JIT Flexibility
Functional
Programming
Structured
Programming
Object
Oriented
Distributed
Objects
Figura 1-1: Evoluzione del Manufacturing System
Cap.1 Classificazione delle Architetture di Controllo
6
Negli anni 70 i microprocessori iniziarono ad essere largamente usati per il
controllo numerico delle macchine (CNC: Computer Numerical Control). I
computers Mainframe erano usati per il Material Requirement Planning
(MRP) che erano usualmente utilizzati con un database centralizzato per il
controllo delle informazioni sulla produzione e sulle scorte. Tipicamente, i
sistemi MRP contenevano spesso un modulo scheduler master che aveva
come output uno scheduling della produzione annuale, ma che veniva
aggiornato mensilmente.
Verso la fine degli anni 70, si verific una crescente variet di prodotti
richiesti dal mercato, che divenne un fattore importante della competitivit tra
le aziende. Questo fatto ha determinato nei sistemi produttivi una forte
pressione in quanto non dovevano piø produrre con il solo obiettivo della
massimizzazione della quantit di articoli prodotta, ma dovevano anche
diversificare le tipologie di prodotti da produrre.
Con l avvento degli anni 80, si Ł assistito alla nascita dei Flexible
Manufacturing Systems (FMS) che rappresentavano la crescita dell utilizzo
del controllo computerizzato degli impianti produttivi. Questi sistemi
manifatturieri hanno generalmente uno scheduling centralizzato ed
un architettura di controllo di tipo gerarchico, come mostrato in figura 1-2, in
cui il modulo di livello piø alto utilizza una grossa quantit di informazioni,
come: process plan, due date, processing time, setup time, equipment status
e le relazioni tra queste grandezze per risolvere la condivisione delle risorse
nella generazione di uno scheduling ottimale. Quindi, il controllore centrale
elabora una serie di informazioni derivanti dai controllori del livello
immediatamente inferiore, che a sua volta ricevono informazioni aggregate
dal livello sottostante, e cos via fino ad arrivare al livello piø basso dei
controllori locali delle singole macchine.
Negli anni 90 diversi fattori hanno caratterizzato i sistemi manifatturieri, quali:
• crescita della competitivit ,
• la riduzione del ciclo di vita del prodotto,
• la proliferazione di nuove tecniche di produzione,
• l aumento della variet dei prodotti con conseguente riduzione della
quantit ,
• i prodotti devono essere a basso costo, di ottima qualit e ad alta
affidabilit .
Le aziende hanno fatto dei grandi investimenti nell ambiente manifatturiero in
cui operano per cercare di guadagnare un vantaggio competitivo nei
confronti delle altre imprese concorrenti; ma questi investimenti devono
essere pianificati in modo ottimale.
Cap.1 Classificazione delle Architetture di Controllo
7
Quale architettura di controllo utilizzare per la gestione di un manufacturing
system? Qual Ł l architettura piø adatta per migliorare il proprio vantaggio
competitivo sulle aziende concorrenti? Prima di rispondere a queste
domande occorre analizzare le varie tipologie di architetture di controllo.
0DVWHU
6FKHGXOHU
0DVWHU
&RQWUROOHU
/RFDO
&RQWUROOHU
/RFDO
&RQWUROOHU
/RFDO
&RQWUROOHU
/RFDO
&RQWUROOHU
0DQXIDFWXULQJ 6\VWHP
Figura 1-2: Scheduling e controllo di un manufacturing system centralizzato
Un architettura compone i sistemi dai componenti . Usando questa
definizione, si pu dire che un architettura di controllo compone un sistema di
controllo partendo dai singoli componenti di controllo. Il sistema di controllo,
un Automated Manufacturing System (AMS), coordina e dirige le attivit che
trasformano materiale grezzo in prodotto finito. Il sistema di controllo, quindi,
non fa altro che prendere delle decisioni relative a: scheduling e routing delle
parti ed allocazione delle risorse all interno del sistema produttivo. ¨ la
funzione dell architettura di controllo che prende queste decisioni
assegnando le responsabilit ai componenti di controllo specifici. Cosi , ogni
singolo componente di controllo Ł caratterizzato da un set limitato di decisioni
e responsabilit . Inoltre, l architettura di controllo determina le relazioni tra i
singoli elementi di controllo, quindi stabilisce il meccanismo per la
coordinazione dell esecuzione delle decisioni.
Per esempio, un architettura di controllo pu specificare un componente di
controllo per la selezione del tipo di parte da caricare successivamente in un
FMS. La responsabilit per il controllo del movimento di una parte appena
caricata, cosi che si abbia il suo instradamento verso la prima station
processing, pu risiedere in un altro elemento di controllo. L architettura pu
anche stabilire il tipo d interazione tra questi due elementi di controllo; il
Cap.1 Classificazione delle Architetture di Controllo
8
risultato di questa interazione Ł un attivit coordinata di carico e distribuzione
delle nuove parti per il loro processing iniziale.
Le operazioni dei sistemi manifatturieri riguardano un set di attivit , quali il
process planning, il controllo della qualit , il controllo del magazzino e lo
scheduling della produzione. L obiettivo primario dello scheduling Ł
assicurare che ogni singolo lotto di pezzi sia prodotto nel tempo previsto; per
raggiungere questo obiettivo Ł importante controllare il tempo speso da ogni
singolo pezzo per attraversare l intero shop floor. Questo tempo Ł composto
da quattro componenti: processing time, setup time, travel time, queuing
time. In base a queste quattro componenti, alla due date e in base allo stato
dell impianto produttivo viene determinata la sequenza dei pezzi ed i loro
tempi di produzione.
Tutti i sistemi manifatturieri operano attualmente in ambienti mutevoli. Le
difficolt nella gestione dell evoluzione del sistema stesso sorgono da eventi
inaspettati, dalla non linearit delle operazioni di management e da una
moltitudine di interazioni durante il controllo delle attivit dello shop floor.
Una caratteristica dominante dei sistemi manifatturieri Ł la complessit
crescente che si manifesta nei prodotti da lavorare, nella struttura aziendale
e nei processi produttivi. Quindi possiamo dire che la complessit e la
mutevolezza dell ambiente manifatturiero limitano l efficacia degli approcci
convenzionali dello scheduling e controllo ([For96]). I tradizionali sistemi CIM
(Computer Integrated Manufacturing) sono dei sistemi centralizzati, cioŁ un
database centralizzato fornisce tutte le informazioni globali del sistema nel
suo complesso, ed un computer centrale, ad esso collegato, elabora lo
scheduling della produzione e provvede anche al controllo dell impianto.
L utilizzo di informazioni globali garantisce il raggiungimento dell obiettivo
prefissato. Tutte le strutture di controllo gerarchico, come il CIM, sono adatte
per i sistemi stabili, ma le loro prestazioni degradano notevolmente in
ambienti dinamici e variabili.
Quindi per realizzare i vari prodotti rispettando i vincoli di costo, qualit e
tempo imposti dalle richieste di mercato, il sistema di controllo di un tale
sistema di produzione deve gestire la complessit derivante dalla moltitudine
di attivit concorrenti da eseguire e di decisioni da prendere in tempo reale,
garantendo un uso efficiente delle risorse disponibili.
L approccio tipico del progetto di questi sistemi Ł quello della
decomposizione del problema in sottoproblemi (detti anche moduli); la
distribuzione del controllo e delle informazioni e l interazione tra questi moduli
sono definiti dall architettura del sistema. Questa avr un impatto significativo
sulle misure di performance del sistema stesso, sulla distribuzione del flusso
informativo e sul modo in cui il problema di scheduling Ł decomposto
Cap.1 Classificazione delle Architetture di Controllo
9
1.2 Le architetture di controllo
Il rapido sviluppo delle tecnologie informatiche, la crescita stringente della
domanda dell’ambiente manifatturiero hanno permesso una crescita delle
architetture di controllo. Vi sono tre forme base (vedi fig. 1-3).:
centralizzata,
propriamente gerarchica
eterarchica
Queste tre forme rappresentano l’evoluzione delle architetture di controllo.
Nella figura i quadratini rappresentano i componenti di controllo, mentre i
cerchietti rappresentano le entit manifatturiere (macchine CNC, robots,
ecc.); le linee di connessione indicano le relazioni tra le entit fisiche e
quelle di controllo. Mentre ogni architettura rappresenta un unico approccio
al progetto del sistema di controllo, il controllo generale delle responsabilit ,
che deve essere eseguito in un AMS (Automated Manufacturing System),
sono incorporate in ognuno di essi.
Queste responsabilit possono essere decomposte in: shop level, cell level e
machine level. Il primo livello, che riguarda il production planning e lo
schedule della produzione, determina l’allocazione globale delle risorse in
base alla produzione. Il cell level si occupa del process planning, della
allocazione dei task locali e della gestione del magazzino allo interno delle
celle produttive. Infine il machine level si concentra sulla esecuzione real-
time delle specifiche operazioni sulle parti.
Gli approcci tradizionali allo shop floor control si basano su architetture
centralizzate o gerarchiche (vedi figura 1.3). Nel caso dei sistemi
centralizzati, una singola entit di controllo centrale prende tutte le decisioni
del controllo del sistema, dettando tutte le possibili politiche ai subordinati
( slave ) controllori.
In un architettura centralizzata, gli eventi sono controllati da un singolo
computer centrale che schedula e sequenzializza le parti sulle macchine. Un
guasto all unit centrale comporta il collasso dell intero sistema ed Ł anche
difficile apportare delle modifiche in tali sistemi; quest architettura Ł
utilizzabile solo per sistemi di piccole dimensioni.
Il controllo gerarchico si basa, invece, sulla decomposizione del problema del
controllo del sistema assegnando le responsabilit per problemi di controllo
piø grandi ai controllori di piø alto livello nella gerarchia e i problemi di
controllo piø dettagliati ai controllori di piø basso livello gerarchico. Queste
sono quelle piø usate per il controllo dei sistemi produttivi. Tipicamente ci
sono diversi livelli di gerarchia; la maggior parte delle responsabilit e
dell autorit sono ricoperte dai livelli piø alti, mentre i livelli piø bassi risolvono
Cap.1 Classificazione delle Architetture di Controllo
10
dei problemi di piccola entit . Il flusso delle informazioni di comando Ł diretto
dall alto verso il basso, mentre il flusso delle informazioni sullo stato del
sistema Ł diretto nel verso opposto, il tutto secondo una rigida relazione
master/slave. La struttura e l organizzazione di questi sistemi sono fissate in
uno stadio iniziale della progettazione ed inoltre sono dei sistemi difficili da
modificare, infatti un imprevista estensione richiederebbe un considerevole
sforzo.
Entrambi i sistemi, sia quello centralizzato sia quello gerarchico, soffrono di
problemi quali, bassa tolleranza ai guasti, complessit ed insufficiente
distribuzione delle informazioni. Le entit decisionali sono normalmente
lontane dalla sorgente che ha generato i dati di un particolare problema,
quindi tali sistemi hanno delle difficolt sulla reazione del sistema al
verificarsi degli eventi locali. Inoltre, i controllori di piø alto livello vedono i
problemi ad un livello macro usando una generica rappresentazione delle
risorse, e quindi non sono capaci di adattarsi alle particolari caratteristiche di
una risorsa individuale.
)RUPD &HQWUDOL]]DWD
)RUPD *HUDUFKLFD
)RUPD (WHUDUFKLFD
Figura 1-3: Le architetture di controllo
In contrasto con l approccio classico, vi sono i sistemi distribuiti che sono
composti da una rete di controllori autonomi, con ognuno le sue capacit ed il
proprio dominio di controllo. I controllori di tali sistemi sono responsabili delle
attivit di una risorsa individuale o del flusso all interno del sistema produttivo
Cap.1 Classificazione delle Architetture di Controllo
11
di un dato prodotto risolvendo dei problemi di ridotta complessit dovuta al
piccolo dominio.
Le performance di questi sistemi non sono dettate da un unit centrale o da
un supervisor ma piuttosto emerge dalle azioni e dalle interazioni dei
controllori individuali del sistema.
Indipendentemente dal tipo di architettura in esame, possiamo dire che le
caratteristiche principali che deve possedere un sistema di controllo sono:
• flessibilit di produzione , cioŁ la capacit di modificare la produzione in
tempi brevi e senza costi eccessivi in funzione delle nuove esigenze del
mercato o dell introduzione di nuove tecnologie oppure in seguito al
verificarsi di eventi imprevisti;
• modularit , cioŁ la capacit di rimuovere e sostituire singole parti del
sistema in modo semplice ed economico senza influire in modo
significativo sul resto del sistema;
• tolleranza ai guasti, cioŁ la propriet di rendere il sistema capace di
funzionare anche in presenza di guasti.
L esigenza di conseguire tali obiettivi ha portato i ricercatori nel campo del
controllo operativo (shop floor control) di un sistema di produzione, ad
abbandonare l approccio centralizzato per orientarsi verso modelli
architetturali di tipo distribuito.
La competizione tra le aziende, oggi si basa sulla riduzione dei costi, sulla
flessibilit e sulla qualit dei prodotti. Questo avr un impatto rilevante sul
sistema produttivo, che dovrebbe adattarsi facilmente al fattore
dell incertezza fornendo la necessaria flessibilit . Questo fatto richiede un
sistema di controllo altamente distribuito, autonomo ed intelligente per fornire
un alta flessibilit ed una risposta real time alle turbolenze. La necessita di
progettare sistemi con queste caratteristiche ha condotto verso le architetture
eterarchiche ed allo sviluppo dei principi di progettazione delle stesse.
Un architettura completamente distribuita, come quella mostrata in figura 1-4,
Ł caratterizzata da un elevata autonomia delle entit con una minima
conservazione delle informazioni globali dell intero sistema. Le entit di
questa struttura non hanno bisogno di conoscere il piano produttivo e le
capacita tecnologiche delle altre entit del sistema, questo a tutto vantaggio
di una riduzione della complessit del problema, di una minimizzazione delle
informazioni globali ed una maggiore tolleranza ai guasti. Occorre osservare,
per , che le decisioni prese localmente dalle singole entit non assicurano il
raggiungimento in modo ottimo dell obiettivo dell intero sistema; ma tramite la
cooperazione tra queste Ł possibile assicurare un comportamento del
sistema verso il raggiungimento di una soluzione ottimale.
Cap.1 Classificazione delle Architetture di Controllo
12
/RFDO
&RQWUROOHU
/RFDO
&RQWUROOHU
/RFDO
&RQWUROOHU
/RFDO
&RQWUROOHU
/RFDO
6FKHGXOHU
/RFDO
6FKHGXOHU
/RFDO
6FKHGXOHU
/RFDO
6FKHGXOHU
Figura 1-4: Architettura di controllo eterarchica
In un sistema di controllo centralizzato un singolo computer, su cui Ł in
esecuzione il software di controllo, controlla tutte le risorse presenti nel
sistema e gestisce le attivit svolte su di esse, assorbendo da solo un carico
computazionale, in termini di operazioni ed informazioni elaborate
simultaneamente, sempre piø elevato all aumentare della crescita
dell impianto controllato. Questo accentramento del controllo presenta alcuni
inconvenienti: l elevata complessit del software di controllo con relativi
problemi di progettazione, manutenzione ed aggiornamento del codice; la
presenza di un unico punto di controllo dell intero impianto, il calcolatore
centrale, che in caso di guasto porterebbe alla paralisi dell impianto.
Nei modelli architetturali di tipo distribuito, il sistema di controllo non Ł
costituito da un singolo programma monolitico, ma si presenta come un
insieme di moduli software di controllo distinti, dislocati in punti diversi su piø
calcolatori connessi tra loro da una rete di comunicazione. Questi modelli
considerano il sistema di controllo come una raccolta di singoli moduli o unit
e descrivono per ciascuno di essi le informazioni possedute, le responsabilit
di controllo assegnate e le interazioni tra i singoli moduli necessarie per
coordinare le attivit svolte dall intero sistema.
L approccio distribuito rispetto a quello di tipo centralizzato presenta dei
significativi vantaggi:
Cap.1 Classificazione delle Architetture di Controllo
13
riduzione delle attivit svolte e delle informazioni raccolte da ogni singolo
modulo di controllo, con conseguente alleggerimento del carico
computazionale su ogni unit di elaborazione;
maggiore tolleranza ai guasti, grazie al contenimento del guasto in una
porzione limitata dell impianto controllato;
possibilit di eseguire in parallelo attivit diverse attraverso l utilizzo di
singoli calcolatori con un aumento della velocit di risposta;
la possibilit di sviluppare software di tipo modulare semplificando la
sostituzione o l aggiunta di singoli moduli di controllo nel caso di variazioni
del sistema controllato.
Di seguito saranno descritte le principali caratteristiche della struttura di
controllo gerarchica, di quella centralizzata e di quella interamente distribuita,
detta eterarchica.
Cap.1 Classificazione delle Architetture di Controllo
14
1.3 L Architettura Gerarchica
L architettura gerarchica Ł stata la prima tipologia di architettura di controllo
che Ł stata proposta. Essa si basa sul principio della decomposizione del
problema generale, task complesso, in diversi sottoproblemi meno
complessi, detti sottotask, fino ad una suddivisione in attivit sempre piø
semplici, dette atomiche . I singoli task in parte vengono eseguiti localmente
dal singolo controllore ed in parte sono affidati ad uno o piø subordinati
consentendo cos l esecuzione in parallelo, mentre le attivit atomiche sono
eseguite dalle risorse disponibili.
Questo tipo di suddivisione porta alla costruzione di una struttura piramidale
suddivisa in piø livelli (vedi figura 1-5), dove il numero di livelli in cui viene
scomposto un task varia in base alla complessit ed alla dimensione del
problema in esame.
Figura 1-5: Struttura di controllo gerarchica
Nel contesto di uno shop floor control, un architettura di controllo pu fornire
sia un programma per il progetto e la realizzazione di un sistema di controllo
di un impianto sia le relazioni tra gli inputs e gli outputs del sistema stesso.
Albus et al. (1981) descrive un sistema ci controllo gerarchico ed identifica
tre linee guida per lo sviluppo di un controllo di produzione di questo tipo:
Task A
Task1 Task2
Task6 Task5 Task4 Task3
Livello 0
Livello 2
Livello n
Livello 1
Cap.1 Classificazione delle Architetture di Controllo
15
1. i livelli sono introdotti per ridurre la complessit ;
2. ogni livello ha un orizzonte progettuale che decresce man mano che si
scende di livello (dall alto verso il basso) gerarchico;
3. il controllo risiede nel piø basso livello possibile.
Il sistema di controllo di Albus et al. introduce il concetto di integrazione
delle informazioni , residenti nei livelli piø alti, che vengono poi decomposte
in informazioni piø dettagliate, e quindi meno aggregate, nei livelli piø bassi,
ed il concetto di feedback delle informazioni sullo stato del sistema dal
livello piø basso a quello piø alto per il controllo real time delle azioni.
Il National Institute of Standard and Technology (NIST) ha sviluppato un
Automated Manufacturing Research Facility (AMRF) dal 1981 proposta come
banco di prova (testbed) per la ricerca diretta verso lo sviluppo di standard
nel campo della produzione flessibile ([Jon86]). Essa consiste di cinque
livelli: facility, shop, cell, workstation ed equipment. Il livello piø alto, facility,
integra le attivit di tipo gestionale, di progettazione dei prodotti e di
pianificazione della produzione. Il secondo livello, Shop, si riferisce ad ogni
singolo impianto o officina e gestisce in tempo reale il coordinamento delle
risorse e dei job attraverso due moduli distinti: il gestore dei task ed il gestore
delle risorse. Il livello successivo, Cell, si occupa della gestione delle singole
celle di lavoro eseguendo le attivit di pianificazione dinamica, di scheduling,
di routing, di sequencing, di allocazione delle risorse e di risoluzione dei
conflitti nel trasferimento di utensili e materie prime richiesti per la produzione
dei singoli pezzi. Il livello workstation dirige e coordina le attivit di una
stazione di lavoro ed infine il l ultimo livello, Equipment, comprende le unit
che controllano direttamente le varie risorse fisiche dell impianto (macchine
utensili, ecc.) necessarie per l esecuzione pratica delle attivit di lavorazione.
Come evoluzione dell AMRF, il NIST ha proposto il Manufacturing Systems
Integration (MSI), in cui, discutendo dell eccessiva rigidit del modello
originario, vengono definiti solo tre livelli di controllori: equipment, workcell e
shop ([Hob]). Inoltre, in questo documento, viene affermato che Ł possibile
costruire una struttura gerarchica di profondit arbitraria usando questi tre tipi
di controllori.
Il concetto di utilizzare questi tre livelli guida per costruire un architettura
gerarchica, viene utilizzato da J. Smith et al. ([Smi92]) che definiscono questi
tre livelli come livelli naturali ([Jon90]): partendo dal basso della gerarchia
incontriamo il livello equipment, poi workstation ed infine il livello shop (vedi
figura 1-6).
L equipment level Ł costituito dalle apparecchiature fisiche e c Ł una
corrispondenza uno a uno tra i controllori di questo livello e le macchine del
shop floor. Il workstation level Ł definito dal layout del livello sottostante.