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Introduzione
In un contesto di economia globale, l’internazionalizzazione è un elemento
chiave per il successo della maggior parte delle imprese. L’espansione delle attività
di retailing oltre i confini nazionali non è piø un’opzione, bensì una necessità, in
quanto offre opportunità di sviluppo che un’impresa che opera solo all’interno del
mercato domestico non può avere. Di conseguenza, è importante capire quali sono i
motivi che spingono queste imprese a superare i confini domestici, come avviene il
processo di internazionalizzazione delle attività di retailing e quali fattori
influenzano le scelte distributive. Il seguente lavoro analizza le scelte distributive
delle imprese italiane tramite l’analisi di due casi di studio ed è strutturato in quattro
capitoli: il primo relativo al Made in Italy, il secondo all’internazionalizzazione del
retailing, il terzo ai canali distributivi internazionali e il quarto relativo ai due casi
empirici, Brunello Cucinelli e Braccialini.
Il primo capitolo analizza l’ampia letteratura relativa al concetto di Country of
Origin, la sua multidimensionalità ed il suo impatto sul processo valutativo e sulle
intenzioni d’acquisto dei consumatori. In seguito, si analizza il valore del Made in
Italy, le sue caratteristiche principali e la percezione che i consumatori esteri hanno
su di esso. Capire il valore del Made in Italy e l’effetto che questo esercita sulle
percezioni dei consumatori è fondamentale per le imprese italiane coinvolte nei
processi di internazionalizzazione e nella scelta dei canali e dei format distributivi.
Il secondo capitolo analizza la letteratura riguardante l’international retailing.
In particolare, si analizzano le motivazioni principali che spingono le imprese a
superare i confini domestici e il processo di selezione dei mercati. La scelta dei
mercati esteri è una decisione cruciale e il successo dell’internazionalizzazione
dell’impresa dipende dall’identificazione del mercato “giusto” a causa
dell’interdipendenza tra la selezione del mercato e altre decisioni strategiche che
l’impresa deve intraprendere, come ad esempio la qualificazione delle modalità
d’entrata che verranno analizzate nel paragrafo successivo insieme ai fattori sia
interni che esterni all’impresa. Infine, si analizzano le caratteristiche delle modalità
d’entrata nei mercati esteri attraverso le reti distributive e piø precisamente si
analizzeranno i punti vendita monomarca e multimarca, il franchising, la joint
venture e il flagship store. Ognuna di queste modalità d’entrata è caratterizzata da un
6
diverso livello di controllo che l’impresa può esercitare nel mercato estero e da un
diverso livello di rischio e impiego di risorse.
Il terzo capitolo riguarda i canali distributivi internazionali. Sia in un contesto
domestico che internazionale, la progettazione e la gestione dei canali distributivi
sono due decisioni fondamentali e strategiche per l’impresa perchØ giocano un ruolo
importante nel permettere alla stessa l’ottenimento di un vantaggio differenziale
rispetto ai concorrenti. La progettazione dei canali distributivi riguarda la definizione
della struttura dei canali come la lunghezza (ossia il numero degli intermediari tra il
produttore e il consumatore), l’intensità del canale (ossia il numero degli intermediari
che opera in ciascun livello), la selezione dei membri e le decisioni sul
funzionamento dei canali. La gestione dei canali distributivi deve assicurare la
cooperazione tra i membri del canale al fine di raggiungere gli obiettivi distributivi
dell’impresa e riguarda la gestione dei conflitti che possono sorgere quando gli
obiettivi di un membro del canale vengono ostacolati da quelli di un altro membro,
l’esercizio di potere all’interno del canale, il luogo del decision-making ecc. In
particolare, il terzo capitolo analizzerà le relazioni tra gli attori nelle funzioni di
retailing nei mercati esteri; si evidenzia l’importanza del coordinamento tra questi e
la scelta del livello di integrazione (secondo la teoria dei costi di transazione, la
resource-based view theory e la institutional perspective). In seguito, si analizzerà la
scelta tra standardizzazione e adattamento dei canali distributivi internazionali: si
tratta quindi di capire se le strategie riguardo i canali distributivi possano essere le
stesse in tutti i mercati esteri, risparmiando in questo modo i costi e le complessità
connessi alle attività di adattamento oppure se l’adattamento sia necessario a causa
delle peculiarità che ogni Paese potrebbe presentare. Infine, verrà considerata la
strategia multicanale nel retailing, analizzando le motivazioni e gli ostacoli che
influenzano la decisione di adottare o meno questa strategia e l’effetto che la
congruenza e l’integrazione dei canali in una strategia multicanale hanno
sull’immagine dell’impresa e sulla soddisfazione dei consumatori.
L’ultimo capitolo è dedicato all’analisi di due imprese italiane, Brunello
Cucinelli e Braccialini, le quali sono state scelte per la loro estesa presenza
internazionale. Entrambe le imprese operano in uno dei settori piø rappresentativi del
Made in Italy (abbigliamento e accessori) e pongono un forte accento sull’identità
del brand e sul valore del Made in Italy, essendo proiettate all’espansione della rete
distributiva e allo sviluppo e rafforzamento delle attività di retailing. L’obiettivo
7
della ricerca è quello di verificare empiricamente il valore del brand e del Made in
Italy per i consumatori esteri ed il loro impatto sulle decisioni che l’impresa deve
prendere riguardo ai canali e format distributivi nei mercati internazionali.
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Capitolo Primo
Country of Origin e Made in italy: effetti dell’origine
territoriale sul processo valutativo e sulle intenzioni
d’acquisto dei clienti
1.1 Country of origin effect sul processo di valutazione e sul comportamento
d’acquisto dei consumatori
1.1.1 Gli studi sul Country of Origin (COO): gli approcci single-cue e multi-cue
Un insieme ampio di informazioni influisce sulla formazione delle preferenze
dei consumatori e sulle loro intenzioni d’acquisto. Queste informazioni possono
riguardare il prezzo, il brand, il packaging, la comunicazione del punto vendita ecc.
Un ruolo molto importante viene esercitato anche dal Country of Origin (COO),
ovvero dal paese di origine del prodotto. L’importanza del COO nella competizione
sui mercati esteri è aumentata soprattutto negli ultimi anni, a causa della
globalizzazione dei mercati e della forte pressione esercitata dalla concorrenza dei
mercati emergenti.
1
Infatti, le conseguenze dell’apertura dei confini al movimento di
persone, merci e capitali sono stati inevitabili. Da un lato, essa ha dato avvio al
processo d’internazionalizzazione delle imprese, fenomeno che ha complicato
sempre di piø la possibilità di distinguere tra beni nazionali e beni di provenienza
estera. Dall’altro, si è verificato un forte incremento della concorrenza tra imprese e
Paesi che sono stati in un certo senso obbligati a valutare strategie nuove e
competitive. Lo studio del COO quindi, è diventato di notevole importanza perchØ se
gestito in modo corretto, può essere utilizzato come leva competitiva dall’impresa
nei vari mercati internazionali.
Le prime ricerche empiriche sul tema del COO sono state realizzate negli anni
Sessanta. All’inizio, gli studiosi adottavano un approccio single-cue, ossia
studiavano gli effetti del COO sul processo di valutazione dei consumatori fornendo
1
Vianelli D., Marzano F., (2012) “L'effetto country of origin sull'intenzione d'acquisto del
consumatore: una literature review”, Working paper series 2 - Dipartimento di Scienze
economiche, aziendali, matematiche e statistiche "Bruno de Finetti", pg. 1-34
9
come unica variabile il paese d’origine. Schooler (1965)
2
è tra i primi studiosi a
indagare empiricamente il fenomeno del COO. Egli condusse un’indagine su un
gruppo di studenti americani con lo scopo di valutare l’impatto del COO sul
comportamento d’acquisto riguardo a prodotti identici in ogni aspetto con la sola
differenza dell’etichetta che indicava come origine di provenienza quattro paesi
diversi. I risultati dimostrarono che questi prodotti venivano giudicati in modo
diverso per il solo fatto di avere diversi paesi di provenienza.
Secondo Bilkey e Nes (1982)
3
però, la considerazione del paese d’origine come
unica variabile in grado di influenzare il processo valutativo dei prodotti avrebbe
sopravalutato tale impatto. Progressivamente quindi, le ricerche in materia hanno
adottato un approccio multi-cue, valutando in questo modo l’impatto del paese
d’origine in termini relativi, ossia congiuntamente ad altri cue informativi che
potrebbero intervenire nei processi di scelta dei consumatori. Questi cue possono
essere sia intrinseche (design, qualità ecc.) sia estrinseche (prezzo, brand ecc.) Anche
le caratteristiche socio-demografiche dei consumatori giocano un ruolo importante
nell’orientare le decisioni d’acquisto. Persone con piø alti livelli di reddito ed
educazione ad esempio, sono piø orientate verso prodotti di provenienza estera.
4
Quindi, il COO è soltanto una delle tante informazioni a disposizione dei
consumatori, in grado di influire sulle loro scelte. Dagli anni Novanta gli studi sugli
effetti del COO sono cresciuti esponenzialmente e nonostante non si siano raggiunti
conclusioni univoche, le ricerche sono accomunate dalla convinzione che Il COO
eserciti un impatto rilevante sul processo di valutazione dei prodotti provenienti da
un dato Paese.
2
Schooler R.D. (1965), «Product bias in Central American Common market», Journal of Marketing
Research, vol. 2, November, pp. 394-97
3
Bilkey W.J. e Nes E. (1982), «Country-of-origin Effects on Product Evaluations»,
Journal of International Business Studies, vol. 47, Spring-Summer, pp. 88-99.
4
Cedrola E., Battaglia L., (2013), “Italian country image: the impact on business models and relations
in Chinese business to business markets.” in “ International marketing and the country of origin
effect: the global impact of Made in Italy” a cura di Bertoli G., Resciniti R.pg. 81-107
10
1.1.2 Le declinazioni del Country of Origin: un concetto multidimensionale
Nonostante l’importanza dell’origine di un prodotto è stata studiata fin dagli anni
Sessanta, non sempre è semplice e scontato fornire una definizione di essa.
Johansson et al., (1985)
5
hanno adottato il termine Country of Origin per indicare il
Paese dove si trova la sede legale dell’impresa, Bilkey e Nes (1982)
6
invece,
indicano con il termine COO, il Paese dove il prodotto è stato fabbricato. Tuttavia, a
causa della globalizzazione, le imprese si trovano ad affrontare la pressione di ridurre
i costi di produzione attraverso la ricerca di mercati in cui il costo delle materie
prime e della manodopera è piø basso. Questa globalizzazione della produzione
comporta la possibilità che un prodotto sia stato disegnato in un Paese ma poi
prodotto in un altro.
7
Date le peculiarità dell'attuale contesto economico, diventa dunque necessario
scomporre l'effetto COO in piø dimensioni le quali contribuiscono a formare l'origine
di un prodotto. Il concetto di COO viene scomposto in letteratura in:
- Country of Design (COD), inteso come il Paese dove il prodotto viene
concepito, progettato e disegnato.
8
Le imprese possono decidere di collocare
i propri centri di design in un paese diverso da quello di produzione per poter
sfruttare l’immagine positiva posseduta da beni di alto design prodotti in un
determinato paese.
- Country of Manufacture (COM), ovvero il Paese dove il prodotto viene
fabbricato.
9
- Country of Assembly (COA), ovvero il Paese dove avviene la maggior parte
5
Johansson, K., Douglas, S.P., Nonaka, I. (1985), “Assessing the impact of country of origin on
product evaluations: a new methodological perspective”, Journal of Marketing Research, Vo1.22,
November, pp.388-96.
6
Bilkey W.J. e Nes E. (1982), «Country-of-origin Effects on…” op. cit. pg. 9
7
Thanasuta K., Patoomsuwan T., Chaimahawong V., Chiaravutthi Y., (2009), “Brand and country of
origin valuations of automobiles”, Marketing and Logistics, Vol.21, No.3, pg. 355-375
8
Essoussi I L.H., Merunka D. (2007), “Consumer's Product Evaluations in Emerging Markets: Does
Country of Design, Country of Manufacturer, or Brand Image Matter?”, International Marketing
Review, Vol. 24, N. 4, pp. 409-426.
9
Hamzaoui L., Merunka D. (2006), “The impact of country of design and country of manufacture on
consumer perceptions of bi-national products’ quality: an empirical model based on the concept of
fit”, Journal of Consumer Marketing, Vol. 23, No. 3, pp. 145-155.
11
dell’assemblaggio del prodotto.
10
Paesi che non godono di una buona
reputazione possono decidere di spostare l’attività di assemblaggio in un
paese dall’immagine superiore, spostando così l’attenzione dal luogo di
produzione a quello di assemblaggio.
- Country of Parts (COP), inteso come il Paese dal quale derivano la maggior
parte dei materiali o dei componenti utilizzati per produrre un bene.
11
- Country of Brand (COB), ovvero il Paese dove è nato brand.
12
Ognuna di queste dimensioni produce effetti diversi sulla percezione dei
consumatori durante il processo di valutazione e le decisioni d’acquisto. Infatti, la
ricerca empirica svolta da Li, Muray e Scott
13
sui consumatori australiani in
riferimento ad un apparecchio televisivo, ha dimostrato che la componente del COO
che esercita un maggior peso sulla percezione di qualità da parte del consumatore sia
il Country of Design. Bradley
14
raggiunge le stesse conclusioni riferendosi ai beni di
tipo industriale.
Altri autori però hanno raggiunto conclusioni diverse. Ad esempio, Quester et
al. (2000)
15
sostengono che non sono il Country of Design o il Country of Assembly
le componenti del COO piø incisivi nella percezione qualitativa dei consumatori e
che i consumatori tendono a dare maggiore al Country of Parts. Risultati simili ha
dato anche la ricerca di Ha-Brookshire (2012)
16
che in seguito alla dominanza di
10
Essoussi I L.H., Merunka D. (2007), “Consumer's Product Evaluations…” op.cit.pg.10
11
Essoussi I L.H., Merunka D. (2007), “Consumer's Product Evaluations…” op.cit.pg.10
12
Bae S.W., Lee D. (1999), “Effects of partitioned country of origin information on buyer assessment
of bi-national products”, Advances in Consumer Research, Vol. 26, No. 3, pp. 344-351.
13
Li Z.G.., Murray L.W., Scott D. (2000), “Global sourcing, multiple country of origin facets and
consumer reactions”, Journal of Business Research, Vol. 47, No. 2, pp.121-133.
14
Bradley F. (2001), “Country-Company interaction effects and supplier preferences among industrial
buyer”, Industrial Marketing Management, Vol. 30, No. 6, pp. 511-524.
15
Quester P.G., Dzever S. e Chetty S. (2000), “Country of origin effects on Purchasing Agents
Product perceptions: An international Perspective”, The Journal of Business and Industrial
Marketing, Vol. 15, No. 7, pp. 479-489.
16
Ha-Brookshire J.E. (2012), “Country of Parts, Country of Manufacturing, and Country of Origin:
Consumer Purchase Preferences and the Impact of Perceived Prices”, Clothing and Textiles
Research Journal 30(1) 19-34
12
prodotto ibridi e multinazionali nel mercato tessile e di abbigliamento negli USA e la
crescente richiesta da parte dei consumatori di informazioni circa l’origine dei
prodotti, ha studiato la relazione tra le dimensioni del COO e le preferenze di
acquisto dei consumatori. La ricerca ha concluso che i consumatori apprezzano di piø
i prodotti con gli Stati Uniti come COM e COP rispetto a quelli cinesi. Nel caso però
in cui COM e COP non coincidevano, il COP assumeva una maggiore importanza.
Infatti, i consumatori preferivano di piø i beni prodotti in Cina ma con cotone
americano rispetto ai beni prodotti negli Stati Uniti con cotone cinese perchØ
consideravano la produzione del cotone americano piø sostenibile rispetto a quello
cinese. Questo studio pone quindi l’enfasi sull’importanza del COP in un mercato
globale e frammentato e dimostra che se i consumatori hanno informazioni sul COO,
esso, con i suoi vari componenti, influisce sulle preferenze e sulle intenzioni
d’acquisto.
In un’altra ricerca recente, Hamzaoui (2010)
17
ha valutato gli effetti del
Country of Manufacture e del Country of Design, distinguendoli in base alla
complessità tecnologica del prodotto. I risultati della ricerca hanno dimostrato che i
consumatori tendono a dare maggiore importanza al paese d'origine della produzione
(COM) piø che a quello dove viene progettato (COD), sia in caso di prodotti semplici
che complessi. Inoltre, l'autrice mette in evidenza il fatto che il Country of Design
produce effetti significativi solo nel caso in cui il prodotto abbia un elevato
significato simbolico.
Hui e Zhou (2003)
18
hanno riscontrato che nel caso in cui il Country of Brand e
il Country of Manufacture coincidono, l'informazione circa il luogo di produzione
non influisce significativamente sulle scelte dei consumatori. Nel caso invece in cui
COB e COM non coincidono, e in particolare il COM ha una reputazione peggiore
del COB, gli effetti negativi che si creano sono molto piø significativi nel caso in qui
il brand equity dell’impresa è basso.
17
Hamzaoui L. (2010), “Technological Complexity and Country-of-Origin Effects on Binational
Product Evaluation: Investigation in an Emerging Market”, Journal of Global Marketing, Vol. 23,
No. 4, pp. 306-330.
18
Hui M.K. e Zhou L. (2003), “Country of manufacture effects for known brands”, European Journal
of Marketing, Vol. 37, No. 1/2, pp. 133-153.