4
A prescindere dalle particolari considerazioni e valutazioni che
possono essere formulate relativamente a specifici aspetti
dell’impianto normativo, più volte ritoccato, e che possono essere
più o meno condivisibili, un dato fondamentale deve essere in ogni
caso apprezzato: la tendenza verso l’armonizzazione del sistema
giuridico nel suo complesso, pur se non pervenga alla completa
elisione di statuti speciali, è senz’altro un fattore che depone nel
senso di una più armonica aderenza ai principi costituzionali ed
al rispetto delle garanzie da questi apprestate in favore dei
consociati, con particolare riferimento – ma non solo – all’esigenza
di uniformità di trattamento dei cittadini di fronte alla legge.
Benché lo scopo del presente lavoro suggerisca di evitare eccessivi
approfondimenti in ordine ai principi generali, la comprensione del
riformato quadro sanzionatorio tributario impone necessariamente
un approccio di carattere sistematico, che muova dall’illustrazione
anche dei lineamenti essenziali del vigente assetto normativo
nazionale in tema di sanzioni non penali.
La scelta di escludere dall’ambito della ricerca le sanzioni
tributarie criminali è di immediata ed agevole comprensione,
giacché consigliano in tale senso sia esigenze di ragionevole
delimitazione del campo di indagine che la tradizionale
autonomia, positiva e scientifica, della materia penale. Quella
5
ulteriore di lasciar fuori dal lavoro le altre conseguenze sfavorevoli,
che pure l’ordinamento contempla a carico di colui che trasgredisce
la normativa fiscale, è invece imputabile alla precisa volontà di
prendere in esame le sole misure aggregabili, dal punto di vista
teleologico, sotto il denominatore comune della natura afflittiva e
preventiva.
Per quanto sopra, l’elaborato è stato articolato su quattro capitoli,
dei quali:
ξ il primo, dopo un inquadramento generale in materia di illecito
e violazione, fornisce una ricostruzione storica dell’evoluzione
legislativa in materia di sanzioni tributarie, al fine di far
emergere gli elementi di crisi che hanno portato all’intervento
innovativo;
ξ il secondo affronta nel dettaglio la tematica della responsabilità
personale dell’autore della violazione, evidenziando i principali
elementi critici emersi sulla responsabilità delle persone
giuridiche;
ξ il terzo introduce un quadro dottrinale e giurisprudenziale di
riferimento a favore della responsabilità penale delle persone
giuridiche
ξ il quarto esamina la sistematica generale introdotta dal D.
Lgs. n. 231/2001, in materia di responsabilità
6
amministrativa delle persone giuridiche in prospettiva de iure
condendo a favore di una responsabilità anche per le sanzioni
amministrative tributarie.
Lo studio si conclude con alcune spunti di riflessione su quegli
elementi di maggiore criticità rilevati nel corso dell’analisi sul tema
della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche,
avanzando, senza alcuna pretesa di assolutezza, possibili linee di
intervento per il futuro.
C.S
7
Capitolo I
LE SANZIONI TRIBUTARIE
Premessa
L’effettivo adempimento dei numerosi obblighi
sostanziali e strumentali, posti dalle norme tributarie
direttamente a carico del soggetto passivo o di terzi
coinvolti a vario titolo nelle vicende attuative del
prelievo, è garantito, così come avviene in altri settori
dell’ordinamento, tramite la comminatoria di sanzioni di
diverso tipo, finalizzate a prevenire la trasgressione delle
norme tributarie ed a punire l’autore del
comportamento illecito
1
.
L‘idea di ricorrere alla efficacia intimidatrice e deterrente
della sanzione amministrativa e/o penale, al fine di
prevenire e reprimere l’evasione e le frodi fiscali, deve
dirsi affatto risalente nel tempo.
La sanzione non è, peraltro, l’unica conseguenza
sfavorevole nella quale incorre chi contravviene ad una
1
Per l’inserimento della nozione di sanzione nelle diverse concezioni di
teoria generale, si vedano, per tutti, BOBBIO, Sanzione, in Nov. Dig. It.,
XVL, 530 ss. e D’AGOSTINO, Sanzione (teoria gen.), in Enc. Dir., XLI, 303
ss.
8
disposizione di natura tributaria
2
, sennonché si stima più
utile adoperare il termine sanzione esclusivamente con
riferimento a quelle limitazioni della sfera (patrimoniale
o personale) del trasgressore contemplate dalla legge
con finalità preventiva ed affittiva, giacché attorno a
questo dato teleologico si è da tempo coagulato un
insieme di regole e principi di diritto punitivo tali da
giustificare l’autonomia di disciplina.
E’ per l’appunto alle sanzioni in senso stretto che si
intende rivolgere l’attenzione, non senza prima
sottolineare la particolare rilevanza che esse assumono
nel diritto tributario.
In primo luogo, la sanzione riveste nel diritto
tributario importanza estremamente accentuata, spesso
esorbitante rispetto alla funzione ad essa assegnata
dall’ordinamento
3
: alla funzione di assicurare
l’osservanza del precetto si sovrappone così la funzione
di assicurare un rilevante gettito all’erario.
2
Si pensi, ad esempio, all’obbligo, in caso di omesso o ritardato
adempimento del debito d’imposta, di risarcire il danno provocato al
soggetto attivo mediante la corresponsione dei relativi interessi
moratori; od ancora a taluni effetti pregiudizievoli (ad esempio:
decadenza dal credito di imposta) addossati a carico di chi non compie
un determinato atto nel termine ad hoc fissato dalle leggi tributarie.
3
FANTOZZI, Diritto Tributario, Seconda edizione, UTET, Torino, 1998,
pag. 471 e ss.
9
Per altro verso, il precetto di una norma ablatoria, che
comporta un prelievo di ricchezza a carico del soggetto
passivo, abbisogna per essere osservato di un adeguato
deterrente, tanto più in presenza di una difficile attività
di controllo, che spesso si dimostra pure non efficace, e
di una realtà sociale ed economica che consente ampi
spazi di elusione e di evasione.
Alcune definizioni iniziali in tema di sanzioni non
penali
Il termine illecito indica, in generale, ogni atto o fatto
da cui derivi la violazione di una regola posta
dall’ordinamento giuridico
4
.
All’interno di questa definizione può essere
individuata una prima distinzione tra illecito privato o
civile e illecito pubblico, conseguenti, rispettivamente,
4
GALLI R., in Corso di diritto amministrativo, Cedam, 1996, pag. 692,
definisce l’illecito quale comportamento contra jus, cioè adottato “in
violazione di un precetto ordinamentale”. In senso analogo, anche se
con specifico riferimento all’illecito civile, M. BIANCA, Diritto civile - La
responsabilità, Giuffrè editore 1994, pagg. 531 e segg., il quale afferma
altresì che l’illiceità può essere ugualmente indicata come
“antigiuridicità”. I due termini esprimono, infatti, la medesima nozione
di contrarietà alla norma. Le stesse fonti romane identificano la iniura
nel fatto non autorizzato dall’ordinamento giuridico, escludendola nei
casi in cui difettino il dolo o la colpa. A. TRAVERSI, in “I reati tributari in
materia di imposte dirette ed IVA”, IPSOA, 1986, pag. 91, sostiene che
“per definire l’illecito occorre postulare l’esistenza di un precetto di
carattere generale sul tipo di quello contenuto nella nota massima
alterum non leadere, di modo che per atto illecito si dovrà intendere
qualunque atto che abbia cagionato un evento lesivo”.
10
alla lesione di situazioni giuridiche soggettive individuali
rilevanti nella vita di relazione
5
ed alla violazione di
interessi inerenti alla generalità dei consociati ed allo
stesso ordinamento costituito.
Nell’ambito della categoria dell’illecito pubblico,
sussiste l’ulteriore ripartizione fra illecito penale e
illecito amministrativo, in merito alla quale si è
sviluppato un lungo ed acceso dibattito dottrinale, che
può ritenersi ancora oggi non giunto a conclusione.
L’orientamento più diffuso
6
ritiene che l’unico
elemento veramente caratterizzante l’una o l’altra
categoria potrebbe ravvisarsi nel fatto che, mentre con
la repressione dell’illecito penale si mira a tutelare
l’interesse generale al mantenimento dell’ordine sociale,
la repressione di quello amministrativo è finalizzata a
realizzare gli specifici e contingenti interessi pubblici di
volta in volta affidati alla cura della Pubblica
Amministrazione.
Tuttavia, anche questa conclusione si scontra con
alcuni fenomeni presenti nell’ordinamento giuridico,
5
Come risulta dagli artt. 1218 e 2043 del codice civile.
6
Vgs., tra gli altri, FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, parte generale,
Zanichelli, Bologna 1990, pag. 656.
11
come ad esempio quello della depenalizzazione che ha
interessato alcuni reati puniti con la sola pena
pecuniaria, nel quale uno stesso fatto è stato prima
considerato rilevante ai fini dell’ordine sociale e
successivamente riversato nella sfera di tutela
amministrativa.
Sembra, pertanto, doversi concludere che l’unico
concreto parametro di riferimento sia di natura
nominalistica, non essendo possibile, a questi fini,
prescindere dal tipo di sanzione comminata; ne
consegue che l’illecito è penale quando è punito con una
sanzione penale, amministrativo quando viene punito
con una sanzione amministrativa
7
.
Col termine sanzione bisogna riferirsi alla misura volta
a colpire l’autore dell’illecito attraverso una punizione o
afflizione che incida sulla sua sfera personale, al fine di
ottenere dai consociati il rispetto dell’ordine giuridico.
7
Una dettagliata illustrazione del dibattito che si è sviluppato intorno
alle differenze sostanziali tra illecito penale e amministrativo è
contenuta in GALLI, op. cit., pagg. 691-694. Ulteriori approfondimenti
al riguardo sono riportati in GIULIANI, Violazioni e sanzioni delle leggi
tributarie, Giuffrè editore, 1990.
12
Se poi per tale via lo stesso interesse leso viene anche
riparato, si tratta di un evento secondario e indiretto, a
volte eventuale
8
.
Definito in tal modo il concetto di sanzione, deve
essere precisato, per quanto qui d’interesse, che il
nostro ordinamento prevede sostanzialmente tre
tipologie di sanzioni non penali, applicabili in via
principale: le sanzioni consistenti nel pagamento di una
somma di denaro, quelle disciplinari - attinenti alla
materia del pubblico impiego - ed, infine, le cosiddette
misure interdittive cautelari conseguenti all’illecito e
adottabili, in linea di massima, nelle more
dell’accertamento della violazione.
Al riguardo, occorre rilevare che entrambi i concetti,
tanto di sanzione penale che amministrativa, possono
farsi agevolmente rientrare in un unico sistema
normativo di riferimento, comunemente definito diritto
punitivo
9
.
8
In tal senso, M.A. SANDULLI, voce Sanzione, in “Enc. Giur.”, pag. 2.
In passato, piuttosto che a favore di una definizione tecnica di sanzione
si era propeso verso un criterio definitorio, più generale, connesso
all’idea di sanzione quale atto produttivo di un pregiudizio a prescindere
dalle eventuali conseguenze di carattere civilistico o penale.
9
Cfr. al riguardo, F. MANTOVANI, Diritto penale, Cedam, 1992.
13
Ne discende la condivisione dei medesimi principi
generali - da ricercarsi, evidentemente, nella
Costituzione - con importantissime conseguenze sul
piano applicativo.
Il principio cardine di riferimento è rappresentato da
quello di legalità, fissato dall’art 25, comma 2, della
Costituzione, per il quale “nessuno può essere punito se
non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima
del fatto commesso”.
Questa regola stabilisce l’esistenza di una riserva di
legge assoluta in materia, talché solo atti normativi di
rango primario possono prevedere sanzioni. La
differenza, rispetto alla riserva relativa, deriva dalla
possibilità, in questo secondo caso, di lasciare alcuni
aspetti sanzionatori meno rilevanti, anche a fonti di
carattere secondario
10
.
Dalla regola generale ne discendono altre non meno
importanti e vincolanti, quali:
ξ il principio di irretroattività, ripreso anche dall’art.
11 delle Disposizioni sulla legge in generale, in base
10
In realtà, la dottrina attuale tende a sfumare tale differenza
ammettendo anche nel primo caso la possibilità di deroghe al principio
delle riserva assoluta di legge. In tal senso, tra gli altri, P. RUSSO,
“Manuale di diritto tributario”, Giuffrè editore, 1994, pag. 367.
14
al quale “la legge non dispone che per l’avvenire”; la legge
non ha effetto retroattivo, con ciò imponendo che la
norma giuridica non vada applicato a fatti o a
rapporti verificatisi o sorti prima che la medesima
sia entrata in vigore; pertanto, non può essere
applicata a situazioni verificatesi dopo la sua
estinzione (principio della non ultrattività). Non
mancano tuttavia eccezioni, tassativamente previste:
da un lato, infatti, in materia penale vige il principio
del favor rei, cioè della retroattività della legge più
favorevole per l’autore del reato, dall’altro
sussisteva, in campo tributario, la disciplina dell’art.
20 della L. 7 gennaio 1929, n. 4, che sanzionava il
principio di ultrattività della norma punitiva
tributaria, inteso quale obbligo di applicare la
sanzione in vigore al momento in cui è stato
commesso il fatto, anche se fosse stata
successivamente abrogata o modificata
11
. Tale regola
11
Sulla legittimità del principio di ultrattività in materia tributaria, si è in
passato pronunciata, in diverse occasioni, la Corte Costituzionale,
affermando, tra l’altro, che la norma di cui all’art. 20 della L. n. 4/1929
è diretta a garantire che la spinta psicologica all’osservanza della legge
fiscale non venga sminuita dalla speranza in mutamenti legislativi (sent.
n. 164/1974) e che il trattamento meno favorevole riservato agli autori
di reati finanziari, rispetto ai colpevoli di reati comuni, non appare
irragionevole in quanto correlato all’esigenza di mantenere costante nel
tempo l’efficacia di prevenzione generale delle norme penali poste a
tutela dell’interesse dello Stato alla riscossione dei tributi (sent. n.
6/1978).
15
è stata abbandonata proprio con l’adozione del
nuovo regime generale del sistema sanzionatorio
tributario non penale;
ξ il principio di tassatività, il quale impone che la
norma contenente una sanzione venga formulata in
maniera chiara e precisa, tale da permettere l’esatta
individuazione e delimitazione del suo ambito di
operatività e, quindi, del comportamento punito
12
;
ξ il principio della personalità, sancito dall’art. 27
della Costituzione, inteso quale riferibilità esclusiva
della sanzione alla persona fisica.
Su questo punto, peraltro, non ha mancato di
svilupparsi in dottrina un lungo dibattito finalizzato a
verificare la possibilità di riferire le sanzioni a soggetti
diversi, prima fra tutti la società, quale persona giuridica.
Al riguardo, vige il principio, valido tanto in materia
penale quanto amministrativa, racchiuso nell’antico
brocardo societas delinquere non potest che comporta la
12
In virtù di questo principio è vietato ricorrere in materia
sanzionatoria all’istituto dell’analogia e, in particolare, a quella in malam
partem, attese le conseguenze pregiudizievoli che determinerebbe in
capo al responsabile. Qualche spazio invece dottrina e giurisprudenza
sembrano riservare all’analogia in bonam partem, intendendosi come tale
quella da cui possono derivare, per il responsabile della violazione,
conseguenze favorevoli come, ad esempio, l’applicazione di un
esimente o causa di giustificazione.
16
conseguente necessità di individuare chi all’interno della
società debba rispondere delle violazioni commesse
13
.
Le implicazioni connesse a questa tematica
costituiscono uno degli aspetti centrali del nuovo
sistema sanzionatorio che questo lavoro intende
approfondire nel dettaglio e per i quali si rinvia ai
successivi capitoli.
Ciò che interessa mettere in risalto in questa sede,
sono le conseguenze derivanti da tale requisito,
consistenti nell’intrasmissibilità agli eredi della sanzione
amministrativa pecuniaria
14
e nella determinazione
dell’entità della sanzione da applicare al caso concreto,
che deve essere commisurata ad alcuni indici di carattere
soggettivo riferiti all’autore della violazione.
13
Contro quella parte di dottrina che sosteneva la possibilità di
addebitare l’illecito amministrativo alla persona giuridica, vedasi G.
GIULIANI, op.cit., pagg. 187 e segg.
14
Obiettivo definitivamente conquistato solo con la recente riforma del
sistema sanzionatorio tributario non penale, atteso che in passato non
sono mancate scelte in senso contrario.