raccolta di trascrizioni chitarristiche tuttora inedite. Il deposito è avvenuto
in duplice forma: è stato archiviato come edizione critica con diritti
connessi relativi alla pubblicazione e come elaborazione in considerazione
dell’apporto interpretativo e del recupero di materiale parzialmente
deteriorato e/o controverso.
Racconteremo brevemente la storia che ci ha portato ai manoscritti e la storia,
ben più antica, che ha portato i manoscritti ai nostri tempi.
Una storia di oggi
Tutto ebbe inizio da una curiosità sorta in merito alla citazione da parte di alcuni
libri di carattere generico e taglio didattico, dedicati alla storia dello strumento e
al repertorio, del liutista Santino Garsi da Parma.
In queste citazioni si parla di un elevatissimo livello compositivo e un taglio
grandemente virtuosistico e moderno (per i tempi) delle sue opere, ma ci
informavano di come sfortunatamente queste stesse non fossero oggetto di
recupero e di trascrizione.
Citiamo, ad esempio, quanto segue.
Il Radole scrive:
“Santino Garsi da Parma († 1604) che fu per molti anni al servizio dei
Farnese, è autore di musiche liutistiche di notevole valore espressivo, tanto
da poter essere paragonato a J. Dowland. Le sue danze hanno una
straordinaria eleganza ed una spiccata vitalità ritmica.”
(Radole, Giuseppe 1986 Liuto, chitarra e vihuela; Storia e letteratura,
ultima edizione, p. 55)
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Impossibile nascondere che il desiderio di scoprire un musicista della nostra
stessa città così apparentemente meritevole fosse assai marcato.
Per questo iniziammo una rapida quanto inizialmente superficiale ricerca delle
musiche, possibilmente delle intavolature originali.
Fu a questo punto che iniziarono i problemi.
Di fatto esistevano (ed esistono tuttora) solo pochissime trascrizioni piuttosto
deludenti di brani semplici quanto privi di quello spessore compositivo che
sembrò accendere gli animi dei contemporanei del Garsi e che rese la memoria
più duratura delle notizie sull’autore, del suo sepolcro, e soprattutto delle sue
stesse musiche, dunque forse addirittura leggendaria.
Non solo, quel che era più grave era l’apparente impossibilità nel poter
rintracciare i principali manoscritti.
Per poter avere un aiuto da chi conosceva bene il repertorio liutistico, ci siamo
rivolti al nostro ex-docente e amico Massimo Lonardi, noto liutista milanese.
Lonardi rispose riferendoci dell’esistenza di un’opera di fondamentale
importanza dedicata al Garsi (si tratta del libro di Helmuth Osthoff del 1926, di
cui avremo modo di parlare diffusamente) e del fatto che le trascrizioni
musicologiche a fini di studio più che di esecuzione (che poi vedremo rivelarsi
per molti aspetti discutibili, come ci confermerà lo studioso milanese Franco
Pavan) in notazione moderna (note reali su due righi per liuto in sol).
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La lettera di M. Lonardi che ha dato inizio alle ricerche.
Tali trascrizioni fanno riferimento a manoscritti che, stando a quello studio di
inizio ‘900, risultavano custoditi presso la Staatsbibliothek di Berlino.
Sulla scia di quel primo indirizzo interpellammo la biblioteca berlinese, che
rispose alla richiesta riferendoci l’impossibilità di rintracciare tali manoscritti.
La realtà era che quei manoscritti non erano più a Berlino, né era noto dove
fossero finiti.
Eppure, come possiamo leggere qui sotto, le principali fonti enciclopediche
collocavano ancora ad oggi quei manoscritti (i più importanti per l’opera di
Santino) a Berlino.
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“Del G. ci sono pervenuti soltanto due manoscritti di
intavolature per liuto, editi da H. Osthoff nel volume Der
Lauienist S. G. da Parma del 1926 e contenenti forme di danza
presentate per lo più singolarmente.
Sia la prima raccolta, già citata, sia la seconda (ora presso la
Deutsche Staatsbibliothek di Berlino, ms. Mus. 40032, databile
intomo all'anno 1620) mostrano una spiccata predilezione per la
forma della gagliarda".
[Più avanti, parlando del figlio Ascanio]: "scarse le
testimonianze sulla sua attività artistica; di lui ci è pervenuta
soltanto una Corrente, già inclusa nel ms. 40153 (perduto) della
Deutsche Staatsbibliothek di Berlino [...] ms. 40153 (perduto)
della Deutsche Staatsbibliothek di Berlino [...]"
(R. PERCALLI - Dizionario Biografico degli Italiani Edizioni
Treccani)
A tal proposito citiamo una delle fonti enciclopediche, peraltro autorevolissime,
consultate in quei giorni, che come altre confermava quanto la Biblioteca
Berlinese ci aveva riferito.
“Una parte delle op. di G. è andata perduta e le fonti che
possediamo sono spesso mutile e frammentarie” (Francesca
Angelini)
Fu questo un momento di grande sconforto, in cui sembrava proprio che la breve
ricerca iniziale avesse imboccato un vicolo inesorabilmente cieco.
Ma, come dice sempre un nostro carissimo collega attore, “è dura brillare… ma i
duri brillano e… i brillanti durano!”.
Garsi e le sue musiche dovevano essere state brillanti, e un po’ di durezza - intesa
qui come testardaggine - in più non avrebbe guastato, e difatti è stata premiata.
Grazie infatti al contatto con Franco Pavan, liutista e musicologo ricercatore dalla
vastissima competenza del repertorio liutistico segnalatomi da Massimo Lonardi
nella sua lettera riuscimmo ad accedere ad una copia originale del 1926
dell’opera di Helmuth Osthoff e ad avere preziosissime, per non dire impagabili
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imboccate per il proseguimento delle ricerche ai fini di una trascrizione
chitarristica davvero rappresentativa del livello delle musiche garsiane.
Da lui apprendemmo infatti che, come è assai noto in ambito musicologico,
moltissimi manoscritti (tra cui alcuni di autori celeberrimi, quali Bach, Mozart,
Beethoven, Mendelssohn e altri) furono dispersi durante il Secondo Conflitto
Mondiale.
Come avremo modo di apprendere nel prossimo paragrafo, verso la fine degli
anni '70 un botanico, zoologo e biologo del British Museum di nome Peter
Whitehead, alla ricerca per i suoi studi, di alcuni erbari rinascimentali che
dovevano trovarsi alla biblioteca berlinese, si trova spiazzato dalla mancanza
degli stessi.
Whitehead non si arrese e prosegui ostinatamente le ricerche, tanto che, parlando
con alcune persone anziane che vivevano in prossimità della biblioteca, apprese
da loro che durante i bombardamenti su Berlino, alcuni di loro notarono un
movimento di camion quantomeno sospetto e molto intenso attorno a quella
zona.
Molti avevano intuito che i militari
tedeschi, temendo la distruzione
dell’inestimabile patrimonio culturale
contenuto nell’edificio, avevano deciso di
trafugare segretamente i manoscritti e le
opere in genere più preziose per salvarle
da una potenziale distruzione.
La Staatsbibliothek di Berlino oggi.
Restava dunque da capire dove questo materiale fosse stato nascosto.
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Come vedremo Whitehead scoprì che i tedeschi avevano raccolto in gran segreto
il materiale in castelli e monasteri in Polonia e in altre zone limitrofe dell’Est
europeo.
Scoprì inoltre che i Russi avevano trasferito parte del materiale precedentemente
conservato a Berlino dai monasteri a Cracovia.
L’esito delle sue ricerche fu dunque sorprendente, dato che alla fine ebbe modo
di trovare non solo l'erbario, ma anche numerosi manoscritti musicali autografi di
Bach e di altri autori.
Una volta ritornato in Inghilterra, Whitehead pubblicherà un articolo (oggi
piuttosto celebre in campo musicologico, e di cui parleremo diffusamente nel
prossimo paragrafo) dove annuncia il ritrovamento di molti manoscritti
considerati perduti.
Inutile dire che, anche a causa dei difficili rapporti intercorsi tra Est e Ovest
Europeo negli Anni post-bellici della Guerra Fredda, il recupero e la pubblica
fruizione di molti di questi manoscritti è ancor oggi parziale.
Grazie a queste informazioni, e dopo ulteriori ricerche è stato possibile
collezionare tutti i manoscritti reperibili ad oggi delle musiche di Santino Garsi
da Parma, compresi ovviamente quelli berlinesi, e oggi dispersi (come si potrà
leggere nel capirolo dedicato ai manoscritti) tra Cracovia, Bruxelles e Firenze
(unico luogo che fu immune dalle vicissitudini belliche berlinesi).
Una storia di ieri
Abbiamo già anticipato molto della storia che interessò la Staatsbibliothek di
Berlino e i manoscritti musicali in esso contenuti.
18
Forniremo qui dunque ulteriori ragguagli sull’argomento, a fini di semplice
approfondimento.
Innanzitutto riportiamo un’immagine dell’articolo già citato di Peter Whitehead,
intitolato "The lost Berlin manuscripts" e pubblicato [(33): 7-15] sull’autorevole
rivista musicale inglese The Quarterly Journal of the Music Library Association.
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Vogliamo ora dire qualcosa di più
sulla vicenda che portò a scrivere
questo articolo, e sulle
conseguenze che ebbe la scoperta
di Whitehead.
Schloss Ullersdorf, Kreis Glatz, Silesia (1930 c.a.).
Uno dei luoghi in cui si nascosero i manoscritti di Berlino.
Come abbiamo detto, al termine della Seconda Guerra Mondiale, quando si
decise di riportare alla Biblioteca Statale di Berlino i materiali d’archivio
dispersi, esistevano due Germanie. I materiali vennero dispersi in parte nella
Germania Est, e in parte nella Germania Ovest a seconda del luogo in cui erano
stati nascosti.
Quando iniziarono i bombardamenti degli Alleati su Berlino nel 1943, le autorità
naziste predisposero un'evacuazione di ampie proporzioni di tesori culturali verso
miniere, conventi, castelli e luoghi insospettabili in aperta campagna.
Mentre molti patrimoni culturali tedeschi furono trasportati sistematicamente in
Sassonia e in altri luoghi che sono rimasti parte della Germania postbellica, altri
furono spediti a Est in aree remote della Slesia, della Boemia, e della Polonia.
Centinaia di imballi contenenti materiale d'archivio, insieme a cataloghi furono
assicurati in dozzine di grandi continer ed inviati segretamente, ad esempio,
presso il Castello polacco di Ullersdorf vicino a Glatz.Ullersdorf incluse anche
materiali provenienti da un numero imprecisato di altre raccolte prevalentemente
21
private di Berlino. La Slesia era un'importante area di evacuazione per i
patrimoni artistici e culturali conservati a Berlino, incluso parti notevoli della
Biblioteca Statale prussiana, che furono oggetto, in alcuni casi, di numerosi
trasferimenti, da un luogo ad un altro, come ad esempio da un castello a
un'abbazia benedettina.
Il destino postbellico dei tesori culturali evacuati fu sensibilmente vario. Alcuni
manoscritti furono restituiti alla collettività e alle rispettive regioni di
appartenenza e ai paesi di origine dalle autorità americane. Altre raccolte furono
recuperate dalle autorità polacche, in quanto la Slesia divenne parte della Polonia
dopo la guerra.
Una delle collezioni più celebri disperse in Polonia è il Berlin Musicalia e altri
preziosi manoscritti della Biblioteca Statale prussiana, che venne ritrovata
nell'Abbazia di Krzeszów (precedentemente annessa alla Germania e chiamata
Grüssau).
Solamente nel 1977 dopo una ricerca difficoltosa ed estenuante operata da
studiosi occidentali, tali manoscritti sono riaffiorati nella Biblioteca Jagelloniana
a Cracovia, dove la maggior parte di questi rimane tutt'oggi.
La maggioranza dei patrimoni culturali "liberata" dall'Esercito Rosso in Slesia
andò a Mosca, dove rimasero nascosti per mezzo secolo. Solo oggi le
informazioni stanno venendo lentamente alla luce. L'Esercito rosso non apre
ancora completamente i cancelli ai ricercatori per un totale accesso alle fonti,
anche se alcune copie di queste ultime sono affiorate in archivi russi ed ucraini.
Sono stati resi noti i rapporti sulle confische sovietiche in Schloss Wölfelsdorf
(ora Wilkanów polacca), il castello barocco del Conte von Althann, che ospitò le
unità più importanti della Settima Divisione (Amt VII) del Quartier Generale per
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i Servizi di Sicurezza del Reich (Reichssicherheitshauptamt, il cui acronimo era
RSHA). Il castello fu localizzato a soli venti chilometri a Sud di Ullersdorf,
cinque chilometri a sud-est di Habelschwerdt (Bystrzyca-KÂodzka polacca). Un
colonnello ucraino del Partito Comunista in Kyiv, con il Quarto Fronte Ucraino,
scoprì in quel luogo un nascondiglio contenente un numero notevole di materiale
che era stato confiscato dalle autorità naziste, incluso materiale proveniente da
Massoni, da gruppi socialisti, e dalle comunità ebree di tutto il Continente
europeo.
Casse contenenti manoscritti del Notenarchiv
(TsDAMLM) nel centro di Kyiv per il ritorno a Berlino,
29 Novembre 2001.
Otto vagoni merci carichi di questo bottino furono spediti a Kyiv nel settembre
1945, mentre altri 28 vagoni furono indirizzati a Mosca. Più tardi alcuni dei
manoscritti conservati a Kyiv verranno trasferiti a Mosca.
Nessuna documentazione sovietica è affiorata per rivelare alla collettività degli
studiosi dove gran parte del materiale d'archivio (contenente tra gli altri
manoscritti di Bach e altri illustrissimi compositori) fu trovato dopo la guerra, né
come e quando fu trasportato a Kyiv e a Mosca.
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Secondo una leggenda che ancora circola in Kyiv, la raccolta sarebbe stata
trovata nel 1945 dal conducente di un carro armato in un villaggio non
specificato oltre i confini ucraini occidentali. Il conducente avrebbe poi
trionfantemente portato il materiale di nuovo a Kyiv per lasciarlo sui gradini del
Conservatorio (l'edificio stesso era in rovine).
Un significativo aspetto che confuterebbe questa leggenda è che tale grande
raccolta di manoscritti non avrebbe potuto trovare un'appropriata ospitalità
all'interno di un mezzo cingolato. Alla conferenza stampa dell'agosto 1999 in
Kyiv, Ruslan Pyrih , Direttore Amministrativo dell'Archivio Ucraino ha
affermato pubblicamente che la raccolta era stata ritrovata tra le macerie
all'ingresso delle truppe alleate in Berlino al termine della guerra, ma non c'è
nessuna documentazione per sostenere quell'asserzione. Un altro giornalista
riportò che era stato trovato in un cumulo di rifiuti urbani in Polonia, versione da
considerarsi indubbiamente una variante della leggenda sul conducente del
cingolato.
Considerando che la collezione era stata tenuta nascosta per mezzo secolo, molti
studiosi occidentali temettero che fosse andata distrutta.
A metà degli anni '70 avvenne la scoperta.
La Staatsbibliothek di Berlino.
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Redatto nel corso degli anni Novanta, è comparso finalmente a metà del 2000
(nonostante la data ufficiale di stampa sia il 1999) il catalogo delle stampe
musicali già possedute dalla Preußische Staatsbibliothek di Berlino – ossia la
biblioteca più importante della Germania fino alla seconda guerra mondiale – ed
ora in deposito presso la Biblioteka Jagiellonska di Cracovia (la stessa dobve si
conservano due delle più importanti raccolte delle musiche garsiane, si veda a
proposito il paragrafo dedicato ai manoscritti musicali).. Le vicissitudini occorse
all’ingente patrimonio della biblioteca tedesca, negli anni finali della guerra e in
quelli immediatamente successivi, sono un dato ormai acquisito dal mondo
musicologico. È noto, infatti, come i responsabili della biblioteca berlinese,
avvicinandosi il momento della capitolazione finale, avessero decentrato la parte
più importante dei fondi di manoscritti e di stampe in numerose biblioteche
dislocate in punti periferici del Reich, allo scopo di preservare un materiale di
tale rilevanza dai bombardamenti. Sono stati abbastanza puntualmente ricostruiti
1
i movimenti di tale materiale nel dopoguerra, con il ritorno a Berlino di buona
parte di quanto si era disperso. Ma il rientro di questo materiale pativa già uno
degli effetti della guerra: la divisione della città in due parti e la conseguente
scissione in due sedi della precedente Preußische Staatsbibliothek: nella
Deutsche Staatsbibliothek confluirono i materiali che alla fine della guerra si
trovavano nelle biblioteche della nuova Repubblica Democratica Tedesca, nella
Staatsbibliothek Preußischer Kulturbesitz invece quanto era rimasto sul suolo
2
della nuova Repubblica Federale Tedesca. Non tutto il materiale
precedentemente posseduto dalla Preußische Staatsbibliothek fece ritorno: parte
1
PETER JAMES PALMER WHITEHEAD, The lost Berlin manuscripts, «Notes» 33 (1976), pp. 7-15;
ID. , The Berlin manuscripts Recovered, «Notes» 36 (1980), pp. 773-776; WILLIAM M. MCCLELLAN,
The curtain comes down on the lost Berlin manuscripts, «Notes» 37 (1980), pp. 309-310.
2
A seguito della riunificazione della Germania si è avuta anche la riunificazione delle due biblioteche
nella moderna Staatsbibliothek zu Berlin – Preussischer Kulturbesitz, che quindi riassume il ruolo e
l’importanza che ebbe a suo tempo la Preußische Staatsbibliothek.
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di esso non fu più rintracciato e venne creduto genericamente disperso per eventi
bellici. Alla fine degli anni ’70, tuttavia, in ambienti bibliotecari cominciò a
circolare la voce che tale materiale fosse da ricercare nei depositi della biblioteca
di Cracovia e in breve questa notizia ebbe riscontri sempre più puntuali, fino ad
essere del tutto confermata. Non è quindi una novità: da oltre venti anni è stata
3
finalmente localizzata una cospicua parte del disperso patrimonio berlinese,
patrimonio che era stato ampiamente segnalato e studiato prima della seconda
guerra mondiale e la cui scomparsa aveva creato disappunto in non pochi
studiosi. Considerata però l’importanza e la ricchezza del fondo rintracciato a
Cracovia, ben si comprende come ancora oggi ci sia chi sembra riscoprirlo con
inedito entusiasmo, quasi che ogni volta si verificasse la prima scoperta di oltre
4
Tuttavia ci sono due aspetti che destano una certa curiosità:
venti anni or sono.
da un lato la constatazione che il maggiore interesse verso questo fondo sembra
si sia limitato prevalentemente ai manoscritti dei grandi compositori tedeschi del
Barocco, del Classicismo e del Romanticismo, dall’altro che la comunità
internazionale non abbia sentito l’urgenza di una ricatalogazione puntuale di un
fondo così importante, o perlomeno non ne abbia sostenuto con vigore
l’iniziativa. A corredo di questa seconda riflessione bisogna però rammentare
come il materiale ora a Cracovia costituisca in certo qual modo un motivo di
imbarazzo nelle relazioni bilaterali fra Germania e Polonia: la prima nazione
rivendica la proprietà dei materiali, la seconda forse non vuol cedere facilmente
3
Estremamente rappresentativa dell’importanza del fondo, anche limitandosi ai soli manoscritti, è la gran
mole di autografi di autori come Bach (numerose cantate), Mozart (Così fan tutte, Le nozze di Figaro, la
sinfonia Jupiter), Beethoven (la Grosse Fuge, le sinfonie n. 7, 8 e 9), Mendelssohn (il Concerto per
violino, il Sogno di una notte di mezza estate), oltre a manoscritti di Haydn, Schubert, Schumann,
Brahms, Bruckner, solo per menzionare i maggiori. Ma il dato più rilevante, perché essenzialmente
inedito, è che non tutto il materiale che risultava disperso è rintracciabile a Cracovia: parte di esso manca
ancora all’appello, e tutto lascia prevedere che si trovi in biblioteche situate ancora più a Est.
4
Si veda ad esempio la prefazione a FELIX MENDELSSOHN BARTHOLDY, Mendelssohn's Concerto
for Violin and Orchestra in E Minor, op. 64: a Facsimile, foreword by H. C. Robbins Landon;
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