1. INTRODUZIONE
Nel sistema delle lingue romanze, il sardo occupa un posto a sé, per la sua speciale
fisionomia ed individualità; infatti mentre le altre lingue neolatine andavano nei secoli
evolvendosi, il Sardo, nel suo isolamento, conservava le sue peculiarità originarie e
arcaiche.
Col termine Sardo si intendono le varietà dialettali della Sardegna con esclusione di
Alghero, isola linguistica catalana, e di Carloforte e Calasetta, isole linguistiche
genovesi. Il Sardo si suddivide in cinque principali varietà:
- Nuorese, parlato nel centro dell'isola e nel Goceano con centro a Nuoro;
- Gallurese, parlato nella parte Nord-Orientale della Sardegna;
- Sassarese, nella città di Sassari e adiacenze;
- Logudorese, parlato nel centro-Nord della Sardegna;
- Campidanese, nel Sud dell'isola.
La lingua Sarda è stata riconosciuta per la prima volta, come lingua ufficiale della
Regione Sardegna, grazie alla legge Regionale n° 26 del 15 ottobre 1997, che ha per
oggetto la valorizzazione e la promozione della lingua e della cultura della Sardegna, e
le riconosce pari dignità rispetto alla lingua italiana; la stessa legge avvia un processo di
sostegno della storia, della cultura, della produzione letteraria, delle espressioni
artistiche e musicali. Estende inoltre il concetto di promozione e valorizzazione alla
cultura e alla lingua catalana di Alghero, al tabarchino delle isole del Sulcis, al dialetto
sassarese e a quello gallurese.
Il richiamo ai principi dello statuto speciale, alle competenze statutarie della Regione in
materia di beni culturali e a tutte le altre attribuzioni delegate che attengono alla piena
realizzazione dell’autonomia della Sardegna, dà al documento un’ulteriore
legittimizzazione retrospettiva.
5
Da un’analisi più attenta di alcuni aspetti emergono però punti oscuri, a partire
dall’enunciato del riconoscimento della “pari dignità” della lingua sarda nelle sue
varianti rispetto all’italiano; questo riconoscimento è ineccepibile in linea di principio,
ci si interroga, però, sulle modalità con le quali verrà attuato. Può una legge modificare
una situazione strutturale che in Sardegna è radicalmente diversa, fra l’altro, rispetto a
realtà di bilinguismo e biculturalismo vero come nel Trentino-Alto Adige e, fuori
dall’Italia, in Catalogna (“La Nuova Sardegna” 22 ottobre 1997)
1
. Si profila il rischio
che una riduzione della legge, nella sua fase di attuazione, ad un’operazione
esclusivamente linguocentrica e sardofona possa far passare in secondo piano non solo
la pluralità degli elementi e dei valori che costituiscono l’identità della Sardegna e che
sono strettamente legati alla sua storia, al suo tessuto sociale e culturale, ma anche la
stessa varietà delle espressioni linguistiche che vivono e si sviluppano là dove lo
consente la pluralità del territorio.
Il secondo rischio potrebbe derivare dai modi di attuazione di uno dei punti più delicati,
quello che individua fra gli strumenti operativi l’Osservatorio regionale per la cultura e
la lingua della Sardegna, da costituire presso l’Assessorato della Pubblica Istruzione,
Beni culturali, Informazione, Spettacolo e Sport: un organo consultivo, di nomina
dell’Assessore, costituito da specialisti di diverso livello. È legittimo il sospetto di
qualche distorsione
2
.
I valori da tutelare sono principalmente due: la partecipazione dal basso, che riflette un
rapporto fra cittadini ed istituzioni, e la ricerca colta.
1
Articolo pubblicato nella sezione cultura della Nuova Sardegna il 22 ottobre 1997 scritto da
Leandro Muoni.
2
G. Angioni, Sardegna 1900: lo sguardo antropologico, in Storia d'Italia, Le Regioni
dall'Unità a oggi, La Sardegna (a cura di L. Berliguer e A. Mattone), Einaudi 1998.
6
Questi valori rischiano di essere soffocati da un ceto burocratico intermedio che ha
autorità, ma rischia di non avere autorevolezza
3
.
Dopo il fallimento
4
nel 2001 della normativa "Limba Sarda Unificata" (LSU), la
Regione Sardegna adotta “Sa Limba Sarda Comuna” (LSC) tramite la delibera n° 16/14
del 18 aprile 2006. Per la prima volta nella storia dell'Autonomia, la Regione ha
adottato una delibera scritta in sardo (28 aprile 2006).
Si tratta della traduzione dell'atto con il quale il 18 aprile del medesimo anno si sono
approvate le norme di riferimento per la lingua sarda “in uscita” dagli uffici
dell'istituzione autonomistica e si istituiva "s'Ufìtziu de sa Limba Sarda" regionale. La
redazione finale del documento rappresenta un punto di incontro tra le diverse
sensibilità e le tendenze di uso amministrativo della limba che sono emerse nel dibattito
degli specialisti.
Resta fermo, così come sancisce la legge dello Stato n. 482, il valore esclusivo degli atti
in lingua italiana e la sperimentalità del percorso linguistico individuato dal governo
regionale. L'ufficializzazione della delibera tradotta in sardo cadde proprio in occasione
di "Sa die de sa Sardigna", il 28 aprile.
Con la stessa delibera che il 18 aprile del 2006 aveva approvato le norme della Limba
sarda comuna, il governo regionale aveva previsto la traduzione dello Statuto Speciale
della Sardegna e della legge 26 del 1997 che regola il sostegno delle iniziative in lingua
sarda. La traduzione dei due testi legislativi è stata realizzata a livello sperimentale
3
P.Pittalis, Storia della Letteratura in Sardegna, Edizioni della torre 1998.
4
Il primo incarico ai partecipanti alla commissione fu attribuito con la prima Convenzione n.
59/117 del 29 dicembre del 1998 (era allora in carica la Giunta di centro-sinistra con Benedetto
Ballero Assessore alla Cultura) e fu confermato con la seconda Convenzione n. 52/105 del 28
dicembre del 1999 (era allora in carica la Giunta di centro-destra con Pasquale Onida Assessore
alla Cultura). La Commissione ha lavorato fino al 28 febbraio del 2001, dopo essersi riunita in
21 occasioni. Il progetto è stato poi abbandonato.
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cercando di mantenere l'equilibrio tra la necessaria identità della lingua di minoranza
storica e l'efficacia di un codice giuridico - amministrativo.
La norma in Limba sarda comuna comprende elementi settentrionali e meridionali della
lingua che si ritrovano in modo naturale nello standard prescelto. La traduzione dello
Statuto ha privilegiato gli elementi settentrionali, mentre quella della Legge 26 ha
privilegiato quelli meridionali. Lo scarto tra le due versioni, è in realtà minimo e
conferma l'unità sostanziale del codice prescelto che salvaguarda l'unità pur non
cancellando la varietà locale.
Le scelte lessicali sono state operate tenendo conto, parola per parola, di un metodo che,
insieme alla salvaguardia di alcune voci identitarie, prevede la comparazione con le
maggiori lingue internazionali minoritarie o di grande comunicazione. Si tratta di un
primo tentativo di rafforzamento di un codice linguistico unitario giuridico per la lingua
di identità storica della Sardegna. Un laboratorio sempre aperto pronto ad accogliere
suggerimenti, miglioramenti, correzioni e consigli.
“Sa Limba sarda comuna è naturale per il 92,8 per cento, è in posizione mediana
rispetto a tutti i dialetti del sardo e può ancora essere migliorata per farla diventare la
lingua ufficiale dei sardi"
5
.
5
Roberto Bolognesi (linguista e fonologo presso L’Università di Amsterdam) incaricato dalla
Regione Sardegna di risolvere, assieme ad altri esperti, il problema della grafia unificata della
lingua sarda. Egli ha illustrato le conclusioni della sua ricerca durante la conferenza regionale di
Paulilatino nel 2007.
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2. LETTERATURA DELLA E DALLA SARDEGNA, OGGI
La storia della letteratura italiana è un argomento molto complesso in cui gli elementi
spaziali e storici hanno sempre costituito un intreccio più complicato che altrove. Fin
dalle origini gli intellettuali italiani hanno sviluppato una forte tensione unitaria, una
ricerca di motivi comuni per cui si può parlare di storia della letteratura nazionale,
tuttavia è incontestabile l’esistenza di diversi centri o stati-regionali che hanno
sviluppato tradizioni ed interessi che costituiscono varianti al modello unitario.
Alle radici del «caso sardo» è l’insularità, intesa come condizione storica e non solo
geografica, come spazio culturale composito, determinato da percorsi storici, politici e
culturali che non consentono di assimilare l’isola alle altre regioni: la Sardegna, a lungo
chiusa nella sua cultura mediterranea, è stata coinvolta nel 238 a.C. nell’orbita di Roma,
ma ha continuato ad ignorare la classicità.
Entrata tardi nel panorama medievale d’Italia, ha gravitato con ripercussioni profonde
nell’ambito di culture emergenti: pisana e genovese prima, catalana e spagnola poi,
infine piemontese ed italiana. L’isola, collocata «nel cuore di una potentissima centralità
per millenni fecondissima di innovazioni quale il Mediterraneo»
6
ha vissuto lunghi
periodi di isolamento, ma ha assorbito e rielaborato influssi culturali complessi e
differenti, che hanno determinato “un congiungersi e contrastare di componenti,
distinzioni ed opposizioni interne, per ceti e classi e varietà linguistiche e culturali”
7
.
Fra le ragioni che rendono particolarmente complessa la ricostruzione delle vicende
culturali dell’isola, la più significativa, è l’estrema articolazione del quadro: i diversi
6
Brigaglia, M. La letteratura in Sardegna: un popolo una terra, Milano, Istituto Editoriale
Italiano, 1963.
7
A. M. Cirese, La Cultura popolare della Sardegna: una chiave di lettura, in M. Brigaglia (a
cura di), La Sardegna cit., vol. II. 1982.
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livelli culturali, dovuti a differenti strati sociali ed economici; i livelli molteplici di
produzione, circolazione e fruizione culturale localmente articolata; la complessità dei
rapporti fra culture dell’oralità e culture della scrittura fino alla prima metà del secolo
scorso: la situazione è quella di una cultura alfabetizzata, ma prevalentemente orale,
accentuata dal fatto che la lingua locale parlata dalla maggior parte degli abitanti è
sempre stata molto povera di testi scritti
8
.
In conseguenza delle vicende politiche e culturali, la Sardegna è stata caratterizzata per
secoli da una condizione di multilinguismo. Il volgare sardo, dopo un iniziale periodo di
espansione, non ha trovato condizioni favorevoli al suo sviluppo ed è divenuto
subalterno alle lingue delle popolazioni dominanti.
L’alto medioevo, dal dissolvimento dell’organizzazione dell’impero romano alle lotte
solitarie contro gli Arabi, sino alla formazione dei Giudicati e all’intervento di Pisa e di
Genova, è uno dei periodi più oscuri nella storia della Sardegna.
Emerge in questo periodo con particolare evidenza il nodo storico dell’isola: la marcata
differenza fra le coste, permeabili all’influsso esterno, e la montagna, regno delle
«repubbliche orali».
Le testimonianze più esplicite si hanno nella Vita Fulgentii di Ferrando di Ruspe. La
cultura delle zone urbane è alfabetizzata e cristianizzata; protagonista della vita
culturale non solo di Cagliari è Fulgenzio, vescovo africano esiliato nell’isola.
La Sardegna dell’interno, invece, in particolare l’area barbaricina è legata alla cultura
del villaggio e del gruppo intorno al fuoco. È testimonianza di questa cultura la lettera,
Barbarinorum dux, che il Pontefice Gregorio Magno, nel 594, inviò come elogio al
capotribù Ospitone per la sua conversione al cristianesimo.
8
S. Maxia, L’arte e la letteratura: una chiave di lettura, in M. Brigaglia (a cura di), La
Sardegna cit., vol. I, 1982.
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A partire dal secolo XI, la Sardegna vive uno dei momenti più fertili della sua storia: la
«centralità» nel mediterraneo la colloca sul punto d’incontro di interessi strategici,
politici e commerciali.
In questo periodo compaiono le prime testimonianze in volgare sardo provenienti dalle
cancellerie dei Giudicati; sono infatti di questo periodo i condaghi, ovvero le pergamene
dove venivano scritti gli atti giuridici (es. donazioni): uno dei più famosi è il Libellus
judicum Turritanorum, sicuramente il documento più importante è la Carta de Logu,
ovvero uno dei primi codici di leggi, creato da Eleonora d’Arborea per il suo giudicato.
All’inizio del XIV secolo, la Sardegna viene «trascinata» nel vasto gioco politico
mediterraneo. Ceduta da Bonifacio VIII a Giacomo II d’Aragona, dopo l’unione col
Regno d’Aragona diventa parte integrante di un impero segnato politicamente
dall’assolutismo e dalla marcata centralizzazione: «periferia e dipendenza coincidono»
9
.
A causa di questi avvenimenti storici il volgare sardo viene privato dell’ufficialità in
favore dello spagnolo, così gli scrittori isolani divengono abili plurilingui non volendo
tralasciare le proprie tradizioni, uno di questi è Antonio Canu che nel Quattrocento
scrive Sa vida et sa Morte, et Passione de sanctu Gavinu, Prothu et Januariu, un
poemetto ispirato alla vita dei santi martiri turritani.
Ma nonostante la vitalità degli autori isolani il distacco tra la Sardegna e il resto
d’Europa si accentua sempre più, le correnti del Rinascimento sono praticamente
assenti, ad eccezione delle tracce che alcuni intellettuali portano dalle università italiane
e spagnole. Questa situazione andrà a modificarsi solo nel 1562 con la nascita
dell’università di Sassari. Di questo secolo esistono documenti di una vita culturale
ricca e multiforme. Lo testimonia la presenza di numerosi uomini di cultura che
9
J. Day, B. Anatra, L. Scaraffia, La Sardegna Medievale e Moderna, 1986.
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