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agli stimoli interni/esterni e di modificare il comportamento verso un
miglioramento delle prestazioni.
Tramite lo sport è possibile trasformare la tensione in attività coordinata, che
permette la scarica dell’aggressività; se questa fosse repressa potrebbe provocare
anche danni psicosomatici.
Attraverso lo sport il comportamento aggressivo può essere circoscritto in
ambiti limitati.
L’attività sportiva è un fenomeno che manifesta la persona nella sua totalità;
essa, infatti, controlla l’impulsività, promuove l’obiettività, il senso del corpo, la
tolleranza e la responsabilità.
L’attività corporea rappresenta un elemento essenziale di valorizzazione delle
personalità, sia perché permette di stabilire dei compromessi con le diverse
esigenze dell’io e dell’ambiente, sia perché crea una via d’uscita favorevole ai
bisogni vitali altamente socializzati( l’aggressività, la difesa ecc…).
In questo senso, la competizione sportiva costituisce un esperimento di
valorizzazione e di equilibrio della persona.
Ford IW, Eklund RC, Gordon S. An examination of psychosocial variables moderating the relationship
between life stress and injury time-loss among athletes of a high standard. Journal of Sports Sciences. 18: 301-312, 2000.
Martens R, Vealey R, Burton D. Competitive anxiety in sport. Human kinetics, Champaign, 1990.
Ntoumanis N. Empirical links between achievement goal theory and self-determination theory in sport. Journal of Sport Sciences. 19: 397-409,
2001.
Pensgaard AM, Roberts C. The relationship between motivational climate, perceived ability and sources of
distress among elite athletes. Journal of Sports Sciences. 18: 191- 200, 2000.
Tessier R, Lemure L, Fillion L. Mesure du Stress Psychologique MSP. The Aviora, Brosard-Québec, 1990.
Williams JM. Applied sport psychology: personal growth to peak performance (4th ed.). Mayfield Publishing Company, Mayfield, CA, 2001.
7
In tutte le attività sportive la propria individualità rappresenta uno degli aspetti
più delicati e che maggiormente condiziona la prestazione sportiva.
Infatti, il successo o l’insuccesso di un gruppo deriva anche dalle caratteristiche
personologiche degli atleti che lo compongono e dal tipo di relazioni che essi
riescono ad instaurare tra loro.
Spesso, infatti, squadre con ottimi elementi si trovano a perdere partite, che
sono state vinte invece da squadre che, se pur non formate da “fuoriclasse”, hanno
vissuto dei momenti agonistici eccezionalmente elevati grazie all’interdipendenza
positiva che sono riusciti ad instaurare tra loro.
Dall’antica Grecia ad oggi lo sport è sempre stato un fattore fondamentale per
lo sviluppo dell’individuo e per la sua aggregazione sociale, un potenziale
mediatore di salute. Nella storia dell’umanità, le gare sportive hanno sempre
assunto un valore di grande importanza infatti, nell’antica Grecia i giochi sportivi
rappresentavano un momento solenne della vita religiosa e politica.
Gli stessi giochi Olimpici si festeggiavano in onore di Zeus, quelli Istmici si
collegavano al culto di Poseidone, i giochi Pitici erano legati alla divinità di Apollo e
spesso agli dei venivano attribuite qualità e comportamenti sportivi.
Durante i giochi panellenici venivano sospese tutte le ostilità tra gli stati, ciò
pone in evidenza la particolare funzione esercitata dallo sport sul piano istintuale.
La ritualità propria delle manifestazioni sportive, costituiva il contenitore entro
il quale le energie istintuali trovavano un diverso e più costruttivo canale di
scarica.
Per secoli si è sostenuta la dicotomia mente – corpo, alimentando l’insana idea
che uno sportivo ben dotato sul piano fisico debba necessariamente essere
ipodotato sul piano intellettuale; per contro un vero intellettuale sembra debba
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essere necessariamente carente sul piano fisico, risultando atleticamente
ipodotato.
Com’è ormai appurato è impossibile e metodologicamente errato scindere le
due entità mente corpo proprio perché motilità, intelligenza e affettività non sono
entità distinte ma aspetti diversi e strettamente correlati della personalità.
Educare separatamente fisico e psiche è stato l’errore di quanti, partendo da
una visione cartesiana dell’uomo, hanno tenacemente tenuto separato l’intelletto (
in nome di un ipotetico primato di questo) dal vissuto corporeo e da tutte quelle
implicazioni cognitive, emotive e sociali che tale vissuto comporta.
Lo sport rappresenta un ambito dove, più che in altri, è possibile sperimentare
un rapporto con la propria fisicità, con il mondo istintuale (in particolare
l’aggressività) e confrontarsi con i coetanei.
L’attività ludica, connessa con quella agonistica, risulta un processo
fondamentale nell’evoluzione psicologica della persona, un potente strumento di
costruzione e adattamento, un’ espressione del passaggio dall’isolamento
egocentrico dell’infanzia alla relazione sociale.
Il praticare attività sportiva è certamente più impegnativo rispetto al passato,
anche in funzione di ciò che rappresenta, per i significati che assume, per le
aspettative che su di essa sono riposte, soprattutto da quelle nuove generazioni
troppo spesso influenzate e condizionate da modelli culturali e dai media,
esasperatamente materialistici. Il non rispettare le tappe evolutive, l’avere sempre
troppa fretta, il provocare ansia e stress, il voler vincere a tutti i costi, il ricercare la
prestazione finalizzata alla popolarità sociale, vissuta in modo troppo spesso
ossessivo, determina una mistificazione del rapporto con lo sport , che non
produce altro che abbandoni, fallimenti, frustrazioni e spesso disadattamento.
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La psicologia dello sport.
La psicologia dello sport 2è una vasta corrente di pensiero dove confluiscono
dottrine diverse come psicologia, medicina, psichiatria, sociologia, pedagogia,
filosofia, igiene ecc…
Questa disciplina riguarda:
ξ lo studio dei fattori mentali e psicologici che influenzano la partecipazione e
la prestazione sportiva;
ξ lo studio di fattori che sono influenzati dalla partecipazione e dalla
prestazione sportiva;
ξ l’applicazione delle conoscenze acquisite attraverso lo studio che, tramite
questa disciplina, viene effettuato;
ξ tutte le attività accademiche, di ricerca e professionali che forniscono la base
per comprendere e stimolare il comportamento delle persone praticanti
sport;
Infine, si rivolge a persone che svolgono la loro attività per piacere personale
e a quelli impegnati a livello di elite in attività specifiche.
Questa disciplina è interessata a come la partecipazione allo sport, all’esercizio
e all’attività fisica possa accrescere lo sviluppo personale ed il benessere durante
tutto l’arco della vita.
Gli psicologi si impegnano a comprendere i processi psicologici che guidano la
prestazione motoria, i modi attraverso cui si può stimolare l’apprendimento ed
incrementare la prestazione.
Probabilmente l’evento che ha sancito ufficialmente la sua divulgazione è
stato il Primo Congresso Mondiale di Psicologia dello Sport, tenutosi a Roma nel
1965.
2
Antonelli e Salvini 1978; Association for the advancement of applied sport psychology(AAASP) 1985; Statement
dell’international society pf sport psychology.
10
È del 1898 lo studio di Norman Triplett considerato convenzionalmente come
il primo vero esperimento scientifico realizzato in psicologia dello sport: in
quest’indagine si analizzavano gli effetti della presenza di altri concorrenti sulla
prestazione ciclistica.3
Risale al 1900, un articolo del celebre De Coubertin intitolato “La
Psicologia dello sport”, in cui afferma di aver sentito la necessità di proiettare sullo
sport “la luce della psicologia”
La psicodiagnostica è parte integrante di questa disciplina: mira alla
valutazione delle caratteristiche psicologiche generali e delle capacità cognitive
dell’atleta. Ha lo scopo di evidenziare o escludere la presenza di tratti
psicopatologici manifesti o latenti e fornire indicazioni circa le capacità visuo
immaginative, attentive e mnemoniche dell’atleta.
Negli ultimi anni l’orientamento è stato quello di mettere a punto e preferire
degli strumenti sport specifici, anche se spesso non è possibile fare a meno di scale
utilizzate per tutta la popolazione generale.
3
Davis, Huss, Becker,1995
11
La pallavolo
Nello specifico parlo di uno sport che ha da sempre fatto parte della mia vita
cioè la pallavolo, attività certamente fisica ma condizionata anche dalla
componente mentale e dalla sfera emotiva; è proprio su quest’ultimo aspetto che
concentrerò la mia ricerca.
Come prima cosa è necessario fare una precisazione tra i termini squadra e
gruppo: 4
Il gruppo è l’elemento base della squadra; si forma svolgendo un’ attività comune
come ad esempio in una classe scolastica. Nel gruppo l’individuo ha dei ruoli, ma
non ben delineati, attribuitigli spontaneamente dagli altri componenti. Inoltre non
c’è un unico leader. Le caratteristiche del gruppo non derivano dalla somma delle
caratteristiche individuali ma dalle dinamiche che si creano al suo interno.
In tutti i gruppi i membri adottano spontaneamente modelli di
comportamento che non sono solo abitudini ma veri e propri valori e principi.
La squadra può definirsi come un insieme dinamico costituito da individui che si
percepiscono più o meno interdipendenti per qualche aspetto. È considerata un
gruppo primario volontario in quanto lo scopo dell’aggregazione è soddisfare
bisogni emotivi e sociali di ogni membro. Sono gruppi ai quali si appartiene senza
obbligo.
Le caratteristiche del gruppo-squadra sono
. a livello individuale : la complementarietà
. a livello di gruppo:la visione comune
La trasformazione di un collettivo in squadra passa attraverso 5 stadi:
1)FORMING: in cui i membri familiarizzano
4
Luigi Fasce,Genova, (Relazione presentata al 1° Con vegno Provinciale di Sport e Medicina -Genova -30.5.98)
Michele Loporcaro, Dinamica dei Gruppi e Sport, Tesi discussa all'ISEF di L'Aquila -sede di Foggia -, a. a. 1996-97.
Roberto Tavola, "New Volley Time"
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2)STORMING: il gruppo comincia a fissare le prime regole di squadra
3)NORMING: i membri sostituiscono l’ostilità con la cooperazione. Il gruppo lavora
per un obiettivo comune.
4)PERFORMING: i membri utilizzano tutte le risorse per il successo del team.
5)ADJOURNING: i membri riducono i contatti tra loro e anche il senso di
dipendenza reciproca.
È importante valutare una squadra anche riguardo la sua composizione
numerica 5: è importante che una squadra abbia una composizione numerica
piuttosto ampia, per attingere dalle caratteristiche del singolo e poterle combinare
con quelle degli altri secondo vari modelli strategici.
Se però, più giocatori possiedono caratteristiche simili e ricoprono lo stesso
ruolo in campo, diviene problematico mantenere alta la loro motivazione ed
inoltre, tendono ad organizzarsi in sottogruppi, diminuendo di fatto la
cooperazione in vista di uno scopo comune; anche il livello di antagonismo interno
5
-Widmeyer, W.N., Brawley, L.R., Carron, A.V., Group Size in Sport, in “Journal of Sport and Exercise Psychology”, 12-1990, pp.177-190.
-Idem, Group Cohesion in Sport and Exercise, in R.N.Singer, M.Murphey e L.K.Tennant (a cura di), Handbook of Research on Sport Psychology, New
York 1993, Macmillan.
-Cei, A., Psicologia dello sport, 1998 Il Mulino, Bologna
-Carron, A.V., Widmeyer, W.N., Brawley, L.R., Group Cohesion and Individual Adherence to
Physical Activity, in “Journal of Sport and Exercise Psychology”, 10-1988, pp. 119-126
-Harkins, S.G., Latanè, B., Williams, K.D., Social Loafing: Allocating Effort or Taking it Easy, in “Journal of Experimental Social Psychology”, 16-1980,
pp.457-465.
-Hardy, C.L., Social Loafing: Motivational Losses in Collestive Performance, in “International
Journal of Sport Psychology”, 21-1990, pp. 305-327.
-Scilligo P., Bergerone,C., Cei, A., Ceridono, D., Formica, F., Relationship between Intrapsychic and Interpersonal Processes and Performance in
Team Sports, in “International Journal of Sport Psychology”, 4-1986, pp. 293-310.
-Jones, M.B., Regressing Group on Individual Effectiveness, in “Organization Behavior and Human Performance”, 11-1974, pp. 426-451.
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si innalza pericolosamente, perché ci si “deve” conquistare il posto in campo, ed il
compagno diviene l’avversario da battere.
Appare positiva la possibilità di recupero e negativa la diminuzione
dell’efficacia.
Nella squadra che invece ha una composizione numerica relativamente
piccola, si innalza la possibilità di scambi e di maggiore vicinanza psicologica ma vi è
anche una scarsa coesione sociale perché gli elementi si sentono sotto pressione
per la consapevolezza di essere necessari e per lo scarso numero di persone con cui
interagire.
Vi è una maggiore opportunità dei membri di scendere in campo, ma vi è una
ridotta possibilità di ricambio tra i giocatori.
Un altro aspetto da considerare riguarda le cosiddette proprietà della
squadra, cioè le caratteristiche biografiche ed il livello di abilità dei giocatori.
Maggiore è l’omogeneità delle caratteristiche biografiche (età, nazionalità,
religione…) maggiore sarà la possibilità di creare un gruppo coeso.
Vi sono poi degli eventi esterni al gruppo che esercitano influenze su entrambi
gli aspetti cioè trasferte di rilievo, pressione esercitata dal pubblico, dagli sponsor,
dai media e problemi personali.
Il prestigio all’interno di una squadra non equivale alla popolarità poiché
qualcuno che è simpatico come carattere potrebbe non incarnare i valori del
gruppo e quindi non avere influenza nel momento in cui si prendono le decisioni,
esattamente come nella squadra non è necessariamente chi ha il migliore
rendimento in campo ad essere il leader del gruppo.
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In una squadra esiste e si struttura spontaneamente una leadership naturale,
ma ne esiste anche una funzionale che è quella dell’allenatore e del dirigente,
ognuno con l’autorità che gli deriva dalle sue competenze.
Vi sono tre modi di condurre un gruppo e l’allenatore deve rivestire il ruolo di
leader 6 visto però come leader membro del gruppo e non certo come una figura
esterna ad esso:
Lassista: è colui che lascia fare
Autoritario: è colui che accentra tutto su di se
Democratico: è il più difficile da sostenere perché richiede una grossa conoscenza
di se stesso e degli allievi che si hanno di fronte. Il leader democratico deve essere
una persona sicura, duttile, aperta.
La pallavolo è un gioco che può essere senz’altro definito un “combattimento”
e che oppone due gruppi di persone.
1. 6 SHERIF M., (citato da R. J. TROTTER, “Muzafer Sherif: lo studio del comportamento interpersonale”, Psicologia contemporanea, N.76, Lug-
Ago 1986.
2. KETS DE VRIES M. F. R., Leader, giullari e impostori, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1994.
3. . CAPRARA G. V., “Voglia di leader”, Psicologia contemporanea, Mar-Apr 1996.
4. BROWN R., Psicologia Sociale dei gruppi, Bologna, Il Mulino, 1991
5. SHERIF M. et al., Intergroup Conflict and Cooperation. The Robber’s Cave Experiment, 1961.
6. VAN AVERMAET E., “L’influenza sociale nei piccoli gruppi” in AA VV, Introduzione alla Psicologia Sociale, a cura di Miles Hewstone et al.,
Bologna, Il Mulino, 1991).
7. MINGUZZI G. F., Dinamica psicologica dei gruppi sociali, Bologna, Il Mulino, 1973.
8. MACHIAVELLI N. (1532), Il Principe, Milano, Rizzoli, 1981.
9. MAZZALI S. Lo spogliatoio. Le dinamiche di gruppo nei giochi di squadra, Reggio Emilia, Koala Libri, 1995.
10. HOROUX H., “Problèmes psychologiques actuels du leader sportif”, Travaux Soc. Med. Belg. Ed. Phys. et Sp., N. 7, 1953.
11. ANTONELLI F., SALVINI A., Psicologia dello sport, Roma, EdiLombardo, 1987 (2^ ed. riveduta e corretta; ed. orig. Roma, La Stampa Sportiva,
1977).