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Il terzo capitolo, costituisce la parte sperimentale e cerca di dare
significato ai fenomeni speculari che intervengono nelle tre diverse
condizioni sperimentali, secondo un modello cognitivo di
funzionamento integrato dei differenti meccanismi nelle illusioni
come nell’orientamento in genere.
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CAPITOLO I
MECCANISMI VISIVI DI BASE
Introduzione
Nei primi anni del '900 la ricerca neurofisiologica, era giunta alla
dimostrazione dell’esistenza di centri sensoriali e motori con attività
specifiche. Con il progredire delle ricerche, lo studio del cervello ha
compiuto delle grandi scoperte, iniziando a conoscere
l’organizzazione funzionale di una parte di queste aree sensoriali ed
in particolare delle aree visive.
Per stabilire in che modo il cervello acquisisce la conoscenza del
mondo esterno, sono state necessarie numerose indagini e
l’intervento di altrettante discipline, come la biologia, l’anatomia, la
fisiologia e la psicologia cognitiva, che hanno dato un notevole
contributo alla ricerca neurofisiologica e alle attuali conoscenze sul
sistema visivo.
Lo studio del sistema visivo è un’impresa affascinante ed è un
campo di fondamentale importanza nell'ambito della psicologia
cognitiva e della psicologia sperimentale, che insieme ne studiano il
funzionamento.
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Il modo in cui il cervello acquisisce la conoscenza del mondo
esterno, è un processo che ha inizio nella retina dell’occhio e
termina nella corteccia cerebrale, dove varie aree sono deputate ad
analizzarne i diversi attributi come il colore, la forma e il
movimento.
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I.1. L’organizzazione funzionale della retina
La retina è una parte integrante del Sistema Nervoso Centrale, è
proprio a partire da questo organo che partono quegli stimoli che
sviluppano le interconnessioni necessarie per l’orientamento nello
spazio.
I.1.1. I coni e i bastoncelli
La retina è costituita da due tipi di neuroni, i coni e i bastoncelli,
un tipo di fotorecettori che rispondono in modo differente a diverse
intensità di luce.
I coni rispondono alle alte intensità di luce e assicurano la visione
diurna, ed è qui che ha inizio il lungo processo di analisi delle forme
e dei colori degli oggetti, che si concluderà solo a livello corticale.
I bastoncelli, numericamente maggiori, sono attivi alle basse
intensità di luce, e assicurano la visione notturna.
I coni vengono poi suddivisi in tre tipi a seconda dello spettro di
assorbimento del pigmento visivo in essi contenuto.
La presenza nella retina di due tipi di recettori che assorbono luce
di diversa lunghezza d’onda, costituisce la base per la visione dei
colori. Sia i coni che i bastoncelli presentano un corpo centrale dove
hanno sede gli apparati che controllano le attività metaboliche e
sintetiche della cellula.
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La porzione distale, o segmento esterno, è connessa al resto della
cellula da un sottile ponte citoplasmatico, detto cilio. Il segmento
esterno presenta una estesa membrana costituita da un miliardo di
molecole di rodopsina.
L’assorbimento della luce e la successiva trasduzione in segnali
elettrici avviene attraverso l’eccitamento dei bastoncelli, i quali
sensibili alla luce contengono rodopsina, capace di assorbire fotoni.
Ogni molecola di rodopsina è costituita da due componenti
essenziali: il retinale, che è la vitamina A in forma aldeidica, capace
di assorbire luce, e l’opsina, che è una proteina. Anche i pigmenti
visivi dei coni sono composti di due parti, una proteina detta opsina
e una molecola che assorbe la luce, che come nei bastoncelli, sembra
essere l’11-cis retinale. Tuttavia, esistono tre tipi diversi di coni
nella retina, ciascuno dei quali contiene una opsina diversa ed è
perciò in grado di assorbire, in maniera ottimale, la luce di parti
diverse dello spettro visivo. L’assorbimento di un singolo fotone da
parte di una molecola di rodopsina determina la chiusura di molte
centinaia di canali di Na+ (sodio); con ogni probabilità esiste un
messaggero chimico, forse un neurotrasmettitore o uno ione, che
trasmette questa informazione e, quindi, lo stimolo luminoso.
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La risposta delle cellule recettrici alla luce è
un’iperpolarizzazione, mediata dalla chiusura dei canali Na+, che
stanno normalmente chiusi al buio. Inoltre le sinapsi retiniche
liberano spontaneamente il neurotrasmettitore, che inibisce alcune
cellule bipolari (centro on) e, ne eccita altre (centro off). Tutte le
cellule poste alla periferia delle vie visive, trasmettono le proprie
informazioni senza generare potenziali d’azione. Trasformando la
luce in segnali nervosi, la retina dà il via al processo d’estrazione di
informazioni dall’ambiente, che inizia nei suoi fotorecettori per
terminare nei centri encefalici.
I.1.2. La retina
Una caratteristica peculiare della retina è che la luce deve
attraversare la maggior parte dei suoi strati, prima di colpire i
fotorecettori, che sono appunto i primi elementi nervosi delle vie
visive. La regione della retina che possiede la maggiore risoluzione
spaziale è la fovea, dove gli strati nervosi prossimali risultano
spostati lateralmente, consentendo ai fotorecettori, che in questa
zona sono rappresentati soprattutto dai coni, di ricevere le immagini
ottiche nella forma più distinta possibile.
La regione in cui tutte le fibre delle cellule gangliari si raccolgono
per formare il nervo ottico, è detta papilla ottica, da cui emergono i
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vasi sanguigni, che con le loro ramificazioni coprono quasi tutta la
superficie. L’area occupata dalla papilla, (denominata anche
macchia cieca) è priva di fotorecettori, quindi esiste una piccola
regione del campo visivo monoculare che in ogni istante sfugge alla
nostra visione.
Si tratta di una depressione della retina che interessa una
superficie di circa due decimetri di millimetro, che in termini
d’angolo visivo corrispondono a 2\3 di grado. Normalmente questo
“scotoma fisiologico” non è notato perchè gli occhi, animati da
incessanti movimenti d’esplorazione, spostano di continuo la
corrispondenza tra retina e campo visivo. I fotorecettori della retina
sono disposti in strati sovrapposti: un tipo d’organizzazione che
ricorda quello della corteccia cerebrale.
I.1.3 Cellule gangliari e importanza del campo recettivo
Il campo recettivo di una qualunque cellula del sistema visivo è
quella zona della retina la cui stimolazione può modificare la
risposta della cellula stessa.
I centri dei campi recettivi sono più piccoli nella fovea, dove
l’acuità visiva è maggiore, cioé la capacità di distinguere oggetti
piccoli, diventando progressivamente più grandi in rapporto alla
lontananza dalla fovea, e quindi alla riduzione dell’acuità visiva.
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Dunque, quando ci spostiamo dal centro della retina alla periferia,
le dimensioni dei centri dei campi recettivi aumentano e l’acuità
visiva diminuisce.
L’informazione sensoriale viaggia lungo gli assoni delle cellule
gangliari, verso il corpo genicolato laterale, il pretetto e il collicolo
superiore. Dai neuroni del corpo genicolato laterale, partono fibre
nervose dirette alla corteccia cerebrale, dove l’elaborazione dei
segnali visivi è codificata, rendendo possibile la percezione
cosciente (e non solo), del campo visivo. L’informazione sensoriale
elaborata dagli elementi delle prime stazioni retiniche è trasmessa
alle cellule gangliari, il cui campo recettivo è una regione della
retina facilmente influenzabile dalla stimolazione luminosa, capace
di modificare l’attività della cellula gangliare. Dalle cellule
gangliari, i cui assoni raccolti in un fascio prendono il nome di nervo
ottico, l’output retinico si dirige a una stazione di transito, detta
corpo genicolato laterale, raggiungendo, infine la Corteccia Visiva
Primaria, o Corteccia Striata, composta da quattro strati.
L’organizzazione dei campi recettivi è fondamentale per capire
come l’aspetto di un oggetto non dipenda in maniera esclusiva
dall’intensità della sorgente luminosa che lo illumina, quanto dal
contrasto spaziale, e cioé dal contrasto fra l’oggetto stesso e il suo
sfondo.
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Questa stessa organizzazione la si ritrova nell’esame della visione
dei colori. Attraverso lo studio clinico della retina del gatto, sono
state osservate tre sottoclassi di cellule gangliari, dette
rispettivamente X, Y e W. Le cellule X sono responsabili dei
processi che permettono un’elevata acuità visiva; le cellule Y hanno
corpi cellulari di grandi dimensioni, arborizzazioni dentritiche estese
e assoni dotati di elevata velocità di conduzione. Le cellule Y
rispondono soltanto alla presentazione di oggetti di grande
dimensione e hanno notevole importanza nell’analisi iniziale di
forme grezze. Le cellule W hanno arborizzazioni dentritiche molto
grandi che proiettano al collicolo superiore; la loro funzione è legata
ai movimenti del capo e degli occhi. Gli assoni di tutti e tre i tipi di
cellule gangliari escono dalla retina, confluendo verso il disco ottico,
che è la regione dove acquistano la guaina mielinica, e si uniscono
ad altri assoni per formare il nervo ottico.
I nervi ottici di entrambe gli occhi si incontrano a livello del
chiasma ottico, ed è proprio a questo livello che le fibre dirette verso
il tronco encefalico acquistano una disposizione particolare. Le fibre
che provengono dall’emiretina nasale di ciascun occhio, a livello del
chiasma ottico, si incrociano dirigendosi verso il corpo genicolato
controlaterale, mentre le fibre provenienti dell’emiretina temporale
attraversano il chiasma ottico e vanno al corpo genicolato
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omolaterale, dunque l'output delle metà destre delle due emiretine
termina all’emisfero sinistro. Quindi l’informazione che proviene dal
campo visivo destro proietta all’emisfero sinistro e viceversa. Dallo
studio dettagliato delle fibre del tratto ottico, si può concludere che il
tratto ottico sinistro conterrà informazioni visive provenienti
dall’emiretina nasale destra e dall’emiretina temporale sinistra,
contenendo una rappresentazione completa dell'emicampo visivo
destro, e viceversa. Gli assoni del tratto ottico (destro e sinistro)
fanno sinapsi nel corpo genicolato laterale del talamo, a loro volta le
cellule del corpo genicolato laterale inviano i loro assoni alla
Corteccia Visiva Primaria, anche detta Corteccia Striata. Il concetto
di campo recettivo fa riferimento alla parte del mondo esterno, visto
da una singola cellula, questo cambia da una cellula gangliare l’altra.
I.1.4. Cenni storici
Intorno al 1950, Stephen Kuffler registrò le risposte delle cellule
gangliari individuando due tipi di cellule che definì cellule centro-on
e cellule centro-off, notando che una cellula centro-on scarica a una
maggiore frequenza quando lo stimolo luminoso cade all’interno di
un'area precisa, al centro o quasi del campo recettivo. Quindi, i
campi recettivi di una cellula gangliare della retina sono due: centro-
on, con una zona centrale eccitatoria e una periferica inibitoria, e
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centro-off con una zona centrale inibitoria e una periferica
eccitatoria; le dimensioni dei campi recettivi variano da una cellula
gangliare all’altra, a seconda delle zone della retina. Ogni zona della
retina possiede, infatti, sottoclassi diverse di cellule gangliari con
proprietà morfologiche e funzionali distinte. La struttura dei campi
recettivi è un’esempio di organizzazione antagonistica analoga a
quella utilizzata dal sistema somatosensoriale.
Le cellule specifiche per l’orientamento, possiedono marcate
differenze al loro interno, non solo nell’orientamento ottimale dello
stimolo o nella posizione del campo recettivo sulla retina, ma
differiscono soprattutto nel comportamento, ed è per questo che sono
state definite in modo differente e suddivise in: cellule semplici,
complesse ed ipercomplesse.
Fino alla fine degli anni cinquanta, pochissimi ricercatori avevano
provato a registrare le risposte da singole cellule della corteccia
visiva, e coloro che lo avevano fatto non avevano ottenuto risultati
incoraggianti.
Le cellule della Corteccia visiva sembrano lavorare in modo
molto simile a quelle della retina: furono individuate cellule centro
on e cellule centro off, più un’altra classe di cellule che non
rispondevano per niente agli stimoli luminosi.
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Il metodo utilizzato per attivare le cellule corticali, consisteva
nell’inondare la retina con luce diffusa, che risultò essere ben presto
fuorviante, in quanto per attivare queste cellule, non è necessario che
esse siano inondate di luce, ma sono necessarie una serie di
condizioni che riguardano, sia lo stimolo sia la cellula stessa. Hubel
e Wiesel, dopo numerose registrazioni eseguite sulla corteccia del
gatto nel 1958, scoprirono un tipo di cellula che più tardi fu definita
di tipo complesso. Per evocare una risposta nelle cellule di tipo
complesso bisogna trovare la parte adatta del campo visivo da
stimolare, il modo più efficace di influenzare una cellula è quello di
far passare un qualunque segmento di linea attraverso il campo
recettivo, in direzione perpendicolare all’orientamento della linea. Il
segmento può essere chiaro su sfondo scuro e viceversa, o un
margine tra luce e buio. Alcune cellule preferiscono uno di questi
stimoli, altre rispondono a tutti e tre. Una cellula tipica
dell’orientamento, risponde maggiormente ad un certo orientamento
dello stimolo, la risposta viene misurata in numero di impulsi per
attraversamento del campo recettivo, che diminuiscono quando
l’orientamento cambia di 10 o 20 gradi nei due sensi, cadendo
rapidamente a zero al di là di questo ambito ( Hubel & Wiesel,
1989).
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I.1.5. Cellule semplici, complesse e ipercomplesse
All’interno della Corteccia dunque, il flusso delle informazioni
passa attraverso una serie di strati. La maggior parte delle cellule del
primo strato, avendo campi recettivi circolari, producono la stessa
risposta, indipendentemente dal loro orientamento. Quindi una linea
o un contorno producono la stessa risposta indipendentemente dal
loro orientamento.
La distinzione più utile che può essere fatta è tra classi di cellule
definite semplici complesse e ipercomplesse.
Le cellule semplici hanno un campo recettivo piccolo e delineato,
all’interno del quale un punto luminoso produce una risposta on
oppure off, a seconda della zona del campo recettivo che lo stimolo
colpisce. E’ stato ipotizzato che, le cellule semplici siano situate nel
circuito corticale in una posizione vicina all’arrivo dell’input.
Lo stadio successivo nel processo di analisi dell’informazione
visiva è rappresentato dalle cellule complesse. Le cellule di tipo
complesso hanno campi recettivi più grandi e rispondono a stimoli
orientati in maniera precisa, ma indipendentemente dalla zona del
campo recettivo in cui si trova lo stimolo.
Diversamente le cellule semplici, oltre a gradire un certo
orientamento, devono essere colpite su una zona (on o off) del
campo recettivo, affinché si ottenga una risposta consistente.
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Hubel e Wiesel ritengono che le interazioni tra le cellule semplici
e le cellule complesse possano avere importanza per la percezione
delle forme, indipendentemente dalla posizione della retina sulla
quale esse si proiettano.
Le cellule semplici e le cellule complesse hanno in comune la
proprietà di rispondere solo a linee orientate in modo specifico. Le
cellule specifiche per l’orientamento rispondono, comunque, meglio
a una linea in movimento rispetto a una linea fissa. Infatti uno
spostamento di un oggetto nel campo visivo, o un piccolo
movimento saccadico dell’occhio, attiva una nuova popolazione di
cellule semplici, perché queste cellule sono sensibili alla posizione
esatta delle linee nel campo recettivo, mentre se il movimento è
piccolo continuerà a eccitare la stessa popolazione di cellule
complesse. Le cellule complesse hanno campi recettivi più grandi
che non sono suddivisi in zone e che rispondono al movimento dello
stimolo nel campo recettivo.
Queste cellule hanno, dunque la capacità di riconoscere le stesse
forme dovunque siano localizzate nel campo visivo, su una vasta
scala di posizioni.