4
Ad un anno circa dall’evento acuto, un terzo circa dei soggetti sopravviventi ad un ictus,
indipendentemente dal fatto che sia emorragico o ischemico, presenta un grado di disabilità
elevato, tanto da poterli definire totalmente dipendenti.
L’ictus cerebrale, rappresenta in Italia una delle patologie riconosciute tra le più costose in
termini di assistenza post-stroke
1
, dovute principalmente alla persistenza di gravi esiti
invalidanti
2
; quindi, si ribadisce l’importanza di interventi precoci nella diagnosi, cura e
trattamento dell’ictus in fase acuta grazie all’intervento delle Stroke Units.
1
Adelman SM National Survey of Stroke: economic impact.; 12(suppl.1): 69-87
2
Dunbabin M.Cost-effective intervention in stroke.
5
FATTORI DI RISCHIO
Essi si dividono in correggibili e non correggibili.
Fattori di rischio non correggibili:
¾ Età. Il rischio di ictus cresce in maniera esponenziale con l’aumentare dell’età, come
confermato anche dall’analisi dei dati di Framingham Study
3
. I due terzi degli ictus
colpiscono persone al di sopra dei 65 anni.
¾ Sesso. Gli uomini hanno una probabilità lievemente superiore alle donne, ma poichè
queste sopravvivono più a lungo, la mortalità annua per ictus vede prevalere il sesso
femminile.
¾ Razza. Gli afro-americani hanno un rischio piu' elevato rispetto agli altri gruppi
razziali.
¾ Fattori genetici. Una storia familiare positiva per malattia cerebrovascolare è spesso
considerata un fattore di rischio per ictus. Negli ultimi anni studi familiari hanno dimostrato
un significativo contributo genetico all’ictus ischemico. Esiste una predisposizione ereditaria
anche all’ictus emorragico, in particolare agli aneurismi intracranici e all’emorragia
subaracnoidea. Il ruolo dei fattori genetici nell’ictus cerebrale può essere diretto o mediato.
Nel primo caso alterazioni genetiche possono essere di per sé legate all’insorgenza dell’ictus,
nell’altro i geni possono contribuire all’ictus attraverso fattori di rischio classici o nuovi.
3
Wolf PA.Probability of stroke 2003
6
Fattori di rischio correggibili:
¾ Ipertensione arteriosa
¾ Ipercolesterolemia
¾ Ipertrigliceridemia
¾ Diabete mellito 1 e 2
¾ Iperomocisteinemia
¾ Trattamenti estroprogestinici
¾ Fumo
¾ Sedentarietà
¾ Obesità
¾ Disfunzioni cardiache, in particolar modo la fibrillazione atriale
¾ Alcool
¾ Stress
¾ Infezioni
¾ Uso di droghe
¾ Emicrania
¾ Inquinamento atmosferico
Ipertensione arteriosa: è un fattore di rischio per ictus ischemico ed emorragico,
considerando “border line” il valore 140/90
Ipercolesterolemia: il rapporto tra livelli di colesterolo e ictus è meno stretto e definito
rispetto a quello che la colesterolemia ha con la cardiopatia ischemica.
Ipertrigliceridemia: Poco è noto sul ruolo dei trigliceridi.
7
Lo studio BIP
4
ha mostrato che alti livelli di trigliceridi sono un fattore di rischio indipendente
per ictus ischemico e TIA
Diabete mellito 1 e 2: Se il Diabete si tratti come fattore di rischio correggibile è ancora
oggetto di discussione. I soggetti diabetici hanno un rischio maggiore di incorrere in un ictus
anche se sono ben controllati dal trattamento farmacologico e dietetico.
La vasculopatia tipica del diabete mellito è quella che colpisce i piccoli vasi (capillari,
arteriole e venule) e che viene comunemente indicata con il termine di microangiopatia
diabetica nella quale si ha l’ispessimento della membrana basale del vaso di entità variabile e
di regola proporzionale alla durata della malattia. Altra complicanza è la macroangiopatia
diabetica. L’aterosclerosi coronaria è responsabile di circa il 75% della mortalità dei diabetici,
il resto della mortalità è dovuto a malattie vascolari cerebrali e periferiche degli arti inferiori.
Inoltre i pazienti diabetici sono più probabilmente ipertesi e/o dislipidemici.
Iperomocisteinemia:
Non vi è dubbio che tale che tale condizione rappresenti effettivamente un “nuovo” fattore di
rischio sia per aterosclerosi sia per trombosi
5
.
I meccanismi mediante i quali l’omocisteina esercita il suo ruolo aterogeno e trombogeno
sono stati soltanto in parte dimostrati in maniera sicura anche se quello sull’endotelio appare
tra i più rilevanti.
I recenti studi hanno messo in relazione l’iperomocisteinemia con alterazioni della parete
arteriosa, quali aneurismi e dissecazione arteriosa.
Secondo uno studio durato 14 anni ha indicato che un aumento dell'assunzione di folati è
associato ad un ridotto rischio di ictus ischemico negli uomini
6
ma non di quello emorragico.
4
Tanne D.Bllod lipids and first-ever ischemic stroke/trannsient ischemic attack
5
Nehler MR.Homocysteinemia as a risk factor for atherosclerosis: a review. Cardiovasc Surg 1997
6
( Xagena_2004)
8
Fumo: È noto da tempo che il fumo aumenta il rischio di ictus ischemico e emorragia
subaracnoidea (ma non di emorragia intraparenchimale) e che la sua cessazione lo riduce. Il
fumo raddoppia il rischio di avere un ictus. Il fumo danneggia le pareti delle arterie e quindi:
favorisce la comparsa di placche e ne accelera la crescita sino a determinare la chiusura del
vaso, aumenta i valori di pressione arteriosa, rende più arduo il lavoro del cuore.
Attività Fisica
Le conoscenze circa il ruolo protettivo dell’attività fisica nei riguardi dell’ictus derivano non
da studi randomizzati ma da studi osservazionali.
Nel complesso questi dimostrano che una moderata attività fisica è associata ad un ridotto
rischio di ictus rispetto all’inattività ma i risultati vanno presi con cautela perché esiste una
notevole discrepanza nelle definizioni dei livelli.
Alcool
L’associazione fra consumo di alcool e insorgenza di ictus è poco chiara e potrebbe essere
diversa per le diverse razze. Al momento sembra che i forti bevitori siano ad aumentato
rischio sia di ictus ischemico che emorragico mentre un moderato consumo di alcool sarebbe
un fattore protettivo. Questi dati sono confermati anche da una recente metanalisi.
7
Un moderato consumo di alcool, non superiore a due unità giornaliere (1 unità=una lattina di
birra o un bicchiere di vino o un bicchierino di superalcolico) conferirebbe un effetto “pro-
tettivo”, associandosi a una minore incidenza di ictus, analogamente a quanto dimostrato per
la malattia coronarica.
Tuttavia, il rischio di ictus ischemico si triplica nei bevitori che
superano le sette unità giornaliere.
7
Sacco RL, Paick MC The protective effect of moderate alcohol consumption on ischemic stroke, 2002
9
Obesità: secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) l’obesità è una condizione
morbosa caratterizzata da un eccessivo peso corporeo per un accumulo di tessuto adiposo in
misura tale da influire negativamente sullo stato di salute.
E’ una patologia cronica, ad eziologia multifattoriale, accompagnata da un elevato rischio di
mortalità e di morbilità, quindi è considerata un vero e proprio fattore di rischio
cardiovascolare.
Un valore importante è dato dal BMI (Body Mass Index).
Si calcola come il rapporto del peso, espresso in Kg., l’altezza, espressa in metri quadrati.
Sulla base del BMI possiamo classificare l’obesità come segue; cioè:
ξ Un individuo con BMI inferiore a 18.5 è considerato sottopeso
ξ Fra 18.5 e 24.9 è considerato normale
ξ Si parla di soprappeso per un BMI compreso tra 25 e 29.9
ξ Fra 30 e 34.9 si parla di obesità di primo grado
ξ Obesità di secondo grado tra 35 e 39.9
ξ Obesità grave, grande obesità, obesità di terzo grado sopra i 40
Infezioni
Diversi studi hanno dimostrato che un episodio infettivo di recente insorgenza è un fattore di
rischio per ictus ischemico. Sono in aumento le evidenze che bronchiti croniche, infezioni
croniche e possibili riacutizzazioni con agenti quali Chlamydia pneumoniae, Helicobacter
pylori, Cytomegalovirus e infezioni del cavo orale possono essere associate all’aumento del
rischio per eventi ischemici cerebrovascolari.
Per contro, la vaccinazione anti-influenzale
sembra conferire una maggiore protezione contro il rischio di ictus.
Anche la sifilide, la tubercolosi e l’infezione da HIV possono predisporre ad ictus cerebrali
10
Uso di droghe
I dati epidemiologici relativi all’incidenza di ictus nei consumatori di droghe sono scarsi. Le
segnalazioni hanno carattere sporadico come serie di casi o case report. Tuttavia sembra
possibile che l’uso di droghe si associ ad un aumento di rischio. In particolare, l’uso di
cocaina può favorire l’insorgenza sia di emorragie che di ischemie cerebrali. Benché in
misura minore anche altre droghe, quali amfetamina, eroina, LSD, PCP (fenciclidina), e
marijuana sono state associate alla comparsa di ictus.
Emicrania . Fra il 20% e il 40% degli ictus in donne emicraniche insorgono dopo un attacco
emicranico.
Inquinamento atmosferico
Uno studio recente ha evidenziato che gli inquinanti atmosferici (particelle sospese, SO
2
; NO
2
e CO) si associano ad un aumento di mortalità per l’ ictus cerebrale ischemico, ma non per
quello emorragico.
INTERAZIONE FRA FATTORI DI RISCHIO
I fattori di rischio interagiscono in modo fattoriale e non semplicemente additivo e il rischio di
morte per ictus aumenta all’aumentare del numero dei fattori di rischio, anche quando i sin-
goli fattori sono di scarso significato clinico.
È quindi importante una precoce individuazione
al fine di definire il profilo di rischio di ogni singolo paziente e di correggere quanto prima
quei fattori che sono suscettibili di un intervento. Sono state elaborate tabelle che esprimono
la probabilità di subire un ictus in relazione a un punteggio che tiene conto della
concomitanza di più fattori di rischio e della loro gravità.
11
MALATTIE CEREBROVASCOLARI
Le malattie cerebrovascolari si dividono in ischemiche ed emorragiche.
Le ischemiche si suddividono in acute e croniche.
Le acute si dividono in TIA (attacchi ischemici transitori) ed ICTUS o Stroke
Le croniche si dividono in:
ξ MID (Demenza Multinfartuale), caratterizzata dalla ricorrenza di attacchi ischemici
transitori o episodi ictali seguiti a breve tempo dall’insorgenza di demenza; intendendo per
demenza una sindrome clinica caratterizzata dalla presenza di un deficit della memoria
associato a disturbi in altre aree cognitive, che causa una significativa riduzione della capacità
di svolgere le comuni attività della vita quotidiana
8
.
ξ Malattia di Biswanger (encefalopatia aterosclerotica sottocorticale) caratterizzata dalla
comparsa di demenza e alterazioni motorie in pazienti che presentano uno stato ischemico
cronico della sostanza bianca sottocorticale, ovvero leucoaraiosi cioè una lesione aspecifica
della sostanza bianca periventricolare.
Secondo un’ultima classificazione, il concetto di MID è stato sostituito con quello di
Demenza Vascolare
9
nel quale sono incluse tutte le forme di deterioramento mentale che
riconoscono una eziologia vascolare.
Le malattie emorragiche, si dividono in spontanee e traumatiche.
Le spontanee comprendono l’ESA (emorragia subaracnoidea) e l’ematoma intracerebrale.
Quelle traumatiche si dividono in extracerebrale ed intracerebrale.
Le malattie emorragiche extracerebrali comprendono l’ematoma epidurale; l’ematoma
sottodurale (acuto e cronico) e l’emorragia subaracnoidea post-traumatica.
Le malattie emorragiche intracerebrali sono rappresentati dai focolai emorragici
intraparenchimali.
8
DSM-4, 1994 Le Demenze Reversibili Le Demenze Utet M.Trabucchi, 2000
9
Demenze Vascolari , Le Demenze M.Trabucchi Utet 2000
12
DEFINIZIONE DI ICTUS
L’ictus è un’emergenza medica-neurologica e occasionalmente anche chirurgica.
L’ictus o stroke, è definito come un improvviso deficit neurologico dovuto ad un’ischemia o
ad una emorragia con segni focali (paresi, afasia, disorientamento spaziale, amnesia) del
sistema nervoso centrale.
Lo stroke ischemico, rappresenta il 75%-80% di tutti gli Stroke ed è causato dall’occlusione
anatomica o funzionale di un vaso che porta a cessazione di apporto di ossigeno e glucosio al
cervello con successivo blocco dei processi metabolici nel territorio colpito.
Un infarto ischemico è una irreversibile lesione strutturale a livello del tessuto del sistema
nervoso.
Si parla di TIA , ovvero attacco ischemico transitorio, un deficit neurologico ad esordio
improvviso e con risoluzione completa entro 24 ore
13
SINTOMATOLOGIA
La differenza fra TIA ed ICTUS consiste nella durata dei segni e/o sintomi.
TIA minore di 24 ore; ICTUS maggiore di 24 ore.
Un individuo che ha avuto un TIA ha maggiori probabilità di subire un ictus.
Si distinguono in territorio vertebro- basilare e carotideo.
TERRITORIO CAROTIDEO: anatomicamente la carotide esterna irrora la faccia e il cuoio
capelluto. La carotide interna irrora i due terzi anteriori dell’emisfero cerebrale e i nuclei della
base.
Segni e sintomi:
¾ Cecità transitoria (amaurosi fugax) determinata generalmente dall’occlusione della
carotide interna, prima dell’emergenza dell’arteria oftalmica.
¾ Improvvisa comparsa di un deficit neurologico focale rappresentato nella maggior
parte dei casi da un disturbo della forza e/o della sensibilità in un emilato corporeo
controlaterale alla sede della lesione.
¾ Nel caso che la sede dell’evento acuto sia dell’emisfero sinistro (evento destrimane)
tale deficit si accompagnerà ad un disturbo del linguaggio (afasia) di tipo espressivo,
comprensivo o misto associato a volte allo stato di coma.
¾ Nel caso che la sede dell’evento acuto sia nell’emisfero destro , tale deficit si
accompagnerà a disturbi spaziali (neglect) e emisomatoagnosia.
Prognosi: nelle prime 72 ore si ha una mortalità pari al 10%-15% dovuta direttamente alla
lesione emisferica, per la presenza di edema che si forma intorno al tessuto necrotico,
responsabile di ipertensione endocranica in quanto le linee di forza si sviluppano secondo una
14
direzione centripeta causando un dislocamento di tessuto sano al di sotto del tentorio, fino ad
arrivare al bulbo ove sono presenti i centri del respiro, quindi coma e/o morte.
TERRITORIO VERTEBRO-BASILARE: anatomicamente si intende il tronco, il
cervelletto e il terzo posteriore dell’emisfero cerebrale.
Segni e sintomi:
¾ Emianopsia laterale omonima
¾ Disturbi cerebellari quali vertigini, diplopia (compromissione nervi oculo-motori);
parestesie in territorio trigeminali (rari)
¾ “sindromi alterne” caratterizzate dalla presenza di segni di compromissione delle vie
lunghe piramidali e/o spinotalamiche e dalla compromissione di uno o più nuclei dei nervi
cranici.
Dal punto di vista clinico il tutto si esprime con un deficit motorio e/o sensitivo a carico
dell’emilato corporeo controlaterale alla sede della lesione e da deficit di uno o più nervi
cranici omolateralmente alla lesione stessa.
L’ictus in questo territorio ha prognosi peggiore rispetto a quello carotideo in quanto il quadro
clinico sovente comprende disturbi dello stato di coscienza e disturbi delle principali funzioni
vitali (respiro, termoregolazione, pressione arteriosa).
15
MODALITA’ PATOGENETICA ICTUS ISCHEMICO
¾ Fattore trombo-embolico
¾ Emodinamico
¾ Cardio-emboligeno
Fattore cardioemboligeno: formazione di trombi-emboli in corrispondenza delle cavità
cardiache e dei lembi valvolari.
I segni clinici sono:
1. fibrillazione atriale, in cui la contrazione irregolare determina un ristagno con pericolo
di trombo-embolia
2. Valvulopatie che possono essere di vario tipo come quelle reumatiche
3. altre aritmie cardiache
Fattore emodinamico: causato da grave ipotensione quindi shock; oppure da ipossia per
anemia o per intossicazione da CO
Fattore trombo-embolico: i trombi sono coaguli, aggregati di piastrine e fibrina, sovrapposti a
una placca aterosclerotica.
Gli emboli sono coaguli che possono essere di origini cardiaca o provenire dalla
frammentazione di un trombo o di una placca aterosclerotica ulcerata.
Il meccanismo tromboembolico puo’ essere dovuto ad una lesione aterosclerotica del lume
vasale tale da chiuderlo (formazione di un trombo); oppure si puo’ avere l’occlusione nei vasi
periferici per un embolo partito da altra sede.
16
La sede principale delle placche aterosclerotiche è nel punto di biforcazione dei grossi vasi,
soprattutto tra la carotide interna ed esterna: oppure a monte della biforcazione tra arteria
cerebrale media e anteriore e oftalmica.
. L’embolismo è il più frequente meccanismo eziopatogenetico.
ATEROSCLEROSI: è responsabile della maggior parte dei casi di infarto miocardio e
cerebrale, e rappresenta pertanto la principale causa di morte nel mondo occidentale.
Il termine aterosclerosi è usato per descrivere le lesioni ispessite ed indurite delle arterie
medie e grandi, muscolari ed elastiche.
Il suo elemento caratteristico è l’ateroma una lesione ricca di lipidi.
Il termine arteriosclerosi indica, invece, l’ispessimento e l’indurimento delle arterie di ogni
tipo e dimensione.
Le lesioni aterosclerotiche originano nello strato più interno dell’arteria, l’intima; sono
generalmente eccentriche e, se sufficientemente grandi, possono occludere l’arteria e
compromettere la circolazione di organi e tessuti, con conseguente ischemia o necrosi.
Se ciò avviene, si giungerà spesso alle caratteristiche conseguenze cliniche dell’infarto del
miocardio, o cerebrale (Stroke).
Lesioni aterosclerotiche.
Le due principali forme di aterosclerosi sono la lesione precoce o stria lipidica e la lesione
avanzata o ateroma, che può diventare complicata.
La stria lipidica è la più comune ed ubiquitaria lesione aterosclerotica.
E’ localizzata nell’intima, è ricoperta da un endotelio intatto ed è costituita da macrofagi
ripieni di linfociti T e lipidi; quando si accresce alle due precedenti componenti, si
aggiungono anche le cellule muscolari lisce migrate dalla media.