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INTRODUZIONE
Negli ultimi cinquant‟anni è avvenuta una profonda trasformazione dell‟assistenza sanitaria
nel nostro Paese che ha portato ad un radicale ripensamento dell‟organizzazione del sistema e
dell‟erogazione dei servizi socio-sanitari. Questi importanti cambiamenti sono da imputare a
diversi fattori quali:
continui progressi tecnologici e nuove scoperte scientifiche che hanno spostato in
avanti i confini della medicina. Infatti a partire dalla metà degli anni ‟60 si è verificato
un processo di sviluppo scientifico e organizzativo in tutti i settori sanitari, tale per cui
si è passati da discipline generali a specialistiche. Nell‟ultimo ventennio si è inoltre
assistito all‟introduzione di tecnologie altamente sofisticate a cui è seguito un processo
di rapida evoluzione delle stesse. Diventa quindi necessario identificare soluzioni
organizzativo-gestionali che consentano di attivare processi di integrazione
orizzontale, basati su criteri di aggregazione tra le professioni, al fine di condividere le
nuove conoscenze e costruire il percorso diagnostico-terapeutico del paziente;
importanti modifiche dal punto di vista demografico: l‟attuale scenario italiano
presenta un gran numero di anziani che necessitano di assistenza sanitaria, tanto da
determinare l‟inversione di crescita nel nostro Paese e l‟inizio della diminuzione della
popolazione. Di qui l‟esigenza di specializzare le risposte alle richieste dell‟utente
riorganizzando le funzioni e le relazioni operative tra sistema ospedaliero e modelli di
assistenza domiciliare integrata. Nasce l‟esigenza di inserire nell‟organizzazione
nuove figure indispensabili all‟assistenza (care-giver) e strutture dedicate alla gestione
di pazienti anziani con problemi specifici, al fine di garantire continuità assistenziale,
appropriatezza di cure e garanzia dei livelli assistenziali necessari;
l‟evoluzione della situazione economica e i cambiamenti socio-culturali. Nel sistema
sanitario italiano sono stati introdotti, attraverso il meccanismo dell‟accreditamento,
elementi competitivi tra strutture di offerta pubbliche e private, i quali sottolineano la
libera scelta del cittadino nell‟individuare i soggetti che ritiene più idonei ad erogare le
prestazioni di cui necessita. L‟utente svolge così un ruolo molto rilevante, assumendo
una centralità primaria nel proprio percorso di cura (empowerment del cittadino).
L‟introduzione di questi meccanismi fortemente competitivi spinge le aziende
sanitarie a ripensare alle loro scelte organizzative per rispondere ai crescenti
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fabbisogni di razionalizzazione dei costi, mantenendo comunque un‟efficacia
organizzativa
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;
fondamentali cambiamenti sul fronte assistenziale, dove si passa da un‟attenzione per
i segni e i sintomi, tipici del modello biomedico, ad una valutazione e presa in carico
globale dell‟utente con un forte interesse al recupero della qualità di vita e al
reinserimento sociale (modello bio-psico-sociale);
innovazioni istituzionali e normative: la prima grande modifica normativa e, di
conseguenza, organizzativa avvenne nel 1978 con la legge 833 che istituiva il
Servizio Sanitario Nazionale.
Il Servizio Sanitario, trovandosi pertanto in una situazione di costante cambiamento, ha
dovuto rispondere all‟esigenza di riprogettare il proprio assetto organizzativo in tutte le sue
componenti (struttura organizzativa, meccanismi operativi, sistema delle competenze e dei
valori-processi sociali). Ha avuto così inizio un rinnovamento dell‟intero sistema delle
aziende pubbliche, noto come processo di “aziendalizzazione” (L.502/92), mediante il quale
si intendono introdurre in ambito pubblico logiche, principi, meccanismi operativi, strumenti
tecnici e regole di gestione tipiche dell‟azienda. “Ogni azienda ha bisogno, per funzionare e
conseguire i propri fini, di utilizzare il lavoro di persone e di mettere in atto un assetto
organizzativo, mediante il quale si realizza una divisione dei compiti o un‟attribuzione di ruoli
operativi e un coordinamento dei distinti interventi”, così come inteso dagli studiosi di
economia aziendale
26
.
Si è trattato di un processo molto lento, realizzato attraverso una serie di progressive
innovazioni e la scelta di procedere attraverso un approccio graduale si è resa necessaria data
la difficoltà di applicare nuovi modelli e logiche di gestione improntati all‟efficienza ed
all‟efficacia in un contesto, come quello della pubblica Amministrazione, abituato, al
contrario, a svilupparsi attraverso una forma di direzione burocratica.
Tali innovazioni hanno coinvolto tutto il sistema “azienda pubblica”, innovando la sua
organizzazione, gestione, controllo e sistema informativo.
Per questo motivo, alle figure professionali che lavorano nell‟organizzazione non viene più
richiesto solamente un contributo fisico, ma una capacità culturale, intellettuale e
professionale qualificata, che faciliti un comportamento innovativo e maggiormente flessibile
all‟interno dell‟azienda. Le competenze degli individui all‟interno delle organizzazioni
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diventano sempre più uno dei principali fattori competitivi influenzando in modo diretto e
determinante le prestazioni aziendali, il cui miglioramento è legato alle capacità del
management di sviluppare metodi di gestione.
Alle professioni sanitarie, che nella nostra cultura sono sempre state concepite come soggetti
esperti di scienza e meno di organizzazione, viene ora richiesta una competenza
organizzativa, che trova ampio spazio nella formazione di base e permanente di ogni gruppo
che gestisce risorse, orientata all‟acquisizione di abilità e competenze per pianificare,
organizzare, coordinare e verificare; questo al fine di garantire un uso efficiente ed efficace
delle risorse, la partecipazione ad attività di formazione, di aggiornamento e di ricerca.
In questo contesto normativo e organizzativo, è nata la figura del Coordinatore, come soggetto
formato per acquisire le competenze sopra citate e per creare condizioni organizzative tali da
garantire risposte qualitativamente valide ai bisogni di assistenza degli utenti e di salute del
singolo e della collettività.
L‟obiettivo di questo studio è quello di illustrare il ruolo del Coordinatore della riabilitazione,
quale agente primario nel cambiamento organizzativo e nel sistema della qualità,
individuando quali strumenti può utilizzare come fattori motivanti per guidare i propri
collaboratori, al fine di raggiungere obiettivi organizzativi comuni nel rispetto della mission e
della vision dell‟azienda. Lo studio prevede anche l‟esecuzione dell‟analisi sistemica del
Modulo di Recupero e Rieducazione Funzionale dell‟Azienda Usl di Ferrara in cui lavoro da
più di venti anni, prima come fisioterapista e ora come Ds della riabilitazione. Attraverso
l‟analisi sistemica ho cercato di evidenziare i punti di forza, di debolezza e le criticità emerse
nel mio servizio, per individuare le azioni di miglioramento più opportune al fine di
mantenere ed implementare la qualità del servizio. A tal fine, ho elaborato una Cartella
Fisioterapica per pazienti degenti sulla base delle più recenti acquisizioni scientifiche e
dell‟apporto esperienziale del gruppo di professionisti del MORRF. Questo progetto è
incentrato sul ruolo facilitatore della figura manageriale del Coordinatore, tenendo conto degli
ambiti della valutazione della qualità negli interventi sanitari (struttura, processo, esito), che
avviene, dopo una fase sperimentale, attraverso un Audit Clinico.
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CAPITOLO 1
INQUADRAMENTO NORMATIVO E TRASFORMAZIONE
DELLL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE DEL SISTEMA SANITARIO
NAZIONALE
1.1 RIFERIMENTI NORMATIVI
In Italia, prima dell'istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, il sistema era basato su
numerosi “enti mutualistici”, il più importante dei quali era l'Istituto Nazionale per
l'Assicurazione contro le Malattie (INAM). Ciascun ente era competente per una determinata
categoria di lavoratori che, con i familiari a carico, erano obbligatoriamente iscritti allo stesso,
fruendo dell'assicurazione sanitaria per provvedere alle cure mediche e ospedaliere, finanziata
con i contributi versati dagli stessi lavoratori e dai loro datori di lavoro. Le istituzioni
mutualistiche garantivano quindi l‟assistenza sanitaria generica, specialistica e quella
ospedaliera. Il diritto alla tutela della salute era quindi correlato non all'essere cittadino, ma
all'essere lavoratore (o suo familiare) con conseguenti casi di mancata copertura. Vi erano,
inoltre, sperequazioni tra gli stessi assistiti, vista la disomogeneità delle prestazioni assicurate
dalle varie casse mutue.
Nel 1958, con la legge n. 296, il secondo Governo Fanfani per la prima volta istituì in Italia il
Ministero della Sanità, scorporandolo dal Ministero degli Interni. Già in precedenza con la
legge 259/58 “La Corte dei conti partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al
controllo sulla gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria e
riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito”. Pertanto tale legge
costituisce, oltre dieci anni dopo l‟entrata in vigore dell‟art. 100 della Costituzione,
l‟attuazione del dettato costituzionale.
L‟assistenza sanitaria veniva così erogata a quasi tutta la popolazione italiana attraverso enti
assicurativi di malattia che, oltre che con propri funzionari, vi provvedevano tramite
convenzioni con medici condotti e liberi professionisti. Gli istituti mutualistici erano enti
autarchici, non territoriali, con personalità giuridica e con gestione autonoma e casse
organizzate su base provinciale e riunite in Federazioni nazionali, controllate dalla Corte dei
Conti. Gli ospedali costituivano il più alto livello di attività assistenziale di tipo diagnostico-
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terapeutico e potevano anche dipendere da Enti locali (Comuni e Province) e da enti
mutualistici, assicurativi e previdenziali.
Nel 1968, con la legge n. 132 (c.d. legge Mariotti), gli ospedali, fino ad allora per lo più
gestiti da enti di assistenza e beneficenza, vengono trasformati in enti pubblici,
disciplinandone l'organizzazione, la classificazione in categorie, le funzioni nell'ambito della
programmazione nazionale e regionale ed il finanziamento. Tale “riforma ospedaliera” inizia
un processo di profonda trasformazione negli ordinamenti ospedalieri, che si può riassumere
in:
- affermazione del diritto alla tutela della salute ai sensi dell‟art. 32 della Costituzione e del
superamento del criterio caritativo-assistenziale;
- costituzione degli enti ospedalieri, con definitivo abbandono del concetto storico di enti di
assistenza e beneficenza;
- scelta elettiva (diretta o indiretta) dei componenti dei consigli di amministrazione;
- affidamento alle Regioni della direzione effettiva di tutta l‟attività ospedaliera grazie al
decentramento dei compiti e delle funzioni in materia di assistenza ospedaliera;
- inserimento dell‟attività ospedaliera nel quadro della programmazione sanitaria, al fine di
eliminare squilibri, dispendi inutili e disfunzioni dei presidi sanitari, ospedalieri e territoriali.
Il sistema mutualistico recava essenzialmente due ordini di problemi:
1. La pluralità di enti mutualistici e previdenziali come erogatori diretti e indiretti di
assistenza, con rilevanti differenze di ordinamenti e di prestazioni;
2. La mancanza di una programmazione sanitaria sul territorio nazionale, con conseguenti
squilibri nelle strutture e nelle possibilità operative.
Tutto ciò contribuì a favorire tra le parti politiche la volontà di una riforma più globale del
sistema sanitario attraverso l‟introduzione di un Sistema Sanitario Nazionale unico,
analogamente a quanto era avvenuto nel Regno Unito.
Nel 1978 la legge n. 833 soppresse il sistema mutualistico ed istituì il Servizio sanitario
nazionale, con decorrenza del 1º luglio 1980.
Nell'ordinamento italiano, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è il complesso delle
funzioni e delle attività assistenziali svolte dai servizi sanitari regionali, dagli enti e istituzioni
di rilievo nazionale e dallo Stato, volte a garantire la tutela della salute come diritto
fondamentale dell'individuo ed interesse della collettività, nel rispetto della dignità e della
libertà della persona umana. Questo viene sancito dall‟Art. 32 della Costituzione che recita:
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“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in
nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Con la 833/78 si determina così un superamento del sistema mutualistico e del conseguente
principio assicurativo su cui esso si basava, con estensione a tutti i cittadini dell‟assistenza
sanitaria indipendentemente dal versamento di una contribuzione e dalle condizioni sociali ed
economiche, con erogazione delle prestazioni sanitarie a tutti
20
.
Il legislatore, nel progettare il nuovo sistema, istituisce le Unità Sanitarie Locali, costituendo
così le strutture in cui avveniva la globalità delle prestazioni ospedaliere e territoriali di
prevenzione, cura e riabilitazione sulla base dei principi del Piano Sanitario Nazionale (PSN),
avente validità triennale e, per ciascuna regione, del Piano Sanitario Regionale (PSR),
predisponendo un‟importante integrazione tra servizi sanitari e sociali esistenti sul territorio.
Gli organi di direzione dell‟Unita' Sanitaria Locale sono: l'Assemblea Generale, costituita da
comuni o associazioni di comuni e il Comitato di Gestione e il suo Presidente, preposti
all‟organizzazione e al coordinamento di tutti i servizi nonché alla gestione del personale, dei
bilanci e del finanziamento disposto dal Ministero del Tesoro.
In questo contesto normativo prevaleva un‟organizzazione di tipo burocratico meccanico-
accentrata le cui caratteristiche di base sono:
compiti operativi specializzati e di routine;
standardizzazione dei processi di lavoro e divisione delle mansioni;
accentramento del potere decisionale verticale e limitato decentramento del potere
orizzontale (organizzazione a piramide gerarchica lineare-funzionale);
efficienza come razionalizzazione dell‟impiego delle risorse per ottenere il massimo
rendimento
20
.
Pertanto, al fine di garantire l‟esigenza di un servizio uguale per tutti, di omogeneizzare il
sistema e l‟offerta di servizi sanitari e di evitare differenziazioni sul territorio nazionale, le
funzioni, le competenze e i modelli organizzativi venivano rigidamente definiti dall‟alto,
secondo principi di universalità e di razionalità progettuale. Essi si presentavano omogenei
per tutte le Unità Sanitarie Locali della stessa regione o anche per tutte le regioni; nessuna
discrezionalità di scelta veniva lasciata a livello locale, riservando poca attenzione allo
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sviluppo di strutture organizzative adeguate alle singole realtà, che presentavano una sempre
più elevata specializzazione e differenziazione.
In realtà l‟astrattezza della norma fu tale da non permettere il riconoscimento del ruolo
predominante delle Regioni previsto dalla riforma e la mancanza di adozione di strumenti di
programmazione (in realtà il primo PSN fu adottato con il D.Lgs. 502/92) fu tale per cui la
qualità delle prestazioni nel territorio era incontrollata, diseguale e scadente. Se poi
aggiungiamo la mancanza d‟integrazione socio-sanitaria, valida teoricamente, ma con nessun
risultato a livello operativo, si evince come norme così rigide e restrittive tali da determinare
lo sviluppo di strutture organizzative improntate a una razionalità di tipo legale e burocratico,
erano in realtà basate su logiche dietro alle quali si nascondevano situazioni di inefficienza, di
mancanza di professionalità, di scarsa qualità dei servizi e di inefficacia dell‟intera attività
amministrativa. I comportamenti di tipo formale, dovuti all‟applicazione puntuale della legge
ed al rispetto di norme e regole, venivano spesso adottati senza alcuna valutazione di merito e
senza alcuna preoccupazione per la “qualità” dei risultati della gestione
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.
Tutto ciò ha portato al fallimento della 833/78 che però, a onor del vero, non fu una legge
totalmente sbagliata, tanto che i suoi principi ed alcune sue parti cono stati ripresi dalla legge
di riforma attuale.
Il riordino del SSN inizia concretamente con l‟emanazione del Decreto Legislativo 502/92
completato dal D.Lgs. 517/93 che prevedono:
- rafforzamento delle competenze del Ministero della Salute;
- applicazione dello strumento di programmazione (PSN-LEA);
- regionalizzazione e aziendalizzazione del sistema: l‟art.3 del 502/92 stabilisce che “le
unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e
autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione e funzionamento sono disciplinati con
atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsti da disposizioni
regionali. L‟atto aziendale individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale
o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica”.
Da questo momento fa capo alla Regione la determinazione dei principi
sull‟organizzazione dei servizi, sulle attività sanitarie e sociali, sul controllo di gestione e
la valutazione della qualità, efficacia, efficienza ed economicità delle nuove Aziende USL
e Aziende Ospedaliere;
- nomina di nuovi organi di vertice (direttore generale, sanitario, amministrativo) e
organismi coadiuvanti (collegio revisori, consiglio dei sanitari, collegio sindacale..);
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- sviluppo e definitivo ruolo dei distretti e dipartimenti;
- nuova disciplina tra Aziende e Università;
- nuova disciplina per la formazione del personale;
- rafforzamento del ruolo partecipativo del cittadino;
- nuova disciplina per l‟attività libero-professionale;
- accreditamento delle strutture sanitarie sia pubbliche che private all‟erogazione di
prestazioni sanitarie con conseguente concorrenzialità.
La riforma ridefinisce l‟assetto istituzionale, gestionale e organizzativo del Sistema Sanitario
e, in particolare, con l‟assegnazione alle Regioni di un ruolo di capogruppo, i meccanismi di
responsabilizzazione e di programmazione e il binomio autonomia-responsabilità si spostano
verso il basso; le Regioni sono responsabili della definizione degli assetti istituzionali, del
modello di organizzazione dei servizi e di erogazione delle prestazioni e dei nuovi criteri di
finanziamento. Inoltre attraverso il processo di aziendalizzazione si riconosce maggiore
importanza al livello locale: le USL e alcuni ospedali che presentano specifiche caratteristiche
vengono riconosciuti come aziende, governati da un Direttore Generale nominato dalla
Regione ed hanno autonomia giuridica, patrimoniale, contabile, organizzativa,
amministrativa, gestionale e tecnica, essendo quindi responsabili del loro operato.
Il nuovo modello di finanziamento a livello locale, non più legato ad un rimborso della spese
rilevata a consuntivo, si realizza attraverso un sistema di riparto del fondo sanitario nazionale
alle Regioni con successivi trasferimenti finanziari alle ASL, basati su una quota capitaria,
che dovrebbe garantire il controllo centrale della spesa sanitaria pubblica e assicurare l‟equità
del sistema. In più si associa il finanziamento a prestazione, basato su un sistema di tariffe
predeterminate ed amministrate dalla regione, che si svolge essenzialmente a livello locale tra
le varie ASL. Tutto ciò, in realtà genera una maggiore tensione verso più adeguati livelli di
LEGGE 833/78 D.D.LGS 502/92 E 517/93
Definizione Scelte strategico-organizzative
dell’assetto istituzionale locali
unicità del modello
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efficienza nelle aziende sanitarie. L‟istituzione delle Aziende USL e delle Aziende
Ospedaliere, con l‟assegnazione alle Regioni di un ruolo di capogruppo, sposta verso il basso
i meccanismi di responsabilizzazione e di programmazione nell‟uso delle risorse. Da un punto
di vista organizzativo questo spostamento ha un ulteriore significato: il «focus» della riforma
passa dalla dimensione istituzionale a quella del controllo delle singole aziende con la
conseguenza implicita dell‟assunzione di «autonomia» nelle aziende stesse. Ed è questo un
elemento di profonda rilevanza, ai fini della modernizzazione del nostro sistema sanitario.
Attribuendo autonomia strategica, patrimoniale e organizzativa alle aziende sanitarie, si è di
fatto riconosciuto il primato della dimensione aziendale, di fondamentale importanza per il
buon funzionamento del sistema sanitario. In quest‟ottica, il perseguimento dei fini
istituzionali non discende più in modo automatico dalla bontà e dagli equilibri dell‟assetto
complessivo del SSN, ma principalmente dalle scelte operate nelle singole realtà locali da
vertici direttamente responsabilizzati attraverso i risultati raggiunti. Con la riforma del 1992 il
sistema ha riconosciuto l‟ipocrisia di un modello che pretende di omogeneizzare dal centro gli
standard assistenziali e le performance dei servizi sanitari, senza peraltro possederne gli
strumenti: è il mito della pianificazione e del controllo che si scontra con la realtà, dove non
contano le prescrizioni formali ma soprattutto le capacità degli uomini di costruire sistemi di
cooperazione e di negoziazione. Istituendo le aziende, insomma, si accetta la diversità, si
legittima l‟imprenditorialità degli attori locali, si riconosce l‟importanza delle scelte
strategico- organizzative che strutturano nelle specifiche realtà il reciproco scambio tra AUSL
e ambiente, implementando quella forma di organizzazione manageriale decentrata tipica
della burocrazia professionale
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Il decentramento del potere e delle responsabilità è stato maggiormente attribuito alle Regioni
dalla nuova riforma ter del SSN con il D.Lgs. 229/99 (considerando la prima con la legge
833/78 e la seconda con i decreti 502/92 e 517/93), che riafferma la centralità della forma
organizzativa dipartimentale nelle aziende sanitarie, i cui aspetti salienti sono i seguenti:
1) Più accentuata valorizzazione delle regioni: esse elaborano proposte per il PSN, adottano il
PSR e articolano il proprio territorio in aziende sanitarie locali (di norma provinciali), fissano
i criteri per la suddivisione in Distretti (40-80 mila abitanti ciascuno), finanziano le aziende
sanitarie e valutano i risultati della loro attività, accreditano le strutture pubbliche e private
autorizzate a fornire prestazioni a carico del SSN.