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L’apprendimento motorio seguirà sempre tre stadi: coordinazione grezza,
coordinazione fine, autonomo o della disponibilità variabile. I neuroni specchio
ricoprono senz’altro un ruolo fondamentale nel primo stadio.
Il concetto di imitazione segue due strade: la prima si riferisce alla capacità di un
individuo di replicare un atto, appartenente più o meno al suo repertorio mortorio,
dopo averlo osservato da altri; la seconda presuppone che un individuo osservando
un atto altrui apprenda quel pattern d’azione nuovo arrivando a svolgerlo,
certamente con la ripetizione, in modo dettagliato.
Tramite l’imitazione è quindi possibile riprodurre l’azione osservata e
successivamente apprenderla.
Alcuni importanti studi sull’apprendimento imitativo hanno definito che:
‐ ritardare l’esecuzione dell’azione dimostrata potrebbe migliorare l’apprendimento.
‐ tramite i neuroni specchio l’atto motorio nuovo osservato viene spezzettato in più
frammenti, mettendoli a confronto con il proprio repertorio motorio, permettono
l’apprendimento del nuovo gesto.
‐ il sistema specchio ha la possibilità di imparare anche in modo non coerente, cioè
replicando un atto motorio diverso da quello osservato.
‐ molto probabilmente il sistema specchio si sviluppa nel bambino tramite
l’apprendimento Hebbian mentre il bambino osserva ed ascolta le proprie azioni.
Anche la comprensione delle azioni rientra nelle competenze dei neuroni specchio;
anzi questa è in definitiva la competenza principale di tali neuroni.
Inoltre la cosa stupefacente è che non si limitano a comprendere l’azione vista ma ne
anticipano addirittura la sua intenzione. Ovviamente questo in base al nostro
vocabolario d’atti con il quale si confrontano gli atti motori osservati per
comprenderli
Questo processo risulterebbe fondamentale in tutti quegli sport situazionali, di
squadra e singoli, dove la rapidità con cui si anticipa l’azione avversaria, di attacco o
difesa, è fondamentale per la prestazione.
Ricordiamo che durante un atto motorio abbiamo ben 5 stadi, dove i primi 2
riguardano la percezione, il terzo riguarda la decisione, il quarto la selezione e il
quinto e ultimo l’esecuzione.
Sicuramente i neuroni specchio entrano in gioco nei primi due stadi, abbreviando di
molto, in atleti allenati, i tempi di reazione.
In base agli studi effettuati possiamo affermare :
‐Il contesto e l’azione sono determinanti per la comprensione dell’azione.
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‐ Più competenze motorie si hanno su un determinato sport, maggiore è
l’attivazione del sistema specchio nell’osservare gesti motori appartenenti a quel
determinato sport
‐ Lo sviluppo del sistema specchio in un atleta professionista permette una capacità
maggiore di comprendere e prevedere l’esito di un ‘azione così da anticiparla in
tempi più brevi.
In ultimo empatia ed emozioni altrui.
L’empatia è l'attitudine a offrire la propria attenzione per un'altra persona.. La
qualità della relazione si basa sull'ascolto non valutativo e si concentra sulla
comprensione dei sentimenti e bisogni fondamentali dell'altro.
Nello sport tale discorso è sicuramente meno applicabile sul campo, ma risulta
comunque di necessaria importanza per quel che concerne il rapporto tra istruttore e
allievo ed allenatore e atleta. Tramite il linguaggio del corpo e l’espressività facciale
l’allenatore tramite i neuroni specchio potrà capire al volo i bisogni dell’allievo così
da motivarlo in caso ci siano problemi, o elogiarlo per un atteggiamento positivo.
Viceversa anche l’allievo troverà nell’allenatore quelle espressioni che gli faranno
comprendere subito il suo pensiero nei suoi confronti.
Si creerà insomma un forte rapporto empatico grazie al sistema specchio.
Il circuito che prende parte a questi meccanismi di comprensione delle emozioni è
formato dal sistema specchio, dall’insula che funziona da ponte di collegamento e
dal sistema limbico. Studi specifici hanno visto come sia nel disgusto sia nel dolore i
meccanismi specchio funzionino in modo efficiente, facendo provare a chi osserva le
stesse emozioni dell’osservato.
Si è visto anche come forme più astratte(cioè non osservando direttamente il volto o
l’atteggiamento di una persona) attivino lo stesso i neuroni specchio.
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INTRODUZIONE
"I neuroni specchio sono per le neuroscienze ciò che il DNA è stato per la biologia".
(Vilayanur Ramachandran).
Con questa frase l'eminente neurologo e psichiatra indiano ci fa capire la grande
importanza della scoperta di questa classe di neuroni, paragonandoli appunto alla
scoperta del DNA.
Essendo le neuroscienze una branca implicata in molte discipline, possiamo
affermare con cognizione di causa di come le scienze motorie abbiano giovato da
una simile novità scientifica.
Ovviamente concetti come l'apprendimento per imitazione, la comprensione delle
azioni altrui,anche per far sì che possano essere anticipate, il coinvolgimento
emotivo che proviamo ogni qual volta interloquìamo o semplicemente guardiamo
un'altra persona non sono delle novità, ma vari autori in molti testi e studi citano
appunto queste capacità dell'essere umano.
Quello che mancava però era una spiegazione razionale a queste tematiche,una
spiegazione da un punto di vista biologico/fisiologico (G.Rizzolatti,Lisa Vozza 2008) e
non solamente tramite ipotesi di tipo filosofico, psicologico o quant'altro,anche se
indubbiamente veritiere e molto importanti ancora oggi.
Parlando innanzitutto del sistema motorio possiamo vedere come per decenni sia
stato relegato alla semplice funzione esecutiva non conferendogli le reali doti; infatti
il classico schema arcaico prevedeva innanzitutto la percezione di un qualcosa, in
secondo luogo la sua integrazione con le rappresentazioni mentali interne, ed infine
la meccanicità del movimento,e perciò avevamo: percezione – cognizione‐
movimento.
Oggi invece dobbiamo attribuire al sistema motorio un ruolo ben più importante,
caratterizzato da un grande mosaico in cui entrano a far parte aree frontali e aree
parietali, strettamente connesse, le quali a loro volta creano connessioni con aree
visive, uditive, tattili, avendo nel complesso una funzionalità molto ben più
sviluppata rispetto a quello che fino alla fine degli anni ‘80 si era portati a pensare.
Una scoperta sensazionale è stata quella, grazie soprattutto all'utilizzo dei
microelettrodi (per rilevare l’attività elettrica a livello del singolo neurone), di trovare
all'interno di determinate aree cerebrali neuroni che si attivassero per atti motori e
non semplici movimenti, sparando (come in gergo neurofisiologico si usa dire) o
attivandosi anche all'osservazione di oggetti con il quale regolarmente
interagiamo e all'osservazione di azioni altrui compiute su quegli oggetti.
Possiamo dividere questi neuroni in due grandi famiglie: i neuroni canonici ed i
neuroni specchio.
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Ovviamente ci andremo a soffermare principalmente sulla seconda classe vedendo
come questi siano implicati in funzioni sorprendenti; hanno ribaltato completamente
il rigido confine tra processi percettivi, cognitivi e motori.
Soprattutto possiamo arrivare a capire come sia nelle scimmie,sia nella nostra specie
di"homo sapiens" non siano realmente importanti i singoli movimenti bensì le azioni
prodotte per un fine: infatti, soprattutto noi umani, per interagire con l'ambiente
circostante non ci limitiamo a muovere braccia, mani e bocca, ma raggiungiamo,
afferriamo o mordiamo qualcosa.
La scoperta dei neuroni specchio può farci affermare una frase a dir poco importante
: un cervello che agisce è anche e innanzitutto un cervello che comprende
(G.Rizzolatti, C.Sinigaglia, 2006).
La comprensione di ciò che prova la gente, di ciò che sta facendo, di ciò che ha
intenzione di fare, di ciò che vuole comunicarci, è una vera e propria "telepatia" che
possiamo andare a collegare a partire da una singola cellula cerebrale; il fatto
notevole è la spontaneità di questa simulazione : non abbiamo bisogno di trarre
inferenze complesse, né tanto meno di elaborare complicati algoritmi, ma
semplicemente usiamo i nostri neuroni specchio(M.Iacoboni, 2008), ed è grazie ad
essi che queste capacità sono assolutamente immediate.
Ma apriamo una breve parentesi nella scoperta di questa classe di neuroni
particolare:
Erano gli inizi degli anni ‘90 e il team formato da Vittorio Gallese, Leonardo Fogassi,
Luciano Fadiga e il loro coordinatore Giacomo Rizzolatti si trovava nei laboratori
dell'Università di Parma svolgendo studi neurofisiologici sui macachi, specialmente
dedicati a un'area detta F5 nella corteccia premotoria; quest'area deputata alla
pianificazione, alla selezione, alla esecuzione delle azioni di tipo manuale,ma anche
buccale, tramite milioni di neuroni presenti all'interno.
Si scelse innanzitutto di studiare sui macachi poiché secondo i neuroanatomisti
questi presentano una forte corrispondenza con la corteccia cerebrale dell'uomo, e,
continuando, si scelse di studiare soprattutto l'area F5 poiché l'azione manuale è un
qualcosa di fondamentale nell'uomo; tramite anche l'uso della mano l'uomo ha
saputo prevalere su tutte le altre specie animali terrestri.
Casualmente uno dei membri prese in mano una nocciolina esattamente davanti al
campo visivo della scimmia oggetto di studio, e appena esplicò l'azione, essendo la
scimmia connessa all'oscilloscopio di rilevazione dell'attività neuronale, sentì sparare
come se fosse la scimmia stessa a prendere la nocciolina in questione.
Ovviamente questa bizzarra scoperta portò a una serie di esperimenti che sancirono
ufficialmente la presenza di questi neuroni chiamati successivamente neuroni
specchio o mirror neurons, all'interno dell'area F5; si vide che questi neuroni si
comportavano come i "cugini" motori ma con la peculiarità di attivarsi anche in
risposta alla vista di un’azione compiuta da un’altra persona.
Anche questi, come i motori, si attivavano ciascuno in modo molto specifico per una
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certa azione; perciò lo scopo dell'azione altrui fu il criterio fondamentale per
classificare queste cellule nervose,arrivando ad avere quindi: neuroni afferrare,
neuroni strappare, neuroni tenere, neuroni lasciare, e così via.
Possiamo definire questa situazione,un classico caso di serendipità, cioè la capacità
di fare scoperte importanti in modo del tutto casuale (un esempio famoso è la
scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming nel 1928, anche se utilizzata
contro le infezioni batteriche solo a partire dal 1940).
Oltre all'area F5 si andò a studiare anche l'area F4, deputata inizialmente alla sola
parte motoria del braccio, del collo e della faccia; ovviamente si scoprì anche qui un
sistema specchio che rispondeva sia a stimoli visivi reali, sia anche a stimoli tattili
delle suddette zone. Queste due parti collegate, visiva e tattile, fecero pensare che
tali neuroni fossero implicati nel creare una mappa dello spazio che circonda il corpo
(mappa peripersonale), ipotizzando che tale mappa sia una mappa di azioni
potenziali eseguite dal corpo stesso.
Successivamente, si scoprì come alcune classi di neuroni specchio si attivino
maggiormente per azioni in cui si può interagire, quindi nello spazio peripersonale,
ed altri maggiormente in azioni lontane dal proprio campo d’azione, nel cosiddetto
spazio extrapersonale. In realtà poi si vide che alcuni di questi neuroni non fossero
realmente sensibili alla distanza, ma alla possibilità di agire o meno (esempio ad
un’azione osservata dietro un pannello di vetro non possiamo prender parte ),
mentre altri rimanevano comunque influenzati dal sistema metrico.
“Il nostro cervello divide lo spazio in almeno due settori principali: quello su cui
possiamo agire e quello su cui non possiamo agire”. (Marco Iacoboni, 2008).
Vari studi sui macachi iniziarono a stabilire delle altre proprietà di questi neuroni;
innanzitutto si volle vedere se questi discriminassero le varie prese, di precisione, con
tutte le dita o a mano piena, che risultano indispensabili per differenziare l'oggetto
che si vuole afferrare.
Si notò appunto che alcuni neuroni scaricassero più per la presa di precisione per
oggetti di piccola taglia, altri si attiravano di più quando la scimmia afferrava oggetti
con tutte le dita per oggetti di media taglia, altri sparavano di più durante la presa
mano piena per oggetti di grandi dimensioni.(Rizzolatti et al., 1988)
A prescindere dalla loro specificità per certi tipi di presa, si notò come l'attivazione di
neuroni specchio di F5 si differenziasse anche in relazione alle differenti fasi dell'atto
motorio. Si vide che ben il 70% dei neuroni di F5 era attivo sia durante l'estensione
delle dita, che caratterizza la preformazione della presa, sia durante la flessione,
presa effettiva, e questa è un'ulteriore prova della risposta che tali neuroni hanno
per atti motori e non semplicemente verso singoli movimenti.
Un altro esperimento notò che i neuroni specchio della scimmia si attivavano anche
quando l'azione osservata era visibile solo parzialmente suggerendo che questi
neuroni si attivassero quando l'animale era solo in grado di capire cosa fanno gli altri
senza realmente vedere l'intera azione, concetto che vedremo come molto
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importante nella pratica sportiva per anticipare l’azione avversaria.
Ci si chiese allora se questi neuroni fossero in grado di comprendere le intenzioni del
soggetto che si sta osservando. In un esperimento si misero in atto due situazioni:
In pratica nella prima situazione si afferrava un pezzo di cibo in un contenitore e lo si
portava alla bocca per mangiarlo, mentre nel secondo caso invece di portarlo alla
bocca lo si poneva in un altro contenitore; in entrambi i casi si registrarono
essenzialmente attivazioni di stessi neuroni ma con una potenza maggiore di alcuni
per il primo caso e di altri per il secondo; perciò differenziarono neuroni afferrare
per mangiare da neuroni afferrare per spostare. Questo per quanto riguarda
l'azione effettuata direttamente dalla scimmia, che ovviamente non cambiava se
osservava un altro soggetto fare le stesse azioni.
Importante il fatto che i neuroni della scimmia riuscissero a capire già all'inizio
dell'azione quale sarebbe stato il suo fine, processo effettuato grazie sia all'oggetto
osservato sia a piccole altre rilevazioni scaturite dall'esperienza. Riprenderemo
quest’ultimo concetto nei prossimi capitoli.
Vorrei aprire una piccola parentesi sui neuroni canonici, scoperti prima dei colleghi
specchio.
In pratica, si è visto come questi neuroni, presenti nell’area F5 con un circuito
collegato all’area intraparietale anteriore (AIP), si attivassero alla vista di oggetti
con i quali interagire.
Questo discorso è collegato al concetto di affordance, i cui gli oggetti circostanti ci
offrono continuamente informazioni per agire con essi, ci danno un invito su come
compiere determinati movimenti o azioni ( affordance dal verbo “to afford”, cioè
offrire).
Dallo studio dei neuroni canonici si notò come un’altra classe di neuroni rispondesse
sia quando la scimmia effettuava una determinata azione sia quando vedeva
compierla da un altro soggetto: appunto i neuroni specchio.
Insomma , questo è solo un assaggio di quelle che sono le potenzialità di questa
straordinaria classe di neuroni, e l’obiettivo di questa tesi sarà far capire come
l’apprendimento motorio per imitazione, la comprensione dell’azione e la sua
anticipazione e l’empatia nel rapporto tra istruttore e allievo o allenatore ed
atleta, siano largamente influenzati dal sistema specchio e di come questo entri di
diritto nella formazione dell’atleta e nell’approccio dell’allenatore verso
quest’ultimo.