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Figura 2: Differente conformazione spaziale in funzione del grado di insaturazione
Figura 1: Struttura degli acidi grassi
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ξ CARATTERISTICHE BIOCHIMICHE E FUNZIONI
Gli acidi grassi ω-6 ed ω-3 sono componenti fondamentali delle membrane plasmatiche; inoltre,
la loro trasformazione metabolica dà origine agli eicosanoidi, che sono importanti
mediatori di numerose reazioni cellulari. Prostaglandine, trombossani e leucotrieni derivano
tutti dal metabolismo degli acidi grassi ω-6 ed ω-3 attraverso reazioni catalizzate dagli enzimi
ciclossigenasi e lipossigenasi.
PROSTAGLANDINE TROMBOSSANI LEUCOTRIENI
Isolate la prima volta nella prostata,
intervengono nei processi
infiammatori, stimolano la
muscolatura liscia uterina durante il
parto o le mestruazioni.. Una
particolare specie, le prostacicline,
posseggono un’azione vasodilatatrice
ed antiaggregante.
Così definiti in quanto ritrovati nelle
piastrine o trombociti, vengono
infatti prodotti da questi elementi nel
sangue, facilitando la formazione di
coaguli.
Scoperti all’origine nei globuli
bianchi, sono coinvolti negli attacchi
di asma e shock anafilattico, poiché
inducono la contrazione della
muscolatura liscia dell’apparato
respiratorio.
Tabella 1 : Funzioni degli eicosanoidi
Un’altra caratteristica fondamentale degli acidi grassi ω-6 ed ω-3 è il fatto che il loro
metabolismo segue vie totalmente distinte, in quanto un acido grasso ω-3 non può essere
trasformato in un acido grasso ω-6 e viceversa. Tuttavia nei microsomi epatici e cerebrali, gli acidi
grassi di entrambi i tipi possono essere allungati (aumento del numero di atomi di carbonio) e
desaturati (aumento del numero di doppi legami) attraverso processi catalizzati dagli stessi
enzimi. Pertanto, le due famiglie di acidi grassi polinsaturi competono per lo stesso
sistema enzimatico. Questi due interventi metabolici hanno la proprietà di modificare la
struttura dell’acido grasso sul quale sono intervenuti attribuendogli proprietà specifiche
sia funzionali che strutturali.
L’enzima ∆-6-desaturasi rappresenta una barriera per ambedue le serie ω-6 ed ω-3 trasformando
l’acido cis-linoleico in acido γ-linolenico e l’acido α-linolenico in acido stearidonico
(C18:4 ω-3). L’attività catalitica dell’enzima è inibita o bloccata da: grassi saturi, acidi
grassi trans derivati dalla trasformazione degli oli vegetali, iperglicemia, alcool, invecchiamento,
adrenalina (azione mediata da J3-recettori), glucocorticoidi, una dieta ipoproteica, virus oncogeni,
radiazioni ionizzanti.
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ξ PRINCIPALI FONTI ALIMENTARI
Gli acidi grassi della serie ω-3 sono normalmente presenti negli alimenti marini, in alcune
piante ed anche in taluni prodotti animali quali pollo, tacchino e uova. L’acido grasso ω-3
maggiormente presente nel mondo vegetale è l’acido α-linolenico (presente soprattutto nei
vegetali a foglia verde, nei legumi, nella frutta secca, nelle noci, in alcuni oli come quelli di lino e
di soia, nell’estratto di colza o ravizzone) che deve essere trasformato in EPA e DHA per
esercitare gli effetti biologici determinanti per l’ottimale funzionamento del cervello, della
retina e delle gonadi ed esplicando un’azione protettiva nei confronti del processo
aterosclerotico e dell’insorgenza di malattie cardio-vascolari. EPA e DHA sono presenti
nel fitoplancton e sono concentrati in particolare in alcune specie ittiche.
Gli acidi grassi più importanti della serie ω-6 sono l’acido linoleico (18:2 ω-6), l’acido γ-
linolenico (18:3 ω-6), l’acido diomo-γ-linolenico (20:3 ω-6), l’acido arachidonico (20:4 ω-6). Il
più diffuso è l’acido linoleico che è presente soprattutto negli oli di semi; l’acido arachidonico
è tipico del mondo animale essendo un prodotto di conversione dell’acido linoleico.
Il consumo di pesce in Italia resta tuttora al di sotto dei livelli medi europei; tuttavia nel corso
degli ultimi anni i crescenti quantitativi disponibili ed una migliore valorizzazione del prodotto
hanno determinato un aumento del consumo di pesce, sia di acqua dolce che salata, proveniente
molto spesso da pratiche di allevamento. Secondo dati ISTAT (1998) il consumo pro capite
annuo è di 23 kilogrammi.
I prodotti ittici differiscono da altri alimenti di origine animale (carni di animali terrestri, uova,
etc) soprattutto per la componente lipidica.
In particolare la composizione in acidi grassi della frazione trigliceridica e, ancor più della frazione
fosfolipidica, è caratterizzata dalla presenza di composti appartenenti alla serie metabolica
dell'acido α-linolenico (C 18:3) con prevalenza di componenti ad alto grado di insaturazione ed a
lunga catena, quali gli acidi eicosapentaenoico EPA (C 20:5) e decosaesaenoico DHA (C 22:6).
Va messo in evidenza il contenuto relativamente elevato di polinsaturi nei pesci di mare,
soprattutto quelli che vivono in acque fredde, ed il conseguente minor contenuto di saturi.
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ξ FABBISOGNO NEGLI STATI FISIOLOGICI
Se l'apporto di acidi grassi essenziali risulta importante in determinate situazioni, tuttavia le
quantità da assumere non sono state ben stabilite. Non sembrano esistere stati conclamati di
grave deficit nell'uomo adulto, se non in soggetti con alterati assorbimento e/o metabolismo o
nei soggetti sottoposti per lunghi periodi ad alimentazione parenterale.
La carenza in acidi grassi essenziali può essere valutata attraverso vari parametri tra cui l'indice
di Mead, espresso dal rapporto tra l'acido eicosatrienoico (20:3 ω-9) e l'acido arachidonico
(20:4 ω-6) nei fosfolipidi sierici: valori che superano lo 0,4 sono da considerarsi
orientativamente patologici. L'assunzione lipidica corretta dovrebbe quindi prevedere un giusto
equilibrio fra acidi grassi precursori e derivati che nelle condizioni di normalità apportino buone
quantità di 18:2 ω-6 e 18:3 ω-3 e piccole quantità di 18:3 ω-6, 18:4 ω-3, 20:5 ω-3, 20:4 ω-6 e
22:6 ω-3.
Il fabbisogno minimo per l’adulto deriva da studi in base ai quali sembra che lo 0,5% delle
calorie totali sia sufficiente a mantenere l’integrità metabolica. Pertanto viene raccomandato un
livello pari all’1-2% delle calorie sotto forma di acido linoleico e lo 0,2-0,5% come acidi grassi
polinsaturi della serie ω-3.
Sono necessarie alcune puntualizzazioni riguardo ai fabbisogni della donna gravida e in
allattamento, del neonato, del bambino e dell'anziano.
Durante la gravidanza gli acidi grassi essenziali ed i loro derivati svolgono un ruolo importante
per l'unità feto-placentare; pertanto un’ adeguata assunzione è importante sia nel caso di certe
patologie, come l'ipertensione gravidica o la minaccia di parto prematuro, sia per favorire
l'accrescimento fetale. Tuttavia non sembra che il fabbisogno in acidi grassi essenziali, espresso
come percentuale dell’energia, sia diverso da quello della donna adulta non gravida.
Diversi studi documentano come il profilo lipidico nel latte materno, ed in particolare il tenore
di acidi grassi polinsaturi a lunga catena, sia direttamente influenzato dalla zona geografica
della madre. Queste differenze sono spiegate con le differenti risorse alimentari disponibili in
relazione alla zona geografica di residenza. E’ stato osservato inoltre che la maggiore o minore
presenza di PUFA nel latte sia la conseguenza dello stato nutrizionale della donna anche nei
periodi precedenti la gravidanza piuttosto che del solo regime dietetico durante la gestazione.
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La disponibilità di adeguate quantità di acidi grassi essenziali precursori e derivati è importante
anche per la crescita e lo sviluppo del neonato. In particolare, gli acidi arachidonico e
docosaesaenoico (DHA) sono necessari per le strutture cerebrali e retiniche; la capacità di
immagazzinamento del feto e l'approvvigionamento attraverso il latte materno nel neonato
sembrano soddisfare i fabbisogni; qualche problema a riguardo può sorgere nei neonati
prematuri che non hanno accumulato sufficienti riserve di tali acidi grassi e che spesso non
vengono allattati al seno.
Deve a questo proposito essere rilevato che, se il lattante al seno riceve circa il 4-5% delle
calorie sotto forma di acidi grassi polinsaturi, il lattante alimentato in modo innaturale con latte
di mucca ne riceve una quantità nettamente inferiore, in quanto il latte vaccino contiene circa il
2% di acido linoleico. Ne consegue quindi una situazione subcarenziale che si è tentato di
correggere «umanizzando» il latte vaccino con l'aggiunta di oli vegetali.
Gli oli di semi sono generalmente ricchi in polinsaturi e pertanto appaiono indicatissimi sul piano
teorico per la nutrizione del bambino. Attualmente però ci si orienta nel non somministrare
quantità troppo elevate di polinsaturi, in quanto, se la riduzione del colesterolo plasmatico
nell'adulto può presentare un certo interesse, lo stesso non può dirsi per il bambino ed inoltre sono
più facili gli eventi perossidativi, in modo particolare nei soggetti immaturi che non posseggono
riserve sufficienti di vitamina E. In questi soggetti è stata infatti descritta una forma di anemia
emolitica, che compare dopo alimentazione con oli ad elevato contenuto in polinsaturi,
determinata dalla rottura delle membrane dei globuli rossi e dei capillari conseguente alla
perossidazione dei polinsaturi che entrano nella composizione dei fosfolipidi delle membrane
cellulari. Importante appare infine il mantenere un rapporto equilibrato tra gli acidi linoleico (18:2
ω-6) ed α -linolenico (18:3 ω-3) in quanto un eccesso del primo od una carenza del secondo
possono determinare delle turbe del sistema nervoso poiché, per competizione sugli enzimi
(desaturasi), necessari per l'allungamento e la desaturazione della catena, può essere inibita
l’elongazione dell'acido α-linolenico con riduzione della sintesi degli acidi eicosapentaenoico (20:5
ω-3) e decosaesaenoico (22:6 ω-3), importanti costituenti del tessuto cerebrale.
E' difficile che si realizzino situazioni carenziali di acidi grassi essenziali nel bambino, tuttavia è
possibile che uno scarso apporto di acido linoleico possa determinare ritardi della crescita,