3
Introduzione
Nello scenario politico odierno è emerso un fenomeno allarmante, un
paradosso contestuale all’affermarsi dei principi democratici nei paesi
occidentali, la “sfiducia” nel sistema elettorale. Basta osservare la percentuale
di votanti alle elezioni negli ultimi anni per comprende la vastità del fenomeno.
La possibilità di esprimere la propria preferenza non è altro che il
consolidamento dei principi democratici, un cammino che non è sempre stato
lineare e che trova la sua origine agli albori della società umana. La democrazia
diretta rappresenta la massima espressione del pensiero di ogni individuo, in
quanto corrisponde all’eguale partecipazione di ognuno nella scelta del sistema
di governo. Indipendentemente dal sistema elettorale, il voto oggi rappresenta
la manifestazione di questo principio, esso si trova oggi ad essere attaccato
dalla generale “sfiducia” degli elettori, potremmo definire questo fenomeno
come il “paradosso” del XXI secolo. Per la totale comprensione di quest’ultimo
si analizza nell’elaborato il percorso storico della democrazia diretta, l’intento
è quello di capire i modelli teorici di tale istituto nei grandi pensatori del
passato e individuare quanto sia stato realizzato sino ad oggi. Oggi più che mai
il concetto di democrazia viene ripreso in ambito politico è risulta utile
comprenderne il valore, le origine e le minacce future a cui va incontro.
La metodologia utilizzata nell’elaborato si compone del pensiero democratico
nelle antiche civiltà, in particolare Atene, Sparte e Roma, origine indiscussa
della teorizzazione democratica. Queste civiltà hanno rappresentato il
laboratorio concettuale di vari sistemi sociali e politici, collocate ai confini della
memoria umana, esse si compongono dei grandi filosofi antichi, precursori
indiscussi della democrazia diretta. L’analisi ricomprende il pensiero
democratico nell’antica Atene, la partecipazione politica della polis e i
principali autori di riforme a stampo democratico. Con riferimento ad Atene si
è analizzato il pensiero politico di Teseo, Dracone, Pisistrato, Clistene, Pericle
e Platone. Nello specifico è presente la descrizione delle principali riforme
poste in essere che hanno contribuito a definire i tratti democratici del tempo.
Inoltre si è pervenuti all’analisi delle principali costituenti della società, ovvero
4
le componenti economiche, politiche e sociali della polis. Nella fase dedicata
ad Atene vengono descritti gli assetti politici che si sono susseguiti nel corso
del tempo, che hanno visto l’alternarsi di diverse forme organizzative. Le varie
cariche pubbliche e i primi diritti costituiscono i baluardi di modernità del
passato.
Si procede poi ad osservare le principali similitudini e differenze con il sistema
di Sparta, il quale, ha sviluppato una ingegneria costituzionale molto diversa
nonostante la prossimità territoriale. Sparta rappresenta l’assetto tipico
dell’oligarchia che spesso viene contrapposta al sistema ateniese, risultando
nel tempo meno variabile e la cui forza conservatrice è un aspetto peculiare.
Con Sparta viene in risalto la componente culturale, altro aspetto di
importanza notevole, soprattutto nell’influenza politica che ne deriva. Proprio
questo aspetto, in ottica comparata con Atene, contribuisce a modificare i
sistemi di governo.
L’iter del pensiero antico si conclude con la descrizione dell’assetto politico di
Roma, le cui istituzioni rappresentano un’importante fonte di ispirazione e
modernità che ha influenzato il pensiero dei contemporanei. La fase
costituente di Roma, caratterizzata da una prima fase monarchica e in seguito
quella repubblicana, si pone su un piano parallelo a quello greco. Essa
rappresenta la diversa interpretazione dei concetti democratici, fonte
autorevole di istituti innovativi. La civiltà romana è caratterizzata dal
predominante concetto di “cittadino”, legata ad un apparto normativo
imponente, in cui lo ius ne costituisce la base.
Alla descrizione del pensiero antico è seguita l’interpretazione del pensiero
democratico di Jean Jacques Rousseau. Egli ha condotto una importante
riflessione sui precetti teorici delle prime civiltà, individuando in quest’ultime
le linee guida del concetto democratico. In un contesto storico notevolmente
instabile, egli è divenuto il punto di collegamento con il passato ed i suoi
pensieri hanno caratterizzato i secoli successivi. La nostra analisi si avvale della
sua interpretazione per comprendere la rivisitazione teorica del concetto di
democrazia a fine ‘700. Con Rousseau vengo formulati i primi concetti
moderni inerenti la proprietà e la sovranità, in un contesto storico che vede
l’affermarsi delle potenze statali. Ad esso si attribuisce la profonda riflessione
5
sull’inuguaglianza dell’individuo, in cui ha ricercato i “mali della società” e la
sua origine. In stretto contatto con tale tema ha posto in risalto il ruolo
dell’educazione, ponendo anche i costrutti teorici di “volontà generale” e
legittimazione.
In seguito si ci è avvalso della ricostruzione storica del Prof. Luciano Canfora,
autorevole interprete dei profili politici odierni. Partendo da una rivisitazione
del pensiero di Rousseau si è proseguiti nell’analisi dei sistemi politici di fine
Novecento, individuando gli elementi che hanno influenzato i primi anni del
nostro secolo. Canfora pone l’accento sugli avvenimenti che hanno
caratterizzato il periodo immediatamente successivo a Rousseau, constatando
un sostanziale equilibrio sino a metà Ottocento. Gli avvenimenti connessi allo
strumento plebiscitario e il suo impiego fungono da collegamento con lo studio
delle democrazie moderne. In Canfora è possibile riscontrare i temi più attuali,
quali ad esempio i concetti di libertà, schiavitù e capitale, interpretati in ottica
contemporanea. Si è analizzato il contesto del mercato globale, della logica del
profitto e della sua compenetrazione dell’assetto politico. In correlazione ad
esso Canfora risalta la concezione del potere, individuando i suoi centri e le
nuove forme di oligarchia.
La comprensione dell’istituto della democrazia diretta, e il suo cammino, ci
permettono di concepire i fenomeni odierni, in particolar modo
l’interpretazione che gli individui hanno della comunità politica. In un
contesto di costante “sfiducia” elettorale si è pervenuti all’individuazione dei
profili democratici realizzati e dei profili rimasti annoverati tra i precetti
teorici. Si è concordi nell’affermare che vari modelli di democrazia si sono da
sempre susseguiti nella teorizzazione ma nella realtà solo tratti di essi si sono
concretizzati.
Nella parte conclusiva dell’elaborato viene fornita un’interpretazione
concettuale di quelli che possono definirsi i caratteri tipici delle moderne
democrazie.
La democrazia non assume una definizione univoca, anzi si osserva una
costante mutazione concettuale, nella sua formulazione incidono fattori
sociali, culturali e storici. Se inizialmente l’obiettivo era quello di ottenere la
massima partecipazione politica, con il mutare delle forme di società sono
6
mutati anche gli obiettivi della democrazia. La democrazia diretta come
massima espressione di pensiero perde d’importanza sul piano politico,
subisce l’effetto della penetrazione di interessi privati. Con l’evoluzione sociale
e soprattutto economica della civiltà si assiste alla nascite di nuovi fenomeni
che confinano il significato di partecipazione politica. Da importante
strumento di espressione diviene manipolazione dei centri di potere,
legittimazione dei gruppi dominanti. Con l’affermarsi dei diritti di proprietà e
la costante crescita di diseguaglianza sociale si è avvertito il bisogno di tutelare
i diritti delle minoranze. Al seguito di sanguinose battaglie si è pervenuti
all’affermazione di diritti che, mai più di prima, ha visto tutelarsi. Ad oggi
viviamo nell’epoca di maggior importanza per i diritti dell’uomo e solamente
dopo un cammino durato secoli si può parlare di tutela della democrazia. Il
progresso economico, il suffragio universale, l’istruzione, sono tutti risultati
della lotta democratica, al cui fianco però si accompagna il “paradosso” del XXI
secolo. Nell’elaborato si è cercato di mantenere una interpretazione coerente
degli eventi e delle teorie, lungo un continuo che ricopre svariati secoli, nel
pensiero di autorevoli filosofi, storici e “uomini di politica”. Sono ricompresi
gli avvenimenti che hanno in particolar modo segnato l’evoluzione
democratica, l’intento fondamentale è quello di descrivere quali modelli di
democrazia siano stati auspicati e individuare quali aspetti hanno preso vita.
7
Capitolo 1.
La teoria democratica nella storia antica
“Solo perché non ti curi di avere un interesse alla politica non significa che la
politica non si prenda un interesse su di te” - Pericle
1.1 La democrazia ad Atene
Le vicende e i profili politici e sociali che hanno caratterizzato la storia ateniese
sono sicuramente le fonti che meglio si prestano a descrivere l’inizio della
storia della democrazia. E’ in dubbio la data certa a cui far risalire l’origine del
concetto di democrazia “sensu lato”, ma è possibile osservare i primi caratteri
di natura democratica direttamente dalle vicende dell’antica società ateniese.
Ben noto è il significato della parola “democrazia”: vocabolo dal greco
“demokratia”, composto da “demos” e da “kratia”. “Demos” aveva il valore di
popolo, ovvero i cittadini liberi che formavano l’assemblea del popolo.
“Kratia”, da “kratos”, indicava la forza, la potenza e il potere. Già a partire dal
V secolo a.C veniva utilizzato per indicare il governo popolare.
“Euphranor, autore di un affresco del IV sec. A.C. sito nel quartiere ceramico dell’antica Atene,
rappresenta un gruppo di tre personaggi: uno è Teseo, gli altri due che gli sono associati sono
figure allegoriche di quello che significa il primo, Democtratia e Demos […] Ci dice Pausania:
«Questa pittura mostra che Teseo è colui che ha istituito ad Atene il regime dell’eguaglianza
politica. D’altra parte, è largamente diffusa, e in modo particolare nella maggioranza della
gente, la tradizione che a partire da lì gli Ateniesi hanno conservato il regime democratico fino
alla rivoluzione di Pisistrato che istituì la tirannide» (Paus. I,3,3)”
1
.
Nel periodo compreso tra il IX e VII secolo A.C., caratterizzato da una società
primitiva organizzata in clan e tribù, il primo orientamento politico, di natura
vagamente democratica, viene attribuita a Teseo. Quest’ultimo, succeduto al
padre Egeo sul trono di Atene, affrontò tutti i capi delle tribù e dei gruppi
familiari che costituivano le 12 comunità in cui era divisa allora l’Attica
2
, i quali
1
L. Canfora, Venticinque secoli dopo l'invenzione della democrazia, Roma, Donzelli Editore, 1998,
pp.7-9.
2
L'Attica (in greco antico: Ἀ τ τ ική, Attiké) è una regione storica dell'antica Grecia che comprende
l'omonima penisola che si protende nel Mar Egeo.
8
si amministravano senza ricorrere al re di Atene, se non per casi di necessità o
emergenza. Egli promise di abolire la monarchia sostituendola con la
democrazia mantenendo però i titoli di comandante in capo e di giudice
supremo. Oltre alla descrizione che ci permane da Isocrate, anche l’opera “Vita
di Teseo” di Plutarco descrive le opere e i meriti di Teseo:
“Figura il merito di avere, conformemente alle più antiche tradizioni, realizzato il sinecismo
riunendo gli abitanti dell’Attica in una sola città in modo che vi fosse un solo stato per un solo
popolo” (Plut. Vita di Solone 24,1; Isocr. X, 35). Gli viene anche attribuito di aver rispettato il
suo giuramento di stabilire un governo senza re in una democrazia della quale avrebbe
assicurato soltanto la guida della guerra e la salvaguardia delle leggi, tutti i diritti rimanendo
per il resto ugualmente spartiti fra tutti” (Vita di Teseo 23,2) o ancora di aver, rinunciando alla
regalità, fatto del popolo il padrone della propria vita politica (Isocr. 35). Governò la sua patria
con un tale rispetto delle leggi e un tale spirito di equità che ancora oggi la traccia della sua
mitezza è visibile nei nostri costumi”
3
.
D’altronde è difficile scrutare, con esattezza e precisione, l’origine di tali
affermazioni, a causa della grande distanza temporale che ci separa dalle fonti.
Proprio per il dubbioso intersecarsi tra leggende e accadimenti storici si è solito
ricondurre a un tempo successivo il vero inizio della democrazia. Ad ogni modo
costituiscono documenti utili per una ricostruzione di modelli ispiratori.
Altro aspetto di notevole rilevanza riguarda Dracone, ritenuto il più antico
legislatore ateniese.
“Alcune sue leggi vengono ricondotte al 641 a. C., altri all'Olimpiade 39 (624-621 a. C.).
Aristotele le riferisce all'arcontato di Aristecmo, del quale ignoriamo la data. Con sicurezza può
dirsi solo che le leggi di D. costituiscono il primo codice scritto di Atene e che sono anteriori di
qualche tempo a Solone (594)”
4
.
La fondatezza sulla storicità delle notizie su Dracone viene messa in dubbio,
opinione diffusa tra gli antichi è che le leggi proclamate da Dracone furono in
seguito abolite da Solone. Nell’opera Politica di Aristotele (IV secolo a.C.),
viene attribuito a Dracone il merito di aver dato una legislazione (e non una
Costituzione) agli Ateniesi, sempre Aristotele in Repubblica degli Ateniesi
(330-322 a.C.) dice invece che diede una costituzione timocratica. Ad ogni
modo:
“[…] nell'insieme sembra che il codice di D. rappresentasse per gli Ateniesi un notevole
progresso, sia perché, fissando per iscritto le norme del diritto consuetudinario, le sottraeva
all'arbitrio dei giudici, sia anche perché non è dubbio che qua e là modificava il diritto
consuetudinario rendendolo meno crudele. Si attribuisce così da taluni antichi e moderni a D.
3
L. Canfora, Venticinque secoli dopo l'invenzione della democrazia, cit., pp.7-9.
4
“Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani”: http://www.treccani.it/ (01/07/2017).
9
l'istituzione della corte degli efeti, che giudicava dei casi di omicidio legittimo e involontario,
sottraendoli alla vendetta del sangue della famiglia dell'ucciso. Ma probabilmente vi è errore:
dal testo stesso di quella piccola parte delle leggi di D. che ci sono conservate sembra doversi
ricavare che gli efeti preesistevano a D. È peraltro probabile che egli ne allargasse le
competenze”
5
.
“Considerato dunque un antico legislatore di Atene, autore del primo codice scritto della città
(forse dell’anno 621 a. C.), rimasto celebre per la sua estrema severità”
6
.
Doveroso dunque annoverare, per i caratteri innovativi (se pur di dubbia
certezza storica), i richiami fatti sino ad ora su Teseo e Dracone.
Secondo Aristotele fu Solone ad inventare la democrazia prefigurando una
forma di polis lasciata prima nelle mani di pochi e potenti.
“Sebbene con Solone il prerequisito per accedere alle cariche pubbliche era l’essere ricchi,
tuttavia, anche l’ordine più basso, i Thetes, potevano partecipare alle assemblee e far parte dei
tribunali”
7
.
L’impostazione democratica legata alla figura di Solone ebbe l’effetto di
preparare per tratti essenziali le riforme di Clistene e di Efialte collocate nella
prima metà del V secolo a.C.. Il nuovo assetto istituzionale, nella riforma di
Solone, divideva il corpo sociale in classi su base censitaria, l’obiettivo,
tuttavia, era quello di impedire che il conflitto tra ricchi e poveri degenerasse,
in modo da minare la pacifica convivenza. Si affermò l’eguaglianza dei singoli
di fronte alle leggi e la loro responsabilità individuale.
“Aristotele tende a precisare comunque che Solone, oltre alle classi, individua il principio
oligarchico rappresentato nel Consiglio degli Anziani (l’Areopago) in combinazione con il
carattere elettivo delle cariche, pura manifestazione aristocratica, e quello democratico vigente
nei tribunali”
8
.
Viste le forti contrapposizioni sociali tra i proprietari di terre e coloro che
dipendevano da essi, Solone persegue come fine ultimo la conciliazione tra le
due parti. Ripudiata la teoria di redistribuzione egualitaria delle terre, che
avrebbe portato conflitto civile e politico, cerca di impedire l’arricchimento
incontrastato della classe agiata a scapito dei poveri. A fronte di ciò vennero
abolite le ipoteche sulle terre dei coltivatori poveri, ma soprattutto venne
5
G. Busolt, Griechische Geschichte, II, 2ª ed, Gotha 1895, p. 196 segg.; G. Busolt, Griech.
Staatskunde, 3ª ed., I, Monaco 1920, p. 530 segg., LI, Monaco 1926, p. 815 segg.; G. De Sanctis,
'Ατ ϑ ίς, Storia della Repubblica ateniese, 2ª ed., Torino 1912, p. 159 segg.; A. Ledl, Studien zur
älteren athenischen Verfassungsgeschichte, Heidelberg 1914; J. Beloch, Griechische
Geschichte, 2ª ed., I, 11, Strasburgo 1912-13, pp. 131, 258 segg.; V. Costanzi, Le costituzioni di
Atene e di Sparta, Bari, 1927, p. 65 segg.
6
“Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani”: http://www.treccani.it/ (01/07/2017).
7
Piero Di Giorgi, Persona, globalizzazione e democrazia partecipativa, Milano, Franco
Angeli, 2004, p. 60.
8
Aristotele, Politica e costituzione di Atene, a cura di C.A. Viano, Torino, Utet, 1955, p .124.
10
stabilito il divieto di offrire la propria persona come schiavo per saldare debiti.
Presupposto da perseguire risulta dunque l’eguaglianza dinanzi la legge, la
divisione per classi adottata da Solone ne era il concetto basilare. Superato il
presupposto dei privilegi legati alla nascita, egli concatena le responsabilità di
governo e gli oneri tributari alla posizione economica tenuta nella
stratificazione sociale. Il grado di ricchezza determinò dunque il regime
politico, una “Timocrazia”. Venne negato l’accesso ai “teti” (i nullatenenti, i
salariati) alle magistrature, in quanto non gravati da oneri militari e tributari.
Mentre membri di tutte le classi venivano rappresentate sia nell’ “Ecclesia”
(l’assemblea popolare) sia nell’ “Eliea” (funzione di corte d’appello per le
sentenze emesse dai magistrati
9
. Anche se l'attività politica era principalmente
riservata agli aristocratici, le fasce più basse della popolazione godevano di una
forma nuova di responsabilità che ricadeva sull’Assemblea. Il ruolo positivo del
popolo rispetto alla vita politica si accentuò durante il periodo di Solone. Egli
auspicava che ciascuno agisse in conformità alla legge e che per gli Ateniesi la
costituzione istituita da lui fosse il codice.
Lungo il cammino di Atene verso la democrazia, dopo Solone, fu la volta di
Pisistrato e della sua tirannide. Responsabile della crescita economica e sociale
dell’Attica, grazie alla sua azione politica, Pisistrato determinò al tempo stesso
un regime tirannico e assolutistico. L’ascesa al potere di Pisistrato è frutto di
doti individuali che lo misero in risalto soprattutto in ambito militare, ottenne
il potere trasformandosi in tiranno nel 560 a.C.. Sostanzialmente rimase in
vigore la costituzione che si era sviluppata nei secoli fino a Solone, le maggiori
cariche politiche vennero ricoperte da uomini di fiducia e non sovvertendo le
leggi in vigore. Obiettivo sostanziale era una visione imperialistica legata ad
uno sviluppo economico, vennero così fondate colonie commerciali. La nuova
situazione di benessere riuscì ad attenuare i conflitti sociali in maniera
migliore rispetto alla politica conciliatrice di Solone. Seppure di matrice
assoluta, il regime di Pisistrato si caratterizzò, per un certo verso, di tolleranza
nei confronti delle fazioni politiche avverse
10
. Fascinosa una descrizione che da
9
M.L. Salvadori, Democrazia, storia di un’idea tra mito e realtà, Roma, Donzelli Editore,
2016, pp.8-10.
10
A. Torricelli, Storia della Grecia classica, Lulu, 2011, pp.85-89.
11
Aristotele di Pisistrato, il quale lo considera un tiranno umano e benefico, circa
l’incontro di Pisistrato e un piccolo contadino, dopo l’istituzione di una tassa
del dieci percento su ogni bene prodotto
11
:
“[Pisistrato] stesso usciva spesso in campagna a ispezionare e a mettere pace fra i contendenti,
affinché quelli non trascurassero il lavoro scendendo in città. Durante una di tali visite dicono
che avvenne l’incontro fra Pisistrato e il contadino dell’Imetto, nella località detta poi «campo
franco». Vedendo un tale che scavava e lavorava una terra tutta di pietre, si meravigliò e disse
al suo schiavo di chiedergli che cosa producesse quel terreno; e il contadino: «soltanto
disgrazie e dolori, e su queste disgrazie e dolori bisogna dare la decima a Pisistrato!».
Quell’uomo aveva risposto così perché non lo conosceva, ma Pisistrato, compiaciuto della sua
franchezza e laboriosità, lo esentò da ogni tributo”
12
.
L’operato di Pisistrato è orientato dunque a dar risposta ai problemi che l’opera
soloniana aveva lasciato senza. Egli istituì un credito fondiario per lo sviluppo
dell’agricoltura e gli venne attribuito un ruolo particolare per lo sviluppo
urbano di Atene.
L’ “inizio evolutivo” della democrazia fin qui ricondotto viene descritta lungo
il periodo che va dal IX al V secolo a.C., caratterizzato da un lineamento che
non potremmo definire lineare. Prendendo come punto di origine Teseo, i
caratteri democratici denotati vivono un periodo di prima evoluzione e
proliferazione, passando per Dracone e Solone e subendo un declino durante
la tirannide di Pisistrato. Nell’arco dunque di circa cinque secoli si averte il
bisogno nell’antica Atene di apportare delle riforme, anche se, non possiamo
parlare di democrazia in senso moderno. Le principali vicende che hanno
caratterizzato questo periodo, e che sono state brevemente descritte sino ad
ora, ci aiutano a comprendere come il principio democratico si sia insidiato
all’interno della comunità sociale e politica del tempo.
1.2 Clistene, Pericle e Platone
Dopo la fase tirannica, Atene vedrà nascere un ordinamento politico diverso,
il quale, a differenza degli ordinamenti precedenti, si caratterizza per marcati
caratteri democratici. Nel 508 a.C. viene eletto come “Arconte eponimo”
13
11
M. Foucault, Discorso e verità nella Grecia antica, Roma, Donzelli, 2005, p.57.
12
Aristotele, La Costituzione degli ateniesi, XVI, 5-6, pp. 53-5.
13
L'arconte eponimo (in greco antico: ἐπώνυμος ἄρχων, epónymos árchon; ἐπώνυμος è
composto da ἐπί, "sopra", e ὄνομα, "nome", quindi si può tradurre come "che dà il nome") era
uno dei nove arconti eletti annualmente nell'antica Atene. Nell'Antica Atene, un sistema di
nove arconti contemporanei si evolse, conducendo a tre diverse giurisdizioni sugli affari civici,
12
Clistene, un aristocratico la cui costituzione si differenzierà dai suoi
predecessori per un carattere fortemente rivoluzionario. La costituzione
democratica di Clistene fu adottata nel 500 a.C. circa, in cui le quattro classi
sociali introdotte da Solone furono abolite. Tutti i cittadini, considerati eguali
incondizionatamente dalla nascita e dalla ricchezza, avevano la facoltà di
partecipare attivamente alla vita politica del paese ed essere eletti alle maggiori
cariche dello Stato. Secondo Clistene l’eliminazione di ogni conflitto sociale era
auspicabile tramite l’abolizione di ogni discriminazione, puro principio
indissolubile delle costituzioni moderne.
Il territorio venne riorganizzato, nello specifico l’Attica fu divisa in tre aree
concentriche: quella delle città, dove prevaleva l'agricoltura; quella della costa,
dove prevalevano le attività commerciali; quella dell'interno montuoso e più
povero. Ogni area venne divisa in dieci circoscrizioni, dette “trittie”, ogni
“tribù” era formata raggruppando tre circoscrizioni prese una da ciascun
distretto. Oltre alla riorganizzazione territoriale, la riforma di Clistene tocca gli
organi politici, nello specifico erano previsti:
“l'Ecclesìa detta anche Assemblea popolare, composta da tutti i cittadini, a cui spettava
di approvare o respingere le leggi; la Bulè formata da 500 cittadini (detti bulueti) estratti a
sorte tra coloro che avevano compiuto i trenta anni di età (50 per ognuna delle 10 tribù). A
turno, i bulueti di ogni tribù si occupavano, per la decima parte dell'anno, degli affari più
urgenti (in questa veste essi prendevano il nome di pripanii); 10 strateghi, ovvero comandanti
militari. L'esercito era formato da 10 corpi: uno per ogni tribù. Ogni corpo aveva i suoi fanti e
i suoi cavalieri e il suo stratega, appartenenti tutti alla tribù. Lo stratega veniva eletto anno per
anno; l'Elièa, il tribunale popolare i cui membri venivano estratti a sorte dall'Ecclesia”
14
.
Particolare fu l’invenzione della Legge sull’ostracismo, ovvero la facoltà dell’
“Ecclesìa” di allontanare da Atene per 10 anni i cittadini considerati pericolosi.
Tale procedura si caratterizzava per una discussione pubblica a seguito della
quale la persona poteva essere mandata via se 6.000 cittadini, con voto
segreto, erano favorevoli all’allontanamento. Il voto di condanna era scritto
militari e religiosi dello stato: i tre incaricati erano noti, rispettivamente, come arconte
eponimo, arconte polemarco (in greco antico: πολέμαρχος, "comandante") e arconte re (in
greco antico: ἄρχων βασιλεύς, "arconte re"). Gli altri sei erano i tesmoteti (in greco antico:
θεσμοτέται), ufficiali giudiziari. L'arconte eponimo era il magistrato in capo, il polemarco era
il comandante delle forze armate e l'arconte re era responsabile di alcune disposizioni religiose
cittadine e della supervisione di alcuni importanti processi nelle corti di giustizia.
M. Rostovzteff, Greece, Oxford University Press, 1963.
G. Ducoudray, History of ancient civilization: a handbook, 1889, p. 129.
14
“Storia Facile.Net”: http://www.storiafacile.net/sparta_atene/democrazia_clistene.htm
(05/07/2017).
13
sopra un coccio, detto “òstracon” (da cui viene il nome di ostracismo o giudizio
dei cocci). In seguito l'ostracismo venne utilizzato per scopi non nobili e
diventò una delle armi nelle lotte tra le diverse fazioni per allontanare dalla
città i propri avversari.
La riforma di Clistene permetteva dunque ad ogni cittadino di poter essere
eletto politicamente e ricoprire ruoli importanti, ad ogni modo, nella pratica,
le cariche pubbliche non venivano remunerate per la loro attività. Di
conseguenza, i cittadini che non potevano rinunciare al proprio lavoro per
dedicarsi alla vita politica, non ricoprivano cariche pubbliche.
Dalla riforma rimasero comunque esclusi dal godimento dei diritti politici le
donne, gli schiavi e gli stranieri. Se dunque non si può affermare il pieno
godimento dei diritti politici di ogni singolo individuo non si può affermare
una piena democrazia, ma è improprio non sostenere il notevole passo avanti
verso tale direzione.
Nel 508 a.C. Clistene fece entrare in vigore la Boulé o Assemblea dei
Cinquecento, una assemblea costituzionale formata da 500 membri. Le
funzioni attribuite a tele organo erano: verificare l’operato degli arconti;
valutare le proposte legislative; garantire la sicurezza della polis; amministrare
la finanza pubblica; gestire le relazioni estere e la forza militare. Il sistema
prefigurato da Clistene vedeva nascere l’utilizzo del sorteggio, con cui venivano
nominati i magistrati e i buleuti. Il sorteggio permetteva una scelta imparziale
e casuale dell’organismo politico:
“[…] per evitare che persone chiaramente incompetenti occupassero posti di responsabilità il
collegio degli strateghi era sottratto al sorteggio e i dieci membri venivano eletti dall'assemblea
generale della popolazione, in maniera tale che entrasse ogni anno in carica uno stratega per
tribù. Nel caso del collegio degli arconti il sistema prevedeva un doppio passaggio: le dieci tribù
proponevano una lista di candidati estratti a sorte e tra questi l'assemblea sceglieva gli arconti,
sempre uno per tribù”
15
.
La costituzione prevedeva che l’Ecclesia occupasse un ruolo preponderante, in
quanto organo generale di tutti i cittadini. Essa godeva dei pieni poteri
legislativi previa presentazione alla boulé dell’oggetto di dibattito.
Quest’ultima presentava il progetto di legge all’assemblea che godeva del
potere di approvare, modificare o rigettare tale proposta. Nell’eventualità di
15
E. Pastorio, Storia Greca, lineamenti essenziali, Parma, Monduzzi editore, 2006, pp. 101-
103.