Per la complessiva impronta stilistica dell’opera, la
Batracomiomachia appartiene a quel vasto arco temporale di testi
riconducibili nell’alveo della tradizione omerica. L’autore di questo
epillio fonde due modelli: Omero e la favola esopica, che aveva sempre
per protagonisti degli animali. Se l’epica era uno dei bersagli preferiti
delle riletture in chiave parodica a livello più “colto”, e cioè scritto, le
favole erano spesso oggetto di travestimento ludico in ambito popolare e
orale, grazie alla loro concisione e notorietà.
Nella Batracomiomachia le formule e i topoi dell’epica, stilistici e
tematici, vengono applicati a un soggetto “basso”: animali, e anche dei
meno nobili. L’opera è un’evidente parodia dell’Iliade, con le rane al
posto dei troiani e i topi a cercar vendetta come i greci.
L’equipaggiamento dei due eserciti fa il verso al modello omerico e non
mancano epiche descrizioni della morte in battaglia, con combattenti dai
nomi ridicoli (Altostrillo, Leccatore, Abitabuchi, Fangoso, Mangiapane,
Riccavoce, Amalacqua, Mangiaprosciutto, Leccapiatti, Dorminelfango
ecc.). Secondo Genette, con la Batracomiomachia, il genere eroicomico
trova insieme la sua origine e il suo capolavoro. Un’efficacia, nella
concisione, che non troverà uguali negli appesantiti epigoni moderni,
troppo intenti a polemiche storiche e personali.
3) Il “Satyricon” di Petronio
Per capire più precisamente quale sia stata la dirompente novità
del Satyricon dobbiamo rifarci all’idea di narrazione che l’antichità
concepiva. La migliore guida possibile è Mimesis di Erich Auerbach. Lo
studioso tedesco distingue due linee fondamentali nella tradizione
letteraria, due linee che divengono anche un discrimine storico. Alla
prima si possono ascrivere tutte quelle opere che mantengono separati i
registri stilistici di rappresentazione dei fatti e dei personaggi. Alla
seconda appartengono, invece, tutte quelle opere che attuano una
commistione degli stili e registrano la realtà per quella che è: un
continuo trascolorare di eventi che passano dall’“alto” al “basso”;
letterariamente, dal tragico al comico, dal lirico al banale quotidiano. Se
nella letteratura moderna, in particolare dalla “nascita” del romanzo,
ogni avvenimento o personaggio può essere trattato seriamente, questo
non poteva accadere nell’antichità. Secondo quell’estetica, tutto ciò che
atteneva alla sfera del quotidiano e del popolare doveva essere
rappresentato comicamente. Solo ai re e agli dei era concessa dignità
d’azione e parola. Ne seguiva una profonda limitazione del concetto di
quello che oggi potremmo chiamare realismo. Re e dei distanti dalla
realtà e tragicamente immersi in eventi al di là della media quotidiana,
persi in una hybris di potere, inaccessibilità, morte. Il popolo, invece,
escluso da una narrazione che potesse metterne in luce il ruolo storico, le
dialettiche che andavano a fondare la base sociale. In questo senso, come
scrive Auerbach, il Satyricon “raggiunge il limite estremo a cui sia
arrivato il realismo antico”
2
. Un’opera che mette in scena nuove classi
emergenti e il popolo, con vari registri stilistici, facendo parlare
personaggi “bassi” con il loro stesso gergo.
4) Rabelais riletto da Bachtin
Ultima tappa di avvicinamento al Settecento è il Gargantua e
Pantagruel di François Rabelais, sorta di carnevalizzazione letteraria del
mondo. Un’opera la cui ampiezza di temi meriterebbe da sola ben più di
una tesi di dottorato. Ci limiteremo, quindi, meramente a inquadrarla con
l’aiuto del fondamentale saggio di Michail Bachtin L’opera di Rabelais e
la cultura popolare. Uno studio particolarmente utile anche per una
storia delle forme comiche e parodiche tra Medioevo e Rinascimento.
2
Erich Auerbach, Mimesis, vol. 1, p. 37.
Capitolo II
DON CHISCIOTTE E IL SETTECENTO
1) Don Chisciotte
Don Chisciotte è un’opera cardine nella storia del romanzo. Una
sorta di manuale della passione romanzesca. Racconta cosa può
succedere nella mente di un avido lettore se i libri, la verità romanzesca,
prendono il sopravvento nella percezione della realtà. Don Chisciotte è
diventato anche una formula, una forma narrativa che si è trasformata in
un esempio continuamente imitato
3
per mettere in scena personaggi
smarriti in un mondo fantastico, proiezione della propria cultura.
Cervantes aveva preso a modello la letteratura più in voga del suo
tempo: quella cavalleresca, vera epitome d’una lunga epoca connotata
socialmente e culturalmente, prosaicizzandola in una gustosa parodia,
sfidandola sul suo stesso terreno.
2) Don Chisciotte e la nascita del romanzo
Secondo la famosa definizione hegeliana (Estetica) il romanzo è
“la moderna epopea borghese”. Una formulazione che attesta l’epica
come la forma letteraria originaria, anche fondante l’identità nazionale,
e, il romanzo, un genere secondario, derivato, che aspira inutilmente alla
ricomposizione di una totalità perduta. L’epica è sempre stata narrazione
ispirata a nobili azioni, a un mondo maschile di guerra ed eroismo, spazi
aperti e popoli che combattono. Il romanzo nasce, invece, sull’onda del
progressivo affermarsi di una nuova classe, quella borghese, attenta alla
realtà (economica) delle cose, agli spazi chiusi della proprietà e della
casa. Se l’epica era nelle origini narrazione orale collettiva, il romanzo
sembra nascere in una dimensione domestica e, per di più, dal consumo
eminentemente femminile. Nello stesso tempo, se l’epica è il primo dei
generi narrativi a formarsi, con uno statuto rigido pressoché
3
Tanto da arrivare all’estremistica definizione di Lionel Trilling: “It has been said that all
philosophy is a footnote to Plato. It can be said that all prose fiction is a variation on the
theme of Don Quixote”. Lionel Trilling, Manners, Morals and the Novel, p. 73.
immodificabile, è anche il primo a morire, rinnovandosi solo in forme
parodiche. E lo stesso Don Chisciotte può esserne l’epitaffio
4
. Sarà,
invece, proprio il canone non rigido del romanzo a decretarne la sua
lunga durata. Ma anche a farne perdere l’origine. Se ci si è spesso rivolti
all’Odissea per alcuni germinali aspetti tematici (quello del viaggio in
particolare), a lungo i prototipi del romanzo moderno sono stati
individuati nel Robinson Crusoe e Pamela, in seguito alla distinzione
della critica inglese fra novel e romance. Gli studi più recenti, tuttavia,
tendono sempre più a retrodatare la nascita della forma romanzo al
passato greco, con un primo esempio nelle Avventure di Cherea e
Calliroe di Caritone (I sec a. C.), storia d’amore contrastato dove non
mancano anche descrizioni della dimensione quotidiana
5
. Se una
retrodatazione così eccessiva può apparire un azzardo, la critica
contemporanea individua sempre più unanimemente nel Don Chisciotte
l’origine del romanzo moderno. Non solo e non tanto per il suo modo
narrativo
6
, quanto per l’idea che c’è dietro l’opera e, soprattutto, la
costruzione della figura del suo protagonista. Don Chisciotte, come tanti,
crede nei libri che ha letto. E’ proprio lo scontro tra quest’eroe imbibito
di letteratura e il mondo, nell’ambigua decodifica e ricostruzione del
reale di un uomo con alle spalle secoli di cultura e anni di letture, a
individuare la nascita del moderno (patetico) eroe romanzesco. Se il
romanzo ha un tratto epistemologico distintivo, risiede nel suo mettere in
gioco la percezione della realtà, dei protagonisti come del lettore. Anche
senza ricorrere ad alcun elemento fantastico, centrale si rivela
“l’antinomia (consapevole o inconsapevole, tematizzata o no) tra verità e
illusione, tra invenzione e resoconto: o, più esattamente, fra l’appello alle
risorse dell’immaginario e l’obbedienza a un imperativo referenziale”
7
.
Certo, le cose non vanno tagliate con l’accetta e, se questa è una
definizione possibile dello statuto epistemologico del romanzo, le
contaminazioni romanzesche sono da sempre state presenti nella storia
4
Benché l’ultimo dei grandi poemi epici, Paradise Lost, sia successivo (1667) all’opera di
Cervantes.
5
Che ci siano pervenuti così pochi esempi di un genere abbastanza diffuso nel mondo greco
antico, è un’altra prova di quanto il romanzo abbia goduto di scarso credito critico sin dalle
sue prime apparizioni. Scritti generalmente su supporti di bassa qualità (motivo del difetto di
conservazione), erano ritenuti sostanzialmente indegni di cura e commento. Aristotele, nella
parte della Poetica pervenutaci, non ne parla affatto, idem Orazio nell’Ars poetica. In anni
successivi, Tasso considerava il romanzo una mera deviazione dell’epica e Boileau lo tratta
con frettolosa condiscendenza collocandolo tra i generi minori d’intrattenimento.
6
Cervantes non aveva coscienza di star scrivendo qualcosa di nuovo (novel, appunto) o
rivoluzionario per la storia della letteratura. Don Chisciotte non ha nessuna consapevolezza
di genere letterario. Resta un modello unico e lungamente imitato, ma non inaugura
formalmente il novel che troverà sviluppo il secolo successivo in Inghilterra.
7
Mario Barenghi, Manifesti di poetica, in Franco Moretti (a cura di), Il romanzo, vol. 2, p.
304.
della letteratura: è soprattutto la definizione non più eroica del
personaggio a cambiare, la sua classe sociale, l’ambiente che lo circonda,
il fine che lo muove.
Nell’impostazione di fondo, il romanzo moderno non si scosterà di
molto dal modello creato da Cervantes col Don Chisciotte.
3) Parodie del “Don Chisciotte”
L’importanza e il successo di un romanzo si potrebbe anche
misurare dal numero delle sue parodie. Il significato che un’opera è
talmente entrata nell’immaginario collettivo, e nella tradizione letteraria,
da sostenere una certa quantità di variazioni sul tema. Don Chisciotte è
stato oggetto di molte parodie, soprattutto a partire dal Settecento, un
secolo che lo elesse a matrice del romanzo scetticamente ironico, anti
idealistico, sulle forme di realtà veicolate dai libri. L’opera di Cervantes
fu utilizzata come strumento per satireggiare le nuove mode letterarie,
intrecciandosi con la nascita stessa del romanzo. In generale, si trattò la
figura di don Chisciotte sotto la specie di carattere patologico, il
prototipo d’una serie di personaggi letterariamente visionari. Il modello
più celebre e seguito per tutti i malati di un’immaginazione
8
sostituita
alla realtà, resa conforme ad aspettative libresche, manie, entusiasmi di
varia natura e declinazione.
4) La vita e le cervantiche opinioni di Tristram Shandy,
gentiluomo
Un paragrafo a parte merita The Life and Opinions of Tristram
Shandy, Gentleman, pubblicato da Laurence Sterne tra il 1760 e il 1767.
Un libro di difficile collocazione letteraria, una parodia del romanzo
contemporaneo la cui originalità strutturale e linguistica rende l’opera un
unicum nel panorama settecentesco
9
. Sterne proprio al Don Chisciotte di
Cervantes s’ispira come modello, punto di riferimento costante e pietra
di paragone per l’identificazione dei suoi personaggi.
8
Aristotele, nel De anima, era ricorso al concetto di immaginazione per mostrare “che il
contenuto degli stati mentali talvolta può divergere da ciò che effettivamente si trova nel
mondo”. Victor Caston, Pourquoi Aristote a besoin de l’imagination, cit. in F. Moretti (a
cura di), Il romanzo, vol. 4, p. 5.
9
Anche quest’opera di Sterne è stata oggetto d’imitazioni e continuazioni apocrife.
Capitolo III
IL SENTIMENTALE E LA SUA PARODIA
1) Eroine del nuovo realismo romanzesco: Moll Flanders e
Roxana
Riprendendo una comparazione già iniziata nel precedente
capitolo, fra Cervantes e Defoe, appare lampante come tra i due ci sia un
intero mondo di differenze. Se poco più di un secolo separa le loro opere,
la distanza geografica e culturale le allontana ancora di più. Erede della
tradizione rinascimentale, l’aspirazione di Cervantes era quella di
diventare un cortigiano. Sullo sfondo, una monarchia e un sistema di
valori gerarchici avvertiti come forza ineluttabile. L’Inghilterra in cui
viveva Defoe, invece, aveva conosciuto una traumatica Rivoluzione
borghese. La testa decapitata del re aveva sancito l’affermazione di forze
sociali nuove, liberandole sulla scena economica e culturale. Nella
fervida e cosmopolita Londra, i caffè si sostituiscono alla corte come
luogo d’incontro per le più vivaci intelligenze dell’epoca. Joseph
Addison e Richard Steele, con il “Tatler” prima, lo “Spectator” poi,
iniziano un nuovo modo di fare giornalismo, graffiando, polemizzando,
facendo notizia. A questo mondo appartiene il piccolo borghese Defoe,
fondatore e direttore egli stesso di un giornale, “The Review”, libellista,
agente segreto per il governo, pienamente immerso nel fervore delle
fazioni politiche, spesso cambiate per mera convenienza economica.
Come ci sono enormi differenze nelle personalità e nel momento storico
in cui Cervantes e Defoe si trovarono ad agire, così era diverso il
pubblico cui i due scrittori si rivolgevano, le loro aspettative, i loro
modelli.
Se don Chisciotte si aggirava come un fantasma tra le pagine dei
romanzi cavallereschi, le eroine di Defoe, Moll Flanders e Roxana,
sembravano uscite da un articolo di cronaca criminale o una ballata da
strada. Se i lettori del Don Chisciotte dovevano avere familiarità con le
gesta eroiche di Amadigi, quelli dei romanzi di Defoe potevano trovare
più scarne rappresentazioni delle avventure delle sue protagoniste sui
giornali e le storie da piazza del proprio tempo. Defoe scrive il suo primo
romanzo quando ha ormai quasi sessant’anni e una lunga carriera
giornalistica alle spalle
10
. Il suo stile, la sua maniera di raccontare, i suoi
soggetti, rispecchiano i modi della sua prima attività, quasi intendesse
scrivere storie inventate come cronache destinate ai giornali. Era questo
il modello che conquistò i lettori a una nuova forma narrativa, dove la
verosimiglianza di personaggi immaginari era verificata nell’esperienza
quotidiana. Modello cui non importa rispettare alcun exemplum classico
o stantia legge del decoro, quanto estendere il più possibile
compiutamente l’utilizzo del realismo formale. Defoe e Richardson
saranno i primi grandi scrittori inglesi a non derivare le proprie trame da
leggende tradizionali, mitologie o storie patrie. I loro protagonisti hanno
dei nomi comuni, individuali, di quelli che si potevano trovare nella vita
d’ogni giorno, senza caricare il lettore d’aspettative legate alla
sedimentazione di nomi storicamente e culturalmente già caratterizzati.
Precisa è la focalizzazione dell’ambiente in cui i personaggi si muovono,
a cui sono legati come un quadro d’insieme che li determina e a cui sono
dialetticamente rapportati. Pur se non ancora con quella cura del
dettaglio che sarà caratteristica di Richardson (anche perché molto più
ristretti gli spazi in cui farà muovere le sue eroine).
In questa parte della tesi ci occuperemo soprattutto di due romanzi
di Defoe: Moll Flanders e Roxana. Più interessanti ai nostri fini di
Robinson Crusoe perché pienamente calati nel cuore pulsante della
modernità, le città, e perché hanno per protagonisti, fatto in sé già
innovativo, due donne. Tanto simili e tanto diverse da Pamela da
costituire un modello da rovesciare.
2) Il romanzo sentimentale (l’altra faccia di “Don
Chisciotte”?)
Mentre era ancora molto forte la spinta del razionalismo
illuminista, si fece strada, nel campo del romanzo, una sempre più
dominante tendenza a quella che fu definita sensibility (sensiblerie in
francese, progressivamente diffusa, in particolare, dopo la pubblicazione
delle opere di Rousseau). Un’inclinazione intensa alla vita del
sentimento, la sensibilità emotiva, la commozione. La sensibility era
vista come una conquista nuova, che racchiudeva in sé l’idea di
progresso della razza umana. Una qualità dei tempi moderni, più
10
Curiosamente, quelli che sono considerati i due fondatori (Defoe e Richardson) del
romanzo borghese moderno, iniziano la loro attività letteraria per caso, in tarda età e con un
altro solido mestiere alle spalle.
raffinati, evoluti verso una squisita delicatezza delle sensazioni, un
raffinamento delle virtù.
L’amore diventa il fuoco della tensione narrativa. La cosa in sé
non sarebbe certo originale
11
, ma ciò che fa del romanzo sentimentale
qualcosa di nuovo è la modalità con cui i protagonisti esibiscono il loro
mondo di affetti. Fanno parlare ininterrottamente cuori palpitanti,
modulando le loro espressioni in un moltiplicarsi di lettere, pagine e
romanzi che invasero case e biblioteche. Segnando una nuova epoca non
solo in ambito narrativo, ma artistico tout court, con importanti
ripercussioni nel costume.
Ciò che poi è importante per la storia della letteratura, il romanzo
sentimentale nasce insieme al moderno romanzo borghese, con questo
s’intreccia e ne diviene un genere fondativo. Uno dei motivi che
differenzia questi romanzi dalla tradizione è il loro essere calati nella
realtà quotidiana, assimilata come sfondo essenziale della storia. I suoi
protagonisti, che sono quasi sempre giovani donne, non hanno nulla di
eccezionale, nessuna qualità eroica, quasi mai di nascita aristocratica.
Nel romanzo dispiegano le loro migliori virtù, bellezza fisica e moralità,
conferendo dignità estetica ai loro sentimenti eminentemente borghesi.
3) “Pamela”, IL romanzo sentimentale
Quello che abbiamo più volte definito il primo grande successo
editoriale e di costume del romanzo moderno nasce quasi per caso.
Samuel Richardson aveva cinquant’anni quando cominciò a scrivere
Pamela. Figlio di un falegname, zelante lavoratore, era diventato un
agiato tipografo nella Londra del suo tempo. E non era certo una persona
che si potesse definire di grande cultura: pochi anni di scuola, nessuna
conoscenza del latino né del greco né d’alcuna lingua straniera. Solo una
grande passione per la lettura. E per un’altra cosa: scrivere lettere.
11
Già P.-D. Huet, nel suo Traité de l’origine des romans (1670), affermava che “i Poemi
hanno per argomento un’azione militare o politica, e trattano d’amore solo occasionalmente:
i Romanzi al contrario hanno per argomento principale l’amore” (cit. in F. Moretti (a cura
di), Il romanzo, vol. 2, p. 315). Langlet Du Fresnoy, nel suo De l’usage des romans (1734),
sosteneva che il romanzo fosse nato proprio per raccontare storie d’amore, trovando il suo
peculiare finale nel matrimonio. G.-H. Bougeant insiste su quest’ultimo punto nel Voyage
merveilleux du Prince Fan-Férédin dans la Romancie (1735): “Sono insomma felicemente
arrivato da molti anni nel paese del Romanzo senza poter dire come; e tutto quello che ho
capito da quando abito in questo paese è che vi si entra, dicono, dalla porta dell’amore e se
ne esce da quella del matrimonio” (cit. in F. Moretti, (a cura di), Il romanzo, vol. 4, p. 60).
Più tardi, fra gli altri, anche Hegel, nella già citata Estetica, affronterà l’inconciliabilità tra
valori romanzeschi e matrimonio. Il romanzo sentimentale, vedremo, in parte confuterà
quest’assunto.
Capitolo IV
HENRY FIELDING
Tre settimane dopo la terza edizione di Pamela, apparve anonimo
un libricino dal titolo Shamela. Chi ne fosse l’autore era un mistero.
Nessuno ne invocò la paternità. Anche se, negli ambienti letterari, tutti
sapevano che a scriverlo era stato Henry Fielding
12
(1707-1754).
Cominciando la serie delle parodie del successo richardsoniano. La più
invadente, sguaiata, colta e inviperita.
Per Fielding, Shamela era la prima vera prova narrativa. Dietro di
sé aveva studi classici e legali, la direzione di un giornale polemico,
“The Champion”, e una fiorente produzione teatrale. Una carriera di
commediografo stroncata dal Licensing Act di Robert Walpole, dallo
scrittore aspramente satireggiato in numerose opere, fino al caustico
Jonathan Wild. Walpole emise il provvedimento ad hoc per bloccare
l’attività di Fielding. Il quale, in difficoltà economiche, cercò di riciclarsi
come romanziere. Un lavoro letterario che proprio allora cominciava a
trovare un inaudito riscontro di pubblico. E Fielding vi si gettò con il suo
solito “spirito acremente eversivo ai limiti dell’autolesionismo”
13
,
investendo non solo gli oggetti della satira, ma anche la forma,
ribaltandola in parodia.
Fielding leggeva in Pamela una profonda traccia d’ipocrisia. Il
romanzo gli appariva falso e piuttosto ingenuo, a effetto, sia nei
contenuti sia nella forma. Quella contegnosa giovane cameriera, che
stava mandando in visibilio la nazione, gli sembrava ben lontana dal
mostrare genuina innocenza e bontà d’animo. La trovava vanitosa, di un
sentimentalismo esibito e interessato, una castità mostrata
aggressivamente, un segreto piacere nelle tentazioni da cui
prudentemente si asteneva dal cadere. Ne stigmatizzava le abili manovre
per assicurare ricompense alla sua virtù in questo mondo, più che,
cristianamente, nel prossimo. Insomma, Pamela sprecava l’occasione di
trattare più ampie e complicate questioni di morale, confinandole al mero
oggetto della castità femminile, traducendola in termini sociali di
rispettabilità e intraprendenza borghese.
12
Ogni dubbio sull’attribuzione dell’opera è stato fugato dallo studio di Charles Woods,
Fielding and the Authorship of “Shamela”.
13
Guido Fink, La doppia voce di Shamela Andrews, in Henry Fielding, Shamela, p. 29.
Capitolo V
PAMELA VOGUE E PARODIE
1) Pro Pamela/Contro Pamela
There are Swarms of Moral Romances. One, of late Date, divided the World
into such opposite Judgements, that some extolled it to the Stars, whilst others treated
it with Contempt. Whence arose, particularly among the Ladies, two different
Parties, Pamelists and Antipamelists
14
.
Citazioni come questa possono solo dare un’idea del successo che
Pamela ebbe presso i contemporanei, divenendo qualcosa di più di un
semplice romanzo. Trasformandosi in un luogo di confronto ideologico,
oltre che letterario. Nel dibattito che si accese, fomentato da scrittori,
intellettuali, lettori d’ogni ordine e grado, si possono ricostruire i
paradigmi di un’intera cultura, e i suoi oppositori. Comprendendo come
il romanzo settecentesco si dibatteva tra due questioni principali: il
problema della forma e quello della morale.
2) Le molte vite di Pamela Andrews
Il secondo romanzo direttamente derivato da Pamela, dopo
Shamela, fu la continuazione della storia richardsoniana a opera di John
Kelly. Circa un mese dopo il libricino di Fielding apparve Pamela’s
Conduct in High Life. Il primo volume vide la luce il 28 maggio 1741, il
secondo il 12 settembre. Sulla vita e la carriera di Kelly, ripetutamente
infangate da Richardson, la fonte più informata è sicuramente Thomas
Keymer (The Pamela Controversy, vol. 4). Kelly, come Fielding, era un
prolifico autore teatrale schierato contro Walpole. E, in quanto tale, vide
la sua attività stroncata dal Licensing Act. Come Fielding, Kelly pensò di
riciclarsi scrivendo romanzi. Cominciando proprio a specializzarsi in
continuazioni. Sarebbe lui l’autore della prosecuzione de Les mille et une
heures, contes péruviennes di Thomas-Limon Gueullette (nel Third
Volume of Peruvian Tales, 1739). E potrebbe essere ancora lui a celarsi
14
Peter Shaw, “The Reflector” (1750), cit. in A. McKillop, Samuel Richardson, p. 101.
dietro l’anonimo History and Adventures of Don Alphonso Blas de
Lirias, Son of Gil Blas of Santillana, una continuazione del romanzo di
Le Sage, pubblicata nell’aprile 1741 dagli stessi editori di Pamela’s
Conduct in High Life, Chandler e Ward
15
.
3) Pamela al nero. Dal romanzo gotico a Sade
Il romanzo gotico ripeterà e amplificherà il paradigma
richardsoniano della virtù perseguitata, lasciando l’eroina in balia di
forze più grandi di lei. Mostrandola nella luce, davvero poco invidiabile,
di una continua sofferenza. Pamela sarà il modello di queste figure
femminili. E, se nei primi esempi del gotico, l’innocenza riuscirà, più o
meno fortunosamente, a vincere, da The Monk in poi, essa verrà sempre
più sacrificata alla forza. Un vettore che qui è, eminentemente, sessuale.
Argomenti tabù, rimossi anche quando se ne parla. Non a caso, i romanzi
gotici “classici” sono sempre ambientati nel passato. O, comunque,
dislocati geograficamente dalla civile e avanzata Inghilterra
16
. La
proiezione delle ansie di questa società si dirige, allora, verso l’Europa
meridionale, Italia e Spagna in testa, dove un mondo superstizioso,
cattolico, passionale e barbaro poteva far soffrire in quel modo fiori di
purezza come Pamela. I luoghi sono conventi, abbazie, castelli, vecchi
manieri. Mai lo spazio domestico della casa. Il messaggio, per il
pubblico, si rivelava, così, surrettiziamente chiaro e diretto. Il mondo è
un posto pericoloso, soprattutto per le fanciulle. Ma è possibile escludere
questa violenza, rimanendo nel rifugio del proprio ambito domestico, e
rispettando sempre i dettami familiari. Non cercare mai l’avventura. Non
desiderarla, non leggerne per non fare la fine delle protagoniste di Ann
15
Sempre per gli stessi tipi, contemporaneamente al Don Alphonso Blas de Sirias, comparve
la traduzione de Los trabajos de Persiles y Sigismunda che Keymer attribuisce allo stesso
Kelly (a sua volta, quest’opera di Cervantes era una riscrittura delle Etiopiche di Eliodoro).
Dopo la pubblicazione di Pamela’s Conduct in High Life, Kelly è indicato l’autore del
romanzo The Memoirs of the Life of John Medley, Esq; or, Fortune Reconcil’d to Merit
(1748), che sul frontespizio recava “by the Author of Pamela’s Conduct in High Life”. Ora, a
parte il sottotitolo che c’induce a pensare a un’altra storia sullo schema di Pamela, pare certo
che il romanzo fu scritto a più mani e poi attribuito all’autore di Pamela’s Conduct in High
Life per sfruttare la fama commerciale acquisita con l’opera precedente. Una sorta
d’eterogenesi dei fini per chi aveva cercato a sua volta di speculare sul successo di
Richardson.
16
Riprova ne è la più famosa parodia del romanzo gotico: Northanger Abbey (1799,
pubblicata postuma nel 1818) di Jane Austen, ambientata in Inghilterra. Dove, si dice, gli
orrori di quei libri non potrebbero perpetrarsi e restare nascosti. Una meno famosa, ma non
per questo meno mordace parodia del romanzo alla Radcliffe, è Azemia (1797) dell’eclettico
William Beckford. Il suo bersaglio non è solo la più famosa autrice di narrativa gotica, ma,
direttamente, anche Pamela e il suo spirito maschilisticamente reazionario.
Radcliffe, che poi la vivono veramente. Tuttavia, le donne, le più
virtuose, potevano anche avere un potere. Ed è il paradigma pameliano
portato all’ennesimo grado di sopportazione, dato che nel romanzo
gotico non si ha a che fare con un inetto Mr B. Comportandosi come
Pamela, si può anche arrivare a “purificare” il castello maledetto,
convertire o sconfiggere la violenza del villain, trasformando anche lì un
luogo di supplizio in una possibile casa.
L’idea di maggiore energia del male rispetto al bene trova una
clamorosa applicazione nei romanzi di Sade, che riprendono come un
crudele pastiche alcune opere che abbiamo finora esaminato. Sade
rivisita i topoi del romanzo precedente, compresa l’isola di Robinson. I
suoi protagonisti libertini vivono in spazi separati, isole selvagge dove si
pratica il potere assoluto. Il suo è un uomo completamente e per scelta
asociale. L’unica struttura sociale è eminentemente dispotica. I
personaggi sono al di sopra di ogni legame e il gioco più eccitante è
proprio spezzarli. In Sade, l’esecuzione segue immediatamente il
desiderio e tutto si declina in un continuo presente. Rovesciando
l’assunto richardsoniano, la ricerca di nuove forme d’immoralità
romanzesca trova e valica ogni possibile limite.
4) La vocazione teatrale di Pamela Andrews
Pamela fu nel Settecento come un marchio di fabbrica. Come oggi
uno di quei successi che si riverberano in tutti i campi artistici,
sconfinando nello sfruttamento commerciale dell’immagine. L’influenza
di Pamela si riverberò in diversi ambiti letterari: quello della poesia e,
soprattutto, quello teatrale. Una forma che saccheggiò ampiamente la
popolarità dell’eroina richardsoniana.