vi
celebrative del Regime, avrebbero dovuto, nei desideri dei quadri
del potere, facilitare la nascita della “monumentale Roma del xx
secolo”.
Giunge però il 1 settembre 1939 e presto il 10 giugno 1940. Si
verifica così la conclusione di un periodo e l’inizio di una nuova
fase.
La guerra, la guerra fascista impone infatti, anche a Roma e ai
suoi abitanti, la necessità di un confronto con condizioni di vita
quotidiana fortemente alterate: non più ordine, tranquillità,
benessere, ma disordine, caos e malessere generalizzato.
Incomincia uno dei periodi più bui della storia di Roma.
Un po’ alla volta tutto viene razionato: il pane, lo zucchero, il
latte, la carne, la pasta, i tessuti e quasi tutti gli altri generi di prima
necessità.
Gradualmente razionate sono anche l’erogazione dell’acqua
nelle abitazioni private e negli uffici, della benzina, dell’energia
elettrica e del gas.
vii
“Questi sacrifici – dice la propaganda governativa – sono il
contributo della popolazione civile alla vittoria militare, che non
potrà mancare e non tarderà”.
In realtà, nonostante gli sforzi della propaganda di Regime,
dell’enorme apparato della “fabbrica del consenso” fascista, lo
“spirito pubblico” romano rimane depresso.
La vita scandita dai “bollettini di guerra”, raramente forieri di
buone notizie, dagli aumenti continui dei prezzi dei cibi, dalle
contrattazioni, difficili ma necessarie, con i “corsari della fame”,
uomini e donne signori assoluti del mercato della borsa nera; i
doveri molti e i divieti moltissimi, imposti dalla guerra; la ricerca
del divertimento forte ed intensa, contrastata però dagli obblighi
alla serietà, alla morigeratezza e compostezza; l’oscuramento, gli
allarmi aerei; il desiderio di gridare il proprio disaccordo, la propria
stanchezza per una guerra non voluta né desiderata, rendono
evidente l’assurdità di nutrire certe illusioni: la guerra sarà lunga, le
prove da sopportare immense e, molto dubbio il suo esito.
viii
In questo clima, è naturale lo svilupparsi di stati d’animo
contrari alla continuazione del conflitto e alla permanenza in vita di
un Governo colpevole solo di lutti, privazioni e sofferenze.
Saranno soprattutto le donne, fronteggiando esse
quotidianamente le difficoltà della vita famigliare e domestica di
guerra, e i giovani studenti romani, formatisi nei Licei e
nell’Università di Roma, a farsi portatori di un dissenso prima
silenzioso, poi sempre più rumoroso e visibile, contro il Regime e la
sua guerra.
Tutti gli scontenti romani “dell’oggi e del domani” troveranno
poi nella Chiesa, in Papa Pio XII, un’autorità capace di svolgere
una funzione di sostegno, ordine, stabilizzazione, pacificazione e
moderazione degli animi.
Il periodo apertosi con il 10 giugno 1940, data dell’ingresso
italiano nel Secondo Conflitto Mondiale a fianco della Germania,
conclusosi il 4 giugno 1944, giorno dell’ingresso a Roma dell’
esercito americano, fu allora per Roma un periodo “ricco di storia”:
una storia che ebbe per protagonisti non solo i principali artefici
ix
della vita politica, religiosa, sociale italiana del tempo: Mussolini,
Vittorio Emanuele III, Pio XII, Badoglio, ministri, vescovi, uomini
politici e di Chiesa vari, ma anche “semplici” uomini e donne,
giovani ed anziani, ricchi e poveri, parroci ed agenti di Pubblica
Sicurezza, informatori e combattenti per la libertà.
I quali tutti portarono e sopportarono pesi, carichi e sofferenze
di ogni genere, addirittura il bombardamento della loro “Città
Eterna”, con spirito di adattamento, sopportazione e coraggio;
divenendo attori assoluti della “storia romana”, da quando in
seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, i vertici delle autorità
politiche e militari italiane abbandonarono la città e la sua gente,
alla ferocia e alla prepotenza degli occupanti tedeschi.
Queste le vicende della “Roma di Mussolini”, questa la storia
di Roma e dei suoi abitanti durante gli anni della guerra fascista.
1
CAPITOLO I
ROMA, 10 GIUGNO 1940: LA DICHIARAZIONE DI
GUERRA
2
1. LA ROMA DI MUSSOLINI
Quando il 29 ottobre 1922, Vittorio Emanuele III convoca
il leader del partito fascista, Benito Mussolini, per affidargli
l’incarico di formare il nuovo Governo, inizia per Roma una
nuova epoca, quella che ufficialmente è battezzata l’“era
fascista”: un’epoca che se da un lato l’arricchirà di molte
opere pubbliche, dall’altro la ferirà pure profondamente e, alla
lunga, le farà conoscere atroci lutti e vaste distruzioni.
1
E’, dunque, con l’ascesa al potere di Mussolini, che il
destino di Roma si compie. Un destino, quello di Roma, già
scritto nelle sue pietre.
Roma non è una città: ma una sovrapposizione di città e
quasi una stratificazione di imperi e di egemonie. E un’età
sopraffà l’altra e la domina, senza abolirla: la Roma
repubblicana, e quella dei Cesari, quella delle basiliche e
quella del Rinascimento, la barocca e poi l’ultima, la Roma di
1
S. Zapelloni, “Storia di un secolo”, in AA.VV., Cento anni a Roma 1870-1970, p. 47
3
Mussolini.
2
Roma e Mussolini, Mussolini e Roma: ancora prima della
nomina a Primo Ministro, il binomio è composto.
Così, infatti, Mussolini scrive nel 1917:
3
La nostra tenda la piantiamo qui a Roma, fra queste
mura che hanno visto gli eventi più grandiosi della storia
umana. In questa Roma, che ha dato al mondo il prodigio
dell’umanità trina del diritto, della forza, della bellezza >… ≅
Certo la Roma che noi onoriamo, non è solo la Roma dei
monumenti e dei ruderi, la Roma delle gloriose rovine > } ≅
La Roma che onoriamo, ma soprattutto, che noi
vagheggiamo e prepariamo è un’altra: non si tratta di pietre
insigni, ma di anime vive: non è contemplazione nostalgica
del passato, ma dura preparazione per l’avvenire.
Roma è il nostro punto di partenza e di riferimento; è il
nostro simbolo e, se si vuole, il nostro mito.
E si fortifica nel tempo. Si legge, infatti, nel discorso
pronunciato da Mussolini, nel Natale di Roma del 1924, in
Campidoglio, per la sua solenne proclamazione a cittadino di
Roma.
4
Mi è consentito di dire “civis romanus sum”, oggi,
annuale di Roma > } ≅
2
R. Murri, L’idea universale di Roma, Milano 1937, p. 65
3
G. Talamo, G. Bonetta, Roma nel Novecento. Da Giolitti alla Repubblica, Bologna 1987, p.
213
4
E. Serra (a cura di), Roma nel pensiero e nel sentimento degli italiani
da Dante a Mussolini, Maastricht 1934, p. 202
4
Ond’è che io mi domando: “Merito io questo
riconoscimento solenne? Sono degno io di essere annoverato
tra i figli della città incomparabile?”. In verità, avrei
preferito che Roma madre mi avesse accolto cittadino del suo
popolo, a opera finita. Che cosa ho fatto per l’Italia? Poco.
Per Roma? Nulla o quasi. L’opera è appena incominciata, mi
premiate in anticipo. > } ≅
Sino dai giorni della mia lontana giovinezza, Roma era
immensa nel mio spirito che si affacciava alla vita, e
dell’amore di Roma ho sognato e sofferto e di Roma ho sentito
tutte le nostalgie. Roma! e la semplice parola aveva un
rimbombo di tuono nella mia anima.
Non appena consolidatosi al potere, quindi Mussolini
manifesta subito le sue intenzioni circa lo sviluppo grandioso
che vuole imporre a Roma: l’Urbe deve diventare la città più
bella, vasta, ordinata e maestosa del mondo.
Sempre nel discorso del 1924 in Campidoglio, Mussolini
dice:
5
I problemi di Roma, la Roma di questo XX secolo, mi
piace dividerli in due categorie: i problemi della necessità e i
problemi della grandezza. Non si possono affrontare questi
ultimi, se i primi non siano stati risolti.
I problemi della necessità sgorgano dallo sviluppo di
Roma e si racchiudono in questo binomio: case e
comunicazioni.
I problemi della grandezza sono d’altra specie: bisogna
liberare dalle deturpazioni mediocri tutta la Roma antica, ma,
5
Ivi, p. 203
5
accanto all’antica e alla medioevale, bisogna creare la
monumentale Roma del XX secolo. > } ≅
Già la visione di questa Roma futura sorride al mio spirito.
Vive già come una certezza. Occorre, perciò, la virtù tipicamente
romana: la dura silenziosa tenacia. Questa virtù deve diventare
sacro patrimonio di tutto il popolo italiano.
6
2. LA MONUMENTALE ROMA DEL XX SECOLO
Per attivare rapidamente un simile progetto, bisognava,
per prima cosa, cambiare, sveltire e rendere efficiente
l’amministrazione della città.
Si consolidò l’idea di “un’amministrazione speciale”.
Così, nel 1925, il Comune di Roma venne eretto in
Governatorato, con il preciso scopo di asservire
completamente la gestione e lo sviluppo della città al governo
centrale e, in poche parole, a Mussolini.
6
La città di Roma, indossata la camicia nera, si muove ora
a comando, a seconda delle disposizioni che sono diramate dal
suo leader politico e dal partito.
Nel 1930 viene affrontata la questione del Piano
Regolatore; nominata una Commissione, essa presenta un
progetto, poi con qualche modifica approvato da Mussolini,
6
G. Talamo, G. Bonetta, op. cit., p. 215
7
che è quello che prevede lo sviluppo della nuova grande città,
della Roma imperiale di Mussolini.
7
Hanno inizio, allora, i lavori tesi a trasformare gran parte
di Roma, con le prime massicce demolizioni nella zona ai
piedi del Campidoglio; lavori caratterizzati tutti dalla
necessità e dall’obbligo di garantire la convivenza tra
l’edificio antico e l’edificio e l’ambiente moderno.
Una Roma, e con essa i suoi abitanti, che s’illumina
grazie al glorioso passato, si pensi a tal proposito, alla
riapertura degli scavi, per portare alla luce i resti del Foro di
Augusto, nel 1926; vive nel presente, e si proietta verso il
futuro, pensiamo alla posa della prima pietra, nella zona delle
Tre Fontane, nel 1932, del quartiere destinato ad accogliere,
dieci anni più tardi, l’Esposizione Universale. Rassegna che
avrebbe dovuto, prima, celebrare il 20° anniversario del
Regime fascista e, poi, costituire il cuore di un grande futuro
7
A. Munoz, La Roma di Mussolini, Roma 1932, pp. 23-24
8
quartiere cittadino, quale diventerà, però, solo a guerra
conclusa, con il nome di Eur.
8
Roma si era, dunque, ripulita ed abbellita notevolmente,
sia con le imponenti nuove costruzioni pubbliche e private, sia
con il mettere nella loro migliore luce le sue costruzioni
antiche.
In questo clima fatto di adunate, ricorrenze storiche,
traguardi raggiunti o da raggiungere, ha inizio, l’1 settembre
del 1939 il conflitto fra Germania e Polonia. Il giorno 3 dello
stesso mese, scendono in campo, contro le armi tedesche, la
Gran Bretagna e la Francia.
A Roma si vivono settimane di angoscia.
Passando per Piazza Venezia, la gente alza istintivamente
lo sguardo verso “quel” balcone, temendo le decisioni di colui
dalla cui volontà, dipendono ormai le sorti dell’intera
Nazione. Con sollievo è accolta la dichiarazione di “non
belligeranza”, ma già le prime restrizioni nei consumi, gli
8
G. Talamo, G. Bonetta, op. cit., p. 257
9
esperimenti di difesa antiaerea, l’oscuramento e tutta una serie
di misure d’emergenza, fanno presagire che gravi avvenimenti
stanno avvicinandosi.
9
Gli umori del paese sono in effetti ormai pessimi: alla
paura per la guerra si somma il malcontento della popolazione
davanti al peggiorare continuo delle condizioni di vita
quotidiana. I disagi dell’oggi prefigurano già quelli di un
domani ancora peggiore, nella malaugurata eventualità che
Mussolini decida un intervento nel conflitto contro tutte le
speranze di pace degli italiani.
10
La sensazione che sulla testa del popolo, volente o
nolente, si compiano le grandi scelte, si è fatta strada
nell’animo degli italiani.
Ai dubbi del momento sulla guerra, si aggiungono poi i
problemi legati al rialzo dei prezzi, al costo della vita, alla
scarsità di qualche genere alimentare e all’inizio del
9
S. Zapelloni, op. cit., p. 52
10
S. Colarizi, L’opinione degli italiani sotto il regime 1929-1943, Roma-Bari 1991, p. 319
10
tesseramento; tutto questo scatena un’ondata di critiche
incontrollabile. Sono le donne, anche a Roma, a guidare il
coro:
11
La propaganda più avversa al Regime è fatta ora dalle
donne, le quali per il fatto di essere più vicine
quotidianamente alle difficoltà economiche e in contatto con
la realtà del costo della vita, svolgono con argomentazioni
persuasive azione depressiva verso i mariti e gli altri
congiunti. Le donne, in special modo, sono furibonde e
gridano più forte di tutti, imprecando, talvolta apertamente,
contro il Governo, > } ≅ “che è ora di finirla con le opere di
guerra quando nel paese si fa la fame”.
Ma tale agitazione presto diviene generale. Sempre dalle
pagine dei rapporti fiduciari sull’ascolto della popolazione, si
legge:
12
Corrono tutti come matti nei negozi a far provviste come
se la guerra e la miseria fosse alla porta, chi impreca, chi
minaccia, infine, è un malumore generale. Tra la gente che si
affolla sotto la pioggia alle porte dei negozi per gli acquisti,
scoppiano piccoli, ma pur spiacevoli e non trascurabili
incidenti. Una profonda irritazione si nota ovunque. Si è
sentito dire: “Hanno stampato sui giornali che in Russia si fa
la coda per comprare da mangiare. E qui non è la stessa
cosa?
11
ACS, Min. Int., Polizia Politica (1928-1944), b. 19
12
Ibid.